Puglia, Andria e i Del Balzo, di L. Alberti

Contenuto

dalla "Descrittione di Tutta Italia"

di Fra Leandro Alberti Bolognese (1479-1552)

copertina

(stralcio da pag. 215v a pag. 216v; nel libro è numerata solo la pagina “recto” - [digitalizzato da Google] )

APULIA PEUCETIA APUD LIT. MAR.
Terra di Barri, decima Regione della Italia

Bella sarà la descittione dei questa Regione (hora nominata Terra di Barri, & da gli antichi Apulia Peucetia, (s’io non m’inganno) imperò che in essa si ritrovano tanti buoni, & saporiti frutti, & altre cose tanto per il bisogno de i mortali, quanto per i piaceri, ch’ella è cosa maravigliosa, secondo che à parte à parte dimostrerò.

La fu primieramente nominata Ausonia da Eusono rè d’Armenia, che quivi passò, & si fermò, come dimostra Beroso Caldeo nel 5. lib. Dell’antichitati, quando dice: Aralii septimi Regis Assiriorũ, anno decimo, Armeni Ianigenæ Griphonis cum colonii scis ad Aurunum Ianigenam venerunt, quos exceptos hospitio etiam sedem cum Ianiginis Ragenuis assignavit, Classe quòdq; Auson eòdem tempore ab Auruno fuit exceptus anno octavo sequente. Et ipsi sedes in orientali Italia ab eodem consignata fuit. Et così fu nominata Ausonia questa parte (com’è detto, & parimente ne parlai nel principio d’Italia scrivendo fosse Italia già detta Ausonia.) La fu etiandio addimandata Apulia (secondo però alcuni) da A, che significa in greco, senza, & pluvia, cioè senza pioggia, imperò che di rado vi piove. Il che par confirmar Faccio [Bonifacio o Fazio] de gli Uberti nel primo canto del terzo libro Dittamondo così.

Puglia è detta, ch’l caldo v’è tale,
Che la terra ne perde alcuna volta
La sua virtude, e fruttifica male. [1]

Invero pare à me questa assai storta etimologia, perchè chiaramente si vede ella essere sofficientemente bagnata dalla pioggia, producendo tanta abbondãza di grano, orzo, vino, lino, oglio, mandorle, & altri delicati frutti in tal maniera che facendo paragone d’essa al resto d’Italia per aventura potrei dire che ne produce tante quante essa. Et se non havesse sufficiente pioggia, non potrebbero questi paesi tanto abbondantemēte fruttificare. Non però nego ritrovarsi quivi alcuni luoghi molto caristiosi d’acque, & di pioggia (come si dimostrerò poi) per la qual cosa fu costretto à dire Oratio, Siticulasæ; Apuliæ, nominandola così piena di sete, & parimente Persio [Flacco, Aulo] nella prima Satira: Nec linguæ tantum sitiat canis Apula tantum. Se anche fosse vero quel che dicono questi tali, cioè che la fosse nominata Apulia per non scendere la pioggia, non sarebbe buona questa sua etimologia, dicēdo che Apulia vuol dire senza pluvia, ma si dovrebbe dire Apluvia. Altri dicono, che tal nome vi fu posto da Apulo antichissimo Re di questo paese, che quivi passò ad habitar molto tempo innanzi la guerra di Troia. Altro non ritrovo della cagione di tal nome.

Ora addimandonsi tutti questi paesi Puglia, avvenga che sia parte d’essa con altri particolari nomi chiamata (come si dimostrerà).

Sono i termini di questo paese (nominato Puglia) secõdo Catone nell’Origini, Strabone, Plinio, & Tolomeo, dal territorio di Taranto, & di Brindisi per lunghezza al fiume Fortoro di là dal monte Gargano, & per larghezza dal mar Supero, ò sia Adriatico, secondo Plinio, ò sia Gionio, secondo Tolomeo, à i Lucani, Irpini, & Sanniti, così dall’Oriente haverà i Salentini, dal Mezo giorno Lucani, Irpini, Sanniti, dal Settentrione il sotto Gionio, ò Adriatico, dall’Occidente il fiume Fortoro, termine de i Caraceni, & Frentani, hora Abbrutio detti.

Vero è che questo paese posto fra detti termini partito in due parti da gli antidetti scrittori, volendo che la prima parte, quale comincia al Territorio di Brindisi, & di Taranto (come è detto) finisca al fiume Aufido hora Lofanto nominato, & l’altra, che è quivi comincia, & trascorre al fiume Fortore, servando ciascuna d’esse la loro larghezza tanto à man destra, quanto sinistra (secondo è detto di sopra) comparativamente.

Ella è addimandata la prima parte Apulia Peucetia, ò siano Peucetij popoli da Peucetio fratello di Enotrio, & figliuolo di Lacaone, come scrisse Dionisio Alicarn. Nel I. lib. dell’hist.oria: [Ῥωμαική ἀρχαιολογία] i quali ne vennero quivi di Grecia di 17. Età avanti la guerra di Troia, & in questo luogo si fermarono coi compagni, volendo habitare sopra i Giapigij. Et per tanto dal detto Peucetio acquistato il nome di questi popoli. Il che conferma Mirsilo Lesbio, aggiungendovi che questi nuovi popoli furono quivi menati da Enotrio, & da Peucetio fratelli, di Arcadia, ove prima habitavano gli Ausoni, & però fu nominata parte di questo paese Enotria, qual’era di riscontro à i Peucini. Et questa fu la prima Colonia, ò siano i primi huomini mandati fuori di Grecia ad habitare altrove, che fu avanti la roina di Troia poco meno di 15. etati, cioè di 375. anni, secondo Mirsilo, ma di 17. etati, secondo Dionisio Alicarnaseo, ò sia d’anni 400. perche ogni età contiene anni 25 come vuol Senofonte ne gli Equinoci. Ben’è vero, che come dice Giovanni Annio, par si dee piu tosto credere in questa cosa à Mirsilo, che à Dionisio, per esser molto piu antico scrittore Mirsilo d’esso, conciosia cosa, che maggiormente si dee credere à i piu antichi, che à gli altri, per essere stati eglino piu vicini alle cose fatte. Sia come si voglia sarà in libertà del Lettore di credere à cui le parerà.

Furono etiandio nominati quei popoli, che habitarono fra il territorio di Taranto, Brindisi, & il fiume Aufido, Etoli da Etolia di Grecia, che vennero in questi luoghi ad habitare, come scrivono alcuni, i quali scacciarono di quindi i Pediculi, & vi rimasero loro. Che cosa fossero i Pediculi, lo narra Strabone nel 6. libro, & Plin.[io] nel 3. & dicono che furono nove giovanetti, & altrettante donzelle, che dell’Illirio quivi passarono, & vi habitarono, de i quali ne uscirono 13. popoli. Et acciò piu agiatamente vi potessero dimorare fecero molte castella. Talmente Pediculi furono addimandati sì come putti, & fanciulli, cõciosia cosa che quel, che noi volgarmente diciamo puto, i greci dicono pedia, vogliono adũque pediculi significar puttini, & fanciulli. Non è però da credere che questi fanciulli, & fanciulle (benche fossero di nobile lignaggio) havessero havuto tante forze, che havessero potuto suggiogar questo paese, & che da loro fosse stato nominato, ma gli fu conceduto tal’honore da i loro compagni per esser piu nobili d’essi.

Al fine ottenne questo paese il nome di Peucetia, com’è stato detto, & hora si addimanda Terra di Barri, dalla città di Barri, capo di questa Regione (come si dimostrerà).

Comincia poi al fiume Aufido, ò Lofante, l’altra parte che trascorre quindi al fiume Fortoro detta Apulia Daunia, overo Daunij da Daunio loro antichissimo Rè, suocero di Diomede (come poi narrer� nella descrittione d’essa).

Ora ho da descrivere questa parte di Puglia detta Peucetia, ò sia terra di Barri, & prima descriverò i luoghi lungo il lito del Mare, secondo il mio costume, & poi quei, che sono fra Terra.

… … …

— ↑↑↑ —

(stralcio da pag. 217v)

Bis[c]egli[e]  -  [Francesco del Balzo]

Più avanti quattro miglia [da S. Maria de i Martiri, Molfetta] pur sopra il lito, si scopre la città di Bisegli posta sopra l’alte rupi del mare, da i latini Vigilie addimandata, ma io non ho ritrovato la cagione di tal nome. Sono i cittadini d’essa tanto desiderosi della loro libertà, però sotto i Rè di Napoli, & non sotto altro, che ritrovandomi quivi nel 1525. mi dissero haver presentati à Carlo Imperatore Re di Napoli 14000. Ducati d’oro, acciò non gli sottomettesse ad alcun Barone, ò Signore, ma li lasciasse nella libertà, ove si ritrovavano. In questa Città furono ritrovate l’ossa di S. Mauro Vescovo, di S. Sergio, & di S. Pantaleone Cavalieri, & Martiri di Cristo ne’ nostri tempi essendole revelate à Francesco Balci Duca d’Andri, & Signor di questa città, le quai fece con grand’honore riporre in degna sepoltura, sì come si convenia. Dalle quali continuamente n’esce un liquore, da i cittadini detto manna, in testimonio della loro santità, che come furono ritrovate, vi fu tanto concorso de i popoli vicini, che vi passavano, quali per veder tanto pretioso tesoro, & farli riverenza, & quali per ottenere per loro meriti gratie da Iddio, che fu cosa meravigliosa. Molto magnificò il Signor Gesù Cristo questi suoi gloriosi Martiri, donando infinite gratie à quelli che li visitavano, & le chiedevano.
Qui si confetta il Zibibbo, tanto eccellentemente, con zuccaro, & altre cose aromatiche, ch’è cosa molto delicata da gustare. Egli è molto più soave, che non è quel di Levante.
Non è meno producevole di vino, oglio, mandorle, & d’altri frutti, dell’altre parti del paese sopranominato. … … …

(stralcio da pagg. 220v – 221r)

La città di Andri[a]
ornata di dignità Ducale

Quindi a sette miglia [da Corato], & dalla marina otto discosto appare la città di Andri ornata della dignità Ducale assai tempo fu soggetta all’illustre famiglia de i Balci. L’ultimo de i quali fu Pirro prencipe d’Altamura huomo di gran conseglio, di gran prodezza, & di grand’animo. À cui nell’heredità successe la signora Isabella sua figliuola, poi consorte di Federico d’Aragona Re di Napoli. Il quale conoscendo non potersi mantenere nel Regno contra Lodovico 12 [Luigi XII] Re di Frãcia, passò à lui per comporre fatti suoi, & ivi in Francia se ne morì nella città di Torse [Tours], lasciando fuori del Regno tre figliuoli maschi, & due femine, con la sconsolata, & vedovata moglie. La quale doppo molti affanni, & tribulationi, priva d’ogni human sussidio, riducendosi à Ferrara fu humanissimamente ricevuta da Alfonso Duca d’Este, & molto benignamente trattata co i duoi figliuoli maschi [Alfonso e Cesare], & le due figliuole femine [Giulia e Isabella], essendo il terzo [Ferdinando] passato in Ispagna, Duca di Calavria detto. Quivi in Ferrara questa illustrissima Reina religiosamente vivendo, & con gran patienza sopportando i travagli del mondo, nel santissimo giorno dell’Ascensione del S. N. Giesu Cristo, [22 maggio] dell’anno 1533. divotissimamente si partì da questa mortal vita, lasciãdo doppo se il Duca di Calavria antidetto in Ispagna, et le sconsolate figliuole prive da ogni human sussidio.

Quivi ad Andri si fanno bellissimi vasi di terra cotta, quali sono in gran riputatione appresso i vicini popoli, per la loro bellezza. Sono gli Andresi molto traficanti à mercantare, onde ne riportano assai guadagni. Non meno si cavano buoni, & saporiti frutti, oglio, mãdorle, vino, & aranci, dal paese di questo castello, che de gli altri luoghi vicini. Anche quivi da ogni lato appaiono belli, & vaghi giardini pieni d’ottimi frutti. [2]

 [testo tratto da "Descrittione di Tutta Italia" di Fra Leandro Alberti Bolognese, per Giovan Maria Bonelli, Vinegia [Venezia], 1553, fogli. 215v-216v, 217v, 220v-221r]

NOTE    (queste annotazioni sono del redattore del sito ANDRIARTE; non sono presenti quindi nel testo originale)
[1] Qualche verso più avanti Fazio degli Uberti, autore trecentesco del Dittamondo, racconta l'attraversamento di alcuni luoghi della Puglia in compagnia del geografo romano del III secolo Gaio Giulio Solino (come Dante s'accompagna a Virgilio nella sua Commedia):
Passato avea là dove fur le schiere
Ardite d'Annibale sopra Canni,
Quando cadde di Roma il gran potere.
Ma non cercammo senza molti affanni
Isquillace e Taranto e Brandizio,
Perchè v'ha malandrin di tutti inganni.
In quella parte ci fu dato indizio
Che Bari n'era presso, ond'io divoto
Di Nicolao visitai l'ospizio.
Similemente quando ci fu noto
Monte Gargano, là dov'è Sant'Agnolo,
Infino a lui non mi parve ire a vòto.
Con quel studio che fa la tela il ragnolo,
Ci studiavam per quel cammino alpestro,
E passavamo or questo or quel rigagnolo.

 [testo tratto da "Il Dittamondo" "di Fazio degli Uberti Fiorentino, ridotto a buona lezione colle correzioni pubblicate dal Cav. Vincenzo Monti", per Giovanni Silvestri, Milano, 1826, pagg. 202-203]

[2] Altra risorsa importante per il Regno di Napoli, per Andria (e per tutto il Tavoliere e le Murge) era il soggiorno invernale dei pastori d'Abruzzo.
Nelle note al "Bilanzo per arbitrio [=preventivo] del Real Patrimonio de questo Regno del anno Vae Indictionis 1591 et 1592" è scritto: "Introyto della Reg.[ia] dohana de le pecore de puglia del'anno 1591 et 1592. - Pecore che pagano a D.[ucati] 12 il cento. - ... Andria - p.[ecore] 117120"

[testo tratto da "Bilancio del Reame di Napoli degli anni 1591 e 1592" di N. Faraglia, in "Archivio Storico per le Province Napoletane", a cura della "Società di Storia Patria", Napoli, Ed. Detken & Rocholl e F. Giannini, 1876, anno I, fasc.I, pagg.246-247]