prefazione, di Raffaele Sgarra

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greca

Prefazione

di Raffaele Sgarra (____-____)
il fare un libro è meno che niente
Se il libro fatto non rifà la gente.
Giusti - Epigrammi
Ai miei concittadini,
Avete voi udito parlare di Giacinto Borsella, Andriese distinto per non dire illustre, che con grande amore al luogo natio scrisse delle cose nostre religiose e profane?
Senza dubbio il nome e l’opera sua riusciranno ignoti a molti. Egli nacque in Andria nel 1770 da Vincenzo Borsella ed Irene Sorge, sposò Anna Teresa Frascolla, dalla quale ebbe sette figli: quattro maschi Vincenzo, Michele, entrambi canonici della cattedrale, Raffaele avvocato, Giovanni cancelliere; tre femmine Emilia, Rachele nubili e Gabriella maritata al Dott. Francesco Fabiani, morì il 15 ottobre 1856 nell'età di anni 86 nella propria casa a via S. Bartolomeo. Il figlio Michele, cerimoniere del vescovo Longobardi, morì a Minervino, la salma fu tumulata nella cappella S. Chiara; Giovanni, padre del mio condiscepolo Giacinto, morì di colera nel 1867. Ebbe un fratello usciere dal quale nacquero tre figli, Nicola, Vincenzo, Antonio.
Sono viventi due nipoti: Vincenza Borsella vedova Montanari ed Anna Fabiani maritata Pietrangelo, le quali a stento mi hanno dato brevi ragguagli sul suo conto. Fu dotto giureconsulto, occupò la carica di giudice a Galatina, a Casamassima, a Minervino, ad Altamura, dilettante di poesia, erudito, amante degli studii storici e geloso delle cose e delle tradizioni cittadine.
Se un caso fortuito non mi avesse messo a contatto col Rev. Arcidiacono D. Nicola Troja, io non sarei venuto in possesso del manoscritto, che egli strappò alle granfie di un pizzicagnolo, e a voi sarebbe mancata l’occasione di conoscere una opera pregevole ed importante per la illustrazione della patria. Indirizzo dunque a voi la pubblicazione dell’opera inedita del Borsella «ANDRIA SACRA» perché si onori lo studioso, si accresca il materiale storico che riguarda la nostra città, si agevoli l’opera di colui che sarà per compilare la storia di Andria e si scongiuri il pericolo che essa vada perduta ed obbliata, come sono andati dispersi e distrutti molti e preziosi nostri ricordi.
Questa opera che descrive dettagliatamente e con molta tecnica quasi tutte le chiese, inserendo notizie storiche esatte, ha un valore inapprezzabile; in essa si trova la descrizione minuta del trono episcopale, del coretto del vescovo a modo di baldacchino, del coro del capitolo, e dei diversi quadri a pittura che esistevano sul presbitero della Cattedrale, cose preziose per arte che sono andate distrutte a causa dell’incendio del 17 Aprile 1916; la descrizione al vivo è fatta con tanta maestria, che i posteri avranno l’idea esatta di quelle che erano le cose più belle del presbitero. Son degne di nota la illustrazione del portale della chiesa di S. Agostino, della chiesa Porta Santa, e la descrizione dei 12 quadri su tavolette bislunghe in campo d’oro, lavori della celebre scuola Senese che esistevano nella sagrestia di S. M. Vetere, quadri che dovrebbero conservarsi ora nel museo provinciale, se non andarono dispersi dopo le devastazioni derivate dall’incameramento dei beni ecclesiastici. Troverete la descrizione di quadri appartenenti a Raffaello o alla sua scuola, allo Zingaro, a Guido Reni e ad altri famosi artisti d’Italia, sarete confortati di apprendere che anche Andria ha dato una schiera numerosa di personaggi che si sono distinti nelle arti, nelle lettere, nella religione, nella politica e nella guerra; come pure sarà per voi d’orgoglio l’accenno del servo di Dio Fra Pietro De Feo, morto in Napoli in odore di santità, per la vita spesa in opere caritatevoli, specialmente nella tremenda epidemia di peste avvenuta nel 1656.
Mi pregio adunque di offrire a voi, miei cari concittadini, tale pubblicazione, perché ritengo necessarie ed utili le notizie complete di tutto ciò che fu il nostro passato; non si può aspirare ad egregie cose se i titoli di onore dei nostri antenati non agissero come vis a tergo per accendere l’animo alle virtù civili e morali e giustamente il Borsella ammonisce i giovani dicendo loro, che è cosa vituperosa ignorare i fatti che illustrano la propria patria e ricorda il detto di Malpica: ogni sasso della terra che ci è patria è una memoria, ad ogni passo tu puoi membrare una pagina della storia; gli stranieri passano le alpi e il mare per prostrarsi agli avanzi della nostra grandezza e noi che siamo in mezzo li lasciamo inonorati.

effigie in pietra del dio Marte
[effigie in pietra del dio Marte]
A questo proposito piacerci rilevare una lacuna che esiste tuttora nelle nostre scuole: l’insegnamento storico che riguarda Andria si ignora ed è trascurato, in modo che la scolaresca, che è accesa di entusiasmo per il luogo natio, è vagolante ed incerta sul suo passato, quasi che non dovesse possedere una genesi nobilissima. I giovani i quali hanno la mente satura della grandezza della patria comune, l’Italia, credono che il nostro nascimento sia bastardo, di incerta origine ed ignobili i progenitori.
Io posso affermare, con cognizione di causa, il contrario e proclamarmi fiero della mia vetusta città. Chi può occultare l’origine sua antichissima? Chi può disconoscere le testimonianze che confermano le sue tradizioni? Sepolcri antichi, vasi preistorici, greci e latini, molti elementi di numismatica, avanzi di simulacri di deità pagane, [1] templi antichi, come la Cripta della Cattedrale (che a me costò lavoro, pazienza e diligenza nel procedere agli scavi nel 1904 e conservare gelosamente quello che ivi fu rinvenuto), tenaci tradizioni, canti popolari, poemi epici religiosi [2], tutto ciò permane ed esiste a dispetto di coloro che richiedono istrumenti pubblici con iscrizioni ipotecarie per vedere confermate le tradizioni storiche. La critica che non vuole criticare è distruttrice, al contrario essa deve essere reintegratrice appoggiandosi agli elementi che vengono forniti dalla tradizione. Vero è che fitto buio avvolge le cose nostre più belle, ad esempio: noi non conosciamo chi costruì il Castello del Monte e il palazzo Ducale, che fu la Regia degli Svevi, chi fu l’autore del portale della chiesa di S. Agostino. Ad onta di tutto ciò queste opere monumentali e di arte squisita attestano il genio dei nostri artisti e della nostra razza.
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Andria si ritiene ed è, una città Diomedea, lo afferma il suo nome greco, che significa forza; pria che Diomede ne avesse gettata le fondamenta, sul suo suolo visse un popolo di avanzata civiltà preistorica, come testimoniano i vasi [3] bellissimi e gli scheletri fossilizzati, rinvenuti nella villa Porro Regano a pié del muro che limita la strada provinciale Andria Corato e propriamente nel sito rimpetto alla cisterna munita con pompa a motore. Detti vasi osservati prima da me, furono, a mia proposta, inviati al defunto Antonio latta, il quale, dopo avere visitato il sepolcro, li illustrò con una dotta monografia [4], fissando con molta erudizione la data preistorica o neolitica, vasi che si conservano parte nel museo provinciale di Bari e parte nel museo Iatta di Ruvo.
reperti archeologici trovati in villa Porro-Regano
[Vasi neolitici rinvenuti nella villa Porro - Regano]
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Dopo questa, epoca molto primitiva Andria ebbe vita e sviluppo parallelli a quelli di Siponto, di Benevento (della quale fu detta sorella) e di altre città di origine greca; subì le vicende comuni ai popoli dell’Apulia, prima col resistere nelle lotte contro Roma, indi col partecipare alla vita romana o latina. Il suo territorio, solcato da vie parallele che da Roma per Benevento conducevano a Brindisi, fu percorso dalle legioni romane, poscia animato dal traffico di Roma con l’estremo oriente, infine battuto dagli eserciti delle Crociate. Il sepolcro di Boemondo a Canosa ne è la conferma.
Nei primi anni dell’era volgare fu un centro di vita politica e civile di tale importanza, che attirò le premure dell’apostolo Pietro, il quale la visitò nella sua andata a Roma. Nel 492 al 498 si registra la venuta del suo primo vescovo S. Riccardo, la cui storia a conforto degli studiosi, confermata dai canti popolari, dalle tradizioni e dalle date storiche che coincidono con gli avvenimenti religiosi e politici di quel tempo, si integra e si identifica con la storia cittadina, in lotta allora con le vicende alterne tra il paganesimo e la nuova religione di Cristo.
In questo periodo ed anche prima, per l’accresciuto numero degli aderenti alla nuova fede e per le estese affermazioni della religione nuova, surse la Cripta che dovette essere considerata come una piccola catacomba, costruita con criterii architettonici suggeriti dai primitivi cristiani.
In questa Cripta, gloriosa nel suo primo periodo si svolsero i fastigi del Cristianesimo e si onorò il luogo dove probabilmente celebrò S. Pietro e dove avvennero le instaurazioni del santo patrono, come dice il Morgigni, per purgarla dalle contaminazioni perpetrate dai seguaci dei vecchi idoli; in questa Cripta, gloriosa anche al periodo Svevo furono deposti i sepolcri delle due imperatrici, Iolanda ed Isabella, mogli di un sovrano geniale e con tendenze Italiane, in questo luogo insigne si riscontrano i documenti araldici del periodo storico più importante della nostra città.
avanzi scultorei della cripta

avanzi scultorei della cripta
[Avanzi scultori dei mausolei delle Imperatrici rinvenuti nella Cripta della Cattedrale. Rimarchevoli i rilievi delle aquile simili a quelle delle Augustali di Federico II.]

Verso il mille ed anche prima di questa epoca è a considerarsi stabilmente convertita al Cristianesimo; poscia danneggiata dai terremoti, dalle pesti, dalle irruzioni barbariche, e dalle incursioni degli eserciti stranieri, verso il 1063 fu ricostruita e cinta di mura dai Normanni, i quali ampliarono la Cattedrale aggiungendovi le navate odierne all’antica chiesa, che era limitata al presbitero, sovrastante alla vetusta cripta. La nostra Cattedrale doveva originariamente ripetere lo stile e l’architettura delle bellissime Cattedrali pugliesi, ciò si desume dagli avanzi scultorii che tuttora si conservano, che io riproduco dal vero.
Poscia rifulse al tempo degli Svevi, fu lealmente Ghibellina nella lotta tra l’impero e la Chiesa, parteggiò con l’imperatore, al quale si mantenne fedele e per la sua fedeltà le furono rivolti titoli di elogio, che restano ancora come testimoni della sua correttezza e della sua tenacia nell’amicizia e nell’amore.
Subì le vicende della lotta tra gli Svevi e gli Angioini, ed ebbe perciò a sopportare deturpazioni e distruzioni più feroci di quelle che patì per le invasioni barbariche che allagarono l’Italia meridionale. In questa lotta tenace degli Angioini contro gli Svevi furono distrutti i Mausolei delle imperatrici, dei quali uno forse è rappresentato dagli avanzi di archi in pietra viva con capitelli e putti di varie figure che limitano la scaletta che conduce sull’organo e l’altro è rappresentato dai resti scultorii da me rinvenuti il 1904 negli scavi della Cripta, che si conservano nel piccolo museo in formazione, diretto e custodito dal Canonico Morgigni. Durante questi eventi furono rinchiusi nel Castello del Monte per molti anni i teneri figli di Manfredi, per i quali non furono efficaci prieghi ed esortazioni a sentimenti di clemenza e di là furono fatti uscire quando divennero paralitici o ebeti.
reperti trovati nelle scuderie Spagnoletti
[Opere scultorie pregevolissime che esistono nelle scuderie del Sig. Pasquale Spagnoletti e funzionano da cariatidi a sostegno di una lunga mangiatoia.
Sarebbe pregio dell’opera che venissero rimosse e custodite degnamente.
Siamo grati ai Signori Spagnoletti di avere conservate, sotto una forma qualsiasi, queste opere di arte scampate ad una cieca devastazione.]

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Al periodo Angioino successe quello feudale e passò sotto la Signoria dell’antichissima e nobilissima casa Del Balzo col titolo di Ducato, della quale casa fu illustre e chiaro rappresentante Francesco Del Balzo, letterato, poeta, guerriero di cui si conserva il corpo mummificato nella chiesa di S. Domenico, e come afferma il Borsella con la morte d’Isabella Del Balzo, moglie di Federico d’Aragona, re gli Napoli, restò estinta la famiglia Del Balzo dei Duchi di Andria ed il Ducato fu devoluto al R. Fisco. Nel 1507 re Ferdinando il cattolico donò questa città al Gran Capitano, Consalvo Ferdinando di Cordova, che diedela in dote ad una sua figlia maritata con Luigi Di Cordova suo parente. Da costui nacque un figlio chiamato Consalvo Ferdinando Di Cordova e questi fu quello che nel 1552 vendè Andria a Fabrizio Carafa.
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La Casa Carafa non meno: illustre della precedente per nobiltà, per potenza e per ricchezza, se non potè rinunziare al sistema oppressivo delle famiglie feudali del tempo, conferì lustro e decoro al ducato. Rifulsero nel suo seno molti personaggi per virtù civili, militari, religiose, fra questi Vincenzo Carafa, secondogenito del Duca Fabrizio. Egli occupa un nome nella storia del Regno per le sconfitte da lui date alle schiere ottomane. Essendo stata assediata l’isola di Malta dai Turchi, assoldò un esercito a proprie spese e in compagnia di altri quattro nobili personaggi andriesi, anche cavalieri di Malta, Giammarco Quarto, Federico Leopardi, Cesare Marulli, Marino Filangieri mosse contro i Turchi. Si distinse tanto per valore che venne decorato della Gran Croce, ascese al gran priorato di Ungheria, fu nominato capitano generale delle galere della religione e rifulse come uno dei comandanti della battaglia di Lepanto. I nobili andriesi al suo seguito ottennero da Filippo alcuni tenimenti in territorio di Andria.
Dalla Casa Carafa ebbero i natali Paolo IV papa, 14 cardinali, molti prelati e la figura fulgida per il suo martirologio di Ettore Carafa, il giustiziato repubblicano della rivoluzione del 1799, di cui hanno scritto ampie monografie il Senatore Riccardo Carafa e Giuseppe Ceci.
Colui che imprendesse a scrivere la storia completa di queste due illustri famiglie, dei Del Balzo e dei Carafa, compilerebbe la storia del periodo più operoso di Andria, la quale ne uscirebbe degnamente illustrata [5].
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Negli eventi della rivoluzione del 1799 ed all’annunzio della venuta tra noi delle truppe francesi, fra le quali eravi Ettore Carafa con un esercito assoldato a proprie spese, il popolo cieca per fanatismo religioso ed eccitato da un falso principio di campanilismo a resistere alle armi repubblicane, assertrici di libertà e di emancipazione, avvennero le scene orrende della zuffa del 23 marzo, in cui perirono 658 cittadini dei quali sarà pubblicato l’elenco in appendice.
In questa luttuosa circostanza, oltre Ettore Carafa, rifulsero figure repubblicane vittime del furore popolare come Domenico Tupputi, Giuseppe e Nicola Noja, Pasquale Cannone, Geremia Attimonelli e molti altri. Parteggiarono per le armi francesi i Montenegro (Angelo, Giuseppe e Vincenzo), i Porzio, i Giorgio ed una schiera di altri cittadini della quale rilevo l’elenco dei nomi da una cronaca del tempo a firma V. F.
  1. Vincenzo Losappio detto ciuccione.
  2. Giovanni Addati sparpiello.
  3. Francesco Biancolillo crusta e creta.
  4. Uno di Barletta detto Bucquino.
  5. Certo Paglia Paglia.
  6. Riccardo Nuzzi detto Perrucca.
  7. Savino Tria detto mambrucchio.
  8. Fratello Zagaria detto abutto.
  9. Cialea.
  10. Tommaso Lardiello.
  1. Nicola Laspina.
  2. Pasquale Pascullo detto ciampecurto.
  3. Un certo teriaca.
  4. Giovanni Di Bari detto vocca tonna.
  5. Savino Forte detto cacciante.
  6. Raffaele Sipone detto Ramizzo.
  7. Certo Viscio detto mezzarecchia.
  8. Giuseppe Margiotta detto capodiferro.
  9. Riccardo Calvi detto Ciola.
  10. Sebastiano Cocco.
Inoltre Geremia Montencgro afferma che Angelo Montenegro suo antenato, residente a quel ternpo in Napoli, ebbe dal comitato centrale un pacco di salvacondotti che egli spedì in Andria. Alla mattina del 23 Marzo le case dei repubblicani erano contrassegnate da tali distintivi e furono risparmiate dal furore delle armi francesi.
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Da questa epoca incomincia la storia contemporanea, la quale si avvolge pure in un impenetrabile ammanto. Poco conosciamo e si ignorano le figure specchiate per patriottismo e per virtù civili che lavorarono per l’affermazione del principio democratico moderno.
I popoli attratti dal fascino delle nuove idee, marciano dopo il 1799, alla conquista della libertà e della loro emancipazione e questa marcia va, procede e si avanza con mire sempre più alte. Per tale destino comune a tutti, in Andria surse nel 1821 un partito liberale appartenente alla Carboneria. Ebbe vita la setta degli Spettri o tomba Centrale. (illustrata con un romanzo dal Mezzanotte). Teneva sedute segrete nella remota campagna di notte con riti speciali. Congiurarono per un movimento insurrezionale, e con lo scopo di deporre il governo corrotto di Ferdinando I. proclamare l’Unità, e ciò fecero prima che fosse stata fondata da Mazzini la giovane Italia. Ispiratori furono 5 specchiate figure di patrioti e liberali, Nicola De Giorgio, Raffaele Ricciardi, Mariano Porzio, Riccardo Cocco, Riccardo Matera che debbono ritenersi martiri precursori del movimento e del riscatto nazionale.
Denunziati da un agente della pulizia Borbonica furono condannati alla pena di morte col laccio sulle forche. I condannati ascoltarono la lettura della sentenza esterrefatti. Solo D. Nicola De Giorgio rimase fermo ed ardito e rivolgendosi ai suoi carnefici disse: voi siete degli infami. Il giorno della ese¬cuzione si avviarono lentamente verso il patibolo, trascinati sopra tavole con piccole ruote, coi piedi nudi, coperti con una lunga veste nera e un velo nero nascondeva il loro volto. Sul petto ciascuno portava un cartello con la scritta a caratteri cubitali «Uomo Empio». D. Nicola De Giorgio, sprezzando la morte che l’attendeva, aveva il capo eretto ed altero sotto il velo nero ed era tenuto di vista dai feroci gendarmi, come un facile concionatore della moltitudine. Furono graziati mercé i sacrifizii ingenti delle proprie famiglie con l’ergastolo ed il biglietto di grazia giungeva nel momento solenne in cui salivano il patibolo a piazza del mercato in Napoli. Scontarono parte della pena e riacquistata la libertà non rinunziarono ai loro principii di fede, di speranza; continuarono a congiurare e le riunioni si tenevano nel casino di Mariano Porzio.
Ecco la copia di fedina penale:
Il Cancelliere del Tribunale di Trani attesta che eseguite le più diligenti richieste sul registro dell’abolita Gran Corte Criminale di Traini dell’anno 1826 al Vol. 2. dello stesso fol. 31 veggonsi segnati:
Nicola De Giorgio, Raffaele Ricciardi di Luigi, Mariano Porzio, Riccardo Cocco, Riccardo Matera tutti di Andria, imputati di riunioni settarie commesse nel 1825 nei Comuni di Andria, Trani e Barletta, nelle quali essi fecero da dignitari.
La Commissione suprema dei reati di Stato 8 Maggio 1827 li condannò alla pena di morte col laccio sulle forche. Pena che venne commutata per De Giorgio in quindici anni di ferri, per gli altri in anni dodici di relegazione con Decreto Reale del 13 Agosto 1827.
Trani, 16 Luglio 1877.
P. Il Cancelliere - Il Vice Cancelliere
Firm.to Francesco Losavio
Copia
Regio Archivio di Stato in Napoli
Sezione Giudiziale - Napoli 27 Febbraio 1910
Si certifica resultare dal Gran Registro della Commissione Suprema dei reati di Stato dal 1830 segnato col N. 1 e propriamente dal N. d'ordine 75, pagina 55 di detto Registro che Nicola De Giorgio, Raffaele Ricciardi [6], Mariano Porzio, Riccardo Cocco, Riccardo Matera di Andria, accusati d’illecita società segreta contro il Governa sotto il titolo Tomba Centrale, scoeverta nella provincia di Bari nell’anno 1825, furono nei giorni 1, 2, 3, 4, 5, 8 Maggio 1827 giudicati dalla detta Commissione Suprema, la quale unanimemente ed in conformità delle conclusioni del Pubblico Ministero li condannò alla pena di morte col laccio sulle forche ed alla multa di ducati mille per ciascuno. A margine si legge che il Re con Decreto di grazia del 13 Agosto 1827 commutò per Nicola Giorgio, la pena di morte in quella di anni quindici di ferri, per Raffaele Ricciardi, Mariano Porzio, Riccardo Cocco e Riccardo Matera in quella di anni dodici di relegazione.
L’Archivista
Firm.to Mariano Mongillo
Visto il Direttore — Firm.to C. Casanova

Elenco

degl’Imputati di riunioni settarie commesse nel 1825

nei comuni di Andria, Trani e Barletta
Rilevato dall’archivio di Trani

  • 1 Attimonelli Michele
    2 Fucci Ciro (anni 7 di ferri)
    3 Cocco Ricc. fu Emm. (pena di morte col laccio sulle forche)
    4 De Giorgio Nicola fu Vincenzo Farmacista (idem)
    5 Farina Nicola
    6 Farina D. Nicola sacerdote
    7 Fasoli Riccardo
    8 Fasoli Vincenzo
    9 Grosso Giuseppe
    10 Inchingolo Domenico (19 anni di ferri)
    11 Losito Vincenzo
    12 Marziano Francesco
  • 13 Matera Ricc. fu Vinc. (pena di morte col laccio sulle forche)
    14 Montanaro Enrico [idem]
    15 Montanaro Giuseppe
    16 Marchio Cario
    17 Marchio Francesco
    18 Marchio Matteo
    19 Porzio Mariano fu G. M. (pena di morte col laccio sulle forche)
    20 Ricciardi Raff. di Luigi [idem]
    21 Spione fra Michele
    22 Trepiccione Michele
    23 Zagaria Pasquale di Cesare [ 7 anni di ferri ]
    24 Porro Nicola
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Ad onta di queste condanne il movimento rivoluzionario e liberale non si arrestò, crebbero gli aderenti, sopravvissero i cir¬coli segreti. Nei moti del 1848 furono notevoli le figure di Ric¬cardo Tupputi, fratello del generale Ottavio, di Carlo Antonio Gallo, di Vincenzo Farina ed altri molti che ebbero a subire denunzie, processi e condanne all’ergastolo. Pasquale Margiotta fu una delle figure più importanti della Dieta di Bari.
Sono meritevoli di ricordanza ancora Francesco Senisi fu Riccardo, Francesco Guglielmi padre del notaio Isacco, il figlio Riccardo, Gioacchino Montaruli, Erasmo Alvieri, Teobaldo Al¬vieri, Gaetano Albore, Vincenzo Zingarelli fu Felice ed altri, condannati come Carbonari a 10 anni di reclusione, con giudizio sommario, scontarono parte della pena con Settembrini, Poerio, Nicotera prima a Ventotene, come relegati, poscia nel forte di Ischia confusi coi delinguenti comuni. Si passava loro una caraffa d’acqua inquinata al giorno, dormivano coi letti uniti senza igiene e senza nettezza.
Graziati per intercessione del Vescovo Longobardi, nel mo¬mento in cui Ferdinando II. venne in Puglia, furono trattenuti in Napoli sino a quando il Re non completò il viaggio.
Ho conosciuto parecchi di questi uomini nella loro tarda età. Portavano l’aria di aver adempiuto ad un mistico dovere. Consideravano la loro azione come voluta da necessità fatali. Non facevano il benché minimo accenno a mire d’interesse personale e materiale, come han dimostrato in seguito gl’eroi della sesta giornata.
Avendo fatto menzione delle figure politiche più rimarchevoli non posso tralasciare di dire qualche cosa sulle qualità morali dei concittadini e sulle disposizioni della loro anima civitatis. Il popolo fu accessibile alle richieste dei nuovi tempi, si sentì attratto da una forza arcana che lo spingeva verso la sua emancipazione e per questo non restò passivo ed indifferente nei moti del 1848 - 56 - 59 - 60, moti che maturarono poscia i destini d’Italia.
La schiera dei perseguitati politici fu numerosa; i con¬dannati e quelli che subirono i diversi processi furono quasi 109, ne pubblico l’elenco in seguito. Furono imputati in sei processi diversi di cui rilevo la intestazione dall’archivio di Trani:
1. Associazione illecita con vincolo di segreto costituendo setta sotto la denominazione Giovane Italia, e di liberali pro¬gressisti, il di cui scopo mirava a cambiare la forma del Real Governo e di eccitare gli abitanti del Regno ad armarsi contro l’autorità.
2. Concessione sciente delle proprie case e locali ai settarii.
3. Vie di fatto e minacce per impedire lo esercizio dei proprii diritti, garantiti dalle leggi e violenze usate contro pubblici ufficiali ed incaricati di pubbliche amministrazioni, facendo loro cessare dagli atti dipendenti dai rispettivi Uffìzii, nelle persone di D. Giuseppe Forte Vicario Vescovile, Rettori, Prefetti e Mae¬stri del Seminario di Andria, di D. Riccardo Iannuzzi Sindaco, D. Michele Marziani Primo Eletto e D. Francesco Coppola sotto intendente del Distretto.
4. Discorsi e fatti pubblici diretti a persone per eccitare il mal contento contra il Real Governo.
Infrangimento usato per disprezzo delle Statue del Re e della Regina (S. M.) situate in luoghi pubblici. Ingiurie proffe¬rite contro la sacra persona del Re.
5. Minacce verbali con ordine di arrolarsi alla setta della Giovine Italia Reato avvenuto nel 1849 – 1850.
6. Altro processo di minacce verbali di arrolarsi alla setta della Giovine Italia e dei liberali contro D. Vincenzo Lanosa, D Domenico Guglielmi, D, Francesco Bisceglie, D. Vincenzo Fari¬na, D. Domenico Antonio D’Ettole, D. Carlo Gallo, D. Giuseppe Cristiani, D. Vincenzo Giorgio e D. Taddeo Giorgio.

Elenco dei processati e condannati politici Andriesi

Dal 1848 - 1859
Rilevato dall’archivio di Trani

  • 1 Alvieri D. Erasmo
    2 Alvieri D. Orazio
    3 Alvieri D. Teobaldo
    4 Attimonelli D. Geremia
    5 Attimonelli D. Lorenzo
    6 Attimonelli D. Leonardo
    7 Attimonelli D. Michele
    8 Attimonelli D. Giov. Can.
    9 Attimonelli Antonio
    10 Avantario Raffaele
    11 Avantario Vincenzo
    12 Albore Gaetano
    13 Barletta D. Ilarione Can.
    14 Barletta Salvatore
    IS Biancolillo D. Nicola
    r6 Bisceglie D. Antonio
    17 Bisceglie D. Frane Can.
    I8 Bisceglie D. Riccardo
    19 Bisceglie D. Tobia
    20 Borsella Raffaele
    2I Broquier D. Nicola
    22 Canosa D. Nicola
    23 Canosa D. Vincenzo Can.
    24 Campanile D. Ant. Can.
    25 Cieco D. Riccardo
    26 Carbutto Francesco
    27 Cristiani D. Antonio
    28 Cristiani D. Francesco
    29 Cristiani D. Michele (notaio)
    30 Cristiani D. Giuseppe
    31 Cristiani D. Sebastiano
    32 Di Cristo Nicola
    33 Danese D. Francesco
    34 D’Ettole D. Domenico fu Riccardo
    35 Farina D. Giovanni
    36 Farina D. Vincenzo
    37 Ferri Vito
    38 Fortunato Nicola
    39 Fortunato D. Vito Can.co
    40 Gallelli D. Giovanni
    4I Gallelli D. Pasquale
    42 Gallo Dò Carlo Antonio
    43 Gigante Francesco
    44 Giorgio D. Franceso
    45 Giorgio D. Giuseppe
    45 Giorgio D. Nicola
    47 Giorgio D. Taddeo
    48 Giorgio D. Vincenzo
    49 Giorgio Riccardo
    50 Gioscia Leonardo
    51 Guglielmo D. Dom. Can.
    52 Guglielmo D. Francesco
    53 Guglielmi Emanuele
    54 Guglielmo D. Riccardo
    55 Guglielmo Ricc. fu Giov.
  • 56 Iacobbi Giuseppe
    57 Iacobbi Matteo
    58 Iavarone Pasquale
    59 Leonetti Matteo
    6o Leonetti Antonio
    61 Losito Nicola
    62 Lomuscio Savino fu Dom.
    63 Magno Antonio
    64 Magno Antonio alias cavaliere
    65 Mangiacapre D. Giuseppe
    66 Margiotta D. Beniamino
    67 Margiotta D. Alfonso
    68 Margiotta D. Pasquale
    69 Margiotta D. Giovanni
    70 Margiotta Riccardo
    71 Mari Cataldo
    72 Martignano Nicola
    73 Martignano D. Edoardo
    74 Montenegro D. Francesco
    75 Montenegro Nicola
    76 Montenegro D. Giuseppe
    77 Mastrorillo Gaetaniello
    78 Mastrorillo D. Gaetano
    79 Montaruli D. Frane. Can.
    80 Montaruli D. Gius. Can.
    81 Montaruli Gioacchino
    82 Montaruli Riccardo
    83 Petrangelo D. Vincenzo
    84 Parlati Alessandro
    85 Pastina D. Giovanni Are.
    86 Pirronti D. Tommaso
    87 Pistillo Pietro
    88 Piombarolo Francesco
    89 Porro D. Frane. Notaio
    90 Recchia Savino fu Ricc.
    91 Recchia Francesco
    92 Recchia D. Dom. Antonio
    93 Regano D. Nicola
    94 Brigante Pasquale
    95 Savoia D. Luigi
    96 Sinisi D. Francesco
    97 Sinisi Salvatore
    98 Sisto Agostino
    99 Spagnoletti D. Ottaviano
    100 Spagnoletti. … fu Ottavio
    101 Tambone Domenico
    102 Troja D. Lorenzo Can.co
    103 Urso D. Riccardo
    104 Vista Giovanni
    105 Zaccaro Emmanuele
    106 Zingarelli Viricçnzo
    107 Zinni D. Giuseppe
    108 Zinni D. Vito
    109 Zinni D. Riccardo
     
*
*      *
Per questa disposizione e preparazione degli animi prima che suonasse l’ora del riscatto, in Andria si continuava a palpitare per la conquista della libertà. Un degno suo figlio Federico Priorelli complice dello scoppio del Volturno carico di armi nel porto di Napoli, poscia sorteggiato nella congiura di Agesilao Milano, prese parte alla gloriosa spedizione di Sapri, duce Pisacane, col grado di Capitano della 3. Compagnia. Si distinse per coraggio, per valore, per onestà.
Federico Priorelli
[Federico Priorelli]
Al 1860 fuggendo dall’ergastolo, dove era stato confinato per le sue cospirazioni, venne in Andria, organizzò una schiera numerosa di Garibaldini, la quale si divise in due compagnie, una, più numerosa era diretta dallo stesso Priorelli, appartenne alla I. Compagnia I. Battaglione della Brigata Peuceta sotto il comando di Liborio Romano. L’altra diretta dai fratelli Chicoli di Spinazzola, uno Colonnello, l’altro Maggiore (che fu poscia assassinato dai briganti in tenimento di Andria sulla strada provinciale per Canosa) fece parte della 3. Compagnia della Brigata Peuceta, capitano Alessandrini Romano.
Quasi tutta la prima Compagnia fu arruolata in Bari, passò a Brindisi, donde fu diretta a Taranto, quivi procedé al disarmo del Castello, incettò armi e munizioni e con questo bottino di guerra ritornò a Bari, si diresse a Capua ed a Gaeta. Giunto a Bovino fu chiamato sul Gargano, dove i reazionari, capitanati dai fratelli Antini, facendo man basso di tutto, avevano ucciso 29 notabili liberali, destando il terrore nei luoghi vicini.
Sul Gargano sostenne sanguinosi combattimenti a S. Giovanni, a S. Marco in Lamis, a Rignano. Ristabilì l’ordine, fece giustizia di 12 ribelli i più ostinati, poscia fu diretta verso Capua, che si arrese quando era in cammino.
L’altra compagnia della quale fece parte Nicola Ciciriello fu Vincenzo, onesto operaio dal quale ho appreso molte notizie, partecipò alla repressione dei moti reazionari di Canosa, dove trovavasi di passaggio la cavalleria borbonica sotto il comando del colonnello Flores, alla quale repressione prese parte mio padre, che fu tenente della guardia nazionale, e durante la mischia vide cadere al suo fianco Montaruli Gioacchino e Cocco Antonio. Poscia si diresse alla volta di Capua e Gaeta. Arresasi Capua, a Cervinara in provincia di Avellino sostenne un combattimento in cui caddero sette morti e parecchi feriti, tra i quali i nostri Nicola Ciciriello e Vincenzo Carbonara, curati nell’ospedale di Avellino.
Al 22 Dicembre due mila garibaldini, fra i quali Federico Priorelli coi suoi, erano di stanza ad Avellino sotto il comando del Generale Cialdini. In seguito ad un ordine del Generale, fu stabilito che il giorno seguente sarebbero partiti alla volta di Gaeta. Alla mattina mentre erano tutti pronti, giunse un contrordine, annunziando lo scioglimento del corpo dei Garibaldini, che avvenne il 30 Dicembre 1860. La maggior parte dei nostri rinunziò alla gratificazione di paga, concessa a norma del R. Decreto 11 Novembre 1860.
Oh virtù dei patrioti antichi!

GARIBALDINI ANDRIESI

Campagna 1860

  • 1. Priorelli Federico Capi t.
    2. Montenegro Niccolò, Sergente.
    3. Broquier Giuseppe - Sergente.
    4. Petruzzelli Dottor Vito - Sergente.
    5. Caracciolo Avv. Carlo - Sergente.
    6. Giannetta Savino Avv. - Sergente.
    7. Intonti prof. Riccardo – Sergente.
    8. Leonetti Frances. fu Vito Antonio - Sergente
    9. Gioscia Sebastiano monaco sacerdote.
    10. Gioscia Federico.
    11. Conte Giuseppe Capor.
    12. Noja Prof. Antonio.
    13. Onesti Antonio Capor.
    14. Leonetti Nicola fu Vitantonio.
    15. Addati Francesco.
    16. Attimonelli Antonio fu Ignazio.
    17. Attimonelli Francesco fu Antonio.
    18. Annale Giuseppe.
    19. Avantario Salvatore.
    20. Bruno Domenico.
    21. Avantatio Vincenzo.
    22. Casalino Sergio.
    23. Carbonara Vincenzo.
    24. Ciciriello Nicola fu Vin.
    25. Cavaliere Francesco.
    26. Cotugno Cesare.
    27. Cotugno Giuseppe.
    28. Cotugno Michele.
  • 29. Cristiani Gregorio, Cap.
    30. Di Bari Francesco fu Nicola.
    31. Gissi Riccardo.
    32. Ieva Francesco.
    33 Ieva Giuseppe alias Michelotto.
    34. Lattanzio Francesco fu Giuseppe.
    35. Leonetti Francesco fu Giuseppe.
    36. Leonetti Raffaele fu Giuseppe.
    37. Lo Basso Pasquale.
    38. Lomuscio Michele fu Riccardo, Capor. Trombet
    39. Mastrorillo Riccardo.
    40. Millico Oronzo.
    41. Padre Giuseppe, Cappuccino.
    42. Ricciardi Emanuele.
    43. Ruggiero Nicola fu Federico.
    44. Sipone Domenico.
    45. Terlizzi Emanuele.
    46. Tucci Giuseppe, monaco sacerdote.
    47. Violante Giuseppe.
    48. Zingarelli Vinc. fu Felice Cap.le con 5 figli e moglie:
         49. Felice.
         50. Francesco,
         51. Leonardo.
         52. Riccardo.
         53. Carlo di anni sette,
         54. Stasi Vincenza fu Leonardo.
    55. Zingarelli Felice fu Sav.
    56. Zingarelli Francesco fu Savino.

Campagna 1866 – 1867

  • 57. Broquier Avv. Frane.
    58. Montenegro Geremia.
    59.Porzio Giacinto - Far.
  • 60. Intonti Pasquale.
    61. Ricciardi Luigi.
     

Parecchi di essi hanno occupato degni posti nel campo della politica, della scienza, delle professioni:

- Federico Priorelli, una delle più belle figure del patriottismo meridionale, integerrimo per tutta .la vita, ha- una pagina fulgidissima nella storia del nostro risorgimento.
- Niccolò Montenegro fiero repubblicano, traduttore delle opere di Edgardo Quinet, direttore del giornale la «Giovine Italia», fu di carattere adamantino. Dal suo nome intemerato si intitolarono parecchi circoli repubblicani in Romagna e sulla tomba sta incisa la seguente epigrafe magistrale di Aurelio Saffi.
XII MAGGIO MDCCCLXXIX
A
NICCOLÒ MONTENEGRO
PRODE DEL PENSIERO E DELL’AZIONE
ALLA FAMIGLIA PER LA PATRIA DEVOTO
ALLA PATRIA PER L’ UMANITÀ
ESEMPIO DI ANTICA FEDE
NEI DESTINI D’ITALIA
LA MADRE SUPERSTITE E LA VEDOVA
PERCHÉ NEI FIGLI CH’ EI LASCIÒ PARGOLETTI
RIVIVA LA SUA VIRTÙ
- Antonio Noja, si arruolò garibaldino vestito da Seminarista, fu professore prima nel liceo Cirillo in Bari, poscia in quello di Avellino. Illustrò un altro nostro grande concittadino Carlo Troja, figlio dell’anatomo patologo di fama europea, Michele Troia, e dimostrò che nella sua storia del Medio-Evo venne affermato il trionfo del genio romano su quello teutonico.
- Giuseppe Broquier fu onesto e valoroso avvocato.
- Federico e Sebastiano Gioscia miei zii materni; il primo a 17 anni garibaldino fu gloriosamente ferito ad Aspromonte; il secondo con Giuseppe Tucci, anche monaco, lasciò il colletto di sacerdote, per la tunica garibaldina.
- Francesco Broquier, Geremia Montenegro, Giacinto Porzio si arruolarono in Napoli garibaldini, presso la contessa Cirola e il colonnello Cappelli, organizzatori della spedizione di Mentana; furono arrestati in Napoli, solo Broquier riuscì a fuggire, venne poscia arrestato sul confine romano, l’animoso giovane che era già stato ferito a Bezzecca nel 1866.
Vincenzo Zingarelli, caporale garibaldino, il recluso di Ventotene e d’Ischia si arruolò a Foggia con cinque figli, l’ultimo dei quali a nome Carlo di anni sette e con la moglie Vincenza Stasi fu Leonardo, donna di singolare coraggio, la quale vestita da garibaldina seguì il marito sino al congedamento del corpo avvenuto ad Avellino; a Cervinara restò nelle retrovie, mentre il marito ed i figli combattevano.
*
*      *
Costituita l’unità d’Italia, in Andria vi fu lotta tenace fra conservatori e liberali, i quali si affermarono con plebisciti memorandi, come quello che mandò per la prima volta Giuseppe Garibaldi al Parlamento. Continuando negli anni successivi la lotta per l’affermazione del principio costituzionale, ne fu anima Riccardo Spagnoletti che occupò una posizione eminente in Provincia e fu deputato al Parlamento nazionale.
Nella storia recente resterà memoranda la lotta elettorale dell’anno 1890 per la protesta della Puglia contro l’incuria del Governo nel nome di M. R. Imbriani, sostenuta da un gruppo di giovani (Raffaele Sgarra, Vito Sgarra, Porro Nicola fu Michele, Porro- Regano Nicola, Losito Sabino, G. B. Palumbo, Sgaramella Pasquale, Primiero Raffaele, Zagaria Riccardo di Felice, Francesco Magno, Callisto Abbruzzese e Gioacchino Poli, il quale, sebbene iscritto nelle liste di Molfetta, non fu estraneo al movimento di Andria). Soli, senza precedenti politici sino a quel tempo, contro tutti i partiti conservatori, impedirono che il blocco di 5 mila iscritti nelle liste elettorali di Andria, le più numerose del 2. Collegio a scrutinio di lista della Provincia, fosse gettato nella bilancia degli avversari. Non paventarono minacce, insidie, sopraffazioni del governo, tentativi di corruzione e processi infami. Fecero trionfare la lista radicale repubblicana con Bovio, Imbriani, Pansini, Iannuzzi e furono i fattori decisivi della vittoria, che fu strepitosa in Italia.
Imbriani nel Parlamento tuonò a favore della Puglia sitibonda, presentò con Bovio il progetto di legge di iniziativa parlamentare per l’acquedotto Pugliese, e d’allora fu impostato, in nome della nostra regione, il problema del mezzogiorno d’Italia.
Dopo questa elezione ebbe il sopravvento nelle lotte politiche e amministrative il partito radicale democratico, che per un ventennio registrò vittorie clamorose, applicando con maestria la tattica delle lotte elettorali. Tutto prevedeva, a tutto provvedeva, le azioni si svolgevano con meravigliosa precisione, così come erano state. previste e prevedute, le vittorie si susseguivano alle vittorie, con stordimento degli avversari, i quali finirono col rinunziare alle lotte, ma non poterono soffocare l’odio inestinguibile di cui furono vittime, con processi infami e calunniosi, i fratelli Raffaele e Vito Sgarra, i quali con la propaganda dei principii democratici, con la fede nei postulati delle scienze sociali, disposero l’animo del popolo ad affrancarsi dalla secolare soggezione dei partiti conservatori e dagli istituti retti da consuetudini stantie e così fu possibile in seguito l’affermazione dei principii politici moderni. Dal 1902 al 1907, avendo occupato i primi posti nella provincia e nel Comune, trasformarono il paese nella edilizia, nella viabilità; lo dotarono di istituti scolastici, trasformando la coscienza del popolo, il quale con tali mezzi troverà il modo di evolversi e progredire. Questi risultati ottenuti furono il compenso per lo spreco delle forze giovanili impiegate per la rigenerazione della loro città, il compenso delle lotte feroci che essi dovettero affrontare.
Il popolo seguì con fede e con entusiasmo quel movimento e sin d’allora concepii speranze liete per la sua emancipazione, per il suo rinascimento.
Ed ora che cosa ci riserba l’avvenire?
Tutto, se entreremo nell’agone delle future lotte civili agguerriti dei mezzi necessari per esplicare le attività nel campo della scienza, delle industrie e del commercio.
In allora non più saremo appellati un grande conglobato di anime rudi ed incolte. Istruzione, più istruzione venga impartito al popolo e gli si schiuderà l’avvenire lieto e promettente. La sua mente arricchita dei veri scientifici, non disgiunta dal senso delle responsabilità morali, sarà tale una forza, che se oggi resta in una. forma latente, domani scoppierà con vigoria, ed affermerà sempre più la supremazia del genio romano, su tutte le megalomanie boriose degli esotici, che pel gentil sangue latino sono e permangono barbari.
Eravamo stati presi da tanta smemoratezza ed apatia per le nostre genialità che fu possibile imporci la cultura straniera e subirla.
Non resta altro a fare che affrancare dalla schiavitù lo spirito. Si recida la testa all’idra dell’analfabetismo, che tiene avvinta con giri soffocanti l’anima e di concerto con le altre regioni d’Italia, marciamo alla conquista dei massimi beni per registrare ancora una volta inni nell’infinito azzurro della storia.

Avv. Raffaele Sgarra


CERTIFICATO [7]
DELLA DIREZIONE DEL R. ARCHIVIO DI STATO
IN TORINO

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Sezione QUARTA  N. 1868

Si certifica che Ciciriello Nicola figlio di Vincenzo trovasi inscritto quale Soldato volontario negli atti relativi alla Brigata Peuceta (Liborio Romano) dell’Esercito Garibaldino, col quale ha fatto la campagna di guerra del 1860 dell’Italia Meridionale e dal quale venne congedato con la gratificazione di sei mesi di paga a norma del Regio Decreto 11 Novembre 1860.
Addì 31 Dicembre 1860.

Torino, 12 Dicembre 1910.

Il Capo Della Nazione
UMBERTO DOGLIODI
V.to Il Direttore
G. AGLIANO

[integralmente tratto dal libro “Andria Sacra” di Giacinto Borsella, edito a cura di Raffaele Sgarra per i tipi di Francesco Rosignoli, 1918, pagg. 3-29]

Pagina in completamento!


[1] Effigie in pietra del Dio Marte, che esiste ancora ed è infissa. sullo spigolo della casa del defunto D. Luigi Montaruli, che fa angolo tra la strada S. Francesco e Via De Anellis. Essa non è la sola testimonianza di Andria pagana: il Borsella parlando della Chiesa Portasanta afferma, che nelle demolizioni eseguite per la costruzione di detta Chiesa, fu rinvenuto la statua del Dio Baccante. Di più le viventi Nunzia, Filomena, Vincenza e Maria Troja sorelle di Michele Troja, l’infelice assassinato del 1909, ricordano di aver posseduta la statua di altra deità pagana, Priapo dell’Orto, che con la ricca biblioteca, la collezione delle monete antiche, dei vasi greci e romani appartenenti al defunto Canonico D. Lorenzo Troja, fu donata al loro parente Dott. Vincenzo Leonetti - Troja.
Sono avanzi dei tempii pagani le colonne di marmo che limitano le zone delle diverse parrocchie: al vaglio, a Fravina, a S. Domenico, a Via Tutino ed a Porta S. Andrea, le quali due ultime sono state recentemente rimosse.

[2] Dott. Ferdinando Fellecchia. — La vita del glorioso S. Riccardo Poema Sacro. Napoli per Salvatore Castaldo 1685.
Francesco II del Balzo — Storia della Invenzione del corpo di S. Riccardo – L’autografo si conserva in Roma nella Biblioteca Vallicelliana.

[3] Vasi neolitici rinvenuti nella villa Porro - Regano

[4] A. Iatta — Un sepolcro primitivo ad Andria e l’eneolitico nell’Apulia Barese. Parma — Stabilimento Tipo-litografico L. Battei 1905.

[5] Ecco uno degli atti di amministrazione della casa feudale, che si conserva dal Canonico D. Nicola Sinisi:
"Decreto di nomina del Duca di Andria.
Riccardo Primo; Signore della famiglia Carafa; Duca XVI d’Andria e del Castello del Monte; conte di Ruvo, marchese di Corato; utile Signore della Terra di Maschito ecc. ecc. Cavaliere del R. l’ord. insigne di S. Gennaro; e gentil.o di Camera con esercizio della Maestà del Rè delle due Sicilie ecc.
Dovendo noi destinare un M.ro di Fiera in questa nostra Città in Andria per il buon governo dei Negozianti, che ci concorreranno in occasione della Fiera di S. Giovanni Battista in questo corrente anno 1776, come ancora per la detta Amministrazione della giustizia e per la conservazione dei nostri privilegi; ed avendo piena cognizione della integrità e sufficienza del Magnifico Notar Donato Senisi, ci siamo mossi ad eleggerlo, come in virtù di questo lo eleggiamo e deputiamo Maestro della descritta Fiera per quest’anno da durare secondo il solito per otto giorni continui, con tutti gli onori, dignità, ed emolumenti soliti e spettanti a detto Ufficio, comunicandoli a tale effetto quell’autorità, e potestà che han tenuto i suoi predecessori. Ordiniamo per tanto a chi spetta, che per tale lo ricevino, stimino, e riconoschino sotto pena della nostra disgrazia e di Ducati mille alla nostra camera Ducale, in fede di che ecc. ecc.
Dato dal nostro Ducale Palazzo d’Andria questo dì 23 Giugno 1776.
R. DUCA D’ANDRIA
Pietro Torsaniseglia.
Leg.to al f. 97 t."
[6] Nella prima raccolta delle iscrizioni funebri (Tristia) del Prof. Nicolò Vaccina Lamartora, edita a Trani nel 1891 pei tipi di V. Vecchi, leggesi a pag. 69:
Nella Chiesa di Portasanta — Andria, 2 febbraio 1887
     (A piè del catafalco)
RAFFAELE RICCIARDI
DI QUESTA SUA TERRA NATIVA
IL NESTORE DEI PATRIOTI
GIOVINE CONGIURATO NEL 1823
CEPPI FORCHE MANNAIE
DAI BAGNI DI NAPOLI DI GAETA
GUARDÒ IMPAVIDO
DIECI ANNI ESULE
VAGÒ PER LA TERRA DE’ VESPRI
RIMPATRIATO
AL 1848 GIOÌ PIANSE SPERÒ
CON L’ITALIA LIBERA ED UNA
ESULTÒ AL 60
ESEMPIO D’INTEGRITA
AGLI AVVENIRE

[7] Come Ciciriello Nicola, sono forniti del medesimo certificato gli altri garibaldini.