Crocifissi lignei ..., di M. S. Calò Mariani

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Si riporta di seguito un interessante studio [1] sui crocifissi lignei, tra cui "i Crocifissi della Cattedrale di Andria" tratto dal sotto citato testo della prof.ssa Maria Stella Calò Mariani dell'Università degli Studi di Bari.

(stralcio da ...)

"La Scultura in Puglia durante l’età sveva e proto-angioina"

[ I Crocifissi lignei ]

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È merito del Bologna (1950) aver allargato all’area meridionale lo studio della scultura lignea, individuando un gruppo di Crocifissi che per modernità e livello linguistico occupano, ormai di diritto, un capitolo illuminante nella storia della scultura nell’Italia meridionale. L’estensione dell’indagine alla Puglia (v. ancora Krautheimer-Hess, 1933; D’Elia, 1964; Calì, 1965) consente di mettere in luce quanto vivace vi fosse la penetrazione dei più moderni apporti d’oltr’alpe, anche per vie diverse da quelle tracciate dalla politica culturale federiciana. Se approdano nel sud significativi esemplari del Crocifisso doloroso di accezione spagnola, quel che trionfa è, infatti, il gotico francese, attraverso opere capaci di interpretare con sorprendente vigore la potenza naturalistica della scultura monumentale di Chartres e di Reims.

Crocifisso di Siponto   Crocifisso di Mirabella Eclano    Crocifisso di Nardò
[Il "Crocifisso vivo, grave e inaccessibile" di Siponto - il "Christus Triunphans" di Mirabella Eclano - il crocifisso della cattedrale di Nardò]

Un nodo culturale inconsueto si stringe intorno al Crocifisso di Siponto (ora nella Pinacoteca barese) [dal 24/04/1985 nella Cattedrale di Manfredonia], che si presenta come il più antico del gruppo. L’azzurro intenso del perizoma e il bianco dell’incarnato, in parte riemersi nel corso dei recenti restauri, rendono solo parzialmente l’antica cromia del Cristo sipontino, la cui figura possente issata sul legno della semplice croce serba il tornito vigore del tronco d’albero originario. Le tese superfici che chiudono la massa del corpo sono percorse da solchi e corrugamenti perseguiti con minuzia da orafo: la plicatura fitta del perizoma, i solchi delle costole e le scansioni muscolari, le vene che corrono come tese radici lungo le braccia espanse, evocano sculture in metallo. Se nella scelta del tema - il Cristo vivo, grave e inaccessibile - e nella «assolutezza plastica» affiora il ricordo del Crocifisso di Mirabella Eclano, per altro resta ancora sfuggente la precisa collocazione culturale del pezzo; il suggerito rapporto con la produzione scultorea locale (Belli D’Elia, 1972) richiede ancora una verifica alla luce di uno studio esteso della scultura lignea reperibile in Puglia. Che in loco si lavorasse il legno non vi è dubbio. Indizi probanti, pur poco frequenti, ce ne rinviano una fievole eco: si pensi al tono islamico di arredi e suppellettili lignee come il trono di Montevergine, agli arredi in legno per le residenze regie di cui è traccia nei registri angioini.

La perdita quasi totale del colore attenua in generale la forza espressiva della scultura lignea medievale: la vivace veste cromatica e le dorature concorrevano, infatti, efficacemente ad esaltare il valore dell’immagine. La scultura, com’è noto, veniva coperta con una tela ingessata sulla quale si distendeva il colore.

Anche la scultura in pietra, del resto, sovente era avvivata e impreziosita da note cromatiche, dorature, inserti di vetri e tessere colorate, in armonia con una diffusa sensibilità per il colore, che si esprimeva con festosa intensità attraverso i tessuti, gli oggetti preziosi, le vetrate, ecc.

La scoperta somiglianza con il Crocifisso del duomo di Aversa - attribuito a un ignoto maestro catalano che lo eseguì intorno al 1250 (De Francovich, 1937 e 1943; Bologna, 1950) - individua nel Crocifisso della cattedrale di Nardò un singolare momento creativo, capace di rimeditare i modelli di chiara origine iberica - i Crocifissi del duomo di Napoli e di Salas de Bureba - in termini di pacata plasticità, quali potevano suggerire la Deposizione di Tivoli e lo straordinario Cristo di Mirabella Eclano.

Crocifisso doloroso di Andria   Cristo devoto di S. Jean Baptiste, Perpignan   Crocifisso doloroso della Cattedrale di Lucera
[Il "Crocifisso doloroso" di Andria - il "Cristo devoto" di S. Jean Baptiste a Perpignan - il "Crocifisso svelato" della basilica del Carmine a Napoli]

Nell’area dei Pirenei, intorno alla metà del secolo, vede la luce il Crocifisso doloroso di Andria. La tensione delle membra, manifesta nei tendini tesi fino allo spasimo, la concentrazione aspra del volto, alcune cifre astratte, come le costole rese «a striature concentriche» o le pieghe appiattite e simmetriche dei panni, apparentano l’esemplare di Andria al gruppo cui partengono opere come il Crocifisso di Santa Maria a Piazza di Napoli - in cui si afferma un marcato accento patetico «collaterale ai nuovi avvenimenti dell’Ile de France» (Bologna, 1950) - e l’esasperato Crocifisso di Perpignano, nel cui volto si esprime il «lacerante pietismo germanico» (ancora Bologna; De Francovich, 1937).

Sulla linea di una crescente potenza naturalistica occupa un posto preminente nella vicenda meridionale il Crocifisso di Brindisi. Insieme con il trittico di Scala ove la regale testa del Cristo dolente si ispira con intelligenza alla solenne figura dell’Eterno che incorona la Vergine nella cattedrale di Reims (Bologna, 1950) - e con il Deposto di Montevergine, esso si lega al gruppo di Crocifissi di origine chartrese.

Il confronto con il Crocifisso tedesco del castello di Traunitz presso Landshut - in cui appare anche il tipo di croce con tralci - vale come prova dell’esistenza di un comune modello dell’Ile-de-France, risalente all’inizio del XIII secolo. Precipua dell’esemplare brindisino è la cocente violenza espressiva, evidente nel panneggio a strali spezzati, nell’incisa energia dei particolari anatomici, nel volto intensamente patetico. Per la Krautheimer-Hess (1933) è opera di un italiano, eseguita nel secondo quarto del XIII secolo su modello francese.

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Al ceppo renano si lega, per più diretta parentela, il Crocifisso doloroso della cattedrale di Lucera, che il De Francovich (1938) colloca tra il 1335 e il 1345.

        
[Il Crocifisso della Chiesa di Cristo dei Domenicani a Brindisi - il "Crocifisso doloroso" della Cattedrale di Lucera (foto G.Passerini)]

È andato disperso, purtroppo, il Crucifixum ligneum cum b. Virgine et b. Iohanne - evidentemente di impianto affine al trittico di Scala - donato nel 1303 alla cattedrale ancora in costruzione, insieme con numerosa suppellettile cultuale (Egidi, 1915).

… … … altre opere ancora, pervenute sino a noi o citate in inventari e sante visite, mostrano quanto aggiornato e ricco fosse il corredo plastico delle chiese pugliesi che, grazie agli ordini monastici (cistercensi, francescani, domenicani), ai prelati, all’aristocrazia devota, non recisero mai le fila tenaci che collegavano culturalmente Oriente e Occidente.

[tratto da "La Scultura in Puglia durante l’età sveva e proto-angioina" di Maria Stella Calò Mariani, in "Civiltà e culture in Puglia", vol 2°, Electa editrice, 1980, pagg. 308-310.]

NOTE

[1] Le immagini a colori qui riprodotte non sono quelle presenti nei testi citati. Il grassetto e quanto è scritto tra parentesi quadre non è nel testo originale.