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STELLA VII
Del Segno dello Scorpione
Santa Maria della Pietà nella medesima Città di Andria
di F. Serafino Montorio (1647-1729) dell’Ordine de’
Predicatori (domenicano
priore del convento di S.Maria della Sanità di Napoli
Quanto pernicioso sia al Cristiano, quanto danno cagioni
alle case, e famiglie, e quanto scandalo apporti nelle Città il maledetto
vizio del Gioco, non è chi nol sappia, ò non lo tocchi con mano. Questo è
quel vizio diabolico, che sveglia risse frà due amici, dissipa intieri
patrimoni, fa perdere, oltre il denaro, il prezioso tesoro del tempo, eccita
gli animi alle discordie, vendette, e bestemmie; e quel ch'è peggio,
radicato coll'abito nel cuore d'un'ozioso, gli fa perdere l'anima
precipitandola nel fuoco eterno. Non è, come credono alcuni, il gioco colpa
leggiera, perché da S. Giovan Crisostomo (hom. 15. ad pop.) viene insegnato
il contrario, dicendo: Aleas tractare (parla del gioco delle carte)
non videtur multis peccatum esse manifestum, sed infinita vitae mala
solet inferre. S. Basilio soggiunge, che il giocatore non si trova mai
solo, perché Spiritus malignus assistit; sicché s'egli è assistito
dallo spirito maligno, cioè dal dimonio, pensi pure, che nobile assistente,
e spettatore egli tiene mentre gioca. Anzi S. Cipriano l'annovera frà i
trionfi, che il dimonio riporta delle anime Cristiane; e finalmente S.
Ambrogio, scrivendo alla Gioventù di Milano, conchiude, che ciasceduno altro
vizio à qualche particolare virtù si contrapone, ma il gioco à tutte le
virtù è contrario, tutte le offende, e tutte le contamina; e quando altro
non fosse, oltraggia spesso la fede colle bestemmie, e conculca col
disprezzo la Religione, e culto divino, del che potrei quì apportare
moltissimi esempj, ma per brevità, basterà uno solo, che nel trattare della
presente Immagine mi viene per le mani.
Sono già più secoli, che in Andria abitavano alcuni
Soldati Francesi, servendo di presidio, e guardia di quella Città. È la vita
d'un Soldato, massimamente quando stà ozioso, un ridotto di tutti i vizi:
quasi che il seguitare la milizia sia non essere Cristiano. Tale fù uno di
quelli, il quale avendo giocato un giorno, perdè tutto il suo; onde
vedendosi ridotto al verde, diede in tanta rabbia, e furore, che correndo da
disperato, portossi ad un luogo di quella Città, dove erano dipinte due
Immagini, una di Cristo Signor nostro ligato alla Colonna, che dimostrava
essere tutto insanguinato per li flagelli ricevuti nella penosissima sua
passione, e l'altra della Vergine addolorata per le pene del Figlio. Quivi
dunque gionto l'iniquo, e bestiale Soldato, quasi che la sua perdita fosse
originata per difetto della Madre di Dio, non avendolo patrocinato nel
gioco, con essa sfogò la sua sacrilega rabbia, prima colle bestemmie, e poi
co' fatti: posciacchè prendendo nelle mani un pugnale, rivolto alla Sagra
Effigie sprezzevolmente così disse: Tu ò Maria sei la cagione della mia
perdita, e perciò ora ne pagarai la pena: e così dicendo, avventò quel
pungente ferro verso il volto della Madre di Dio, e la colpì appunto nella
coda dell'occhio sinistro. Stava allora la pietosa Immagine colle mani
distese verso il Figlio in atto di compassionare i suoi dolori; ma quando
ricevette il colpo scellerato, raccolse prodigiosamente, come se fosse stata
animata, la destra, posandola sopra la ricevuta ferita, quasi volesse
mitigarne il dolore: ed in tal positura, benchè fosse dipinta, restò per
sempre, come anche oggi si vede.
A tal prodigio spaventato l'iniquo percossore, si pose in
fuga, ma non potè celarsi tanto, che non portasse la pena, benche piccola à
tal delitto, con restare opprobriosamente appiccato. Di tutto il caso
avvenuto formossene autentico processo à perpetua memoria, e conservavasi
nell'archivio della Santissima Annunziata: Mà doppo qualche tempo, essendo
calata dal Cielo una abbondantissima pioggia, inondò tutto quel paese, e la
piena delle acque, entrata in detto Archivio, portossene via tutte le
scritture in esso riposte, e con quelle il detto processo. Pubblicato un
fatto così portentoso, Monsignor Triveri, Vescovo già di quella Città,
acciocche la prodigiosa Immagine di Maria fosse tenuta in maggior
venerazione di prima, fatto venire un cristallo da Venezia à misura della
Immagine, con esso coprilla.
In questo modo fù venerata la Vergine molto tempo; mà
finalmente, essendo ella, come si disse, dipinta nel muro, per collocarla in
luogo più congruo alla gran divozione de' Popoli, ed al merito d'una Effigie
tanto miracolosa, fù fatto segare il detto muro: e con fortunata diligenza
illesa collocossi nella Chiesa suddetta della Santissima Annunziata, ed
appunto nell'Altare laterale accanto alla porta della Sagristia, ove coltiva
oggi la divozione de' fedeli con farsi riconoscere liberale di mille grazie.
Non posso quì far menzione da chi fosse ella dipinta, perche l'antichità ne
ha privati delle notizie; nè raccontare alcun miracolo in particolare,
perche, come al solito, mi veggo mendico de' registri. Può bensì
presupporsi, che essendosi ella con tal prodigio riparata dal sacrilego
colpo dell'empio giocatore, sà, e può anche adoperare le sue maraviglie à
prò de' suoi divoti, che ad essa ricorrono, come ad unico asilo in tutti i
loro bisogni; onde conchiuderò con S. Pietro Damiano (ser. 2. de Nat. M.)
Rogamus Te Clementissima ipsius Pietatis, & Misericordiae Mater, ut qui Tuae
laudis insignia frequentare gaudemus in terris, Tuae miserationis auxilium
habere mereamur in caelis; quatenus, sicut per Te Dei Filius dignatus est ad
nostra descendere, ità & nos per Te ad ejus valeamus consortium pervenire.
Estratta da Relazione del Vescovo di Andria data alli 6.
Giugno 1711. [durante il vescovato di mons. Nicola Adinolfi]
[tratto da “Zodiaco di Maria”
di S. Montorio, per Paolo Severini, Napoli, 1715, pagg. 568-570]