Via Tutino, 17

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 Portale della casa in via Tutino, 17 - foto Enzo - Angela Di Nanni 
[Portale della casa in via Tutino 17. a sinistra: foto di Enzo - Angela Di Nanni, 2015, pubblicata su "Andria in vernacolo e foto storiche"
- a destra foto SDT, 2015]

Case - palazzine del borgo antico

Palazzina Rimedi (già Mione)
tra via Tutino (già “de’ Rimedi”) e via Tommaso de Liso

Il portale di questa casa è descritto come "portale della Casa de Liso" nella didascalia posta in calce alla foto INASA sotto riprodotta, scattata probabilmente nella prima metà del Novecento, pubblicata dall’Istituto Italiano d’Arti Grafiche, Bergamo.
Questa palazzina tuttavia quasi certamente non era l’abitazione dei "de Liso", la quale famiglia, stando allo studio condotto da Carmela Centrone nel testo su “I palazzi storici di Andria tra il XVI e il XVIII secolo”, sembra abitasse nel palazzo attiguo che si estendeva fino alla parte alta del Pennino (Via Tommaso de Liso); questo edificio invece sarebbe stato proprietà dapprima dei Mione, poi Conservatorio, indi dei Rimedi, a seguire di altri (Benedettini, famiglia Jeva ...).

Dove sorge.
Entrando nel borgo per Porta la Barra e risalendo per il dolce acclivio che conduce ne La Piazza antistante l’Annunziata di dentro (ora Piazza Sant'Agostino), una stradina sulla sinistra porta alla confluenza di Via Tommaso de Liso con Via Tutino. Raggiungere il crocicchio è un tutt’uno col restar stupiti dal magnifico portale che alcuni storici locali affermarono introducesse in un ospizio o una domus dei Cavalieri Teutonici (improbabile ipotesi, nonostante l’edificio sia prossimo a Sant’Agostino, anch'esso da diversi [come il D'Urso] ipotizzato come appartenuto dapprima ai Templari e poi, per un breve tempo, ai Teutonici. In Andria forse c'è stata solo una semplice domus o commenda con "Praeceptor" dipendente dalla Balia di Barletta dapprima e poi da quella di S. Leonardo di Siponto, in quanto nel 1305 è attestato che i Teutonici possedessero dei beni ad Andria ) [1].

Elegante nella struttura architettonica, nei fregi dell’arco, delle paraste e dei due ornatissimi capitelli, il portale, nei suoi elementi stilistici, appare coevo con quello di Santa Maria di Porta Santa.

L’arco porta scolpiti nella chiave sotto l’architrave, come maschera apotropaica, una testa di angioletto alato, sugli stipiti in due tondi i busti di due personaggi.
Alcuni vedono in uno la raffigurazione del leggendario Dauno, re dell’Apulia e figlio di Licaone, nell’altro la figura di Diomede che, naufrago sulle nostre spiagge e accolto dal re, ne sposò la figlia Evippe e ne ereditò il trono.

Il capitello di sinistra, diviso in due zone scultoree, presenta, nella parte inferiore foglie di acanto, in quella superiore due cavalli alati angolari che tra numerosi motivi floreali sopportano lo sporgente abaco ricurvo.
Il capitello di destra, meno ricco, sulle foglie di acanto mostra degli elementi floreali e, a seguire, due volute angolari che reggono anch’esse un abaco ricurvo (foto del 2005).

Portale della palazzina Rimedi, arco
[Palazzina Rimedi in Via Tutino: arco del portale - foto Sabino Di Tommaso, 2015]

Fulvio Lenzo, assegnista di ricerca per il progetto HistAntArtSI dell'European Research Council all'Università "Federico II" di Napoli dal 2011 al 2014, in una scheda-dati del progetto descrive il portale di questa palazzina; qui di seguito i dati più rilevanti:

Cronologia: XVI secolo
Descrizione: L'elemento significativo del palazzo è il portale, strutturato come un arco centinato inquadrato da paraste. Nei piedistalli sono stemmi abrasi, mentre negli stipiti dell'arco sono inseriti due medaglioni con ritratti simili a quelli del portale della chiesa di Porta Santa.
I capitelli sono diversi fra loro: il capitello destro è composito, mentre più interessante è quello sinistro, che presenta al posto delle volute due pegasi alati, sul modello antico del tempio di Marte Ultore a Roma.

Elegante appare anche la finestra sulla sinistra, che riprende sugli stipiti i bassorilievi scolpiti sulle paraste del portale.

"Sembra coevo [con S.Agostino] il bel portale di basso al pendio quantunque deteriorato, condotto con eleganza e segni blasonici: sui stipiti due teste di re, sul frontone una testa d'angelo stilizzata. Un portale ch’è d’esempio dell’architettura civile di quei tempi"

[da "Pagine sparse di storia civile e religiosa di Andria", di Menico Morgigni, Tip. B.Terlizzi, Andria, 1919, pag. 28]

Una descrizione più accurata dell'intera abitazione ce la fornisce lo studio citato della Centrone.

La sua facciata ... cinquecentesca prospetta proprio su via Tutino.
Nella facciata si apre, sulla destra, un ampio portale rinascimentale in pietra calcarea.
Di ottima fattura, il portale d’ingresso presenta un fornice a tutto sesto stretto tra due lesene architravate poggianti su alti piedistalli rettangolari, in cui sono scolpiti due cartigli, oggi leggermente abrasi. Negli stipiti d’imposta dell’arco vi sono due clipei simmetrici a bassorilievo: quello di destra racchiude una testa coronata con un breve accenno ai drappeggi della veste, annodata sull’omero; quello di sinistra, il profilo ed in parte il busto di un guerriero recante sul capo un elmo alato.

Palazzina Rimedi in Via Tutino-finestra       Palazzina Rimedi in Via Tutino - paraste del poratle, particolare
[Palazzina Rimedi in Via Tutino: finestra e particolari delle paraste del portale - foto Sabino Di Tommaso, 2015]

In armonia con l’intero apparato decorativo del portale, i due profili esprimono una volontà naturalistica che non riesce, però, a superare la stilizzazione, come dimostrano la forte accentuazione della mascella e la sottolineatura dei tendini del collo, eguali in entrambi i profili. La specificazione iconografica è affidata ai corti riccioli che fuoriescono dalla corona in quello di destra, e all’elmo a chiocciola alata in quello di sinistra. È stata avanzata l’ipotesi che possa trattarsi di un omaggio alla memoria di Federico II di Svevia e Manfredi [in nota: "Il Ceci non condivide questa ipotesi. ... Manoscritti di G. Ceci, Una casa storica di Andria."].
Le lesene recano al centro due tondi che si ripetono a semicerchio alle estremità. Questi accolgono finissime rosette lavorate a bassorilievo.
Sinuose foglie fuoriescono dal collarino dei capitelli che coronano le lesene. Quello di destra presenta una seconda fila di fogliame, ovuli, volute ed abaco curvilineo; quello di sinistra una coppia angolare di cavalli alati. Ad ali spiegate, poggiano con le zampe anteriori sul cartoccio delle foglie sottostanti e reggono con il capo gli spigoli dell’abaco.
Larghe foglie innervate descritte con sottili grafismi si adagiano elegantemente nei pennacchi. L’arco d’ingresso è chiuso in chiave da un bassorilievo raffigurante la testa riccioluta di un angelo le cui ali spiegate assecondano la cornice romboidale che la contiene.
Sul fianco sinistro del portale si apre una finestra il cui davanzale poggia su due mensole piatte.
Stipiti ed architrave riprendono il motivo decorativo del portale: una serie di tondi che racchiudono corolle di fiori dai petali accartociati. Al centro dell’architrave il motivo floreale è sostituito da un sole nel cui disco è racchiuso il monogramma
IHS.
In una foto del 1898 ... il palazzo appare da un alto cornicione a mensole molto sporgenti, che oggi non esiste più.
Il palazzo mostra sul lato sinistro, una sopraelevazione di epoca posteriore, che compare anch’essa nella foto del 1898. Sul fianco sinistro dell’edificio, quello su vico I Tutino, vi sono due finestre per piano delle quali la prima in basso è tompagnata. Questo fianco prosegue snodandosi a gomito verso ovest. Qui una finestra ad arco priva di infissi con mensola ad esse in chiave di volta dovrebbe essere quanto rimane di una loggia.
... Il portale principale immette oggi direttamente in una abitazione. Ma la presenza sul lato sinistro di una porta cinquecentesca con stipiti ed architrave tipicamente da esterni, fa supporre che il vano d’ingresso fosse in origine un androne.
… … …
… … … Alcune caratteristiche del portale suggeriscono, inoltre, un punto di osservazione leggermente più basso dell’odierno.
La scelta di concludere il profilo del medaglione di destra con la corona, privandolo della calotta cranica, la profondità data al sottomento, l’incavo profondo della base dell’elmetto nel clipeo di sinistra sommati al profilo marcato delle narici e delle labbra dell’angelo, rivelano un originario asse visivo dal basso verso l’alto. Ai piedi del portale si possono intravedere ancora i resti di alcuni scalini che seppur non originari, denunciano un ingresso non allineato al piano stradale.

[tratto da “Palazzi Storici di Andria tra il XVI e il XVIII secolo”, di Carmela Centrone, a cura del C.R.S.E.C. di Andria, Grafiche Guglielmi, 2004, pagg. 104-107.]

Carmela Centrone, dovo aver illustrato le caratteristiche architettoniche dell'edificio narra le sue vicende storico-critiche, rifacendosi a documenti e, ove carenti, al racconto degli storici locali.

Palazzina Rimedi in Via Tutino-panoramica Sud-Ovest      Palazzina Rimedi in Via Tutino-panoramica Sud-Est
[Palazzina Rimedi in Via Tutino-panoramiche: Sud-Ovest e Sud Est - foto Sabino Di Tommaso, 2015]

Nelle foto sotto riprodotte è raffigurato un  particolare del vicolo che fiancheggia questa palazzina; in esso il canonico della Cattedrale Domenico Morgigni, a pag. 153 del testo su citato,  vede l'ingresso di un chiesuola; scrive infatti:

"Scendete per la strada detta il Pendio sin giù; voltate a destra per poco; scendete ancora per un burrone a fianco della casa teutonica sino al fondo; vi troverete di fronte alla porta d’una casa umile e bassa. Entrate in essa: è una edicola. Questa Chiesolina è del tutto singolare ..."

   
[la foto antica è dello studio Malgherini-Attimonelli (elab. elettr. colore) - l'altra è di Sabino Di Tommaso, del 2005]

Nell'Ottocento poi Riccardo D'Urso, a pag. 146 del cap. VII, libro VII della sua “Storia della Città di Andria”, riprendendo in gran parte quanto raccontato dal Pastore, scriveva:

Da tempo immemorabile esisteva qui un Conservatorio di donzelle fondato, come s’interpetrò, dall’antichissima famiglia Mione [in nota aggiunge: Di questo locale ancora appajono gli avanzi. É propriamente quella casa situata nel basso del Pendio, o sia Pennino, in quel trivio accanto alla casa del Canonico Zagaria. Esistono alcune religiose reliquie dell’antica Comunità.], che poi per mancanza di ajuti era rimasto disabitato. Or nel 1609. essendo venuto in Andria a visitare il fratello, il Generale de’ Gesuiti D. Vincenzo Carafa, figlio di Fabrizio II. questi domandò, se qui esistesse un riparo per strappare dalle violenze del bisogno la onestà pericolante. Alla notizia, essersi l’antico Conservatorio dismesso, egli obbligò il Duca Antonio suo fratello a stabilirvi un altro a proprie spese. E così il Duca determinò per confugio dell’onore bersagliato quel palazzo sull’alto del Pennino, che oggi a metà si possiede da questo Reverendissimo Capitolo Cattedrale, ed a metà dal signor Consigliere de Liso [e in nota: Eravi accanto, come apparisce, la piccola Chiesa di S. Caterina pei loro spirituali esercizii.]”.

Stando quindi al racconto del D’Urso, questa palazzina, già di proprietà della famiglia Mione, “da tempo immemorabile”, era stata un Conservatorio per povere fanciulle fino al 1609, quando quest’ultimo fu trasferito nel palazzo accanto dello stesso “Pendio”, appartenente allora parte alla famiglia de Liso e parte al Capitolo Cattedrale, (già proprietà dei Petusi). In realtà il Conservatorio non esisteva “da tempo immemorabile” ma da poco dopo il 1582, quando Luca Antonio Resta fu eletto vescovo di Andria, poiché lo stesso vescovo nelle sue "Constitutiones editæ in Diœcesana Synodo Andriensi" asserisce di volerlo istituire utilizzando i proventi del Monte di Pietà.
A pagina 59 del cap.V, Libro III, il D'Urso, parlando di edifici “di mano Normanna”, vi annovera anche questo di proprietà della famiglia Rimedi:

Fu del pari opera dello stesso scalpello la Chiesa detta di Porta Santa, come in osservandola hanno convenuto tutti gli Architetti; e ne faremo parola poco appresso. Non ci manca qualch’edilizio privato, come la casa di Rimedio con quel suo elegante prospetto, che vedesi nel basso del Pennino, o sia Pendio, ed altri”.

La Centrone, consultando soprattutto i documenti conservati nell’Archivio Vescovile di Andria, nella Biblioteca Comunale di Andria nonché l’Archivio di Stato di Bari, appura che la casa era di proprietà dei Rimedi nel 1686, quando divenne proprietà dei Benedettini del Monastero di S. Maria dei Miracoli. I Benedettini vendettero la casa alla famiglia Jeva del ceto civile nel 1724, che poi vendette al Magnifico Francesco Paolo Tannoia nel 1803.

probabile situazione al 1875 - elaborazione su carta originale dell'ing. Riccardo Ruotolo
probabile situazione al 1875 - elaborazione elettr. di un particolare della planimetria originale di proprieta dell'ing. R. Ruotolo

Due immagini tra le più antiche ricordate nel testo.

Palazzo tra Via Petusi(Tutino) e Via De Liso, in "Cento Città d'Italia" del 1898     Portale di Casa de Liso - foto Istituto Italiano di Arti Grafiche (BG) 
[immagine sx: Palazzo tra Via Tutino (già de’ Rimedi) e Via De Liso, foto del " Brooklyn Museum di New York" fine '800
foto dx: Fot. Istituto Italiano d’Arti Grafiche, Bergamo. Fototeca INASA, fondo Ricci, inv. 36566]

NOTE
[1] In merito alla presenza dell'Ordine dei Cavalieri Teutonici in Andria trascrivo uno stralcio del pensiero di un illustre storico tedesco, Bruno Schumacher (1879-1957), tratto dal suo studio sulla storia di tale Ordine in Puglia.
Le origini della Balia di Puglia dell’Ordine Teutonico risalgono all’epoca in cui Enrico VI all’apice della sua potenza, faceva i preparativi per la Crociata … Infatti, nel 1197, da Palermo, Enrico VI aveva confermato ai confratelli dell’Ospedale di S. Maria degli Alemanni, a Gerusalemme, il possesso dell’Ospedale di S. Tommaso a Barletta, … L’anno dopo, alla morte dell’imperatore, i principi tedeschi trasformavano la comunità ospedaliera in un ordine cavalleresco.
… nel 1204 Federico II prendeva sotto la sua tutela l’Ospedale di Barletta e ne accresceva i possessi col dono di giardini e di vigne già appartenenti al Demanio.
… [Federico II] nel 1213, ad Ulm, insieme ad altri privilegi, confermava solennemente all’Ordine Teutonico la donazione della chiesa e dell’ospedale di S. Tommaso in Barletta: così quella di quest’ultima città diventava la casa madre dell’Ordine stesso, e lì infatti vediamo ancora oggi il sepolcro di Hermann von Salza. …
Incerti sono invece alcuni possedimenti dell’Ordine [dei Cavalieri Teutonici] in due località pugliesi: la chiesa di S. Agostino ad Andria (che originariamente si chiamava pure di S. Leonardo ed apparteneva ai Templari), di cui tuttora si ammira il bellissimo portale tardo-romanico e che sembra sia passata in possesso dell’Ordine nel 1237, ma nel 1387 il papa Urbano VI la donava agli Agostiniani, e, in secondo luogo, la chiesa di S. Maria di Severità a Terlizzi.
Che una casa dell’ordine esistesse ad Andria, la città che Federico aveva tanto amata e nella cui Cattedrale erano state sepolte le sue spose Iolanda di Brienne e Isabella di Inghilterra, è probabile; quanto alla chiesa di Terlizzi due sepolcri del sec. XV appartengono a dei «precettori» dell’Ordine.
[tratto da “Sulla storia della Balia di Puglia dell’Ordine Teutonico” (titolo originale: “Studien zur Geschichte der Deutschordensballeien Apulien und Sizilien”, Königsberg 1942) di Bruno Schumacher (traduzione-riduzione di Guido Libertini), in “Archivio Storico Pugliese”, VII, 1954, pagg. 10-11, 16-17.]

Per il possesso di beni in Andria da parte dei Teutonici, cfr. A. Pellettieri, "I Giovanniti nell’Italia Meridionale", in "Alle origini dell’Europa Mediterranea. L’ordine dei Cavalieri giovanniti", Firenze, 2007, pag.77.
Uno dei possessi certificati appartenuto ai Cavalieri Teutonici in Andria è la Chiesetta di S. Giovanni Battista, che esisteva prima in luogo di Mater Gratiae.
Nello studio "La Chiesa di Sancta Maria Mater Gratiae in Andria" a cura di Teresa D'Avanzo, e pubblicato ne "I QUADERNI" della Biblioteca Diocesana "S. Tommaso d'Aquino", Andria, n°2, 01/2003, nelle pagg. 59-60 troviamo scritto:
"Nello stesso luogo in cui sorge la chiesa di Mater Gratiae esisteva un’antica cappella dedicata a San Giovanni Battista. La chiesetta di San Giovanni Battista in Andria era sotto il patronato di sedici tra chierici, militari e cittadini andriesi i quali donarono successivamente la chiesa, con tutti i beni mobili ed immobili, ai canonici Agostiniani di San Leonardo in Siponto. L’atto fu stipulato in Andria per mano di un Guglielmo notaio, nel Maggio 1201, ed è tra le pergamene dei monasteri soppressi (Archivio di Stato di Napoli: pergamene dei monasteri soppressi ,Vol. 427).
Dopo pochi anni l’Imperatore Federico II di Svevia confiscò ai canonici di San Leonardo tutti i loro beni e li donò ai suoi Cavalieri Teutonici che presero possesso della chiesetta di San Giovanni Battista; costoro costruirono in città un Ospizio con bella Chiesa [attuale S.Agostino] sulla quale effusero tutto il loro talento artistico come si vede dal portale, mai abbastanza lodato per ricchezza e finezza dei bassorilievi. Gli Agostiniani vi si trasferirono dall’anno 1387 quando i Teutonici scomparvero dalle loro sedi in Andria ed in Puglia. La sostituzione degli Agostiniani ai Teutonici viene documentata dai versi scolpiti dagli eremiti sulla parete del tempio prima che questo fosse rivestito di stucco. ...".
Quasi tutti gli storici locali (Borsella, D'Urso, Agresti, ...) riportano come testo della suddetta lapide i seguenti versi:
[trascrizione dell’originale latino] [traduzione]

BELLIGERUS  ORDO  DEO  HAEC  STRUXIT  TEMPLA  SACRATA,
INQUE  AEGRIS  CURAM  STRUXIT  ET  ILLE  DOMUM
HIS  DEINDE  PULSIS,  PIETAS  SUPREMA  DINASTAE
FRATRIBUS  EREMI  HAEC  IPSA  COLENDA  DEDIT
UT  FIDEI  NITOR, ET  SANCTAE  OBSERVANTIA  LEGIS
CRESCERET,  ET  STARET  PRINCIPIS  ALTUS  AMOR

L’Ordine guerriero [dei cavalieri Teutonici] costruì questo tempio a Dio dedicato ed anche una casa-ospizio per la cura degli infermi; dopo che questi furono scacciati, l’eccelsa pietà del Casato [del Balzo] diede in cura questi edifici agli Eremitani [di S. Agostino], perché si accrescesse la luce della fede, l’osservanza della santa legge e persistesse l’augusta benevolenza del Principe.

[cfr. per il suddetto documento la trascrizione di F. Camobreco, in "Regesta Chartarum Italiae", Roma, 1913 - "Regesto di S. Leonardo di Siponto", Roma, 1913].