Alla ricerca di RUDAS: ricerche archeologiche

Contenuto

Andria

Escursione nel Territorio

Ing. Riccardo Ruotolo


Alla Ricerca di RUDAS

Dagli Itinerari alle ricerche archeologiche in superficie


Ricerche archeologiche superficiali: “I luoghi raccontano”

Monte Faraone

Sulla collina Monte Faraone, alta 35 circa metri dalla sottostante strada che oggi chiamiamo via Traiana (Foto 24 dell’anno 1970), si rinvengono tracce, in forma di frammenti litici e ceramici, che coprono diversi millenni.

Foto 24 - Collina di Monte Faraone, con sottostante attuale Via Traiana, fotografata nell’anno 1970.    Foto 25 - Sommità della collina di Monte Faraone: tracce di murature circolari in pietra. Anno 1972
Foto 24 - Collina di Monte Faraone, con sottostante attuale Via Traiana, fotografata nell’anno 1970.
Foto 25 - Sommità della collina di Monte Faraone: tracce di murature circolari in pietra. Anno 1972.

Negli anni 1970 – 1980 diverse volte mi sono recato sul luogo perché già dalla prima visita avevo notato la presenza in superficie, sia sulla sommità sia sul versante Est, di numerosi e diversi piccoli frammenti di ceramica la cui datazione copre un ampio periodo che va dal quinto millennio a.C. all’ottavo- sesto secolo a. C.; ed inoltre, tracce di murature circolari in pietra da me fotografate nell’anno 1972 (Foto 25) di epoca più recente, forse romane e/o medievali intorno all’anno mille d.C. come ipotizza l’Alvisi. Le foto e le descrizioni dei frammenti rinvenuti sono quelle riportate nella tesi di laurea sperimentale dell’anno accademico 1972- 1973 della dott.ssa Anna Pini (21)), relatrice la prof.ssa Meluta Miroslav Marin (22)) docente di Topografia dell’Italia antica presso l’Università agli Studi di Bari.

Foto 26 - Collina Monte Faraone: frammenti di attrezzi di selce (raschiatoi, punte, lame, bulini).
Foto 26 - Collina Monte Faraone: frammenti di attrezzi di selce (raschiatoi, punte, lame, bulini).

I reperti più antichi trovati sono alcuni piccoli “arnesi” in selce (23)), risalenti al quinto – quarto millennio a.C. (Foto 26), manufatti propri dell’epoca neolitica; di questi frammenti si fornisce qui di seguito una descrizione dettagliata:

  1. Raschiatoio a faccia dorsale convessa con una nervatura diagonale e minutissimi ritocchi sulle parti taglienti; il contorno è sinuoso solo su un lato; il tallone è a punta, ritoccato. Lunghezza cm. 8,5 - larghezza cm. 3,0/3,5 - spessore max cm. 1.
  2. Punta a sezione trapezoidale con parte del cortice del ciottolo da cui è stata ricavata, con nervatura fuori asse. Ritocchi inversi, tallone inclinato e ritoccato; lucidata. Dimensioni cm. 4,5 x cm. 1,5 alla base - spessore cm. 0,5.
  3. Punta arcuata con minutissimi ritocchi marginali e dorso leggermente convesso. A sezione triangolare con nervatura centrale; lucidata. Dimensioni cm. 3 x cm. 1 alla base; spessore cm. 0,5.
  4. Frammento di punta ad una nervatura centrale e ritocchi marginali. A sezione triangolare con tallone inclinato ritoccato. Dimensioni cm. 3,5 x cm. 1,5 alla base; spessore cm. 0,8.
  5. Punta di selce scura con ritocco minutissimo. Dimensioni cm. 2 x cm. 1,5 alla base; spessore cm. 0,4.
  6. Frammento di lama a due nervature con troncatura obliqua e seghettatura laterale. A sezione trapezoidale. Dimensioni cm. 5,5 x cm. 2,5; spessore cm. 0,5.
  7. Frammento di lama ad una nervatura centrale e troncatura retta. A sezione triangolare. Dimensioni cm. 4,5 x cm. 2; spessore cm. 0,6.
  8. Frammento di lama di selce bionda a due nervature con ritocchi marginali e troncatura superiore obliqua. A sezione trapezoidale alla base. Dimensioni cm. 1,5 x cm. 1,5; spessore cm. 0,5.
  9. Frammento di lama a due nervature con ritocchi marginali e tacca laterale inversa. Troncatura obliqua ritoccata. A sezione trapezoidale. Dimensioni cm. 2 x cm. 1; spessore cm. 0,3.
  10. Frammento di roccia durissima, scura, con margini arrotondati di cui uno scheggiato, pertinente ad ascia

Numerosissimi sono i frammenti di ceramica dell’epoca neolitica che si trovano in superficie, soprattutto sulla sommità del versante Est della collina, ed hanno generalmente queste caratteristiche: impasto giallognolo tendente al rossiccio, depurato e non, di grosso spessore (mm. 20-22), senza inclusioni vistose; alcuni presentano uno strato centrale grigiastro dovuto forse al diverso grado di cottura; le superfici esterne sono ruvide al tatto, più lisce quelle interne, a volte anche lucidate.

I frammenti di quest’epoca o hanno le superfici lisce oppure hanno delle decorazioni fatte a “impressioni” praticate a crudo e di varie forme.

Foto 27 - Collina Monte Faraone: frammenti di ceramica grezza, inornata, porosa, con strato interno grigio-scuro-carbonioso.    Foto 28 - Collina Monte Faraone: frammenti di ceramica impressa: con dita, bulini, punteruoli di selce e legno.
Foto 27 - Collina Monte Faraone: frammenti di ceramica grezza, inornata, porosa, con strato interno grigio-scuro-carbonioso.
Foto 28 - Collina Monte Faraone: frammenti di ceramica impressa: con dita, bulini, punteruoli di selce e legno.

Come mostrano le Foto 27-28, possiamo distinguere i seguenti tipi di frammenti:

  1. quelli più antichi sono piuttosto spessi, non hanno decorazioni e l’interno dell’impasto è di colore grigio, a volte molto scuro (primi 12 frammenti della Foto 27); numerosi sono questi frammenti più antichi sparsi sulla sommità del lato Est della collina, sono ceramiche inornate, con fattura porosa, a volte anche con strato nero carbonioso internamente, inglobante granuli calcarei, di colore rosso-bluastro, imperfettamente lisciate.
  2. diversi sono i frammenti che presentano dei fori di riparazioni (ultimi due frammenti della Foto 27);
  3. i frammenti della Foto 28 appartengono alla tipologia “ceramica a impressioni” o semplicemente ceramica impressa, con decorazioni sulla superficie esterna;
  4. i frammenti a – b hanno le decorazioni (impressioni) fatte con le dita, senza un ben determinato sistema di ornamentazione;
  5. tutti gli altri frammenti della Foto 28 hanno le decorazioni fatte con un attrezzo: bulino, punteruolo in selce o in legno, a forma triangolare, tondino in legno a punta quadrata come nei frammenti e – f;
  6. i frammenti g – l – m – n – o sono stati decorati con una punta o una lama di selce che ha lasciato tracce lineari diversamente disposte;
  7. alcune impressioni sono profonde ed hanno il riporto di argilla su un bordo: sono i frammenti a – c – d della Foto 28;
  8. i frammenti g – i – l – h – i – o hanno grossolani tratti rettilinei di varia lunghezza e profondità, talvolta disposti orizzontalmente, talvolta a zig-zag, a volte con doppia inclinazione, altre volte disposti disordinatamente; alcune volte sembrano ordinati in file parallele, altre realizzati con punzoni piuttosto grandi, altre ordinati a gruppi di tre, altre ancora realizzati con piccoli punzoni e ordinati in due file parallele molto ravvicinate.

Sulla collina si rinvengono anche frammenti di ceramica impressa con trattini curvi ottenuti con l’estremità semicircolare di una semi-cannuccia, oppure a zig-zag curvi ottenuti probabilmente con valve di Pectunculus; le decorazioni alcune volte sono fatte con impressioni utilizzando il bordo della conchiglia “cardium”, e per questo sono chiamate ceramiche cardiali; sono presenti anche impressioni trascinate dette “stab and drag”.

Oltre questi reperti di ceramica più grossolana, si rinvengono anche frammenti di ceramica più fine, fatti di argilla compatta e ben depurata, con pareti ben lisciate soprattutto sul lato interno, sicuramente appartenenti a vasellame di tipo domestico.

Su Monte Faraone scarsi, però di buona fattura, sono invece i frammenti di ceramica a decorazione geometrica. L’argilla si presenta rosata, poco sabbiosa, rivestita di ingubbiatura giallognola a volte arrossata dal fuoco, con decorazione dipinta con vernice opaca bruno-nerastra a motivi rettilinei a volte sormontati da puntini nella parte superiore. Generalmente sono frammenti di orli e anse di vasi.

Foto 29 - Collina Monte Faraone: frammenti di ceramica a decorazione geometrica.
Foto 29 - Collina Monte Faraone: frammenti di ceramica a decorazione geometrica.

Nella Foto 29 sono raffigurati alcuni frammenti di ceramica a decorazione geometrica, e precisamente:

  1. frammento dell’orlo espanso e della spalla di olletta globulare decorata sull’orlo da due fasce parallele, sul collo da una fascia più larga seguita, sul corpo, da due linee sottili da cui pendono cinque linee a zig-zag;
  2. frammento di ansa a nastro, interamente decorato; una fascetta segue il contorno dell’ansa, mentre un’altra orizzontale la divide in due riquadri: in quello superiore, di forma rettangolare, è rappresentato un ramoscello stilizzato, in quello inferiore si intravedono tre fascette orizzontali e parallele.

Tutti questi frammenti di ceramica, sia inornata che decorata, appartengono a manufatti realizzati a mano ed anche al tornio, e la prima categoria è senza dubbio più antica della seconda.

Le descrizioni precedentemente fatte si riferiscono soltanto ad alcuni frammenti ceramici perché il nostro intendimento non era quello di raccogliere frammenti, bensì quello di evidenziare alle autorità competenti la presenza di questa varietà di reperti; anche la terminologia usata non è propria quella specifica degli archeologi, ma quella di un appassionato dilettante che ha voluto far conoscere agli abitanti di questo territorio, la presenza in epoche antiche e preistoriche di popolazioni che l’hanno abitato.

*

Le esplorazioni effettuate su Monte Faraone hanno dunque rivelato che il sito è stato abitato fin dall’epoca neolitica con insediamenti abbastanza consistenti, come attestano le ampie zone in cui si trovano i frammenti di ceramica impressa associati a quelli di selce, e poi nell’epoca del bronzo e inizio dell’età del ferro i cui frammenti di ceramica sono di colore bruno-lucido, a volte nero a pareti piuttosto sottili, caratteristici di quell’età.

Questi frammenti “si inquadrano pienamente nell’orizzonte neolitico pugliese e soprattutto foggiano che presenta identico repertorio decorativo nella ceramica impressa” (Puglisi in “Rivista di Preistoria” 1955, pag. 22, figure 3-4).

Nel 1970 fu pubblicato dalla Società di Storia Patria per la Puglia – Tipografia del Sud, Bari, il lavoro di ricerca molto interessante di Giovanna Alvisi, a quell’epoca Direttrice dell’Aerofototeca Nazionale, dal titolo “La viabilità romana della Daunia” in cui si dimostra l’enorme utilità rappresentata dalle aerofotografie per la ricerca archeologica.

Come innanzi detto, avevo acquistato dall’Istituto Geografico Militare diverse foto in grande formato del “Volo Base” del territorio andriese e l’esame attento della foto aerea dell’ottobre 1954 della zona di Monte Faraone aveva rivelato una strana particolarità del terreno proprio della zona Sud della collina (Foto 30). Per una maggiore visibilità, la zona interessata fu ingrandita senza far perdere di definizione, così apparve chiara la natura delle irregolarità che la superficie del terreno presentava (Foto 31): si trattava di un’ampia zona cosparsa di cumuli in pietra, precisamente di una grande necropoli?

Foto 30 - Monte Faraone, zona Sud. Aerofoto I.G.M. dell’ottobre 1954: Necropoli.    Foto 31 - Particolare della grande Necropoli a tumuli.
Foto 30 - Monte Faraone, zona Sud. Aerofoto I.G.M. dell’ottobre 1954: Necropoli.
Foto 31 - Particolare della grande Necropoli a tumuli.

Così riferisce la prof.ssa Anna Pini nella sua tesi di laurea: “I cumuli si presentano come rialzi sul piano di campagna a forma di calotte sferiche molto ribassate con diametro di base oscillante tra i 7 e i 15 metri; la maggior parte di essi è delimitata da una fila, anche se non sempre continua, di blocchi calcarei fissati nel terreno. Si estendono su una superficie di circa 46.000 metri quadrati e ne sono stati contati oltre una settantina, sparsi senz’ordine. I tumuli con un diametro di m. 15 ed un’altezza di m. 1,10 sono relativamente pochi, mentre la maggior parte ha il diametro di base intorno a metri 8 e l’altezza è di m. 0,80”.

Della esistenza di questa necropoli nessuno prima aveva parlato, neppure lo studioso Antonio Jatta nella sua opera “La Puglia preistorica”, dove racconta della sua escursione sulla Murgia dal territorio di Corato a quello di Andria fino a Canosa: “Disseminate di cumuli tondeggianti formati da pietrame informe frammisto a terreno”… “Gruppi più o meno numerosi di questi tumuli, sarebbero stati finora osservati nelle seguenti località: ANDRIA a Santa Barbara, Santa Lucia, Spineta, Palese, Castel del Monte, Bosco di Spirito e Petrone”. Sono tutte contrade di Andria ubicate sulle pre-Murge, ma non è menzionata la collina di Monte Faraone, evidentemente sfuggita alle ricerche di A. Jatta.

Si trattava di una necropoli con quasi settanta tumuli; tutta la zona era incolta e nelle zone limitrofe non c’erano costruzioni, né all’interno dell’anello viario che circonda Monte Faraone né all’esterno di esso.

L’interesse e la curiosità mi spinsero ad approfondire la conoscenza del luogo.

Dopo lunghe e non semplici ricerche, la guardia campestre della zona mi riferì che quella zona era stata assegnata a dei contadini i quali subito l’abbandonarono perché non era coltivabile a causa della gran quantità di pietrame presente; riferì anche che un assegnatario, nel cercare di dissodare la terra, si era imbattuto in quattro lastroni di pietra (strutture specifiche di una tomba a tumulo).

L’unica persona a cui fu riferita la scoperta della necropoli fu la prof.ssa Meluta Marin, relatrice della tesi di laurea di cui si è detto prima, la quale consigliò di continuare le ricerche chiedendo informazioni ai contadini del posto.

All’inizio dell’anno 1972, rintracciato il contadino, previa sua autorizzazione, furono individuate le quattro lastre della tomba con ancora del terriccio all’interno. Effettuai il rilievo dei quattro lastroni che delimitavano il sepolcro (Doc. 32) le cui misure interne erano molto piccole, anche se le due lastre più corte sembrava fossero state spinte all’interno come mostra anche la Foto 33: certamente il defunto doveva essere stato sepolto in posizione rannicchiata.

Foto 32 - Monte Faraone, zona Sud: rilievo di una tomba a tumulo.    Foto 33 -  Foto della tomba a tumulo, unica visitata.
Doc. 32 - Monte Faraone, zona Sud: rilievo di una tomba a tumulo.
Foto 33 - Foto della tomba a tumulo, unica visitata.

Il contadino riferì di non aver trovato nulla nella tomba ma, invitato a rimuovere un altro piccolo strato di terreno, apparvero piccolissimi frammenti di materiali metallici di piccole dimensioni, di cui si riportano di seguito le caratteristiche (Foto 34):
- in alto, una lama in ferro lunga circa 10 cm., che si rastrema alla punta;
a) piccola fibula in ferro ad arco con nodulo laterale, lunga circa cm. 2,5;
b) alcuni frammenti di staffa a canale;
c) frammento di forma rettangolare con tracce di decorazione a semicerchi concentrici a rilievo;
d) anellino in bronzo formato da un filo di spessore poco più di 2 millimetri con diametro interno di 10 millimetri;
e) staffa a canale lunga cm. 3,5

Foto 34 - Monte Faraone, zona a Sud: frammenti di oggetti metallici della tomba a tumulo.
Foto 34 - Monte Faraone, zona a Sud: frammenti di oggetti metallici della tomba a tumulo.

In due angoli opposti furono rinvenuti frammenti di ceramica (Foto 35) di cui si riportano le descrizioni:

  1. frammento di piccola ciotola con orlo espanso, profilo appena carenato con parte di un’ansa a nastro, in argilla giallo-rossiccia, avente diametro all’orlo di cm. 9 (calcolato) ed alla base di cm. 5 (calcolato);
  2. piccoli frammenti non identificabili;
  3. frammento di orlo di una piccola ciotola, simile alla precedente (a), in argilla chiara con tracce di decorazione geometrica molto evanida: una fascetta rossa tra due fascette nere.

Foto 35 - Collina Monte Faraone, zona a Sud: frammenti ceramici della tomba a tumulo.
Foto 35 - Collina Monte Faraone, zona a Sud: frammenti ceramici della tomba a tumulo.

Nell’anno 1973 ho effettuato un rilievo topografico di tutta la collina riportando sia le curve di livello sia le zone visitate, con l’indicazione dei frammenti trovati e della loro presumibile epoca (Doc. 36) e, soprattutto, disegnando l’esatta posizione della vasta necropoli.

Doc 36 - rilievo topografico della collina con indicate le zone dei ritrovamenti superficiali e il sito della grande necropoli.
Doc. 36 - Collina Monte Faraone: rilievo topografico della collina con indicate le zone
dei ritrovamenti superficiali e il sito della grande necropoli.

All’interno dell’area della necropoli fu rilevata, inoltre, la presenza di una struttura che non era un tumulo. A circa 50 metri dalla strada interpoderale, emergeva una muratura in pietra a secco di forma circolare e di sezione a triangolo isoscele con base stretta, il cui diametro esterno era di circa 17 metri e l’altezza di circa 120 cm.; la conca centrale era a quota del piano campagna e completamente libera, il tutto era interamente ricoperto di rovi e non presentava alcun varco di ingresso. All’interno di questa struttura non è stato trovato alcun frammento ceramico, né altro tipo di manufatto; intorno ad essa invece, c’erano 6/7 tumuli disposti in forma circolare e aventi un diametro oscillante dai 10 ai 13 metri.

Le ipotesi che si potevano avanzare dovevano tener conto della posizione di questa strana costruzione circolare nell’ambito della necropoli, della sua grandezza, della vastità della necropoli, della sua unicità in tutta la zona: poteva essere un’area sacrificale? Poteva aver avuto una copertura fatta di materiali deteriorabili? Poteva aver avuto una funzione connessa con il rito funebre?

Le tombe a tumulo della collina di Monte Faraone erano della stessa fattura di quelle della necropoli Monsignore in contrada di Santa Barbara e simili a quelle descritte dallo Jatta e da lui visitate sia sulla collina di Santa Barbara sia sulla vicina collina di Santa Lucia, che si trova a Sud di Monte Faraone: tutte queste zone archeologiche sono molto vicine tra loro, come si può riscontrare dallo stralcio della Tavoletta I.G.M. I S.O. (Doc. 37).

I frammenti di ceramica a decorazione geometrica rinvenuti sulle colline di Monte S. Barbara e Monte Faraone sono tutti riconducibili alla stessa epoca e, in base ai motivi decorativi che su di essi si riscontrano, si può affermare che sono confrontabili con quelli propri della ceramica geometrica japigia (24)), quindi, databili tra l’ VIII e il VI secolo a.C..

Se dopo i necessari approfondimenti, il collegamento con la ceramica geometrica-japigia (pareti molto sottili, argilla tenera chiara, poco sabbiosa, con decorazione costituita da semplici motivi geometrici rettilinei) potrà essere confermato in pieno, si potrebbe ipotizzare che la Collina di Monte Faraone, insieme alla collina di Monte Santa Barbara e a quella di S. Lucia siano state frequentate da genti provenienti dall’area illirica, nel periodo dell’età del ferro, tra il XI e l’IX sec. a.C. , epoca in cui sembra che la Puglia avesse raggiunto un suo definitivo assetto culturale, cui avrebbero concorso proprio le migrazioni di popolazioni illiriche (25)) provenienti dall’altra sponda del Mare Adriatico.

Per una popolazione proveniente dalle regioni basse dei Balcani, dalla Macedonia, dalle isole della Grecia, e diretta sulle coste centrali della Puglia tra Margherita di Savoia e Bari, le prime colline più vicine al mare sono proprio Monte Faraone e Monte Santa Barbara, luoghi ideali per stanziarsi perché dominanti l’intera pianura verso il Mare Adriatico.

Doc 37 - Tavoletta I.G.M. Fg. 176 – I S.O.: evidenziate le zone delle necropoli a Sud e Ovest di Monte Faraone.
Doc. 37 - Tavoletta I.G.M. Fg. 176 – I S.O.: evidenziate le zone delle necropoli a Sud e Ovest di Monte Faraone.

Il territorio più favorevole e più vicino al mare è quello di Monte Faraone e, considerato che su di esso si rinvengono frammenti di selce e di ceramica impressa proprie dell’età neolitica, oltre alla ceramica domestica sottile e con decorazioni geometriche, si può affermare che la collina di Monte Faraone, per le sue favorevoli condizioni, sia stata abitata dall’età neolitica e almeno fino all’VIII – VII a.C.. Riguardo ai ruderi sulla sommità della collina, non è esclusa l’ipotesi dell’Alvisi che ritiene potessero essere delle costruzioni in pietra dell’alto medioevo (l’Alvisi parla di “resti di un castello medievale” a pag. 43 della sua opera già citata); probabilmente invece, le due murature circolari di pietra calcarea della Foto n. 25, alte una settantina di centimetri, aventi una il diametro di metri cinque e l’altra di metri otto e vicina ad una grande specchia, avrebbero potuto essere torri di avvistamento circolari dalle quali nelle giornate serene era possibile avere, e lo è tutt’ora, una spettacolare visuale di tutta la pianura fino al Mare Adriatico, al golfo di Manfredonia e al Gargano di cui si riescono a scorgere persino le falesie.

Già nell’anno 1973 le ricerche e i ritrovamenti in superficie furono segnalati alla Soprintendenza Archeologica sede di Bari invitandola a programmare un qualche intervento conservativo per la nuova necropoli di Monte Faraone ancora intatta.

Dopo 15 anni dal lontano 1973, da parte dell’Amministrazione comunale e della Soprintendenza archeologica non era stata messa in essere alcuna strategia di conservazione del sito archeologico, anzi ….. (26)) (In nota, Foto e Documenti dal n.38 al n.43).

Nell’Atlante del patrimonio ambientale, territoriale e paesaggistico allegato al PPTR della Regione Puglia, la tavola grafica indicata con la sigla 3.2.4.1 dal titolo: “Il sistema insediativo dal Paleolitico al secolo VIII a. C.” riporta nel nostro territorio due località con il simbolo di insediamenti dell’Età dei metalli: Torre della Guardia e Monte Faraone, ed come insediamento del Neolitico quello di Monte Santa Barbara. La città di Andria presentò un’osservazione alla Regione dimostrando che bisognava meglio precisare, invertendo la simbologia: scrivendo Neolitico ed età dei metalli per Monte Faraone, e da Età dei metalli e fino al VI-V sec. per Monte Santa Barbara. Nessuna correzione fu apportata perché la stesura dell’Atlante era ormai in fase avanzata; comunque, la cartografia ufficiale regionale dà conferma che le due località sono state abitate fin dai tempi preistorici.

*

Concludendo questo excursus archeologico sulle colline di Monte Faraone e Monte Santa Barbara, si può affermare che nessuna traccia fino ad ora è stata rilevata che faccia pensare ad un insediamento romano in quei luoghi e/o ad una Villa romana per cui, fino a questo punto delle ricerche, nessun contributo particolare può essere ancora assunto per l’ubicazione certa del toponimo “Rudas” in questi due luoghi.


NOTE    _
(21) Anna Pini
Anna Pini si è laureata in lettere con indirizzo archeologico a pieni voti con lode presso l’Università agli Studi di Bari nell’anno accademico 1972-1973, con una tesi sperimentale dal titolo “FORMA ITALIAE - Topografia e archeologia nel territorio di Andria”; relatrice è stata la prof.ssa Meluta Miroslav Marin docente di Topografia dell’Italia Antica. La zona di territorio andriese a lei assegnata è stata quella di metà della Tavoletta I.G.M. 176 I - S.O., mentre il territorio dell’altra metà della tavoletta fu assegnata alla laureanda Giuseppina Pappalepore; uno stralcio della sua tesi fu pubblicato nell’Annuario del Liceo Ginnasio Statale Carlo Troya” – Anno 1986 – pagg. 135-142.
(22) Meluta Miroslav Marin
Meluta Miroslav Marin, rumena di nascita ma barese di adozione, appassionata studiosa di archeologia, ha retto la cattedra di Topografia dell’Italia antica presso l’Università agli Studi di Bari. Nel quarto “Convegno dei Comuni Messapici, Peuceti e Dauni” tenutosi a Ruvo di Puglia nel giugno 1974, ha relazionato sul tema “Problemi topografici dell’antica città di Ruvo” occupandosi anche della viabilità romana nel Nord barese e, quindi, anche della ubicazione di “Rudas” e della “Mutatio ad quintum decimum”. Il saggio è stato pubblicato dalla Società di Storia Patria, grafica Bigiemme – Bari, 1981.
(23) Selce
La selce in natura si trova in terreni calcarei in forma di liste o di noduli. Nel Gargano i costoloni calcarei sono letteralmente pieni di liste e noduli di selce; la patinatura esterna della selce è chiamata cortice. Le selci lavorate dall’uomo sono dei veri e propri “documenti litici” della nostra preistoria. Questo materiale è molto duro, però ha la proprietà di essere sfaldabile in diverse direzioni e proprio per la presenza delle sfaldature è possibile suddividerlo in frammenti molto taglienti e dare ad essi la forma di lame; quando si percuote nei punti giusti, la lista di selce si sfalda e la superficie che se ne ricava molto spesso non è piana ma concava. Generalmente i reperti di selce dell’epoca neolitica o hanno i bordi perfettamente lineari o sono molto scheggiati, eseguiti in questo modo a seconda dell’uso cui erano destinati: lame per tagliare, raschiatoi, punte per decorare, frecce per la caccia, ecc.
(24) Ceramica geometrica japigia
Il nome di “Ceramica geometrica japigia” sta a designare le ceramiche che furono trovate a Coppa Nevigata (Manfredonia), a Torre Castelluccia (Pulsano Marina) e allo Scoglio del Tonno (Taranto) e che l’archeologo W. Taylour per primo chiamò “Yapygian Geometric”. Il Sovrintendente Lo Porto approfondì lo studio effettuando anche una classifica dei diversi stili della ceramica geometrica japigia, quello in cui i motivi geometrici sono semplici e la superficie ceramica è piuttosto chiara, e quello con dipinti più complessi, di colore bruno-nero, “con fasce frangiate o fiancheggiate da strisce e fili di punti”, prodotti a partire dal IX secolo a.C..
(25) Popolazioni illiriche
Gli storici si sono sempre posto questa domanda: chi siamo noi pugliesi? Certamente la particolarità della posizione geografica della Puglia, allungata e molto vicina alle coste della Croazia, dell’Albania, del Montenegro e alle regioni della Macedonia e della Bosnia, nazioni che in antico formavano l’Illiria, avrà favorito migrazioni da quelle terre verso la regione pugliese dei popoli illiri quando furono attaccati da popoli aggressivi provenienti dall’interno della regione balcanica.
La Puglia all’epoca delle migrazioni illiriche era alquanto spopolata, quindi non c’erano popolazioni in grado di contrastare la migrazione; i vasti pascoli, le temperature miti e la terra fertile erano tutte condizioni appetibili.
Come affermava Gino Lo Porto, Soprintendente di Archeologia per la Puglia, il trasferimento dei popoli illiri in Puglia avvenne “a ondate crescenti, a misura che in madre-patria giungevano notizie di felice insediamento e di prospettive incoraggianti”. In Puglia si sviluppò, pertanto, una ceramica “Japigia geometrica di derivazione sub-micenea e di ispirazione anche tessalo-macedone, mentre più tardi (IX-VII) , si afferma in Puglia la ceramica japigia geometrica in cui confluiscono le esperienze stilistiche di emanazione balcanica, oltre che cretese, rodia e cipriota”, come afferma Gino Lo Porto.
Gli Illiri giunti in Puglia e mescolandosi alle popolazioni indigene, diedero origine alla stirpe degli Japigi, più avanti destinata suddividersi in tre popoli chiamati Dauni, Peuceti e Messapi, come afferma Massimo Pallottino (1909-1995), noto archeologo ed accademico
(26) Dopo 15 anni …
A partire dall’anno 1973, dopo 15 anni di totale inerzia da parte delle competenti autorità, avuto notizia della devastazione e cementificazione che si stava perpetrando nella necropoli di Monte Faraone, nell’anno 1988 insieme all’Architetto Francesco Nicolamarino ho redatto un progetto per la creazione di un Parco Archeologico a salvaguardia di due zone della necropoli di Monte Faraone ancora rimaste intatte. Da indagini che mi furono consegnate da studiosi locali, effettuate presso il Catasto Terreni del Comune di Andria, si poté rilevare che nell’anno 1983, con dimostrazione di frazionamento redatto sull’estratto di mappa numero 87.691, la particella n. 378 del foglio di mappa n. 118 (cioè l’intera area della necropoli) era stata frazionata in dodici particelle realizzando così una pseudo lottizzazione i cui lotti erano stati venduti. Gli acquirenti e/o proprietari originari del terreno, servendosi di gente poco rispettosa dell’ambiente, avevano realizzato costruzioni su quasi i due terzi della necropoli, tracciati vialetti interni, cancellata ogni traccia dei tumuli esistenti, a totale sfregio della storia. Due aerofoto (Foto 38-39) attestano lo stato dei luoghi della zona della necropoli di Monte Faraone già nell’anno 1985: basta effettuare il confronto con le Foto n. 32 e n. 33 dell’anno 1954 per rendersi conto di quanto era stato irrimediabilmente distrutto e perduto della Necropoli.

Foto 38 - Collina Monte Faraone: aerofoto del 1985.    Foto 39 -  Stato della necropoli già semidistrutta, con le villette al posto delle tombe a tumulo.
Foto 38 - Collina Monte Faraone: aerofoto del 1985.
Foto 39 - Stato della necropoli già semidistrutta, con le villette al posto delle tombe a tumulo.

In data 19 marzo 1986 il Commissario Prefettizio della città di Andria dott. Furio Camillo Splendore mi inviò una lettera (Doc. 40) con la quale mi pregava di fornire:
1) notizie e documentazione relativamente ai siti archeologici del territorio di Andria,
2) una relazione generale finalizzata alla valorizzazione dei beni e/o siti archeologici.
La città di Andria a quell’epoca faceva parte di un organismo che si chiamava “Comprensorio del Nord Barese”, formato da undici città. La Regione Puglia emanò in quel periodo le leggi n. 7/1987 e n. 7/1988 attivando le quali era possibile ottenere dei finanziamenti per la realizzazione di opere di salvaguardia di siti archeologici purché si realizzasse un “Itinerario turistico-archeologico del Comprensorio”.
Questa opportunità era la giusta occasione per cercare di arginare e salvare quello che ancora rimaneva della necropoli di Monte Faraone, per cui nell’anno 1988, insieme all’architetto Francesco Nicolamarino, tenendo presente quanto scoperto e documentato con le mie ricerche degli anni 1970-1973, presentai al Comune di Andria un progetto per la realizzazione di un Parco Archeologico intitolato “MONTE FARAONE”, da realizzare nelle due zone della necropoli rimaste ancora intatte, come contornate nell’aerofoto n. 41. Questo progetto fu inserito dalla Società “edildomus” di Barletta in una più ampia “progettazione integrata di un sistema di opere miranti alla valorizzazione del turismo e dei beni storici-archeologici del Comprensorio Nord-Barese intitolata “ITINERARIO TURISTICO-ARCHEOLOGICO NORD-BARESE”.
Tra le opere previste in questa progettazione integrata c’era anche quella del parco archeologico “MONTE FARAONE”.
La domanda illustrativa dell’intervento (Doc. 41) fu inoltrata alla Soprintendenza Archeologica della Puglia in data 18 aprile 1988 e protocollata lo stesso giorno al n. 5361. Dopo solo due giorni (altri tempi!) la Soprintendenza con nota del 20 aprile 1988, Prot. N. 5487, ha espresso il “parere di massima favorevole” a quanto previsto nella progettazione Integrata (Doc. 42).

Doc 40 - Lettera del marzo 1986: il Commissario Prefettizio del Comune di Andria chiede collaborazione.    Doc 41 - Nota per la Soprintendenza Archeologica dell’aprile 1988.    Doc 42 -  Parere favorevole della Soprintendenza Archeologica.
Doc 40 - Lettera del marzo 1986: il Commissario Prefettizio del Comune di Andria chiede collaborazione.
Doc 41 - Nota per la Soprintendenza Archeologica dell’aprile 1988: ipotesi di progetto storico–archeologico della Società Edildomus.
Doc 42 - Parere favorevole della Soprintendenza Archeologica sul progetto storico- archeologico presentato dalla Società Edildomus - Aprile 1988.

Il cinque maggio 1988 il Consiglio Comunale di Andria prese in esame “La progettazione integrata” ed in particolare il progetto della realizzazione del Parco Archeologico “MONTE FARAONE”.
Il 10 maggio 1988 la Gazzetta del Mezzogiorno pubblicò un articolo a firma del giornalista prof. Michele Palumbo che annunciava alla cittadinanza il “benestare del Comune al progetto di un parco archeologico intitolato Monte Faraone”; anche il “Periodico di fatti, idee ed opinioni ANDRIA” pubblicò la stessa notizia perché era vivo il desiderio di realizzare un piano che potesse dare lustro ad una città che sul piano culturale era dormiente.
Come riportato nel Periodico d’opinione “LA VOCE DI ANDRIA” numero 34 del 19 maggio 1988, diversi consiglieri del Comune di Andria, appellandosi ad argomentazioni fuorvianti, criticarono il ruolo di Andria nell’ambito del Comprensorio; alla fine della seduta il Presidente del Comprensorio dott. Giuseppe Colasanto fornì al Consiglio tutti i necessari chiarimenti alle ipotesi svicolanti del Consiglieri e, alla fine, il parere fu positivo ma a maggioranza.
L’intero progetto, con fotografie delle tombe a tumulo, rilievi, foto aeree e schema progettuale, fu pubblicato nel numero 35 del Periodico d’opinione “LA VOCE DI ANDRIA” del mese di luglio 1988.
Subito dopo aver ottenuto il parere favorevole della Soprintendenza, i politici cominciarono a sofisticare: “Andria merita di più”, “Andria viene penalizzata”, ecc., con lo scontato risultato di mettere il tutto nel cassetto: nessun provvedimento fu preso né dall’Amministrazione Comunale né dalla Soprintendenza.
L’incuria e la devastazione che ha subito la collina è continuato, e negli anni novanta ha raggiunto il colmo: la sommità della collina è stata utilizzata come discarica di blocchi di pietra di grosse dimensioni, cancellando ogni traccia dei muretti circolari e dei frammenti del neolitico, non permettendo più di effettuare né ricerche né saggi.
La Foto 43 dell’anno 2016, confrontata con le Foto 30-31 del 1954, evidenza con chiarezza la trasformazione in senso antropico di tutta la collina di Monte Faraone e la distruzione completa della necropoli.
Nel giugno 1997 l’Amministrazione comunale di Andria firmò un Protocollo d’intesa con la Soprintendenza Archeologica per la Puglia volto a “Tutelare le aree di interesse archeologico del nostro territorio”. Come riportato nel quotidiano La Gazzetta del Mezzogiorno del 22 giugno 1997 “Il protocollo d’intesa nasce dalla esigenza di individuare con precisione i siti di interesse archeologico, perimetrare le zone e redigere una carta archeologica”. Il titolo dell’articolo della Gazzetta era: “Le contrade di Santa Barbare e Santa Lucia saranno finalmente sottratte al degrado. Le tre fasi del progetto…”…”Siglato un patto tra Comune e Sovrintendenza di Taranto”.
Firmato il Protocollo, lo stesso fu messo nel cassetto e lì giace.

Nell’anno 1995 la città di Andria si è dotata del Piano Regolatore Generale e la Regione Puglia, con deliberazione di Giunta Regionale del 15 febbraio 2000, aveva approvato il Piano Urbanistico Tematico Territoriale “Paesaggio” (PUTT/p) relativo all’intera Regione. Per adempiere a quanto il PUTT/p prevedeva circa il censimento dei Beni Culturali Archeologici, nell’anno 2001 l’Amministrazione comunale di Andria dette incarico alla Società “Temis archeologica” S.r.l. di Perugia affinché, con la collaborazione della Soprintendenza per i Beni Archeologici e del Politecnico di Bari, redigesse una “Carta Archeologica” estesa a tutto il territorio comunale di Andria, ricavandola da un’attenta ricognizione topografica fatta sul terreno. Le ricognizioni furono effettuate nel mese di dicembre 2001 e gennaio 2002 e nello stesso anno 2002 fu consegnata al Comune sia la carta Archeologica del territorio andriese, sia la relazione generale che descriveva la “Metodologia della ricognizione topografica”, sia 18 schede relative ai siti archeologici censiti.
I siti di Santa Barbara, Monte Faraone e Santa Lucia erano quelli più documentati.
Per ogni sito vennero redatte diverse schede sia topografiche per individuare la zona oggetto della ricognizione, sia archeologiche per descrivere i frammenti ceramici individuati in superficie, sia grafiche con mappe ricavate dalle Tavolette dell’IGM al 25.000.
Il lavoro effettuato e retribuito fu sottoscritto dalle dott.sse F. Radina e A. Riccardi , dal dott. F.P. Maolucci, tutti della Soprintendenza archeologica, ed anche dai compilatori delle schede.
L’intero apprezzabile lavoro fu conservato in un cassetto e nulla fu inviato alla Regione per completare l’adeguamento del PUTT/p, né fu apportata alcuna modifica al PRG del 1995.

Foto 43 - Monte Faraone - Aerofoto zenitale dell’anno 2016.
Foto 43 - Monte Faraone - Aerofoto zenitale dell’anno 2016:
trasformazione in senso antropico di tutta La collina
con la distruzione completa della grande necropoli a tumuli dell’ VIII-VI sec. a. C..

Dopo l’anno 2010 la Regione Puglia, ritenendo che il PUTT/p andava aggiornato, dette corso alla redazione di un nuovo Piano Paesaggistico Tematico Territoriale della Regione (PPTR) per cui, i Comuni che non avevano ancora adempiuto all’adeguamento del loro PRG al PUTT/p, si adoperarono per farlo. Per adempiere, l’Amministrazione comunale di Andria dette incarico all’Architetto progettista del PRG Davide Maria Dioguardi di approntare una Variante al PRG, ai sensi della L.R. n. 56/80 e dell’art. 20 della L.R. 20/2001, finalizzata proprio all’adeguamento al Piano Urbanistico Territoriale Tematico per il paesaggio della Regione Puglia ai sensi dell’articolo 5.06 delle Norme Tecniche di Attuazione dello stesso PUTT/p.
Nell’anno 2013 l’architetto Dioguardi, giusto incarico ricevuto, consegnò al Comune la Variante richiesta e in essa riportò integralmente il lavoro eseguito dalla Società “Temis archeologica” di Perugia in collaborazione con la Soprintendenza archeologica e il Politecnico di Bari, compreso le schede dei 18 siti archeologici censiti con le loro descrizioni, i riferimenti catastali, le mappe I.G.M. e le aerofotogrammetrie.
Anche questa volta, tutto quello che riguardava i siti archeologici del nostro territorio fu “seppellito” in un cassetto e non se né saputo più nulla: così operando si permette di cancellare per sempre la memoria!!
Cancellare la memoria storica è come togliere la personalità ad una comunità. Per Monte Faraone il silenzio imposto alla memoria è stato, a dir poco, “assordante”. Ormai è stato tutto distrutto.