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Storia della Città di Andria ...

di Riccardo D'Urso (1800 - 1845), Tipografia Varana, Napoli, 1842, pagg. 44-46

Libro TERZO

Capitolo PRIMO.

Confutamento di quella opinione,
cioè di aver ricevuto Andria il suo principio da Pietro Normanno.

E pure si crederebbe? Mentre Andria con prove, che portano all’intuitivo, mostra la sua esistenza ne’ secoli del fitto Gentilesimo; da taluni si è giunto all’impudenza di attribuire la sua fondazione al Conte Pietro Normanno. E donde credete essersi attinta questa pellegrina notizia? Da Guglielmo il Pugliese: e prima di notare le parole di questo poeta, dico anche concesso, che costui avesse scritto così, che perciò? In quale Logica si è appreso, che si potesse sostenere un sentimento, il quale tiene un solo scrittore in sua difesa, e cento altri con cento prove di fatto in opposizione? Ma leggiamo ciò che scrisse questo eruditissimo poeta intorno a questa Città: sono sue parole da me fedelmente copiate [1]:
Edidit hic Andrum, fabricavit et inde Coretum
Busilias, Barolum maris aedificavit in oris.
Or come da ciò può arguirsi, che Guglielmo abbia attribuita la fondazione di Andria a Pietro Normanno? Edidit che altro significa se non mettere in chiaro, esporre alla luce, corrispondendo al significato di questi altri verbi — emittere, proferre, expromere. Quindi presso purgati autori si legge — edere librum: edere partum. Or chi sarà mai tanto sprovvisto delle prime cognizioni, che volesse credere edidit librum, doversi spiegare, che allora il libro avesse ricevuta la sua primordiale esistenza? Si comprende bene, che il libro esisteva prima di essere stato reso di dritto pubblico: ch’esisteva prima di passare alla stampa: e che poi incomincia ad esistere in un modo diverso, passando dallo stato oscuro a quello di pubblicità. L’istesso anche si avvera nel feto. Forse dal parto prende l’iniziale esistenza il neonato? Non preesiste per più mesi nell’alvo materno?
Da ciò ben rilevasi, quanto sia felice l’espressione edidit di questo elegante, e purgato poeta; volendo dinotare, che il Conte Pietro illustrò Andria contorniandola di mura, e di antemura: dove in quei tempi consisteva il pregio di una Città; e ne promosse gli accrescimenti come vedremo a suo luogo. E che il Pugliese questo volle intendere usando il verbo edidit, si rileva a convincimento da ciò che espresse poco dopo intorno a questa stessa Città. Difatto nel libro 3. alla pag. 122. scrisse così:
Ac veniens Andrum, varios ad bella paratus
Coepit inire Petrus: nova praecipit arma parari,
Auget militiam, suffragia poscit ibique
Quaeque sui juris servari tuta laborat.
Or come poteva Pietro Normanno condursi in Andria a far leva di milizie — inire varios; come poteva imporre di prepararsi nuove armate, nuovi rinforzi — nova praecipit arma parari, se questa per allora veniva da lui fondata? Si deve convenire, che ogni qualunque città nei suoi primordii non ha potuto contare che pochi individui; ma il Pugliese suppone Andria popolosa a tempo di Pietro, capace di poter somministrare soldati, e nuovi armamenti; dunque ha dovuto di molto precedere l’arrivo di questo Conte l’esistenza di essa, anche a sentimento di questo storico.
Quindi con moltissima ragione l’ornatissimo Conte D. Trojano Marulli, il quale nella sua stampata memoria, ripiena di molto sale attico, intorno al Colosso di Barletta su di questo articolo si esprime così:
«Ma il gran Leibnizio nella sua prefazione dell’Edizione da lui fatta di questo nostro antico Pugliese poeta, anzi accreditatissimo storico vi nota: munisse puto hoc noster aedificare appellat (parla forse di quell’altre parole — Barolum maris aedificavit in oris). Difatti così fu la cosa: mentre Andria fra le altre quattro nominate città era sede Episcopale fin da tempi assai più rimoti, come costa da carte, e diplomi troppo autentici, ed antichi: e fra l’altro sappiamo da Lione Ostiense quanto soggiungo intorno alla Città d’Andria: Basilius quoque Imperialis Protospatarius cum esset apud Salernum adeuntibus illum monachis nostris, cartulam restitutionis, et confimationis fecit de omnibus pertinentiis Monasterii hujus per totam Apuliam, quas eo tempore perditas abebamus, idest, etc.» e numerando tutte le cose restituite ne’ diversi paesi di Puglia, come a Minervino, a Canosa, a Ruvo, ed altri luoghi, fra gli altri vi numera Andria così: «In Andre vineas, et olivas, e proseguendo finisce: Haec oninia praefatus Basilius reconsignari fecit fratribus nostris, confirmans eadem per cartam proprio sigillo bullatam, lo che accadde in tempo dell’Abate Majelpoto, il quale sedè in Montecasino dal 944. fino al 949. Dunque Andria, se non altro, esisteva un secolo circa prima de' Normanni.»
Ma oltre di questa memoria registrata dall’accurato storico Lione Ostiense, abbiamo un’altra, la quale indica l’esistenza di questa Città in un tempo di gran lunga anteriore all’arrivo de’ Normanni nell’Italia. Questa notizia ci viene dall’itinerario di S. Placido, discepolo di S. Benedetto, il quale passò per Andria nel 536. venendo da Canosa per la via Appia, dirigendosi a Reggio città della Calabria [2]. Difatto S. Placido discepolo di S. Benedetto, essendo stato da Montecasino inviato dal Maestro nella Sicilia a prender conto di alcuni beni conceduti a S. Benedetto; egli pervenuto in Benevento, prese la volta di Canosa, dove si trattenne tre giorni con S. Savino II.
Indi passò per Andria, e proseguì il cammino per Reggio; d’onde s’imbarcò per la Sicilia. Intanto nella seconda sua lettera scritta al Maestro, troviamo queste formali parole «Ad Andrim a Canusia iter nimis molestum: nunquam præsertim minuto imbre cessante: sed ibi paulisper morati, dicto vale, celerius viam arripimus, etc. tandem pervenimus Rhegium,etc.»
E che questo avvenne nel 536. si rileva maggiormente dalla vita di S. Placido, auctore Gordiano monacho «Benedictus osculans beatum Placidum, et benedicens dimisit a se: Anno Dominicæ Incarnationis: quingentesimo trigesimo sesto, etc. Inde itaque Beneventum venit, acque a sancto Martiano Episcopo cum omni reverentia susceptus est, etc. Post aliquos dies ad Canusiam Apuliae Civitatem devenit, etc.»
Ma qui senz' avvedermi sto piuttosto oltraggiando la sua antichità. Qual mai bisogno evvi di ricorrere alle prove indicanti la sua esistenza prima del conte Pietro se non può negarsi, come rilevasi da non equivoci monumenti, che essa ha preceduto d’assai l’arrivo del nostro celeste Riparatore? Le verità palpabili sdegnano le prove; perché verrebbero da esse piuttosto adombrate. Ma poiché cadde il discorso su Pietro Normanno, giova mettere in veduta questo articolo di storia, solo in ciò che ci riguarda.
NOTE    (Nell'originale la numerazione è di pagina e non progressiva dell'intero argomento)
[1] Lib. 2, pag. 1. num. 103.
[2] Tutto questo si rileva dalla seconda sua epistola diretta al maestro, la quale sta registrata nella cronaca Cassinese Vol. 2. pag. 111.