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greca

ANDRIA SACRA

GIACINTO BORSELLA

Siam mallevadori del proprio ingegno
a Dio ed allo Stato
Leibnizio
Non consiglio di alma maligna, o di avversa mente, ardenza di carità patria ne spinse a questa Apologia. Certo d'ignavia, e di viltade avrebbero tacitamente noi coperto le vicine terre di nostra patria ove da proposito sì pio ne fossimo dilungati. Oh noi beati se al santo disio della Patria difensione l'ingegno risponda con degna opra! La quale fermamente di mendacio vota, nuda di encomio servo, di perversità nemica condurremo alla meglio, sicuro che ella sarà quale l'amor cittadino, e la sacra meditazione delle nostre Chiese la ispireranno. Lasceremo ai leggitori giudicare vera, o nò, l'assertiva avanzata dal meritissimo Canonico D. Pietro Paolo Parzanese: «Non v'ha in Andria di splendide Chiese». Egli non avrebbe così scritto pubblicamente se stava più tempo, che non fu in Andria, che tra le nostre Città è memorabile per le molte e gloriose vicende: in Andria, che antichissima è [1] come dimostrano le reliquie dei Greci Monumenti, che in ogni giorno si cavano di sotterra, e più i sepolcri, da remoti tempi scavati nel sasso. Ma tralasciando tutto ciò, noi, raccorremo le splendidezze delle nostre Chiese ricordandoci che elle talora fulgono negli argenti, e negli auri, quanto nei marmi, e nelle tele e spesso si nascondono in vetustissime e venerantissime memorie eternatrici di luoghi umili ed oscuri.
Al quale immutabilmente protestiamo non meditare noi altre apologie ov'egli pensasse rispondere a questa; e perché noi fidiamo nella manifestazione del vero, contro cui ogni lotta o è vana, o ingloriosa; e perché fu visto, e si vede tuttora quanta dovizia di tempo, e quali sottigliezze strane si profondono in pertinaci pugne letterarie. Laonde noi non obbliosi della reverenza ad un Sacerdote di Cristo e ad un degno figliuolo d'Italia, che perciò ne è legato di doppia fraternita intenderemo a questa della patria Apologia.
[integralmente tratto dal libro di Giacinto Borsella, "Andria Sacra", edito a cura di Raffaele Sgarra, Tip. Francesco Rosignoli, 1818, pagg. 39-41]

[1] Giova premettere qualche cosa sulla antichità di Andria. Fra le varie opinioni che adduconsi da tanti celebri autori circa la fondazione di questa mia patria, più d'ogn'altra persuade quella d'un religioso Crocifero, il quale dice, che fu edificata dai Greci nel tempo che Diomede regnava in Puglia dandole nome simile ad Andro. Isola dell'Arcipelago, siccome appunto la stessa Provincia di Puglia fu appellata Ætolia oggidi Artinia, Lepanto Provincia di Grecia. Circa l'Aetolia così Plinio L. 4 c. 2. a «Aetolorum populi Othomanes Tymphaei, Ephesii Aenienses Perrhaebi, Dolopes, Maraces, Atres, aquibus omnis Ionio mari infunditur. Aetholiae oppidum Calydon ecc. » Da Strabone Andria vien appellata Ætion e dal Dizionario Storico Ætium. Del resto la origine sua e, molto oscura, volendosi da alcuni antichi scrittori che ella fosse edificata da Diomede capitano greco dopo la distruzione di Troja, in occasione che venne a stabilirsi con le sue colonie nella Iapigía, propriamente nella Puglia Peucezia, oggidì Siponto distrutta che giaceva a piè del Gargano. Altri vogliono che la fabbricasse Diomede re di Etolia, figlio di Tideo, e di Fillide, allorché nel ritorno dall'assedio di Troja si ritirò in Puglia, per fuggire la infedeltà della moglie, munendola di Castello, di mura, anti murali, fossi baluardi imponendole il nome di Andria, che in lingua greca suona forza. È certissimo però che essendo stata secondo le varie invasioni, variamente signoreggiata dai Goti, Vandali, e da altri popoli, finalmente circa l'anno 1100 cadde sotto il dominio di Dragone o come vogliono Pietro conte di Trani Principe Normanno, dal qual tempo acquistossi titolo di città avendola quel Principe molto nobilitata. Nell'anno poi 1290 fu signoreggiata da Raimondo, quinto genito di Carlo secondo d'Angiò, chiamato il zoppo, Re di Napoli, col titolo di Conte. Quindi nel principio del secolo XIII dominolla la chiarissima famiglia del Balzo, o dei Bauci, col titolo di Ducato, il di cui primo Duca fu Bertrando, che nel 1307 sposò D. Beatrice d'Angiò ultima del predetto Carlo II e di Maria figlia di Stefano IV re d'Ungheria, sorella di S. Ludovico. Ebbe un figlio a nome Pirro, il quale visse disgustato dal padre, lontano da Andria, cioè in Altamura, col titolo di Principe di detta città, in cui terminò la illustre famiglia del Balzo appartenente al ramo dei Duchi di Andria. Estinta questa famiglia, passò il dominio della città a Consalvo Fernando, Generale delle armi del re cattolico, chiamato il gran capitano, nell'anno 1503. Ma nell'anno 1519 mancato Consalvo, fu concesso il Ducato di Andria alla nobilissima famiglia Garafa della Statera, della quale con pacifico possesso, si è posseduto, e si possiede dall'odierno Signor Duca D. Riccardo Carafa, così scrive Cesare Orlandi nella sua bell'opera delle Città d'Italia e sue isole adiacenti, torno 2. arti: Andria, nella quale parlasi del Castello del Monte a pag. 68 di cui in appresso sarà fatta menzione.