Cesare da Gravina in quel tempo c’habitava in Barletta, fù con un coltello nella tetta manca malamente ferito,
& facendo voto à questa Madonna Santissima de’ miracoli, hebbe gratia d’esser sano,
& libero al primo di Giugno, & portò la tavoletta del miracolo registrata fol. 115. l. A.
Ma nell’ultimo di queste grazie della Madonna Santiss. de’ miracoli d’Andria, ne faremo qui manifesta una delle principali,
che habbia concesse Iddio dal principio, che fù trovata fino hoggi la di lei sacrata figura,
con vero racconto di molte altre gratie; la quale è stata cavata, & e posta nel registro de’ miracoli
nel foglio 149. fin’al fine, nella quale si descrive il sacrilegio fatto da un certo chiamato Marco Sinò Ancon.
in certe corone, & diademe gemmate, con altre gioie, & piastre de’ voti d’oro, & d’argento, & in certa somma di danari.
Diremo ancora del miracoloso scuoprimento dello stesso ladro, & della ricuperatione del tutto, nella guisa,
che è stata descritta dal P. D. Valeriano de Franchi da Catania, Decano titolare del monasterio,
& Chiefa sudetta, Dottor Theologo mio fratello per ordine del molto R. P. D. Lorenzo d’Aversa Abbate
del medesimo monasterio, & per darne principio.
La mattina del giorno di S. Andrea Apostolo, dell’anno 1604.
√[1]
andando i Padri Sacristani dalla Chiesa da basso per addobarla, secondo il costume per celebrarsi le messe,
& recitarsi i divini ufficii: trovarono la banca, dove si scrivono le messe, & le limosine, fracassata,
& tolti i danari, che v’erano dentro: tornarono subbito di sopra à darne aviso al detto R. P. Abbate,
il quale si fè menar davanti tutti i servitori del monasterio (chiusesi già, le porte) per vedere se ve ne mancasse alcuno;
& trovandoli tutti dẽtro, scesero giù con la maggior parte de’ monaci, & d’altri: aprirono la cappella
della Madonna Santissima, & nello scoprire delle cortine d’ormesino, che sono avanti l’altare, trovarono
le facciate spogliate da’ voti in piastre d’argento, & d’oro in gran parte, cavatene tutte le gioie incasciate in oro,
& l’imagine di Nostra Signora, & del Salvatore, che tien nelle sue braccia ignude de’ loro ornamenti,
come di corone, diademe, & collne d’oro, & d’argento; ornate con diverse gemme, & pietre pretiose di grandissima valuta.
Divolgatosi il fatto cadde nell’animo di ciascheduno pietosissima compassione del sì empio, & sì dannoso avenimento;
√[2]
& per palesarsi se ne diede subbito contezza a’ tribunali dell’una, & l’altra Corte d’Andria, ne si tosto n’hebbero notitia,
che vennero ad un momento il Sig. Vicario co’ suoi Ufficiali mandati dal Reverẽdissimo Monsig. lo Vescovo,
& insieme il Sig. Governatore Giudice, Erario, & altri della Corte Ducale co’ loro Ufficiali,
& gran moltitudine di Gentil’huomini, & de’ popoli della Città: i quali tutti vedẽdo si misero spettacolo,
inginocchiatisi davãti la cappella, con lamentevoli voci, & pianti, mostravano aperti segni d’incomparabil dolore,
vedendosi così spogliata la nostra commune Padrona, & Avocata nella maniera, che si scorgerebbe senza i regali
suoi addobbamenti bellissima, & potentissima Reina: usossi poi ogni diligenza ad instanza del detto Reverendo Abbate
in farne pigliare informatione in ambedue le Corti se si potea trovar cosa alcuna di sospettione apparente, non che di certo;
per lo che ciascheduno della Città pieno di mestitia, lasciando tutti del monasterio afflitti; si partì.
Allhora il R. P. Abbate, quanto al foro esteriore, aggiungendo le solite censure, & pene ordinarie a’ sudditi:
fè fare 1’istesso dal Reverendissimo Monsignor lo Vescovo a’ suoi soggetti: così parimente fù dato ordine da provedersi
per tutte le Corti temporali d’Andria, & per le Città del cõtorno: se ne diè similmente aviso all’Illustrissimo
Signor lo Duca d’Andria, dimorando in Napoli, & egli ne fè parte all’Eccellenza del Sig. Vicerè.
Il quale come zelantissimo Signore pigliò à petto talmente il negotio, & con tanto rigore di giustitia, che ne diede ordine
à tutte le Audienze del Regno con ardue pene per sapersi il sacrilegio; & tornando à dire intorno à quanto si trattò
per tal conto nel monasterio dal sudetto Reverendiffimo Abbate,
√[3]
egli voltandosi verso Dio come conoscitore & iscuopritore de’ cuori, & alla Beatissima Vergine, diede ordine,
che si celebrassero le messe delle feste principali d’essa Madre Santissima non solo cantate continuamente da tutti in choro:
ma distribuì l’istesse à ciascheduno Sacerdote particolare: così seguirono à fare giornalmente, aggiungendovisi le Litanie,
& altre orationi, che si costumano, pregando essa Reina del Cielo, che d’adoperar si degnasse le sue preghiere,
non tanto per ricuperatione delle perdute cose, quantunque di quasi inestimabil valore, quanto per la salute,
cioè per non perdersi l’anima del malfacitore.
Anzi v’erano alcune persone Religiose, che con le orationi accompagnavano digiuni, astinenze, & somiglianti opere;
il medesimo zelo hebbe il Reverendissimo Monsignor lo Vescovo ne’ popoli à se soggetti con dar ordine di farsi celebrare messe,
dirsi Litanie, & farsi altre orationi per tutta la Città; il che fecero tutti gli afflitti Cittadini con affettuoso,
& devoto cuore, & egli era quasi il lutto, & il lamento universale, & tanto che poteano dire col Profeta.
√[4]
Cecidit corona capitis nostri: væ nobis quia peccavimus, propterea mæstum factum est cor nostrum. Et così durò questo si mesto,
& afflitto stato intorno à 27. giorni, che tanti ne stette occulto del sacrilegio lo scelerato auttore.
Era in tanto nel cuore di tutti del monasterio, & gran parte di que’ della Città, & de’ forastieri (come per gli raggionamento
loro si potea comprendere) sempre una firma fede, & viva speranza, che la Madonna Santiss. haria sopra ciò mostrato
i suoi soliti miracoli, & che s’havrebbe ricuperato il tutto; per ciò che la divina providenza per provarsi come oro,
ò argento al fuoco, questo tempo di tribulationi gli permise per dargli poi uguali (anzi in maggior colmo) le sue benignissime consolationi.
Et così à ponto succese in fatti, che per questo mezzo Iddio N.S. volle, che ciò avenisse per cavarne poi un via più copioso,
& caro bene: tanto perche così gli tirasse à far si fatte opere pie, quanto ancora perche facesse via più note le grandezze
della Reina del Cielo in questa casa santa, à quei che per avanti forse non ne haveano notitia non solo in questi Regni:
ma per tutta l’Italia, & fuori etiandio.
Piacque adunque alla divina Pietà la notte delli 26. di Decembre, dell’anno stesso 1604. intorno alle 5. hore,
√[5]
che come la notte avanti fè dare da’ celesti spiriti quella felicissima nuova del suo nascimento a’ Pastori, così mandò
à que’ Padri quella felice novella d’haversi trovato il sacrilego, & il sacrileggio parimente; il qual messo fù da loro
nel monasterio per tutto il rimanente corso della notte, con non poco ufficio di carità tenuto, & accarrezzato.
Ne lasciò di dire, che fù q;lla notte, nella quale egli venne, di pioggie di venti, & di nevi piena, di cui fù la stagione abbondevolissima:
la seguente mattina allo spuntar dell’alba, poi che fù il giorno del Protomartire Sãto Stefano nel monasterio,
cõparve un Gentil’huomo Napoletano, chiamato il Dottor Gio. Battista di Stefano, mandato avanti à Barletta
dalla Regia Corte di Napoli, non solo con ufficio di Giudice di detta Città: ma inoltre con commissione sopra i banditi,
& altri simili delinquenti nella Provincia di Puglia. Menava egli seco dodeci soldati datigli da Sua Eccellẽza
per guardia della Corte di quella Città, & della sua persona, tutti pieni di neve, & di ghiaccio,
bagnati da capo à piedi, ch’era compassione à vedergli; & dopo che con tutti fù non men col fuoco della legna,
che de’ caritevoli accoglimenti riscaldato; diffe apertamente havere in suo potere il sacrilego,
& tutte le robbe della Madonna Santissima da lui rubbate, narrandogli il modo che tenuto havea in trovarlo,
& insieme gli manifestò un’altra gratia c’havea egli ricevuto dalla Madonna Santissima de’ miracoli d’Andria,
√[6]
come si dirà al suo luoco, per lo che havea fatto voto di venire à ringrariarla quanto prima, dopo que’ tempi così infortunosi,
& iscommodi; & mentre stava egli in tal proponimento, ecco lo fé degno la Beatissima Vergine d’Andria di quella nuova gratia:
Imperciò che la sera del giorno passato, gli fù fatta instanza da un’huomo in Barletta, che mandasse à pigliare un certo homicida
√[7]
(pensandosi, che il sacrilego fosse quello c’havea fatto l’homicidio) acconsentì egli, & gli mandò il Caporale co’ compagni à pigliarlo.
Et qui il misero ladro (che stava alla marina di Barletta, & havea patteggiato d’haver una cavalcatura
(come egli disse dopo) p; andarsene alla I. hora dei dì seguẽte à Bari, & poi imbarcarsi p; Vinegia) vedẽdosi
egli tante persone della Corte, che gli stavan’à torno, sẽza che gli fosse stato fatto ne anco un segno di prẽderlo:
il p; prio delitto (p; così dire)
Ei da se stesso sen’altrui richiesta
Inavedutamente il manifesta.
Percioche disse: Signori ho fatto errore perdonatime; il che replicando à quei Ufficiali più volte,
& eglino chiedendogli quale errore fosse il suo? s’avvidero à caso quanto à loro (ma per divino giudicio,
rispetto al fatto) che gli pendeano dalle sacche de’ calzoni certi drappi di cambrai con le rande d’oro (questi erano
due sopra calici, i quali nascostamente molti giorni dopo il primo sacrileggio havea tolti dalla sacrestia della istessa Chiesa,
quando havea servito le messe, non satio ancora, de sopradette cose di tanta valuta;) & mettendosegli le mani adosso,
gli dissero: ah scelerato queste son cose di Chiesa; & egli apertamente palesò, che erano le robbe
della Madonna Santissima de’ miracoli d’Andria.
Fù condotto legato à pigliare il resto, che già havea conservato in certe bisaccie, riposte in una cassa dentro
una delle Camere dell’hosteria del Procaccio di detta Città; & portando il tutto nel palaggio della Corte
del Governatore chiamato D. Roderico di Messia de Prado da Napoli di natione Spagnola, & di sangue illustre.
Egli come ch’era divoto di questa Madonna Santissima essendovi più volte per sua divotione, & per voti venuto, tutto gioioso,
& pieno di consolatione, stando in sala publica del palaggio, facendo aprire quelle bisaccie,
cavarono fuori tutta quella argenteria, oro, gioie, danari, & altre cose. Et poi che s’hebbero molto ben consolati
tutti in veder quelle cose si pretiose, che ornavano quella Santissima figura (ò per dir meglio,
come delle stesse disse il Dottor S. Bernardo) erano ornate da quella, cominciarono à dare tormenti di tortura,
& di funicelle al ladro, non per saper il fatto, già che l’havea confessato, ma per sapersene,
chi per compagno havuto havesse; io sono stato (rispose) solo in questo delitto, & non hò havuto altro in mia compagnia,
ch’è il Diavolo, il quale à fare si enorme sceleratezza m’havea indotto, & in segno di ciò diede questa ragionevole
risposta d’haver restituito il tutto senza pure mancarvi un pelo: il che nõ saria stato credibile già che
i compagni havrebbeno voluto esserne partecipi del furto; & per ciò cessarono di tormentarlo.
Poi il Giudice con aspre riprensioni gli disse: come hai tu havuto tanto ardire di saglire co’ tuoi piedi
immondi sopra l’altare della Madonna Santissima, dove si celebrano le messe?
√[8]
Rispose questo tosto, & scelerato huomo. Signore avanti ch’io saglissi mi scalzai, & così co’ piedi ignudi sopra l’altare
mi posi in oratione, pregando la Madonna mi perdonasse questo peccato: imperciò che non lo facea per offenderla.
Le quali parole udendo egli, & quei che con lui erano, se bene d’apportarne risa, compresero però molto bene
gl’inganni dell’Astuto nemico, il quale l’havea à far ciò condotto. Così fù menato legato nelle carceri,
rimanendo le cose rubbate in poter del sudetto Governatore.
Tutto questo narrò il Giudice, che di sopra s’è detto; il quale co’ Padri d’ogni parte consolato, sendo stato tutto’l giorno
nel monastero, verso la sera se ne tornò à Barletta; dove arrivato segui à formarne un processo; & dati al reo alcuni ordinarij
termini di giustitia, lo condennò ad essere strascinato per la Città, poi appiccato, & isquartato.
Di là à poco mentre stava per giustitiarsi lo scelerato huomo (forsi per fuggir la morte) disse esser Religioso Professo
dell’Ordine di S. Francesco de’ Reformati Converso. Per lo che fattosene instãza al Giudice da gli Ecclesiastici
per la remission del foro, fù sospeso’l giuditio.
Et acciò sia noto à tutti qual sia questo membro putrido del Demonio, che così i fedeli Christiani preghino la divina Clemenza
con l’intercessione della sua Madre Santissima, per la sua conversione, & salute;
√[9]
è da sapere, che questo delinquente già intorno a quattro mesi à dietro, c’havesse commesso tal delitto, venne in monasterio
con habito secolare, d’età (come appareva) di 20. anni, & portò certa fede falsa, nella quale si facea chiamare
Marco da Montella, & disse voler servire la Madonna Santissima à voto in vita, & come, ch’era d’aspetto assaì modesto,
& mansueto, raccomandato ancora per lettere da certi Padri Religiosi mendicanti, ingannati anco eglino forse
da tali esterni portamenti, come di semplice agnello, benche di dentro fosse come un lupo rapace: fù dal R. P. Abbate
accettato per servitore fin che si provasse con 1’esperienza l’esser suo; & seppe questo Hippocrita talmente simulare
la sua natura in tanto che stette nel monastero, che inganando tutti gli haveano tal credito, che fù posto primo
per Chierico alla Chiesa, poi ad altri serviggi di casa. Dove è da considerare, ch’in tutto quel tempo, che vi corse,
facendosi prattico del luoco, machinasse sottilissimamente il modo c’havea da tenere per fare il detto sacrileggio.
Il qual passò di tale maniera:
√[10]
la sera avanti havea egli posto un gran sasso tra le due porte di legname del portone della Chiesa nuova verso Tramontana,
& se n’andò per dormire (come solea) al forno: à 5. hore di notte poi calò per una fenestra del forno fuori della strada publica:
entrò p; quello spatio delle porte, dove havea posto il sasso nella Chiesa nuovua: scese per la scala à man destra à quel verso:
entrò nel Tugurio della passione di Nostro Signore, che allhora stava aperto, levò via dalla fenestra in quel dritto la Gelosia,
che sopra stava alla balaustrata, & con una fune c’havea portato seco, scese per la fenestra alla Chiesa da basso:
cavò due ferri (torcendogli per forza) dalla ferriata della cappella della Madonna Santissima, & entrato in quella saglì
co’ piedi indegni sopra l’altare, spogliò la sacrata Imagine della Reina del Cielo, & del suo Santissimo bambino
senza far loro guasto alcuno, cavò d’indi con gran diligenza le corone, & diademe d’oro, & argento tutte gemmate,
& tutte le gioie poste in oro, attaccate alla portella, che cuopre quella gloriosa effigie: cavò anco una gran copia
de’ voti in piastre d’argento, & alcuni d’oro dalle facciate di sopra dirimpetto, & da’ lati dell’altare.
Andò alla banca, dove si scrivono le messe, & le limosine; la scassò, & tolse da quella da 220. docati d’argento,
secondo, che per calculo del proprio libro fù provato; & cavata la serratura dalla porta piccola della Chiesa verbo Ponente,
allo’ncontro dell’istessa scala destra, d’indi uscito andò in alto ad appiattare il tutto sotterra, dentro una grotta,
presso all’hosteria del monasterio, & se ne tornò per l’istessa fenestra al luoco, dove prima stava, facendo veduto
di dormire fino al mattino, quando si conobbe essersi fatto il furto.
Anzi per tutto quello spatio di 27. giorni da che ciò avenne, fingeva di piangere, di dolersi, & di lamentarsi con gli altri
del monasterio; serviva le messe, faceva oratione con la bocca, già che co’l cuore era lontano da Dio. E quel che fù peggio
per l’anima sua, il giorno della Concettione della Madonna, perche si fece la communione generale per tutti i chierici,
si communicò anch’egli in suo giuditio, & condennatione con la bocca puzzolente, havendo il cuore pieno di sceleragine.
Imperciò che non si trovò chi l’havesse udita la confessione. Nè si fatta l’havesse, merirava d’esser assoluto, perseverando
nello stato del peccato del sacrileggio, anzi avviluppato nella censura della scommunica, la quale già gli era publicata,
per ordine del Reverendissimo Monsignor lo Vescovo d’Andria, & era già scorso il termine, per lo quale (come ne’ cartoni
nelle publiche piazze posti appareva) dovea egli incorrere. Et poi finalmẽte così scõmunicato dal monastero, datone una causa
leggiera si partì, portò seco nascostamente il furto: se n’andò à Barletta, dove (come s’è detto) non permise
il giusto Iddio, che ascosta rimanesse la sua sceleratezza:
Ne si lasciarà di rapportarsi le stolte, & velenate parole, uscite dalla puzzolente bocca di quello sciocco,
& scelerato huomo mentre stava nelle publiche carceri, dopò che fù sospeso il giudicio della sua morte, per le cause
dette di sopra, & ciò si seppe da coloro, che con esso lui erano prigioni, & da molt’altri della Città,
i quali per esser molte, & alcune di quelle di qualche consideratione si narreranno per ordine, quali elleno siano,
acciò ogni Christiano sia cauto à non lasciarsi ingãnare, & sedurre dal commun nemico, come hà fatto à questo infelice huomo.
Fù adunque il primo inganno, che gli fè il Demonio,
√[11]
qualmente egli come, ch’era apostata, havendo lasciato à fatto l’habbito di Converso professo (come egli dicea)
della Religione de’ Frati riformati, dell’Ordine di S. Francesco, d’onde intorno à quattro anni à dietro se n’era fuggito,
& per conseguenza in peccato mortale, & in istato di dannatione: per lo che gli havea dato ad intendere il Diavolo,
che non potea salvarsi altrimente se non facea qualche enorme delitto peggiore che’l primo, per lo quale essendone punito
con la morte temporale nel corpo fosse libero dalla morte eterna nell’anima; & per ciò (disse egli)
io mi posi à far si gran sceleratezza, come io feci.
√[12]
Oltre ciò mentre stetti nel monasterio (disse) per servitore fui molte, & molte fiate instigato à questo errore
con interne suggestioni dal nemico, per conseguire tal vana, & fallace salute; & per ultimo la notte istessa,
ch’io feci il delitto dalle prim’hore della notte fino alle cinque, che mi partij per effettuarlo essendomi
posto per dormire, più, & più volte mi sentij destar dal sonno, & quasi con viva voce d’huomo mi era detto,
che mi levasse presto à far quel tanto, che mi havea suggerito, & tanto m’instigò,
che dal letto ove gicea, mi levai per mandarlo à fine.
√[13]
Anzi essendogli dal Giudice prima, & da gli altri, ch’erano venuti per vederlo, poi richiesto come havesse possuto così solo,
& in si brieve spatio di tempo far tante cose in questo sacrileggio? Rispose io era solo senza compagnia humana:
ma mi sentiva aiutare gagliardamente, ne sò da chi? Dove è da credere, che’l Demonio (come che lo signoreggiava)
gli somministrasse queste forze, & aiuto apparente come suole à que’ che in preda se gli danno.
√[14]
Seguì à dire: quando entrai in cappella (come havea prima detto al Giudice) io mi scalzai per riverenza, & co’ piedi ignudi
saglito sopra l’altare, pregai la Madonna Santissima, che mi perdonasse; non lo facendo per offenderla:
anzi in quel ponto posi io le mani per voler togliere quelle corone, & diademe dal capo della Madonna Santissima prima,
& poi da quel del Salvatore l’istesse figure le inchinarono visibilmente come se mi volessero accennare,
che senza timore le prendessi, perche si contentavano del tutto, ch’io faceva.
Et così io ingannato dal Diavolo hò fatto questo errore, c’hor si grande conosco.
Quest’è quanto in diversi luoghi, & tempi egli disse; & per altro ciò non è stato da noi qui raccontato,
che per avvertire le anime de’ semplici à non dar si facil credenza allo’nganno di Satanasso (cui sunt mille modi
(disse quel Poeta) fallendi, artesq; nocendi, già che viene scritto da quell’altro: Fœlix, quem faciunt aliena pericula cautum.)
Non saria se noti bene veramente con una brieve digressione di scioglier ꝗsti lacci, che à colui, che detto habbiamo,
sono stati tesi, & di parola in parola scovrire, & fender la tela tessitagli dal serpente antico per guadagnargli
l’anima infelice, mentre la teneva in sperãza: ma perche di questo se ne raggionerà nel fine, per non traviar dalla storia,
tornaremo al primo proponimento fatto di sopra.
Si compiacque ultimamente la divina benignità dare à tutti suoi servi fedeli la compita consolatione; che la Domenica della Settuagesima,
dell’anno 1605. che occorse a’ 6. del mese di Febraro, comparve il sopradetto Dottor Gio. Battista di Stefano, Giudice di Barletta
con la solita compagnia de’ suoi soldati: & con bellissimo ordine consertate in alcuni cestoni, & altri vasi,
fè portare tutte le corone, diademe, golere, collane, anella, piastre de’ voti d’oro, & d’argento, & altri ornamenti
con le lor gioie poste ne’ suoi luoghi, & le altre robbe da diverse persone in modo di processione, con farsi
una honoratissima salva di schioppi, & d’archibusi fatta da quei soldati nell’entrar nella Chiesa nuova di sopra,
& quindi poi scendendo à basso portarono con gran solennità il tutto, presentandolo sopra l’altare della Madonna Santissima
ugualmcnte corrispondendo, per ordine del R. P. Abbate il risaluto col sonar delle cãpane, & dell’organo cantandosi à choro
l’inno Te Deum laudamus, con le solite orationi per lo rendimento delle gratie, & della Beatissima Vergine: si cantò immediatamente
la messa della Madonna solenne; & il Giodice havendosi poco avanti confessato nell’istessa Chiesa, fù dal Sacerdote,
che cantò la messa in cappella cibbato col santissimo sacramento dell’Eucharistia, dando un saggio della sua buona vita,
& con atti esterni devotissimi à tutti quei Padri, & a’ popoli, ch’erano venuti dalla Città in gran concorso,
oltra i forastieri, che vi si trovarono in quel tempo.
Portò in oltre questo Gentil’huomo un gran quadro ornato di pitture, & dorato con un voto in piastra d’argento, & sotto à questo
un grand’Epittafio co’l contenuto di due gratie,
√[15]
c’havea egli ricevuto da Dio con l’intercessione della Madonna Santissima de’ miracoli d’Andria, la prima che pose nel fin dell’Epittafio,
fù quella che pochi giorni avanti, che scuoprisse il furto havea ricevuto; & la seconda, fù havendolo Nostro Signore fatto degno
di trovar il sacrilego, & che per mezzo suo habbia ricuperato la Madonna Sãtissima i sacri suoi arredi dal sopradetto empio huomo tolti,
il quale Epittafio fù posto appeso ad un di quei pilastri avanti la cappella d’essa Beatissima Madre.
& è questo senza essersi mutato dalle sue parole.
Nell’anno del signore 1604. à 30. di Novembre la notte di S. Andrea Apostolo
√[16]
furono rubbate nella Chiesa della Madonna Santissima de’ miracoli d’Andria da un certo Marco Sinò Anconitano molte gioie di gran valore, danari,
& voti d’argento; con haver havuto ardire questo sacrilego di toglier dalla testa dalla gloriosa Vergine Nostra Signora,
e del Bambino Giesù le corone, & diademe d’oro, cosa certo che diede grandissimo scandalo à tutti, ma fù pure miracolosamente il furto,
& questo gran sacrilego scoverto, che molti giorni era stato celato, & à 26. di Decembre la notte di S. Stefano prossimamente seguente,
ritrovandosì in quel tempo il Dottor Gio. Battista di Stefano da Napoli, Giudice di Barletta, dal quale andò un certo Fior di Palmieri,
domandandogli giustitia, che pochi giorni prima presso Gaeta gli era stato ammazzato un suo fratello, & diceva haver visto l’homicida in Barletta,
& che lo conosceva molto bene. Per la qual cosa ordinò al Caporale Marino Cavator da Salerno, che con alquanti soldati per ordine
di Sua Eccellenza assisteva appresso la sua persona, che usasse ogni diligenza per prẽderlo; il quale havuti i segni andò co’ suoi soldati
& preso lo condussero in presenza d’esso Giudice. onde per scoprire l’homicidio, datigli alcuni interrogatorii, colui pallido,
& pieno di tremore spontaneamente disse essere esso i1 ladro, che haveva rubbato la Madonna Santissima de’miracoli d’Andria
(ò miracolo grande) fù come il calo richiedeva il sacrilego condannato da esso Giudice à strascinarsi, & appicarsi, & squartarsi;
& le corone, diademe, gioie, & altre cose che’n uno alloggiamento teneva il ladro nascoste tutte ammaccate, & rotte,
furono da esso Giudice (fatte di nuovo acconciare) offerte alla Madonna Santissima; il che si come prima havea recato
gran terrore, & mestitia a tutti, così da poi recò grandissima allegrezza, & giubilo.
Ringratiando adunque esso Giudice la gloriosa Vergine,
√[17]
che si è degnata fargli tal gratia; & d’un’altra anco,
che pochi giorni avanti havea ricevuto in sua persona, che per prender un delinquente essendo cascato in una grotta
di quaranta palmi profonda, invocato l’aiuto della Madonna Santissima scampò illeso, che solo gli saltò
la qui affissa unghia dal deto grosso del piede sinistro.
Et per memoria di tutto ciò ha fatto la presente tabella.
Sin qua egli cosi discorre; per lo quale Epitafio si mostrano chiare le gratie fatte da Dio à questo suo servo fedele,
& le grandezze della Beatissima sua Madre, le quali opera in questo suo santo luogo, ch’à quello si può dire con l’Evangelista S. Luca.
√[18]
Euge serve bone, fidelis, quia super pauca fuisti fidelis: supra Multa te constituam: intra gaudium Domini tui; & di Dio si dice con Davide.
√[19]
Quam magnificata sunt opera tua Domine: omnia in sapientia fecisti. Et della sua Santissima Madre dice l’istesso Profeta altrove.
√[20]
Gloriosa dicta sunt de te Civitas Dei.
Fatto adunq; tutto questo dal Giudice cõ affetto, & cõ devotione verso questa casa santa in honore della Padrona
& Protettrice di quella ripieno di santa consolatione se n’andò ciascheduno de’ popoli alle stãze loro, lodando
& ringratiando Dio, & la sua Beatissima Madre. Cosi fatti particolarmente i dovuti ringratiamenti al Giudice
per si divoto ufficio, senza riceverne mercede alcuna temporale, & quel che è più di darsi à sua lode, non volle
ne anco ritenersi 20. docati, che ricevuti egli havea dalla corte depositati de’ Padri in luogo di mancia à chi presfo
havesse il ladro: con modestissimi modi riputandosene indegno: per lo che fù da detti Padri del monastero condotto
à ricrearsi quanto al corpo.
Et dopo alcuni civili, & religiosi ragionamenti per ordine del R. P. Abbate tutti quei ornamenti furono con gran diligenza
collocati a’ luoghi, dove prima stavano; & del medesimo modo, & guisa, che erano avanti senza che pur ve ne mancasse
cosa alcuna; & fù veramente mirabil fatto, che la Madonna Santissima havesse conservato con la gratia sua tutte
quelle sue robbe senza, che se ne perdesse veruna quantunque picciola fosse; & secondo ne die conto il Giudice
furono apprezzate da gli orafi, & esperti huomini di Barletta da quattro mila scudi.
Occorse poi che l’Eccellenza del Vicerè di Napoli, si come havea sentito disgusto grande per la perdita sopradetta:
√[21]
havendo poi saputo lo scuoprimento del tutto, fù tale, & tanta la sua allegrezza, (come dal sudetto Giudice s’intese)
che essẽdo aggravato già molti giorni havea dalla podagra, divenne da quella subbito sano, ringratiando essa Madre Santissima
de’ miracoli d’Andria, che l’havea consolato internamente nell’animo, & esternamente ancor nel corpo.
Et perche anco fosse publicamente conosciuto questo gran sacrilego, per dargli forse più aspre pene della prima condennatione,
√[22]
diede ordine che fosse condotto in Napoli con la catena d’altri delinquenti; & con l’Epitafio posto su le spalle,
nel quale si descriveva essere il ladro delle robbe della Madonna Santissima d’Andria; anzi che (come è stata publica fama,
& uscito da bocca di quei, che l’accompagnarono) per ogni parte che passavano, venne tanto abominevole,
& dishonorato appresso ciascheduno, che con molte parole ingiuriose, & di scherno, gli rinfacciavano l’enorme delitto
c’havea contro questa miracolosissima Madre di Dio commesso. Al che questo cosi vituperoso, & pieno di vergogna
altro non sapeva, ne posseva dire, ne fare, che con calar gli occhi à terra, & sbassar la testa (come faceva anco,
quando cosi veniva beffato mentre stava nelle carceri da’ circostanti) tacendo confessava il suo grave, & stolto misfatto.
Fù condotto finalmente à Napoli in Vicaria, acciò l’Eccellenza Sua disponesse di lui, conforme alle leggi,
già che (secondo il Savio) Cor Regis in manu Domini.
Bene è d’avertire, ch’essendo stato differito per divin volere questo giudicio della prima sentenza,
& condennationc di quel misero, restando in vita fin adesso.
√[23]
Che forse la divina pietà gli habbia dato più lungo spatio di penitenza, per l’enormità de’suoi gran delitti.
Et forse anco per avertire noi altri Viatori, che i lacci fraudolenti tesi dal Demonio contro questa misera anima,
siano dalla Madonna Santissima scoverti, & chiariti per falsi;
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imperoche havendo dato ad intendere à questo scempio, che la remissione de’ suoi primi errori (come è detto di sopra)
non potea conseguirla, che con commetterne altri peggiori, fù veramente inganno essendo egli buggiardo, anzi auttore
& padre della buggia, che acciò non credano i semplici verificarsi tal falsità, fa il providentissimo Iddio prolongargli
il termine della vita in altro tempo, & che con altra occasione, gli avenga la morte, quando per la sua salute
gliel’ha disposta, pur ch’egli di ciò avertito, l’accetti con la conversione della vita, & pura confessione
de’ suoi peccati; al che pregamo la divina Clemenza, acciò questa pecorella smarita torni, & si mantenga
sotto’l suave passo di Christo Signor Nostro mercé l’intercessione della sua Santissima Madre.
Et per ritornar a noi: dovea pensare quest’huomo stolto, ch’essendo stato apostata (come egli dicea)
& per conseguenza in peccato mortale, & in istato, che lo conduceva all’eterna dannatione: non era possibile,
ne giusto saluarsi, con far un altro sì horrendo peccato; atteso che secondo la Cattolica Dottrina de’ Padri.
√[25]
Deo auctore nemo fit deterior. Et essendo Iddio il dator della vita, non vuole la morte del peccatore,
secondo il Profeta Ezzechiele, ma che si converta, & viva; che ciò havria possuto conseguire col pentirsi
del primo errore, & tornare à Dio Creatore, di cui s’era fatto rubbello. Et si come il peccato (secondo i Dottori)
è una avversione dal Creatore, & conversione alla Creatura, cosi per lo roverscio, la penitenza per la quale
di quello la remissione si conseguisce, è una aversione dalla Creatura, & conversione al Creatore:
hora che cotesto peccatore, (secondo l’inganno sudetto) il qual sta lontano da Dio, se gli possa appressare
con l’allontanarsi più, dimostra aperta repugnanza di ragione naturale, non che Christiana, & fedele.
√[26]
Quanto al secondo, & terzo inganno fatto dal nemico à questo stolto, poiche lo mostra più sciocco, che’l primo,
non occorre dirne altro, già che è manifesto, che’l Diavolo aiuta quei, che per li peccati loro se gli fanno soggetti,
non è maraviglia se gli somministrava aiuto, sopra il quale usurpato tanto dominio s’havea.
√[27]
Intorno a’ due ultimi inganni, che più importano, due cose sono d’avvertire, l’una la sciocchezza di lui,
che fù in credere, che per haversi scalzato, & co’ piedi ignudi haver saglito sopra l’altare, & fatta
quella sua stolta preghiera, non pensasse offendere Dio, & sua Santissima Madre, col far il furto:
se non era altro, che ignoranza, sarebbe stato errore di stoltitia à crederlo: ma se procedesse in opinione,
sarebbe un di quei vitij contro i quali sogliono procedere i sacri Tribunali. Et l’altra cosa, che è di portata
(quando però fosse vero quel ch’ei dice) d’haver veduto gl’inchinamenti delle teste delle sante figure:
è da pensare questa essere una nuova dilusione del Demonio in fare vedere tale apparente attione,
per la vehemente imaginativa di cotesto giotto mascalzone, che gli parve vedere con gli occhi del corpo,
quel che il nemico gli suggiravua nella mente. O che pure la divina sapienza questo havesse permesso
(quãdo che ciò fosse cosi real-mente avenuto) mostrando operatione miracolosa, acciò ch’egli confuso mancasse
da far tale sceleragine, guatando cose à farsi non solite; come si legge di molte figure di Christo,
di sua Santa Madre, ò d’altri Santi in diverfi luoghi di Christianità, le quali hanno sparso sangue,
ò latte miracoloso per qualche misfatto operato da gli huomini scelerati contro quelle Sante Imagini in loro onta,
& scherno; il che si lascia al giudicio de’ savij prudenti, & timorosi di Dio, al quale sia lode,
& gloria in eterno, & alla Beatissima Vergine per sempre honore. Appare di ciò fede auttentica scritta,
& sottoscritta dal P. D. Valeriano da Catania mio fratello, reg. nel processo, ò annale de’ miracoli
della Madonna Santissima d’Andria, nel foglio 149. fino al 156. col solito suggello del detto monasterio suggellata.
Questo è quanto (cari lettori miei) fin hoggi hà miracolosamente operato Iddio à prieghi,
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& intercessione della gloriosissima Vergine sua Madre detta de’ miracoli d’Andria in questo santo luoco,
& grotta, che è nel Territorio della detta Città d’Andria, la quale stà sotto il Dominio, & governo dell’illustrissimo,
& Eccellentissimo Signor D. Antonio Caraffa, della cui famiglia, dignità, con quelle lodi,
che giustamente se gli deve nel terzo libro che qui segue discorreremo.
Ben è d’avvertire, che senza numero, sono le gratie, & miracolosi doni,
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che da Dio la Reina del Cielo in detta santa grotta, & Chiesa (come per publica voce, & udita universale si sà)
per gli fedeli Christani hà impetrati; i quali per non esser da loro, ne da altri stati posti in iscritto non s’hà potuto con tanti altri palesargli.
Avvertendosi etiandio, che molte tabelle de voti, qui pendono, nelle quali parte è stato posto il nome d’alcune persone,
con le pitture, che rassembrano solamente le gratie, c’han ricevute: ma non quali elleno siano:
in alcune altre poi vi stà questo motto, votum fecit, & gratiam accepit, & non altro.
Et s’alcuno hà curiosità di sapere quanti tutti i miracoli de’ quali fin quà habbiamo favellato siano: io gli dico,
che dandosi principio dall’anno 1576. quãdo fù trovata questa miracolosa figura, fino à tutto l’anno 1605.
(compresovi quello intorno alle robbe tolte dallo sfratato Frate Anconitano) sono 532. ò poco piú.
Et sono stati riconosciuti, & approvati dall’Illustrissimo, & Reverendissimo Monsignor Don Antonio Franco,
Vescovo d’Andria, ad instanza, & supplica del molto Reverendo P. D. Lorenzo d’Aversa Abbate;
& de’ monaci del monasterio, & Chiefa di detta Santissima Madonna de’ miracoli d’Andria, con quelle solennità,
conforme al decreto del Sacro Concilio di Trento.
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Il riconoscimento, & approbatione delle quali gratie & miracoli, è nella guisa, che segue.