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Dalle Origini, Le Mura e le Porte
in una illustrazione di Cassiano de Silva
a fine Seicento

Pianta di F. Cassiano de Silva, inserita in "Il Regno di Napoli" di G.B.Pacichelli del 1703
[Il borgo di Andria a fine Seicento nella veduta di Cassiano De Silva - elab elettr. del colore Sabino Di Tommaso]

Nell'immagine son ben visibili le mura della città e alcune sue porte: Porta del Castello con un contrafforte sulle mura di nord-est, Porta Sant'Andrea tra le mura verso ovest, Porta La Barra a sud. Tra queste ultime due porte nel '700 fu costruita Porta Nuova, mentre forse già del XIII secolo era stata abbattuta gran parte di Porta Santa per edificarvi l'omonima chiesa dedicata alla Vergine Maria.

Prima del secolo undicesimo Andria non aveva mura e, nei documenti finora trovati, era considerata un locus - villaggio dipendente dalla civitas - città di Trani. Furono i Normanni a dotarla di mura ed elevarla al rango di città incrementandone prestigio e potere sul territorio circostante.

Per uno studio approfondito sulle mura e sulle porte si leggano le seguenti ottime ricerche:

dell'architetto Vincenzo Zito:
- L'antica "Porta del Castello" di Andria, 2a edizione dell'autore, 2014.
  
dell'ing. Riccardo Ruotolo:
- La formazione della città murata;
- Le Porte della città;
- La Porta Santa ;
- La Porta detta del Castello ed il Castello;
- La Porta di Sant’Andrea e gli esametri attribuiti a Federico II;
- Porta la Barra;
- Porta Nuova;
     in “ANDRIA – Escursione nella città dall’anno Mille al Milleseicento - La forma della città - Le tombe delle Imperatrici Sveve”, Grafiche Guglielmi, 2023.,

Osserva anche le PORTE ›› in immagini del XV secolo)


A fine Seicento, un ventina d'anni prima che Cassiano de Silva disegnasse la sua veduta della nostra Città (nella foto sopra), il poeta andriese Ferdinando Fellecchia ne descriveva una altrettanto bella e precisa nel suo poema su "La vita del gloriosissimo S. Riccardo primo vescovo, e padrone d’Andria".
Ecco le prime stanze del VI canto in cui il Fellecchia descrive poeticamente Andria, non disdegnando di credere anche alle sue fantasiose origini diomedee.

2
Sotto l’Etrusco Ciel, nel suol pugliese,
Nel Regno, ov’hà Partenope sua Reggia,
Ne la Provincia ancor detta Barese,
Frà quell’altre Cittadi Andria pompeggia.
Da cinque mila passi ella s’estese
Dal mare Adrian, che da lontan v’ondeggia;
E sette mila ancor lungi l’Aufido
Gode in sereno Ciel tranquillo il nido.

3
In piano, e ameno sito erge il suo letto;
E in forma oval giace la sua figura;
E del luogo, ove spande ella il ricetto,
S’estende a un miglio sol la sua misura.
D’intorno s’alza un muro forte eretto,
Fortificato ancor cò l’antemura;
Che segni son de la Città pur veri,
Che di guerre soffrì gli assalti fieri.

4
Numer perfetto ancor contien di Porte,
Ch’una guarda vers’Austro, e vien chiamata
Del Castello, perche munita, e forte
Vicina ad un Castel fu fabricata.
Già ludibrio del Tempo, e de la sorte
Fatta la Rocca appena in piè restata;
Ivi ad onta del Vecchio ingordo, e infame
Si trita il grano sol per l'altrui fame.

5
L’altra vien detta Porta de la Barra,
Che ver’ Settentrion volge la mira;
D’onde si dica tal, la gente narra,
Perche al pagar la Mercanzia si tira,
E perche serve a trattener la Sbarra
Colvi, che non pagando, i passi aggira;
E à questo fine ancor frà quelle mura
Lapide incisa ivi il pagar misura.

6
Perche vicina a picciol Tempio alzata
Del Apostol Andrea l’altra si guarda,
Porta di Sant’Andrea viene chiamata,
Che in Occidente il Cauro ancor risguarda.
Piccola questa pria fù fabricata,
Ampliossi poi, perche da un miglio sguarda
La Chiesa, per honor di quella eretta
Santa Maria, ch’è de Miracol detta.

 

7
Su’l Ciel di questa Porta registrato
Un Esametro sol si mira, e legge,
Che fù da Barbarossa ivi intagliato,
Quando abborrito fù dal fedel Gregge.
Fù suo segno d’amor, perche inchinato
Dal Popol fù frà Imperiali segge:
E’l latino s’esprime in questa guisa,
Andria fedel nel nostro cuore assisa.

8
Chi fù l’Autor de l’edificio Andrese,
Certamente affermar quì non si puote,
Perche mai ciò si lesse, e mai s’intese;
Ne vi son chiari segni, ò espresse note.
Diomede all’hor che giunse al suol pugliese
Da le greche contrade assai remote,
Che fù figlio a Tideo Rè d’Etolia,
D’Andria bensì l’Autor dir si potria.

9
Questi fù d’Arpo in Puglia il conditore,
E questi ancor molt’altre Terre eresse,
E che d’Andria sia stato ancor l’Autore,
Frà tant’horror, note son quasi espresse.
Vanta Diomede antico il suo splendore,
Antica è Andria, e le memorie istesse
Del greco nome; onde vuol dir fortezza,
Dan di Diomede Autor chiara contezza.

10
Dal greco nome Andria chiamar lui volle,
Perche greco lui fù, perche fù forte,
E per far più le voglie sue satolle
Altre illustri Città volle per scorte.
La chiamò tale, ò perche questa estolle
Come quelle pomposa il capo, ò accorte
Volle le genti far, perche frà tante
Questa in Puglia fastosa erge le piante.

11
Entrò RICCARDO, e da qual Porta entrasse,
Certezza tal non v’è, ch’arguir si possa;
Potriasi dir, un che dal Mar sbarcasse,
Al luogo più vicin drizzar la mossa.
Se là dal Mare il suo camin ritrasse
Del Brittanico Eroe l’ardente possa,
Del Castello a la Porta il Mar guardante,
Dritt’è che lui drizzasse ancor le piante.

[estratto da “La vita del gloriosissimo S. Riccardo primo vescovo, e padrone d'Andria“ di Ferdinando Fellecchia, per Salvatore Castaldo reg. stampatore, Napoli, 1685, Canto VI, pagg. 91, 107
(trascritto dalla copia digitalizzata del volume della Biblioteca Comunale di Andria, consultato in Internet culturale il 27/11/2014)]


Il locus Rudas del periodo romano, l'Andre nell'alto medioevo e, successivamente la Città di Andria, questo agglomerato residenziale nelle varie epoche era allacciato agli altri centri abitati da una serie di tracciati viari che si erano scarsamente evoluti nel corso dei secoli.

Ancora a metà Ottocento la viabilità nel Regno di Napoli era altamente precaria.
Una tanto efficace quanto sintetica descrizione del suo stato la esplicita lo storico Ernesto Galli della Loggia nel sotto citato testo.

A metà Ottocento ... non certo migliore era la condizione della viabilità, la cui esecuzione e manutenzione era affidata perlopiù ai poteri locali.
In Sicilia le strade carrozzabili erano quasi del tutto assenti. Egualmente per quanto riguarda molte località del Mezzogiorno continentale: ad esempio, la maggior parte dei comuni della Basilicata (la più grande provincia continentale del Regno) e molte località calabresi erano completamente isolate, raggiungibili solo attraverso sentieri o tracciati “naturali”.
La strada da Bari a Napoli era percorribile da chiunque ma solo a proprio rischio e pericolo, infestata com’era in permanenza dalla presenza di bande brigantesche specie al passaggio del Vallo di Bovino, tra i monti della Daunia, dove sulle spallette del ponte sul Cervara facevano bella mostra di sé, a scopo ammonitorio (benché di effetto assai scarso), quattro o cinque gabbie di ferro contenenti le teste mozzate di alcuni briganti.

[tratto da Ernesto Galli della Loggia, “Risorgimento e Mezzogiorno: la difficile unità”, in “Vita e Pensiero”, bimestrale di cultura e dibattito dell'Università Cattolica, anno CVI, n° 5, Sett-Ott. 2023, pp. 100-101]


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