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Domenico Di Leo

RICERCA SULLE ORIGINI DI ANDRIA

stralcio dalla tesi di laurea del 17/12/1971

Parte I: le fonti archeologiche
I ritrovamenti: a) ritrovamenti di cui si aveva già notizia


All'inizio di questo secolo l’attenzione degli archeologi fu richiamata da alcuni rinvenimenti di materiale preistorico avvenuti in una tomba occasionalmente scoperta nella villa Porro Regano, a Km 2 dall’abitato attuale [1] e sulle colline di S. Barbara e S. Lucia a Km 4[2].
Nella tomba[3] fu rinvenuto un importante gruppo di vasi che il Gervasio[4] è propenso a collocare nella fase più antica dell'età del bronzo.
Sulle colline di S. Barbara e di S. Lucia lo stesso Jatta [5] poté osservare una necropoli dell'età del ferro e alcuni manufatti metallici e ceramici ivi rinvenuti. In particolare egli notò numerosissimi cumuli, di cui parecchi portavano nel mezzo un loculo scoperchiato formato da quattro lastre calcaree messe in taglio sulla roccia viva e una grande tomba a camera costruita con regolare muratura a mattoni e già esplorata in altri tempi[6].
Altra ricerca nella stessa zona fu effettuata da un certo cav. Bolognese che vi rinvenne vari anelli di bronzo e bracciali dello stesso metallo rozzamente lavorati[7].
° ° °
Ma è nei testi di storia locale che, naturalmente, ci si imbatte nel maggior numero di notizie. Vari reperti sono ora brevemente indicati ora più largamente descritti. Una distinzione però va subito fatta fra chi ha semplicemente indicato il materiale archeologico e se ne è servito per affermazioni prudenti e discrete, e chi invece si addentra in problemi di stretta competenza dell’archeologo e, pur non possedendo sempre la necessaria preparazione e gli strumenti d’indagine propri della disciplina, ha dedotto conclusioni per lo più arbitrarie, utili solo a dimostrare il proprio punto di vista. Sono pertanto pochissimi gli studiosi che si rivelano utili a fornire notizie più o meno precise.
Il D'Urso[8], ponendosi esplicitamente il problema  di reperire le “prove che assodano maggiormente l’antichità di Andria”, indica in modo generico  “tante reliquie, e rottami di antichi edifizi, che quivi s’incontrano ne’ scavi; e segnatamente la molteplicità dei vasi”. Poi, più particolarmente prosegue: “In effetti nell’ultimo sepolcro a caso scoperto nella valle di S. Lorenzo[9], si è trovato moltissimo vasellame; ma sprovvisto affatto di colore … Non sono rare ancora le invenzioni di alcuni idoletti e metallici, ed argillosi. Merita sopra ogni altro essere curiosato un Priapo di fuso metallico, ultimamente qui ritrovato”. E a proposito di questo idoletto aggiunge in nota: “conservasi questo dal sig. Canonico DON LORENZO TROJA in unione di altri oggetti qui scoverti.”
Di queste tombe e del materiale ivi contenuto hanno tentato una collocazione cronologica il Borsella[10] e l’Agresti[11]. Il primo parla di un sepolcreto del X e XI sec. D.C. specificando che vi sono state rinvenute monete greche dell’XI sec.; per il secondo invece “questi sepolcreti, questi vasi, queste monete antiche, di cui parla il D'Urso, si riferiscono ai Greci del VI sec.”. è interessante notare comunque che entrambi fanno preciso riferimento ai Bizantini; il che è molto importante, come si vedrà in seguito.
Il Morgigni in una sua ricerca delle iscrizioni romane in Andria, ne riporta 12[12]. La prima, già ricordata dal Pratilli[13], dice:
P CESELLIO CF NUMERIANO II V REIP
III LEG TRIB QUA XLII M II Q CESELL F
ET TIBURTIA VX INCOMPARAB MOER
HSE
Essa potrebbe  essere così interpretata : “A Publio Cesellio Numeriano figlio di Cesellio, duumviro della Repubblica, tribuno della 4a Legione, che visse anni 42 e mesi 2, il figlio Q. Cesellio e la consorte Tiburzia profondamente addolorati eressero questo sepolcro”. Fu rinvenuta secondo Pratilli, in località Quadrone, contrada di Andria attraversata dalla via Traiana, presso le rovine di un antico tempio[14].
Dal Mensen sono riprese atre due iscrizioni:
SILVANIO
CAES (ariano)
VIXIT A XL
HSE[15]

P SILI
ATTIOI (ATTIOI  TRADITUR) [16]
Di queste non si conosce la località andriese da cui provengono.
Delle seguenti 3 iscrizioni, riportate ancora dal Morgigni, non si trova notizia in alcuna altra pubblicazione:
HES
V M RADRIN…
Fu rinvenuta sopra una pietra che si trovava inserita nel pavimento delle carceri mandamentali di Andria, ora demolite.
DOMINATORIBUS NOSTRIS
DOMITIANO ET MAXIMIANO
Seguono molte altre parole poco leggibili. È incisa su una colonna miliaria, trovata nel fondo della Valle S. Margherita, a Km 2 dall’abitato, già nel parco del nobiluomo Francesco Ceci e ora da me non più rintracciata.
LXXXX

PIO FELICI INVICTO
Questa  iscrizione mutila è pure incisa su una piccola colonna miliare donata al museo di Bari dai fratelli Marcio di Andria, che la rinvennero nella loro masseria di Arnieci, a 5 Km dall’abitato.
Dei ritrovamenti avvenuti in città fa parte infine l’iscrizione latina pubblicata dal Bernabei e riportata dal Morgigni:
FL VALENTI
NAE CONIV
G SANCTIS
SIMAE ANTO
NIUS VINDEX
BMF
Questo titolo sepolcrale, in pietra calcarea fu rinvenuto in una casa posta nella via Mulini e una volta appartenente all’Avv. Del Giudice. Venne pure depositata nel museo di Bari.
Le altre 5 iscrizioni che Morgigni ricorda sono state trovate, secondo quanto egi stesso riferisce, fuori del territorio andriese, in zone pertinenti a Canosa, ed una addirittura ad Isernia di Irpinia.
A vari reperti si riferiscono le notizie riportate da altri autori.
Borsella[17] fa sapere che nel demolire “un avanzo di prospettiva di stile normanno” presso la Chiesa di Porta Santa “si rinvenne la testa e parte del corpo del Dio Baccante”. Ad epoca più recente devono riferirsi invece i “vasi Italo-Greci e vari sepolcri” che lo stesso autore dice rinvenuti nel demolire l’altare della chiesa di S. Maria La Nuova[18], già adibita ad abitazione, oggi demolita. Si hanno notizie di analoghi ritrovamentiin questa zona; essi vanno rapportati alla presenza delle cripte bizantine di S. Maria dell’Alto Mare e di S. Vito[19].
Ancora Morgigni[20] e D’Urso[21] segnalano le ricche collezioni di monete e vasi possedute dai canonici Don Lorenzo Troja e Riccardo Tammaccaro: di queste però si sono perdute le tracce.
Una notizia molto precisa  viene data dal Mucci[22].
Si tratta di materiale ceramico rinvenuto in una tomba a forno in via Estr. Istria, risalente probabilmente al IV e II Sec. A.C. .  Fu scoperta per caso durante uno scavo fatto per ricavarvi un vano sotterraneo. Gli operai distrussero la maggior parte del materiale; si potè recuperare solo un askos decorato, a due imboccature, e tre vasetti unguentari, oltre a numerosi e interessanti frammenti[23].


[1] JATTA, Un sepolcro primitivo ad Andria e l’eneolitico nell’Apulia barese, in Bull. Palet. Ital., a. XXXI-1905, pp. 153-176; dello stesso, La Puglia preistorica, Bari  1914, p. 131 e segg.. Sullo stesso argomento, cf. GERVASIO, I Dolmen e la civiltà del bronzo nella Puglia, Bari 1913, pp. 195-203.
[2] JATTA, Avanzi della Ia età del ferro nelle Murge baresi, in Bull. Palet. Ital., a. XXX-1904, pp. 52-79.
[3] Si tratta di una tomba a fossa scavata nella sabbia marnosa a m 1,50 sotto l’attuale piano di campagna, la quale conteneva vari scheletri e suppellettile funeraria. Mancano dati sicuri dello scavo e incerta è la forma del sepolcro.
[4] GERVASIO, op. cit., pp. 201-203.
[5] JATTA, Avanzi … cit., loco cit.
[6] Mentre i “cumuli” sono ancora oggi visibili, la tomba a camera è stata invece abbattuta per dar luogo a costruzioni recenti.
[7] Il cav. Bolognese accompagnò Jatta nella ricerca su S. Barbara. Cf. JATTA, Avanzi … cit., ivi.
[8] D’URSO, Storia … cit., pp. 7-8
[9] È a ovest della collina su cui è Andria, subito fuori dell’antica cinta urbana.
[10] BORSELLA, Andria sacra , tip. F. Romagnoli, Andria, 1918, pag. 295
[11] AGRESTI, Il Capitolo della Cattedrale … cit., pag. 127
[12] MORGIGNI, Pagine sparse … cit., pp. 127-136
[13] PRATILLI, Della Via Appia riconosciuta e descritta da Roma a Brindisi, Napoli 1745, pag. 526
[14] È uno dei resti di antichi edifici di epoca romana che il Pratilli potè osservare. Della sua testimonianza farò riferimento nel Cap. dedicato alle strade.
[15] C.I.L., IX, 315
[16] C.I.L., IX, 6083 (138)
[18] Si trovava vicino alla cripta bizantina di S. Maria dell’Alto Mare
[19] Di questa cripta bizantina ci dà notizia il GABRIELI, Inventario topografico e bibliografico delle cripte eremitiche basiliane di Puglia, Roma 1936, pp. 11-12
[20] MORGIGNI, op. cit., pag. 111
[21] D’URSO, op. cit., pag. 8
[22] MUCCI, Sulle origini… cit., Milano 1970, pag. 64-65
[23] I 3 unguentari sono rimasti in possesso del Mucci, mentre dell’askos si sono perdute le tracce in quanto fu regalato dal sig. Salvemini, citato dal Mucci, al sig. Sforza, proprietario dell’omonimo ristorante a Castel del Monte. Quest’ultimo mi ha dichiarato di averlo donato a un cliente di cui non ricorda più le generalità.