S. Maria la Nuova

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Chiesetta Santa Maria La Nuova

di Giacinto Borsella (1770-1856)
Nel frontespizio di essa da un arco leggevasi il seguente distico:
Devoto passaggier non ti sia grave
Piegare il piede e recitare un ave[1]
nel mezzo l’immagine a fresco della Vergine cui sottostanno dei confratelli mentre eravi eretta una congrega.
Schizzo della chiesetta di Santa Maria Nuova, rilevato dalla pianta della città, di Francesco Cassiano de Silva del 1703
Questa chiesetta sta situata rimpetto l’altra della Madonna dell’Altomare, nell’altare osservasi la Vergine che tiene il Bambino in seno, sta bensì in atto di orare la statuetta di legno che oggi esiste nella chiesa dell’Annunziata. Sul campanile esisteva una lapide iscrizionata di cui non possiamo dare una notizia di positivo. Tornando a far parola della chiesa facciamo osservare che in faccia al muro eravi una spalliera di fabbriche, sulla quale poggiavano delle statuette di carta pesta e di stoppa intonacate con gesso e calce, rappresentando i misteri della passione. In faccia alle pareti delle figure e specialmente S. Leonardo vestito da monaco fra’ carcerati che gli chiedevano aiuto, come pure S. Pietro con la navicella. Per lo che è a sapersi che apparteneva questa cappella alla commenda di Malta con la dote del piccolo suo giardino. Vuolsi che sotto l’altare siansi rinvenuti dei vasi Italo – Greci dei bassi tempi con varii sepolcri. Si deduce da ciò che moltissime erano le chiese rurali a comodo dei fedeli, prima che dai casali si riducessero ad abitare in città. Quindi dal secolo XII in poi fabbricandosi con lustro le chiese della città, le cappelle rurali e suburbane rimasero in certo abbandono anche per la mancanza del numero dei cittadini periti per guerre e pesti. Lande resta sempre più fiaccata l’opinione dell’anonimo pugliese, che Andria stata fosse edificata da Pietro Normanno, quantunque le di lui parole, secondo il Leibnizio, inflettessero doppia significazione, cioè quella di fabbricare di pianta, e quella di abbellire e di adornare.[2]
[integralmente tratto dal libro “Andria Sacra” di Giacinto Borsella, edito a cura di Raffaele Sgarra per i tipi di Francesco Rosignoli, 1918, pagg. 282-284]

[1] Quod hodieque in consuetudine positum est ut in salutantibus potentibus, aut in honore eis habendo, nostram ipsi manum ori admovere soleamus id quaesitum est ex me, num a coeteribus quoque excitatum est, inutilia pleraque ita hoc quoque inepte adulandi genus servilia recintiorum aulicorum ingenia excogitassent. Respondi eum morem usque ab impia illa, et ridicola veterum, qui multos Deos colebant supertionem ductum, atque progatum videri. Solebant enim et illi cum aut fanum aliquod praeterirent, aut lignum, lapidemque aliquem aspicerent in quo divinitatis aliquid esse opinarentur : neque enim vilior illis temporibus ullius rei, quam deorum annona erat; manum ad os referre, et tenui murmure illos ligneos, aut lapideos, ut sibi faverent, proecoris, Ovidius. Ecce lacu medio sacrorum nigra favilla Ara vetus stabat tremulis circumdata cannis. Prestitit et pavido, faveas mihi, murmur e dixit Deus mens: et simili, Faveas mihi, murmure dixi. Minutius Felix in Octavio. Coecilius simulacro Serapidis denotato, ut vulgus susperstitiosus solet, manum ori admovens oscolum labris praessit. Quo igitur gestu illi diis piis honorem exhibebant, eodem nos hodie in potentibus et fortunatis hominibus colendis utimur.
[2] I Greci soglion dipingere le immagini dei Santi per ordinario fino alla cintura per togliere dalla mente ogni stolto pensamento; oggi non fanno statue ma solo bassi rilievi; onde la mano non possa toccarle, per non perdere il dovuto rispetto. Inoltre non adorano le dette immagini, se in essa non leggono il nome del Santo o Santa ivi dipinto e ciò anticamente era anche praticato dai latini come ci danno manifesta testimonianza le pitture di mosaico in moltissime chiese antiche. Ed in vero in materia di pittura osservano rigorosa modestia e straordinaria devozione; tanto che spirano venerazione e maestà soprumana, ancorché l’opera non cammini con le regole dell’arte. Devesi a ragione piangere la licenza dei pittori del nostro secolo, che hanno profanata in maniera le sacre pitture che oramai non solo non poteansi adorare, ma neppur rimirare con occhio puro avendo introdotto la nudità sin sopra i medesimi altari mentre con scellerato ed empio costume sotto velata pietà espongono nelle pubbliche sale le Susanne svelate e le Bersabee colorite. Considerino costoro, che Gennaio Patriarca di Costantinopoli risanò miracolosamente la mano d’un pittore diventatagli arida per aver dipinta l’immagine di Cristo sotto forma di Giove. Spirar denno le sante immagini sacro orrore di voto e maestà divina come quelle che dall’antichità pervenute a noi veneriamo con ammirazione, e riceviamo da esse continui miracoli, grazie e favori; il che non succede alle moderne pitture. Lande santamente Urbano VIII decretò che fossero bandite certe immagini, con cui rappresentatasi la SS. Trinità con un corpo e tre volti.