Volto del Cristo - tela del Seicento

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"Vera immagine del Cristo" - tela del Seicento
["Vera immagine del Cristo" - elab. elettr. su foto di. Sabino Di Tommaso 2015]

Volto del Cristo

Percorso museale virtuale

Di questo olio su tela (cm 45 x 34), presente nel Museo Diocesano "san Riccardo" di Andria e  realizzato probabilmente nel Seicento, Mons. Giuseppe Lanave scrisse queste brevi note:

"VOLTO DEL CRISTO, che proviene da quella che fu la cappella delle Visitandine di Minervino, attuale Conservatorio.

Era accantonato, senza senso ed interesse.

È certamente il volto di Cristo, nel quale si concentrava ed esprimeva tutta la dottrina del Verbo Incarnato, che il card. Pietro De Berulle (1575 - 1629) poneva a fondamento ed ispirazione della spiritualità delle Carmelitane. Questa dottrina in seguito diventò alimento ed orientamento della spiritualità di tutte le claustrali.

m. 0,45 x 0,34 senza cornice
m. 0,58 x 0,47 con cornice.
"

[testo tratto dal libro "Ho raccolto per voi" di Giuseppe Lanave, edito da Grafiche Guglielmi, Andria, 1994, pagg. 30-31;]

Una descrizione del dipinto, corredata delle motivazioni liturgiche della sua scelta come emblema per l'anno giubilare della Sacra Spina 2015-16, sono state enucleate nel sotto citato testo edito dalla Diocesi di Andria nel 2015:

Le fonti storiche delle notizie intorno al volto di Cristo, per circa diciannove secoli, si sono basate essenzialmente sulla tradizione tramandata con gli scritti dei Padri della Chiesa.
Il volto tumefatto, quel corpo scarnificato dalla flagellazione, il sangue che lo fasciava come una seconda veste, erano un monito, un richiamo, che non aveva bisogno di commenti.
È l’Ecce Homo, l'Uomo dei dolori, abbandonato da tutti e, come afferma il Profeta Isaia: “non ha apparenza, né bellezza, per attirare i nostri sguardi” (Is. 53,2).
Un’antica tradizione colloca durante la Via Crucis un personaggio di cui i Vangeli non dicono niente. Per molti secoli si provò tra i credenti il desiderio, la necessità di possedere una vera immagine, l’autentico volto di Gesù. La pia leggenda narra di una donna che sulla via del Calvario avrebbe asciugato, commossa, il volto di Gesù, la cui effige sarebbe rimasta impressa sul bianco lino. Questo vero volto, questa “vera icona”, si sarebbe tramandato nel nome della donna: Veronica [1].
Il gesto riflette la tenerezza della Chiesa, la premura della Sposa di Cristo, di voler asciugare il volto dolorante e insanguinato del suo Signore.
Il volto di Cristo però non è solo quello sfigurato dal dolore del Calvario, ma è anche il volto trasfigurato del Monte Tabor. Una anticipazione della gloria divina che, rimasta celata durante la vita terrena di Gesù, nella risurrezione, dopo la vittoria sulla morte, giunge al massimo splendore.
Il volto santo, icona dell’anno giubilare che quest’anno [2015] in particolare siamo chiamati a venerare, proviene dal “Conservatorio di Gesù, Giuseppe e Maria” di Minervino Murge, Monastero delle Visitandine fino al 1930 circa.
L’Ordine delle Visitandine, fondato da San Francesco di Sales e Santa Giovanna Francesca di Chantal, aveva un grande culto dell’amore di Cristo: la devozione al Sacro Cuore si sviluppa grazie alle rivelazioni private ad una visitandina, Santa Maria Margherita Alacoque.
La teologia che esprime la spiritualità espressa in questo quadro è quella dell’umanità di Cristo del Cardinale de Bèrulle (XVII sec.). Egli, vedendo il Dio-Uomo al centro di tutto, nei suoi scritti sottolinea molto il primato del Nome di Gesù.
L’influsso del cristocentrismo di Bèrulle è stato enorme in Francia, ed ha profondamente contagiato la spiritualità carmelitana francese.
Santa Teresa di Lisieux contemplando tutta la divinità, ne ammira in particolare la “suprema Bellezza”, la Misericordia e la Giustizia; contempla anche tutta l’umanità e specialmente i Misteri dell’Incarnazione e della Pasqua. Santa Teresa sintetizza la dottrina del cristocentrismo con questa affermazione: “Amare Gesù è farlo amare!”.

[tratto da "ECCO L’UOMO da conoscere, incontrare e servire per una nuova Umanità" a cura della Diocesi di Andria, Grafiche Guglielmi, Andria, 2015, pp. 61-63;]

Il 22 marzo 2015 Radio Vaticana sul suo sito, parlando di "Andria, Anno Giubilare verso la Festa della Sacra Spina" ha scritto:

"L’Anno Giubilare della diocesi di Andria ha anche un logo con un volto di Gesù raffigurato su una tela del 1600, che vuole invitare a fissare lo sguardo su Cristo pensandolo in mezzo alla gente - tra poveri e ammalati, peccatori e increduli - per esortare a un’autentica fraternità e a una nuova umanità. La Sacra Spina viene esposta alla venerazione l’ultimo venerdì di ogni mese. Dopo il 2016, il 25 marzo sarà ancora un venerdì santo nel 2157. (T.C.)"

La tela citata da Radio Vaticana è quella illustrata nella foto di questa pagina; essa è stata scattata il 16 maggio 2015, nell'anno giubilare per la festività della Sacra Spina, concesso dalla Santa Sede dal 25 marzo 2015, festa dell'Annunciazione al 3 aprile 2016, festa della Divina Misericordia; in questo periodo il quadro del Volto di Cristo era collocato nella cappella della Sacra Spina della Cattedrale di Andria.

NOTE
[1]Il velo della Veronica non è quello offerto a Gesù, per asciugarsi il sudore e detergere il suo sangue lungo la via del Calvario, dalla pia donna di tale nome. Infatti questo popolare episodio della “Via Crucis” non si trova in nessuno dei Vangeli ed è derivato da una leggenda abbastanza recente. Il nome “Veronica”, invece, pare derivi dall’accostamento dell’aggettivo latino “vera” al sostantivo greco “icona”, per indicare la “vera immagine” di Gesù tra quelle considerate non dipinte da mano d’uomo.
Si racconta che un giorno l’imperatore romano Tiberio fu colpito da una grave malattia. Avendo saputo che nella lontana Palestina operava un eccezionale guaritore di nome Gesù, ordinò al suo messo Volusiano di andare a cercarlo a Gerusalemme. Ma la stagione invernale ritardò la partenza di Volusiano, che giunse in Palestina quando, ormai, era troppo tardi: Gesù era stato crocifisso! Volusiano, però, non volle tornare a mani vuote da Tiberio, perché ne temeva l’ira. Così si mise alla ricerca dei seguaci di Gesù, per ottenere da loro almeno una reliquia del maestro. Così trovò una donna, chiamata appunto Veronica, che ammise di aver conosciuto Gesù, ed anzi gli raccontò una storia prodigiosa. Anni prima, quando Cristo era andato a predicare in una località lontana, le era venuta una grande nostalgia del Signore. Perciò aveva comprato un panno bianco per portarlo ad un pittore affinché questi, sulla base delle sue indicazioni, gliene facesse un ritratto. Ma proprio il giorno in cui era uscita di casa per andare dal pittore, aveva incontrato per strada Gesù, di ritorno dal suo viaggio. Egli, saputo il desiderio della donna, le aveva chiesto il panno e, sfregatolo sul suo viso, glielo aveva restituito con impressi i propri lineamenti. Volusiano chiese immediatamente a Veronica quel ritratto ed ella acconsentì a portarlo di persona a Tiberio. Il quale, appena fu al cospetto del sacro telo, guarì all’istante. Da quel momento in poi l’insigne reliquia rimase sempre a Roma. Secondo alcuni, questa Veronica sarebbe L’emorroissa citata nel Vangelo che, a detta degli Apocrifi, si chiamava, in greco, “Beronike [βερονίκη]” da cui il nostro “Veronica”.
Ma la leggenda precedente ha parecchi punti di contatto con la storia del re Abgar di Edessa, il sovrano che avrebbe ricevuto da Cristo stesso quel famoso “mandillion [μανδύλιον]” diventato poi, secondo molti studiosi, la Sindone di Torino.
[tratto da “ La vera leggenda della Veronica”, di Dario Busolini, in “Jubileum A.D.2000” - dal sito del “la Santa Sede” di Città del Vaticano.]