Ing. Riccardo Ruotolo
Una volta giunti alla conclusione che sia “Rudas” che la “Mutatio ad quintum decimum” non sono siti che coincidono con la città di Andria ma rientrano nel suo territorio, a distanza solo di qualche chilometro dalla periferia della città, e che la loro ubicazione con buona probabilità è da collocare tra la collina di Monte Faraone e la Masseria Tupputi, con convinzione si può anche affermare che il disegno delle colline presente nella Tabula Peutingeriana accanto al nome “Rudas” sta ad indicare le Murge del Nord barese che iniziano proprio dalle colline di Monte Faraone e Monte Santa Barbara (le Murge basse) e si spingono fino a Castel del Monte e a Monte Caccia (le Murge alte) ed oltre.
Da queste colline disegnate ha origine il tratto grigio-azzurro che simboleggia un fiume. Guardando il disegno della Tabula, ed in particolare il segmento sesto (Foto 2), è facile verificare che i fiumi in esso presenti nascono da catene montuose, come ad esempio gli Appennini da dove nasce il “flumen Aufidus”, o da territori collinari come sono le Murge da dove nasce quello che il compilatore della Tabula ha chiamato “flumen Aveldium”; del resto le sorgenti che alimentano i fiumi sono sempre in alto sui fianchi dei rilievi, e le Murge, ai tempi dell’Impero romano, non erano aride come lo sono ora ma completamente ricoperte di boschi e, quindi, ricche di acque.
In sintesi, con quasi assoluta certezza, si può ribadire che il “flumen Aveldium” ha origine dalla piccola catena montuosa che sono le Murge del Nord barese, ai cui piedi è collocato il toponimo “Rudas” e, con un andamento sinuoso proprio dei fiumi, sfocia nel Mare Adriatico tra “Bardulos” (Barletta) e “Turenum” (Trani).
La studiosa Giovanna Alvisi è dello stesso avviso, fondandosi su considerazioni geografiche, su toponimi locali e su fonti letterarie antiche dell’undicesimo secolo.
Lo storico andriese Vito Sgarra (41) così si era espresso: “Della esistenza di un fiume antico, in corrispondenza del letto disegnato sulla Tavola Peutingeriana, non si dubita più. In una relazione al ministri di Agricoltura, redatta dal Pareto, nel 1856, si parla del fiume Aveldium, avente le origini dalle Murge di Andria”. Continua affermando che negli studi geologici fatti sulle paludi di Barletta, nella località corrispondente alla foce dell’Aveldium, si è rinvenuto il tufo di origine lacustre proprio del territorio andriese.
Il già citato Remo Gelsomino (42) invece, negando l’esistenza del fiume e delle colline nel nostro territorio, ipotizzò che il complesso monti – fiume – Rudas fosse da riferire a qualche località nei pressi di Venosa, dove ci sono le colline e il torrente Locone.
Localizzato con buona probabilità il luogo chiamato “Rudas” della Tabula Peutingeriana ai piedi delle Murge basse, come conseguenza logica è giustificato asserire che il “flumen Aveldium” della Tabula Peutingeriana è coincidente con la lama (43) che nasce nelle Murge, attraversa il territorio di Andria e, dirigendosi con forma sinuosa da Sud verso Nord, dopo aver attraversato la città nella zona dell’attuale piazza Porta la Barra fino a portarsi a soli 100 metri da Porta Sant’Andrea, si dirige verso Barletta, effettua una virata verso est attraversando l’attuale strada Andria-Barletta per sfociare in Adriatico tra “Bardulos” (Barletta) e “Turenum” (Trani) dopo aver piegato sulla sinistra.
Il tracciato murgiano di questo fiume va ricercato tra quelli delle lame del nostro territorio che dall’Alta Murgia (Castel del Monte – Monte Caccia) scendono in pianura e si portano verso il Mare Adriatico fra Barletta e Trani. Si è reso necessario, quindi, effettuare uno studio sulla cartografia idromorfologica del territorio delle Murge a partire dalle colline più alte, quali Castel del Monte, Monte Caccia e altre analoghe per altezza, utilizzando soprattutto la carta geologica d’Italia nella scala 1:100.000 – Foglio 176 I.G.M. – Barletta.
Il territorio dell’agro di Andria confina ad Est con quello di Canosa di Puglia, a Sud con i territori di Minervino Murge, Spinazzola e Ruvo di Puglia, ad Est con i territori di Trani e di Corato.
Doc. 69 - Carta Geologica d’Italia, Foglio 176 della carta al 100.000 dell’I.G.M.
Con riferimento alla carta geologica d’Italia, il bacino di pertinenza del fiume Aveldium è caratterizzato da quattro principali giacimenti geologici di terreno (Doc. 69)
In prossimità del Mare Adriatico, nella zona di Falce del Viaggio (toponimo dell’I.G.M.), troviamo le spiagge attuali ricche di sabbie, con elementi in prevalenza quarzosi, del periodo Olocene, ultimo periodo dell’era Quaternaria (da circa 10.000 a.C. ad oggi), cioè il periodo geologico più recente, quello in cui viviamo oggi.
La fascia -2- dei depositi marini del Pleistocene, che avvolge l’intero abitato di Andria e la sua periferia, ci dà dimostrazione che il mare pliocenico-pleistocenico ha invaso tutta questa zona, come si legge nelle opere di Geremia D’Erasmo (44); poi il terreno ha subito un sollevamento e si sono formate delle fratture dove le acque provenienti dai terreni dell’Alta Murgia, fatti di Calcari, si sono incanalate formando dei torrenti e, a volte, anche veri e propri fiumi. In tutta questa fascia lunga una quarantina di chilometri sono presenti molte lame, la maggior parte delle quali non arriva al mare ma si ferma prima, soprattutto nella zona -2-, che, essendo di tipo tufaceo, è molto permeabile; di conseguenza l’acqua, infiltrandosi nel terreno, quasi scomparendo del tutto, ha dato vita ad un diffuso fenomeno carsico presente in tutta la zona di Andria, fenomeno che, a sua volta, ha prodotto grotte.
C’è una sola lama che, partendo dalle Contrade Savignano da piedi e Masseria Piedipiccolo a quota di 510 metri circa s.l.m., con un percorso molto articolato e ricevendo acque da molte piccole lame affluenti, dopo circa 30 chilometri raggiunge ed attraversa la Città di Andria e poi, con andamento sinuoso proprio dei fiumi, raggiunge l’agro di Barletta, effettua un’ansa a destra e poi un’ultima a sinistra andando a sfociare nel mare Adriatico presso Falce del Viaggio. In totale il percorso di questa grande lama è di oltre 40 chilometri.
La lama con i suoi affluenti è individuata con frecce azzurre nella Foto 71.
Anche lo studio della cartografia idromorfologica, redatta dall’Autorità di Bacino dell’Appennino meridionale con sede in Puglia, ci porta ad individuare una sola lama di una certa importanza, con diverse diramazioni che, partendo dai terreni murgiani dietro Castel del Monte, sfocia nel Mare Adriatico tra Barletta e Trani: questa lama ha un tracciato che passa a poche centinaia di metri ad Est della collina di Monte Faraone, molto vicino alla Masseria Tupputi e attraversa la città di Andria a soli pochi metri dall’antica cinta muraria
Doc. 70 - Carta Idrogeomorfologica della Regione Puglia – Autorità di Bacino della Puglia.
Unione dei fogli 423-424-436-437. Impluvio del bacino idrografico del fiume Aveldium.
Con riferimento alla “Carta Idrogeomorfologica della Regione Puglia – Autorità di Bacino della Puglia”, Fogli 423-424-436-437 (Doc. 70) aggiornati all’anno 2009 e in scala 1:25.000, si è rilevato, per quanto attiene il nostro territorio, che le lame presenti hanno tantissime ramificazioni, nel senso che il territorio del Cretaceo è letteralmente pieno di fessure e avvallamenti che rappresentano ramificazioni di piccole lame che poi, man mano che ci si sposta verso Nord, cioè verso la costa adriatica, si riuniscono formando rami più importanti.
Al confine tra la zona del Cretaceo e quella pliocenica-pleistocenica dei terreni di tipo tufaceo, le lame che scendono dalle Murge alte hanno sempre meno affluenti e in prossimità della costa adriatica diventano soltanto due: la prima lama (45) si immette nel fiume Ofanto e la seconda sfocia nel mare Adriatico presso Falce del Viaggio ed è evidenziata con freccette azzurre nella Carta Idrogeomorfologica.
La seconda grande lama ha moltissime ramificazioni iniziali che partono dai terreni del Cretaceo dell’Alta Murgia ad Est di Monte Maccarone (525 metri s.l.m.) nei pressi della Masseria Pietrogianni (più o meno all’altezza dei rami iniziali della prima grande lama), della Masseria Piedipiccolo, della Contrada Savignano da Piedi e della Casina Lo Console, (tutte località sulla stessa linea di Castel del Monte); queste ramificazioni si riuniscono in una zona tra le Masserie Lops e Addario; da questo punto la lama, diventata più grande, tocca le Masserie Rivera, Pezza Mezzana, San Vittore. In Contrada Abbondanza prende il nome di Lama di Carro, poi passa dalla Masseria Pandolfelli e dopo pochi chilometri lascia i terreni calcarei del Cretaceo e comincia a scorrere nel territorio dei tufi dell’ultimo periodo del Pliocene e dell’era Pleistocenica. Dopo Torre di Coppe entra in Contrada Sgarantiello e da qui nella città di Andria attraversandola in direzione Sud, Sud-Ovest; dopo la Contrada Monticelli abbandona la città e i suoi terreni tufacei per immergersi, andando verso Nord, nuovamente nei terreni del Cretaceo fino a Masseria Santa Maria Maggiore da dove, lasciati i terreni calcarei, si immette in quelli tufacei fino a Masseria la Polvere ed entra in territorio di Barletta.
Da questo punto il corso della lama attraversa i terreni sabbiosi dell’Olocene (l’era geologica più recente) e, dopo una prima curva verso destra ed una seconda verso sinistra, sfocia nel Mare Adriatico presso Falce del Viaggio.
In territorio di Andria la lama aveva anche come affluente la diramazione che chiamiamo Lagnone Santa Croce (Foglio di mappa 197) e che oggi interessa una vasta area compresa tra via Madonna dei Miracoli, viale Dalmazia e via Lagnone Santa Croce; questa diramazione forma ancora oggi un vero e proprio bacino, un tempo soggetto ad allagarsi frequentemente a seguito delle piene provenienti dalla Murgia: è una zona depressa che fa pensare ad una palude preistorica. Proprio in questa zona, sia per il fenomeno carsico sia per la facilità con cui i terreni tufacei conchigliferi si possono tagliare (a differenza dei duri e compatti calcari del Cretaceo), ci sono molte cavità sia naturali sia fatte dall’uomo, utilizzate in tempi antichi anche come luoghi di culto come le Chiese rupestri di Santa Croce, Cristo Misericordia, Santa Sofia (Madonna dell’Altomare) e Madonna dei Miracoli.
A Nord della città di Andria l’alveo della lama “serpeggia” formando un susseguirsi di grandi anse che non possono non essere messe in relazione con la fratturazione del calcare e con l’andamento proprio dei fiumi: AeroFoto 71.
Foto 71 - Aerofoto 2015: risulta evidente l’andamento sinuoso del letto dell’Aveldium a Nord di Andria.
La prima mappa catastale (46) della città di Andria (Doc. 72) riporta l’andamento del Fiume “Aveldium” nel centro storico della città, rappresentato con i simboli grafici propri dei fiumi e dei torrenti, come si trovano sia sulle carte geografiche di scala piccola sia sulle mappe: tracciato di colore azzurro, quasi acquerellato, con al centro una freccia sinusoidale a segnare il verso in cui scorre l’acqua.
Doc. 72 - La più antica mappa catastale della città di Andria (1875), con in azzurro il fiume Aveldium.
La presenza dell’acqua nel territorio murgiano dell’agro di Andria è attestata da numerosi toponimi (del tipo “geonimi”) ancora oggi usati per denominare diverse Contrade (anche se molti di essi sono corrotti) come ad esempio: Piano della Palude (Fogli di mappa n. 173-180) (toponimo corrotto: Pianapadula); Le Pozzelle (fogli di mappa 160-165-174); Pozzacchera (Fg. Mappa 166-175); Pozzo Sorgente (Fg. Mappa 109-127-128); Bagnoli (Fg. Mappa 172); Capo d’Acqua (Fg. Mappa 67). Poi ci sono delle vaste zone pianeggianti, quasi vallive, che erano un tempo paludose, come Piene dell’Olmo, Le Solagne, Conca d’Oro, Piana di Madamalena e Le Fonde (Fg. Mappa 19-25), mentre a Sud di Castel del Monte vi è una Contrada che si chiama Piano del Monaco (Fg. di mappa 187-192) (toponimo corrotto: Piano della Monaca) che viene citato da parecchi studiosi di storia locale perché riportato dal cronista Leone Ostiense in una cronaca del 5 maggio dell’anno 943.
Lo storico andriese Vito Sgarra, nel suo lavoro “La città di Netium sulla Via Romana Brindisi-Benevento”, a pagina 39, narrando della restituzione di beni esistenti in Puglia fatta alla Badia di Montecassino da Basilio Protospatario imperiale, nella loro descrizione si afferma che: “In Andre vineas et olivas... In rivo, qui dicitur de Monacho”; quindi, nella contrada che oggi chiamiamo Piano del Monaco scorreva un torrente chiamato proprio “rivo de Monacho” e questa Contrada, come abbiamo innanzi indicato, si trova nell’Alta Murgia accanto alla Contrada Bagnoli.
Anche Mons. D’Azzeo nella sua opera “Andria nel 1° millennio e il Gargano nel V° secolo”, a pag. 35 riporta il testo di diverse pergamene che data all’anno mille, nelle quali si trova il nome “Andre” chiamata “Villa” -“In Villa quae est de ipsa civitate....ecc. vinee et olibetalie” e si parla della presenza nel suo territorio di due fiumi: “Et in ipso Rivo qui vocatur de ipso Monacho territorie”....“Et ad Rivum nominatum Calogerorum praedia”.
La dizione riportata dal D’Azzeo è diversa da quella dello Sgarra sia come datazione sia come composizione della frase, tuttavia due cose coincidono e sono: i territori che avevano e/o ritornavano ai Monaci Cassinesi erano in territorio di Andria e precisamente a Sud di Castel del Monte, inoltre nel territorio di Andria scorrevano due torrenti di cui uno si chiamava “Rivo qui vocatur de ipso Monacho” oppure “In rivo, qui dicitur de Monacho”, e l’altro si chiamava “Rivum nominatum Calogerorum”. Per quest’ultimo il D’Azzeo così si esprime: “Il rivo dei Calogeri, rasentava la città di Andria, presso l’antica laura di santa Croce (I Lagnoni di Santa Croce), dove un tempo abitavano i Padri Basiliani, che le Pergamene Chiamano Calogeri” e cita il “Lexicon totius latinitatis” dello studioso Forcellini che alla parola Calogeri abbina quello dei “Padri Basiliani”.
Anche se i testi sono leggermente diversi, la sostanza è di particolare importanza: a Sud di Castel del Monte nella Contrada a tutt’oggi chiamata Piano del Monaco scorreva un torrente, inoltre, alla periferia di Andria, nei pressi delle Chiese rupestri di santa Croce e Cristo Misericordia, cioè nel territorio chiamato “Lagnoni”, scorreva un altro “Rivo”; se ne deduce che queste due lame sono dei rami affluenti della grande lama che attraversa Andria e sfocia fra Barletta e Trani.
Tutto quello che è stato detto fino ad ora, ci convince che il “flumen Aveldium” della Tabula Peutingeriana non è altro che la seconda grande lama innanzi descritta, con tutte le sue diramazioni, come riportato nella Carta Geologica d’Italia e nelle carte idromorfologiche dell’Autorità di Bacino, ed è l’unica lama del territorio andriese che raggiunge il Mare Adriatico tra “Bardulos” (Barletta) e “Turenum” (Trani).
Questa lama oggi viene chiamata “Ciappetta Camaggio”; il suo percorso in ingresso ad Andria ed in uscita è arginato, mentre in città è tombato.
*
Anche per il fiume “Aveldium” gli studiosi delle città del Nord barese hanno fatto a gara per dimostrare che il suo corso scorreva nel loro territorio (sempre per affermare l’antichità della loro città), per cui non ci sorprende che anche la casa editrice De Agostini di Novara, specializzata nelle pubblicazioni delle carte geografiche, nella carta della rete stradale romana (Foto 3) commette diversi errori: il fiume “Aufidus” (Ofanto) lo chiama “Aufidum”, il fiume “Aveldium” lo chiama “Aveldius”, e ubica l’Aveldium tra Bisceglie e Molfetta, che i Romani chiamavano Respa.