Chiesa del Conservatorio

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CHIESA DEL CONSERVATORIO

Giacinto Borsella (1770-1856)
Chiesa del Conservatorio
Non manca dei suoi pregi la chiesa del Conservatorio eretta sotto il titolo della Concezione per le povere orfanelle di Andria. L'altare maggiore splende di plastica marmorata a varii colori, avendo nel paliotto chiusa in cristallo la statua di S. Filomena, con veste di raso rosso e sopraveste azzurra, ricamata in oro ed argento, oltre il manto di velo finissimo, coronato con serto d'argento sulla bionda chioma. Giace trafitta sopra il serico letto. Le di lei fattezze per naturalezza, leggiadria, espressione sono tali che estinta gli occupi un dolce sopore. Non mancano dei voti in oro, argento e cera.
Sull'altare ergesi in tela la Immacolata con veste fiammante e manto cilestre, spirando aria veramente celeste. Soggiace S. Ignazio Lojola, che dopo aver pugnato valorosamente nelle pugne di Marte nelle Indie, erudiva quindi quei selvaggi nei sacri dettami della fede. A destra S. Antonio, S. Luigi e S. Francesco Saverio, a sinistra S. Ladislao, S. Francesco Borgia, S. Vincenzo da Paola e tre morti dell'ordine, con le palme del martirio; è questo un dipinto della più felice espressione, comunque si consideri nei lampi di luce, nei tratti delle ombre, negli atteggiamenti, nel colorito, nei vestiti, nelle arie dei volti che spirano vita. Prezioso dono della Compagnia di Gesù, stabilita un tempo in Barletta, la quale si distingueva in materia di pitture, statuaria e tutt'altro per le sue corrispondenze cospicue. L'altro altare a sinistra ha la effigie del divino d'Assisi, in atto che genuflesso, pieno di Santa umiltà riceve, dall'amato Gesù le sacre stimme, caro oggetto dei suoi desiderii. Accanto a lui si scorge un fraticello che medita su di un libro aperto sulle ginocchia. Nel terzo altare messo dirimpetto un quadro della nascita del Verbo umanato in seno della Genitrice che insieme con S. Giuseppe contempla quelle fattezze di paradiso. Gli angioli e i pastori colà accorsi rimansi attoniti a vagheggiarlo.
Queste due tele sono pur anche pregevoli quanto la prima, oltre a ciò si venera in grandiosa nicchia la statua in legno del prelodato S. Ignazio collo stemma della compagnia alla destra in aspetto grande, abbigliato di pianeta fiorata, con mustacchi e becco secondo la foggia della Nazione, opera altrettanto ragguardevole quanto le tele suddescritte. Le due fonti dell'acqua lustrale che imitano due conche marine sono di marmo paesano. Sull'altare maggiore vi é l'organo con gelosia verniciato d'oro.
Alla pietà di Monsignor Adinolfi debbesi il riaprimento del Conservatorio per le orfane Andriesi. Le alunne sulle prime indossarono l'abito Gesuitico, e poi il Domenicano. Quel pio prelato ordinò che lo stabilimento da lui fondato venisse diretto dal Vescovo pro tempore, da un sacerdote della cattedrale, da un altro del Collegio di S. Nicola e dal Priore dell'Arciconfraternita del Gesù. Il locale oramai si è reso bastantemente comodo. Le donzelle distinguonsi nei lavori di ricamo in filo in oro, ed in argento e godono oramai buona salute mentre si sono riformati i corridori, le gelosie sporgenti alla strada si sono corrette, ed il sole che penetra ha dissipato l'umido che vi penetrava, maggiormente perché i tavolati si sono ridotti a volte di fabbrica. Si è aggiunto un terrazzo ossia un belvedere, che sporge sulle Murge verso il mezzogiorno, donde scopronsi le città circostanti, e dove si alimentano delle piante odorifere.
Quivi la salmodia si apprende per principio, sicché nella settimana maggiore si ode con soddisfazione dalle giovanette. Antichissimo e fin dal principio della Chiesa è stato l'uso del canto ecclesiastico di cui fa menzione l'apostolo. “Commoventes vos metipsos psalmis hymnis et cantici spiritualibus, in gratia cantantes in cordibus. vestris Deo.„ Coloss: 3. Grandissima diligenza usavano i Santi Padri, acciò il canto ecclesiastico fosse modesto e divoto, onde bellissimo è il documento del Santo prelato Ambrogio. “In ipso cantanti genere prima disciplina verecundia est.„ Ritrovandosi Carlo Magno in Roma nella festività di Pasqua, nacque una contesa fra cantori Romani e Francesi, ma il saggio principe decise a favor dei Romani, dicendo non dover i rivoli essere maggiori del fonte, alludendo che da Roma veniva il modo di cantare; onde condusse seco in Francia alcuni di quei cantori Romani. Degno di pianto e di compassione è il nostro corrotto secolo per le musiche profane usate nella chiesa, sicché dir possiamo con Girolamo che riprendeva i cantori del suo tempo “ut in ecclesia teatrales moduli andiuntur et cantica„ Cap. 5 ad Ephes, cui consuona il concilio Tridentino. Il cerimoniale Romano rigidamente ne fa poi sentire: “Conventum autem ne sonus organi sit lascivus, aut impudens nec cum eo proferantur cantus, qui ad officium quod agitur non spectent; ne dum profani, nec alia istrumenta musicalia, præter organum addantur„. [1]
[integralmente tratto dal libro di Giacinto Borsella, "Andria Sacra", edito a cura di Raffaele Sgarra, Tip. Francesco Rosignoli, 1818, pagg. 288-291]

[1] Circa la varia modulazione, ed armonia degl'organi non sia discaro riportare i versi di Venanzio Fortunato descrivendo il fioritissimo secolo di S. Germano Vescovo
«Hic puer exiguis attemperat organa cannis;
Inde senex largam ructat ab ore tubam
Cybalyæ voces calamis miscentur acutis,
Disparibusque tropis fistula dulce sonat.
Timpana rauca sonum puerilis fistula mulcet;
Atque hominum reparant verba canora lyram»
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Sicchè disse S. Agostino «Ut dum pravitate carminis mulcetur auditus pariter utilitas inferatur». Narrasi, che un Turco, figliuolo di un Bassà battezzato in Milano da S. Carlo interrogato dal Butero qual cosa avesselo mosso ad abbandonar il corano, rispose, che passeggiando un giorno in Ragusa vicino un Monastero di Benedettini, udendo la melodia dell'organo e la soavità del canto ecclesiastico eseguito con tanta devozione da que' monaci disse fra se: non è possibile che sia falsa una religione, la quale sì soavemente loda il suo Dio.