dell’Ing. Riccardo Ruotolo
Sappiamo che la linea di confine tra mare e terre emerse non è stata sempre la stessa nel tempo, anzi, con riferimento a diversi milioni di anni fa si può dire che niente è stato più instabile di questo confine.
Se si potesse vedere in modo accelerato l’ultimo miliardo di anni di vita del nostro pianeta si noterebbe il mare in un continuo inondare le terre e successivamente ritirarsi facendo emergere altre terre, avvolgere e riavvolgere le terre emerse che, a loro volta, si spostano continuamente, riunendosi, separandosi, sollevandosi, diventando maxi continenti oppure isole, oppure arcipelaghi; inoltre, tutto il mondo sia emerso che sommerso venire scosso da fortissimi terremoti che di volta in volta rimodellano le terre emerse.
Nei periodi geologici a noi più vicini quali il Pliocene (iniziato all’incirca 5 milioni di anni fa) e il Pleistocene (iniziato circa 2,5 milioni di anni fa), consultando le mappe delle terre emerse del Mediterraneo come le hanno ricostruite i geologi e, in particolar modo, prendendo in esame quelle che si riferiscono al territorio pugliese, constatiamo che nel Pliocene le terre emerse della Puglia erano soltanto il promontorio del Gargano e le zone dei calcari cretacei delle Murge ubicate più o meno tra l’Ofanto e Brindisi con alcune zone del Salento, il resto era tutto mare (trasgressione marina che aveva invaso quella che poi sarebbe diventata la nostra Puglia), giungendo fino all’Appennino lucano (Doc.-2-).
Doc. -2- Rappresentazioni geologiche del territorio pugliese.
Nel Pleistocene inferiore, mentre nella Lucania il mare si era ritirato in parte dalla fossa bradanica (regressione marina), nella Puglia aveva invaso (trasgressione) parte dei calcari cretacei facendo diventare le Murge baresi delle isole. Nel Pleistocene superiore (più vicino a noi) si è avuta una regressione sia su quasi tutta la fossa bradanica, ad eccezione della zona ionica della Basilicata fino al tarantino, sia su quasi tutta la Puglia, ad eccezione della fascia costiera da Foggia ad Otranto.
Nell’Olocene, fase dell’Era Quaternaria in cui oggi ci troviamo, la regressione del mare ha disegnato le coste così come ora le vediamo.
Doc. -3- Tragressioni e regressioni del mare Adriatico.
Il Doc. -3- mostra la successione delle trasgressioni e regressioni che la Puglia ha subito. Le immagini qui riportate sono inserite nel saggio geologico del prof. Vincenzo Cotecchia dell’Università agli Studi di Bari: “Le acque sotterranee e l’intrusione Marina in Puglia”, e raffigurano, con l’approssimazione dovuta alla scala, la formazione delle terre della Puglia a partire dal Pliocene superiore fino al Pleistocene medio.
Tante sono state le trasgressioni e le regressioni del mare in Puglia a partire dal Miocene superiore (inizio circa 10 milioni di anni fa) a seguito delle quali, tra una trasgressione e la successiva, si sono succeduti i cosiddetti “cicli di sedimentazione”.
Doc. -4- Il territorio Ovest di Andria nella Carta Geologica d’Italia
I terreni della Valle di Santa Margherita, come ci indica la carta geologica d’Italia (Doc.-4-), si sono formati tra il Pliocene e il Pleistocene inferiore, e sono terreni sedimentari, che formano una successione di strati o banchi costituiti prevalentemente da “sabbie gialle” più o meno compattate, ricche di fossili bivalvi. Trattasi di una formazione geologica Pliocenica-Pleistocenica di “facies litorale” dovuta a movimenti trasgressivi e regressivi del mare.
Afferma il Dal Piaz [1] che l’inizio e il termine di un periodo geologico non sono ancora molto ben definiti, come pure per una formazione geologica, e che, pertanto, bisogna essere molto prudenti; inoltre, si dice convinto che “L’Italia è la classica terra del Pliocene, in quanto, essendo stata in buona parte sommersa dal mare in questo periodo, i depositi marini pliocenici sono sul suo territorio abbondantemente rappresentati… ed hanno una ricchissima fauna marina”.
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Nella carta geologica d’Italia i terreni della Valle di Santa Margherita in contrada Cicaglia (fogli di mappa dell’agro di Andria numeri 25 e 35), quelli delle contrade adiacenti quali Tufarelle (foglio 11), Le Crete e Lama di Mucci (fogli 24-25), Accetta e Tufarelle (foglio 36), sono tutti classificati come “Calcareniti (tufi) bianche o giallastre, più o meno cementate, con frammenti di Coralli, Echini (ricci di mare), Ostreidi e Pettinidi (molluschi bivalvi), oltre a microfaune”, e si sono formati a partire dal Pliocene fino al pleistocene inferiore.
Il materiale tufaceo presente nella Valle e soprattutto nelle limitrofe contrade di Cicaglia, Tufarelle, Accetta, Le Crete e Lama di Mucci, non aveva (e non ha) buone caratteristiche dal punto di vista dell’uso in edilizia come materiale portante o di tompagno perché abbastanza poroso e permeabile all’acqua; piuttosto è un buon materiale per ricavare “tufina” per fare le malte.
Il prof. Michele Salvati [2], quando era Direttore del laboratorio di prove sui materiali da costruzione di Bari, pubblicò un suo studio (rimasto unico) sulle caratteristiche dei tufi della Provincia di Bari in cui metteva a confronto le qualità dei tufi di quasi tutte le cave esistenti nella metà del secolo scorso, da Canosa fino a Gravina e Mottola, in modo da fornire agli Ingegneri ed ai Costruttori notizie utili per l’utilizzo come materiale da costruzione.
Rispetto al tufo “Mazzaro” del territorio di Gravina in Puglia e di Mottola che ha un coefficiente di porosità medio pari a 21,39% (rapporto tra il volume dei vuoti di un frammento di materiale e il volume della frazione solida del medesimo campione) e una percentuale di assorbimento d’acqua pari al 5,23% del suo peso, il tufo andriese invece (come quello della Valle di S. Margherita e delle contrade di Cicaglia, Accetta e Tufarelle) ha un coefficiente di porosità pari a 47,9% e un assorbimento del 19,5%.
L’elevata porosità del nostro tufo e il consistente assorbimento di acqua hanno favorito molto il fenomeno del carsismo lungo i fianchi della Valle di Santa Margherita perché l’acqua infiltratasi nelle calcareniti ha determinato per via chimica la formazione di cavità, grotte e inghiottitoi.
Note
[1] Giambattista Dal Piaz è stato un geologo italiano esperto anche in paleontologia e geografia fisica. Accademico dei Lincei e dell’Accademia nazionale delle scienze, ha scritto numerosi saggi e studi geologici. Professore di geologia all’Università di Torino e di Padova, ha lavorato con l’equipe di scienziati che ha completato la carta geologica d’Italia. Le immagini riprodotte sono state pubblicate nel saggio: “Corso di Geologia – Stratigrafia e Geologia storica” - CEDAM Editrice, Padova 1967.
[2] Salvati Michele fu il primo libero docente di Scienza delle Costruzioni nella neonata Facoltà di Ingegneria di Bari nell’anno 1944. Fu il fondatore del “Laboratorio Ufficiale Prove Materiali” presso l’Università di Bari che oggi porta il suo nome. Tra i saggi sperimentali sulle proprietà dei materiali ricordiamo : “I TUFI DI TERRA DI BARI” - A cura di “Studi e Progetti dell’acquedotto pugliese”. Editore Giuseppe Laterza e figli – Bari 1932.