Ing. Riccardo Ruotolo
La collina di Monte Santa Barbara, soprattutto se la si analizza attraverso la foto aerea dell’anno 1954 (Foto 6) presenta una serie di strutture quasi concentriche, corrispondenti a murature in pietrame a secco di terrazzamenti; alcune però, alte più di due metri, danno l’idea dell’esistenza di cinture murarie (Foto 9).
Foto 9 - “Volo Base I.G.M.” – Ottobre 1954 – Collina di Monte Santa Barbara.
La collina ha un’altezza di circa 60 metri dalla sottostante via Traiana nel suo tracciato attuale e i suoi quattro versanti attualmente si differenziano per la loro pendenza ed anche per la vegetazione. Il versante Nord è il più ripido, coltivato a uliveto, però gli alberi non hanno una vegetazione rigogliosa perché il terreno è molto roccioso, sono presenti massi vaganti ed anche dei terrazzamenti per addolcire la pendenza. Spesso si notano rigonfiamenti del terreno che farebbero supporre la presenza di tumuli, ma è tutto da verificare. I frammenti ceramici che si incontrano sono quasi tutti riferibili al periodo geometrico (ottavo – quinto secolo a.C.); si trovano anche frammenti di ceramica ad impasto rossiccio e nerastro appartenenti ad oggetti non lavorati al tornio e di periodo più antico. Parecchi sono i frammenti di ceramica sia monocroma che bicroma la cui argilla è ben depurata; la decorazione appare raffinata e caratterizzata da motivi sia rettilinei che curvilinei; alcuni frammenti sono decorati da due bande orizzontali e parallele di colore nero.
Il versante Est della collina non è scosceso come quello Nord ma degrada piuttosto dolcemente verso la stradina che conduce in alto partendo dalla sottostante odierna via Traiana. Su questo versante molti sono i grossi massi che si incontrano e la vegetazione è piuttosto scarsa. Molto interessante, invece, è un grosso masso a forma di colonna, un monolite, adagiato per terra e che si rinviene prima di raggiungere la sommità della collina, lungo circa cinque metri e di diametro medio intorno ai 60 cm. (Foto 10): è auspicabile che questo importante reperto, che certamente ci conduce all’età della pietra, quindi molto indietro nel tempo, e le murature in pietra a secco in cima alla collina che si intravedono nella Foto 9, non diventino preda di sconsiderati vandali distruttori della nostra memomoria storica.
Foto 10 - Collina Monte Santa Barbara: monolite.
Numerosi sono i frammenti ceramici sparsi su tutto il versante Est: ceramica ad impasto ben depurato tirato quasi a lucido all’esterno, ceramica monocroma (argilla nocciola ingubbiata in beige) e bicroma (con decori geometrici di colore bruno-nero), generalmente orli, anse e fondi di vasi in argilla rosata con ingubbiatura giallina, con fasce a zig-zag, frammenti di pareti di vasi molto sottili in argilla compatta giallina, alcuni con linee di vernice nerastra, ecc. (Foto 11-12).
Foto 11 e 12 - Collina Monte Santa Barbara: frammenti ceramici ad impasto ben depurato e decori geometrici.
La sommità della collina è pianeggiante, circoscritta da una cintura di muratura di pietra a secco (Foto 13); al centro del pianoro di sommità vi è una grande specchia di pietre miste a rovi (Foto 14) avente una superficie in pianta di oltre 1000 metri quadrati, la cui funzione è ancora tutta da scoprire; gran parte della sommità della collina, nell’anno 2000, era priva di coltivazione arborea
Foto 13 e 14 - Collina Monte S. Barbara: cinture di murature in pietra a secco - grande specchia al centro della sommità della collina.
Molto raramente si trovano piccoli frammenti di selce; qualcuno è tipo lama a doppia nervatura, generalmente di 2/3 centimetri di lunghezza e meno di un centimetro di larghezza.
Il versante Ovest mantiene le caratteristiche di quello Nord perché presenta diversi gradoni, muretti a secco, qualche trullo, con diversi massi erranti e cumuli di pietrame informi. Anche su questo versante numerosi sono i frammenti ceramici che si trovano in superficie: ceramiche ad impasto caratterizzati da un nucleo interno piuttosto poroso ricco di tritumi litici frammisti a sabbia ed anche con tracce di carbone, ceramiche domestiche di tipo geometrico di argilla di colore rosato e ingubbiatura giallina, monocroma e bicroma.
Il versante Sud scende dolcemente verso Sud – Ovest dove termina in una lama che si trova nei pressi della Masseria Monsignore, è coltivato prevalentemente ad uliveto e nella zona più alta non è raro imbattersi in tombe a tumulo di cui sono presenti solo i lastroni che le delimitano, tutte ricoperte di rovi. Anche su questo versante si trovano frammenti di ceramica ad impasto piuttosto scuro e frammenti di ceramica geometrica sia monocroma che bicroma, di argilla rosata ingubbiata in pallido giallo e sempre con decorazioni lineari, sottili, a linee parallele orizzontali e verticali.
n conclusione, camminando sia sulla sommità della collina sia sui suoi fianchi, quindi in un’area abbastanza vasta, un occhio esperto riesce ad individuare frammenti ceramici abbastanza numerosi che risalgono la maggior parte al periodo ottavo – quinto secolo a.C. (alcuni però, quelli di ceramica ad impasto, sono più antichi, risalenti al periodo del ferro, XI-X secolo a.C.); trattasi per lo più di frammenti di ceramica domestica, con dipinture di tipo geometrico proprie di quel periodo (Foto 11-12).
Dalle ricognizioni in superficie su tutta la sommità della collina, non si sono trovati frammenti di ceramica impressa dell’età neolitica e del bronzo, né si sono trovati frammenti risalenti all’epoca romana sia del periodo repubblicano sia del periodo imperiale.
Bisogna chiarire che le ricerche effettuate sono solo quelle di un dilettante appassionato di archeologia oltre che di cartografia; invece per una completa e chiara datazione degli insediamenti che certamente esistevano su Monte Santa Barbara nell’ottavo - quinto secolo a.C. è necessario che la Soprintendenza effettui una seria e capillare campagna di ricerca, eseguendo anche qualche scavo, prima che la forza distruttrice prenda il sopravvento, distrugga la memoria e i luoghi non abbiano più nulla da raccontare.
A meno di un chilometro in linea d’aria dalla sommità della collina di Monte Santa Barbara, sotto il versante Sud - Ovest, in località Masseria Monsignore, agli inizi degli anni ’70 era presente una Masseria (oggi il luogo è diventato inaccessibile e non si può verificare se esiste ancora) in cui il proprietario Giuseppe Caterino abitava con continuità. Molte volte ho visitato questa Masseria che nelle murature esterne realizzate tutte in pietra presentava un’anomalia: erano presenti lunghi massi in pietra dello spessore di cm 10/15 e della lunghezza variabile da cm. 80 a cm. 130. Il proprietario mi invitò a visitare due luoghi da cui erano stati prelevati i lastroni: uno si trovava sul lato Ovest della Masseria, in una zona in pendenza verso la sottostante lama, l’altro si trovava più giù, a Sud-Ovest, in una zona pianeggiante ricca di alberi di quercia tipo roverella. In questi due luoghi vi erano due necropoli del tipo a “tumulo” in cui la quasi totalità delle tombe erano state visitate e il pietrame utilizzato in parte per la costruzione di diverse murature della stessa Masseria. Complessivamente le due necropoli contenevano oltre una sessantina di tombe: una ventina nella zona a fianco della Masseria e una quarantina a fondo valle nel querceto (Foto 15-16). Oggi, la necropoli della zona Ovest della Masseria si trova in un terreno privato intercluso, mentre è visitabile quella a fondo valle, abbandonata e devastata come probabilmente lo è stata quella in vicinanza della Masseria. Notizie dell’esistenza di queste necropoli sono riportati da Antonio Jatta (18) di Ruvo di Puglia, nel suo volume “Sull’antichissima città di Ruvo nella Peucezia” pubblicato nell’anno 1884. In alcuni punti della necropoli a fondo valle, ancora oggi, sembra ci siano delle tombe a tumulo non profanate, come lascerebbe pensare il fatto che alcuni grossi mucchi di pietre che le coprono si presentano come se non fossero stati smossi e perfettamente circolari.
Foto 15 e 16 - Masseria Monsignore: tombe a tumulo dell’VIII-VI sec. a. C.
I massi di pietra che coprivano la maggior parte delle tombe della necropoli più grande sono stati rimossi e sparsi dappertutto nel sito; con essi sono state costruite tracce di nuove murature che hanno alterato lo stato dei luoghi rendendolo illeggibile e confuso.
Il signor Caterino aveva raccontato di aver rimosso il pietrame di vari tumuli della necropoli accanto alla sua Masseria per ricavare pietre e lastroni utilizzati per gli ampliamenti e che, quando aveva scoperto che quei tumuli erano delle tombe; aveva approfondito lo scavo all’interno dei lastroni trovandovi delle ossa, anche di due soggetti in una stessa tomba. Naturalmente, come spesso succede in questi casi, il ritrovamento di tombe è sempre oggetto di curiosità da parte di persone che credono di trovare in esse dei tesori per cui, secondo il racconto di Caterino, per quanto riguarda i tumuli fuori del recinto della Masseria, diverse persone aiutate dai contadini, nei primi anni del dopoguerra avevano visitato i luoghi, scavato ed asportato quello che trovavano: “qualche lama arrugginita e frammenti di vasellame”.
Masseria Monsignore: I massi di pietra che coprivano la maggior parte delle tombe della necropoli più grande
sono stati rimossi e sparsi dappertutto nel sito
Da un più attento esame dello stato dei luoghi e dei frammenti ceramici che si rinvengono su tutta la collina di Monte Santa Barbara, si ritiene che le tombe a tumulo della Masseria Monsignore siano databili tra l’ottavo ed il quinto secolo a.C.; non si è riscontrato alcun indizio riferibile a insediamenti di epoca romana.
Le conclusioni certe che si possono trarre, per ora, sono che questi luoghi sono stati abitati certamente in epoca antica, dal VIII al V sec. a.C., e che il tracciato della via Traiana, sistemato dall’Imperatore nel 109 d.C., passava a circa 1500 metri dalla sommità della collina, in direzione Nord. Resta da approfondire la presenza del monolite e la sua funzione.
Ho ritenuto dire “per ora” perché mi auguro che la città di Andria non continui più a comportarsi come ha fatto a partire dall’inizio di questo secolo: sono vent’anni che non si dà corso alle sollecitazioni ricevute, sia dalla Soprintendenza sia da studiosi universitari, sull’argomento ricerca, valorizzazione e conservazione del nostro patrimonio archeologico.
Ricordo solo alcuni significativi passaggi che interessano la collina di Monte Santa Barbara che, purtroppo, sono naufragati prima del nascere.
In data 6 novembre 2001 il prof. Rodolfo Striccoli (19) inviò all’attenzione del Sindaco e dei Consiglieri del Comune di Andria una nota (Prot. 36255 del Comune – Doc. 17) in cui affermava che a seguito di ricognizioni effettuate sul posto, il sito di Santa Barbara era di interesse primario per lo studio delle popolazioni che l’hanno abitato tra l’Ottavo e il Quarto secolo a. C..
Doc. 17 - Nota del prof. Rodolfo Striccoli al Sindaco del Comune di Andria;
disponibilità a collaborare.
In data 18 maggio 2006 la dottoressa Francesca Radina della Soprintendenza di Bari aveva inviato all’ingegnere capo dell’Ufficio Tecnico del nostro Comune una nota (Doc. 18) in cui, su richiesta dello stesso ingegnere, forniva comunicazioni sul sito di Santa Barbara così esprimendosi: “Si tratta del più importante dei siti archeologici del territorio andriese, a confine tra le antiche regioni della Daunia e della Peucezia. Il sito, che occupa una posizione strategicamente rilevante, non è stato mai oggetto di scavi laddove sarebbe estremamente importante poter verificare la sequenza storica e stratigrafica in vista di un progetto di studio e di valorizzazione”.
A seguito di queste sollecitazioni, un gruppo politico di opposizione fece pervenire all’Amministrazione comunale due comunicazioni da discutere in seno al Consiglio Comunale riguardanti le “iniziative da prendere per la salvaguardia del sito archeologico della collina di Monte Santa Barbara”.
Nella seduta del Consiglio Comunale del 21 novembre 2006 furono iscritte all’ordine del giorno anche le due richieste dell’opposizione inerenti l’adozione di un provvedimento urgente per la tutela del sito archeologico. Durante la discussione i consiglieri dell’opposizione abbandonarono l’Aula consiliare. A nulla valse la proposta del Consigliere della Sinistra Attiva di rinviare la discussione sulle due richieste presentate dall’opposizione atteso che la stessa aveva abbandonato l’Aula. Si procedette quindi alla votazione e il Consiglio Comunale respinse i due punti dell’opposizione inseriti nell’ordine del giorno e nessun provvedimento fu assunto per la salvaguardia del sito archeologico (Deliberazione del Consiglio Comunale n. 67 del 21 novembre 2006. Doc. 19-23, riportato in nota (20)).
Nella deliberazione n. 67 si legge anche che l’opposizione chiese al Presidente del Consiglio di fornire notizie relative alla “ricognizione archeologica affidata alla Soprintendenza, per la quale è stato previsto un impegno di spesa pari ad Euro 41.316,55, giusta determinazione Dirigenziale del Capo Settore LL.PP. n. 1255 del 7 settembre 2000”. E’ questo un passaggio importante, di cui si dirà in seguito, riportando in una dettagliata nota la storia completa sulla ricognizione archeologica affidata alla ditta Themis ed alla Soprintendenza.
Fin dall’anno 1988 (di cui si dirà in nota), nessun provvedimento è stato mai assunto dall’Amministrazione comunale per la salvaguardia dei più noti siti archeologici di Andria.
Doc. 18 - Nota della dott.ssa Francesca Radina della Soprintendenza Archeologica
all’Ingegnere Capo del Comune di Andria: scheda degli interventi possibili su Monte S. Barbara.