Bәscәchiddә - astragali

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Gioco di strada: Bәscәchiddә [1]

Iunә, douә, tra, quattә, cinghә bәscәchiddә;
scìttәlә ’ndèrrә sparpagghèitә,
acciaffә u riflә, mìnnәlә all’ariә
i au vulә accùgghәnә n’oltә
nzimmә a chәddә c’ascènnә;
pouә pә douә, pә tra, pә quattә a la voltә
pruvә a scәquè:
cә si nzistә i tinnә fәrtiunә
l’accugghә tәttә.
Astragali [2]
Se non vuoi sveltir solo i riflessi
e la destrezza del polso
ma giocarti incauto un futuro di miseria o ricchezza,
cambiar vita dall'oggi al domani,
e neppur temi di smarrire coscienza e sensibilità
per l'estasi leggera del bello e del divino
azzarda.

 

Procurati e netta cinque astragali
o ciottoli conformati di una fiumara,
qual dadi con ampio gesto
nel campo di gara scagliali sparsi,
cogli un ribelle e lancialo in alto
quel tanto acché un altro ne acciuffi
e al volo il primo riprenda:
se tempismo e perizia t'han premiato
tratta i superstiti in egual maniera
e rilancia e ritenta con più ardire
cogliendone due, poi tre e quattro alfine
d'un sol balzo rapido ed accorto
mentre in volo un cogolo sale, s'attarda e poi torna
in attesa che tu compia l'impresa;
cedi la mano, altrimenti
all'avversario di turno, e la tua posta
al destino inclemente
e spera in una propizia svolta
o saggiamente desisti se il rischio sovrasta
e t'opprime.

Non affidar la tua sorte
agli aliossi che discoli
pel campo rotolano sprezzanti
dei tuoi sogni incuranti
d'ogni tua speme in essi riposta.
aberrante luminescenza di vacua felicità;
crudeli essi spengon le braci delle tue emozioni sincere,
alternative trascendenti ed uniche
al fatuo incendio dell'ipnotico gioco.

Lancia i bәscәchiddә come bimbi riducchianti,
sui gradi d'un sagrato accovacciati,
per l'unica gioia di trastullarsi in crocchio.

Sabino Di Tommaso
da "I pensieri del Folletto" sdt

Selene ed Endimione, dipinto di V. F. Pollet
[Le Pentalizie o Giocatrici di astragali, da Ercolano,oggi nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli (inv. 9562)]

Nel pregevole marmo inciso e dipinto, qui sopra riprodotto, rinvenuto negli scavi di Ercolano e attualmente esposto nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli, sono raffigurate due Niobidi, ἈΓΛAΙH – Aglea e ΙΛEAΙPA – Ileera, le quali, inginocchiate, sono intente a giocare con gli astragali (questi dalla forma appaiono chiaramente essere dei veri astragali o aliossi e non delle pietruzze). In piedi, nella scena da sinistra a destra, ΛHΤΩ – Latona, offesa, si discosta da ΝΙΟΒH – Niobe, mentre ΦΟΙΒH – Febe cerca inutilmente di rappacificarle.
I personaggi sono identificati dai nomi greci incisi presso le figure; in alto a sinistra, poi, è anche inciso l'autore dell'opera: AΛEΞANAPOS AƟHNAΙOƩ EΓPAΦEN, cioè, Alessandro ateniese dipinse.


NOTE

[1] Il simbolo fonetico di una “e” ruotata di 180°, lo schwaә, in questo testo rappresenta nella pronunzia della parola dialettale in cui è inserita una “e chiusa ed incerta, evanescente, inconsistente, senza precisa specificità” e la si emette tenendo la bocca in posizione rilassata e semiaperta; ne risulta un suono situabile al centro dell'insieme vocalico.

[2] Come i miei alunni ripresi nella fotografia in alto, anch’io da piccolo spesso ho giocato con cinque pietruzze, di forma più o meno cubica, che venivano gettate dolcemente a terra dopo averle agitate tra le mani a sacca; indi ciascuna di esse era lanciata in aria per poi abilmente raccoglierne il maggior numero sul dorso dell’altra mano; si tentava poi di prendere e recuperare quelle non sul dorso, nel tempo di volo di una delle “salvate” lanciata in aria. Il gioco proseguiva sempre con lanci e recuperi, ma in forme più complesse richiedenti gradualmente maggiore abilità, destrezza e coordinazione.
Era ed è questo l’antichissimo gioco con gli astragali (αστραγαλοι) o aliossi (dal latino "alea ossu"; per il gioco erano utilizzati ossi del tallone delle zampe posteriori degli agnelli o di altri animali aventi piedi simili). Gli antichi Greci giocavano con quattro, cinque o otto astragali. Ogni astragalo – aliosso aveva quattro facce tutte diverse tra loro, due larghe e due strette:
- una delle due larghe, convessa, detta in greco πρανήςpronum, in latino; se questa faccia si presentava verso alto, nei giochi simili quello dei dadi, valeva 4;
- l’altra larga, ma concava, detta ύπτιοςsupinum in latino; valeva 3;
- una delle due strette, e piana, detta χίοςplanum in latino; valeva 1 (era la più facile da apparire);
- l’altra stretta, ma sinuaosa, detta κώος. – tortuosum in latino; valeva 6 (la più difficile da apparire).
Già Omero, nei vv.106-107 del suo 1° libro dell’Odissea (il 1° manoscritto risale all’VIII sec. a.C.), parla di questo gioco, quando Atena, scesa dall’Olimpo a Itaca e recatasi sull’ingresso all’atrio della casa di Ulisse, trova gli audaci pretendenti (μνηστῆρες ἀγήνορες) di Penelope intenti a giocare con gli astragali-pietruzze (πεσσοῖσι), mentre smodatamente gozzovigliano e si ubriacano.
Questo il brano:

[trascrizione del testo di Omero]

HOMERUS – ΟΔΥΣΣΕΙΑΣ    Α

… … …
… θεὰ γλαυκῶπις Ἀθήνη·   80
… … …
βῆ δὲ κατ' Οὐλύμποιο καρήνων ἀΐξασα,
στῆ δ' Ἰθάκης ἐνὶ δήμῳ ἐπὶ προθύροισ' Ὀδυσῆος,
οὐδοῦ ἐπ' αὐλείου· παλάμῃ δ' ἔχε χάλκεον ἔγχος,
xεἰδομένη ξείνῳ, Ταφίων ἡγήτορι, Μέντῃ.   105
εὗρε δ' ἄρα μνηστῆρας ἀγήνορας· οἱ μὲν ἔπειτα
πεσσοῖσι προπάροιθε θυράων θυμὸν ἔτερπον,
ἥμενοι ἐν ῥινοῖσι βοῶν, οὓς ἔκτανον αὐτοί.
… … …

[da “ Voci del mondo antico”, sito web del Prof. Giuseppe Frappa, consultato il 30/10/2018, nella sezione "testi della poesia greca – Omero – Odissea – Libro I"]

 

[mia traduzione libera]

OMERO – ODISSEA     I

… … …
… Atena, la dea dal ceruleo sguardo,
… … …
dal monte Olimpo velocemente pervenne
nell’abitato d’Itaca, al pròtiro della casa d’Ulisse,
sull’accesso all’atrio; con la bronzea lancia in mano
di Mèntore signor dei Tafí le sembianze assunse.
Eran quivi i superbi pretendenti; essi dunque stavan
presso la porta, con le pietruzze giocando,
seduti sopra le pelli dei giovenchi, da loro uccisi.
… … …

 

Su un'anfora attica del VI sec a. C., a figure nere, firmata da Exekias e proveniente da una tomba di Vulci, è dipinta, con ricercata e abbinata opera di incisione, una scena di gioco con dadi (aliossi o pietruzze non identificabili) tra due eroi greci: Achille e Aiace.
Il sito dei Musei Vaticani (dal quale è tratto il sotto riprodotto particolare dell'anfora) la descrive minuziosamente e tra l'atro commenta:
La rappresentazione, estranea alla tradizione omerica, si carica, nella calma apparente dell’aneddoto, della tragicità degli eventi futuri. Achille e Aiace, contraddistinti dalle iscrizioni come gli altri personaggi, sono seduti e intenti a giocare esclamando i punti realizzati, rispettivamente quattro e tre, come indicano le iscrizioni che sembrano fuoriuscire a mo’ di fumetto dalle loro bocche.”
Se il loro gioco era quello degli aliossi-pietruzze (πεσσοῖσι) l'aliosso di Achille presentava il lato largo e convesso del valore di 4, “Τέσ[σ]αρα” (inciso sul vaso), quello di Aiace pure il lato largo ma concavo valente 3, “Τρεις” (pure inciso sul vaso).

Achille e Aiace giocano - anfora attica (Musei vaticani)
[Achille e Aiace giocano, forse con pietruzze o aliossi (Musei vaticani), anfora attica di Vulci]