Il progetto di recupero e l’impegno del Settore L.P.

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Andria

Escursione nella valle di S. Margherita in lamis
e la Grotta delle Rose

dell’Ing. Riccardo Ruotolo


- B -
La “Grotta delle Rose”

Il progetto di recupero e l’impegno del Settore Lavori Pubblici

Il progetto che il diacono Michele Melillo aveva in mente doveva interessare il recupero dell’intera Lama, e dell’orto botanico, il tutto per scongiurare un ulteriore degrado di tutto l’ambiente, e recuperare la “Grotta delle rose” prima che le pitture si deteriorassero completamente a causa dell’azione distruttrice delle acque meteoriche di infiltrazione.

Questo progetto era ambizioso e doveva necessariamente coinvolgere le Amministrazioni comunale e provinciale e, soprattutto, la Regione Puglia per poter accedere al finanziamento del PSR Puglia 2007-2013 “Tutela e riqualificazione del patrimonio rurale” di cui alla Misura 323. Però, poiché le somme a disposizione per la suddetta Misura erano limitate, in una successiva riunione del Gruppo, presa visione della mappa dei luoghi che avevo redatto effettuando opportune indagini catastali (Doc. -48-), fu deciso, come prima fase del progetto, di approfondire lo stato dei luoghi soltanto della zona retrostante il Santuario, catastalmente rappresentata dalla particella n. 16 del foglio di mappa n. 35, da sempre in uso ai Padri Agostiniani succeduti ai Padri Benedettini, ma catastalmente intestata al Comune di Andria, il tutto finalizzato al recupero di questo luogo e, soprattutto, al recupero integrale della parete di fondo con Ninfeo e della “Grotta delle rose”. Questa parte della Lama un tempo era “il giardino e l’orto del Convento degli Agostiniani”.

In fondo a questa zona è presente una parete realizzata in pietrame informe, intonacata “alla ben meglio” come da noi si usa dire, con nella parte centrale un’altra spessa muratura in cui è ricavata una nicchia “Esedra dipinta”, in tempi passati con fontana e vasca; sulla destra della parete di fondo ci sono gli accessi a due grotte comunicanti tra loro e scavate nella calcarenite fossilifera, la prima con un ingresso irregolare, quasi una breccia nella muratura di facciata, la seconda con un regolare accesso rettangolare: questo è l’accesso alla “Grotta delle rose”.

Nel gennaio 2012, senza aver nessuna certezza di finanziamento, ma animati dal desiderio di realizzare a costo zero (rinunciando agli onorari) un progetto di recupero di un bene che ritenevamo di pregio ed unico, furono così suddivisi i compiti: l’arch. Maria Grazia Roberto doveva provvedere al rilievo dei luoghi, mentre a me competevano le ricerche catastali, la realizzazione di un atlante fotografico per fissare in immagini significative le zone oggetto del progetto, oltre ad una “Relazione illustrativa Storico – Urbanistica”.

Foto documento 48

Successivamente, gli architetti Rosangela Laera e la Roberto avrebbero provveduto a redigere il progetto di recupero delle murature e delle pitture, servendosi anche di esperti specializzati nel settore dei restauri, mentre io avrei redatto la relazione paesaggistica, ad integrazione di quella storico – urbanistica, e completato l’atlante con la necessaria cartografia. Anche se i compiti erano abbastanza distinti, nella redazione del progetto si è lavorato all’unisono, condividendo ogni fase del lavoro e sopportando in proprio le relative spese.

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Una volta ripulito il giardino-orto dei Padri Agostiniani, fu fatto un ulteriore sopralluogo accurato alla zona retrostante la Chiesa inferiore e così si è potuto documentare con più precisione lo stato dei luoghi.

Tenendo presente il puntuale rilievo effettuato dall’arch. Roberto, si son potuti ricavare i seguenti dati: la particella 16 ha una profondità media di circa 39 metri ed una larghezza di circa 23 metri; la “Grotta delle rose” ha una larghezza massima, nella parete di fondo leggermente curva, di circa metri 6,50 ed una profondità di metri 6,40; da questa grotta si accede ad una grotta più piccola, ubicata alla sua sinistra, anch’essa scavata nella Calcarenite fossilifera, con una pianta quasi quadrata della superficie di circa quattro metri quadrati e mezzo (Doc. -49-; Doc. -50-); al centro della parete di fondo della particella n. 16 vi è una nicchia a forma di emiciclo: è l’esedra larga metri 2,30 x metri 5,00 di altezza.

Doc. -49- Rilievo dell’intera particella catastale n. 16 del foglio di mappa n. 35.    Doc. -50- Sezione verticale della particella n.16 e delle fabbriche delle estremità.
Doc. -49- Rilievo dell’intera particella catastale n. 16 del foglio di mappa n. 35;    Doc. -50- Sezione verticale della particella n.16 e delle fabbriche delle estremità.

Nella prima decade di febbraio 2012 ho potuto effettuare un servizio fotografico ai luoghi oggetto del primo progetto di recupero. Iniziando dalla parete con Ninfeo, ho documentato il suo stato di conservazione degradato con le Foto 51-52-53.

Foto -51- Parete di fondo della particella n. 16, con l’esedra e gli ingressi alle due grotte.
Foto -51- Parete di fondo della particella n. 16, con l’esedra e gli ingressi alle due grotte.

Foto -52- Esedra.    Foto -53- Particolare dell’esedra.
Foto -52- Esedra;    Foto -53- Particolare dell’esedra.

Nella Foto 51 è evidente in alto uno scorcio dell’Orto Botanico, mentre nella foto 53 è evidenziata la presenza del foro di una fontana la cui acqua doveva finire in una vasca collocata dove ora è presente una lastra di pietra. Dietro la parete con Ninfeo, secondo quanto riferisce Padre Antonino, è presente una grande cisterna (è questa, secondo il Padre, la cisterna di cui parla il di Franco) che doveva alimentare la fontana, per il ristoro dei pellegrini; invero, alla sinistra del Ninfeo è presente, in alto, un’apertura (segnata con una freccia bianca nella Foto 52) per permettere l’accesso alla cisterna.

Ho cercato di saperne di più, ed ho appreso nel 2018 che la vasca che raccoglieva l’acqua della fontana, aveva la forma di semicerchio e si trova attualmente nel giardino dell’ex Monastero benedettino. Visitando questo giardino ho rinvenuto l’antica vasca che, però, era unita ad un’altra vasca semicircolare di uguale forma ma realizzata di recente; le due vasche, unite fra loro, sono sormontate da una conca, il tutto realizzato in pietra calcarea picconata e collocato al centro di una rotonda all’incrocio di vialetti del giardino (Foto 54).

In questa composizione di vasche, quella anteriore è l’originale che era collocata nell’esedra e la sua fattura è più grezza dell’altra metà che è stata realizzata quando la vasca originale fu trasferita nel giardino dell’Istituto Tecnico Agrario. Oggi, però, le due vasche non esistono più perchè nell’estate di circa due anni fa, sono state rubate (Foto 54-bis).

Foto -54- Doppia vasca in pietra, di cui quella anteriore proviene dall’esedra della particella n. 16.     Foto -54bis- [lo slargo del giardino fotogtafato dopo il furto delle vasche].
Foto -54- Doppia vasca in pietra, di cui quella anteriore proviene dall’esedra della particella n. 16;    Foto -54bis- [lo slargo del giardino fotogtafato dopo il furto delle vasche].

Ora nel Ninfeo, al posto della vasca semicircolare ricavata da un unico blocco di pietra, vi è una lastra piana e fessurata che porta scolpita una scena pastorale con due costruzioni di tipo rurale, un pastore con le pecore e un pastorello (Foto 55).

Foto -55- Lastra di pietra calcarea scolpita e posta nel punto dove ci doveva essere una vasca.
Foto -55- Lastra di pietra calcarea scolpita e posta nel punto dove ci doveva essere una vasca.

La scena rappresentata sulla lastra di pietra calcarea è duplice: in alto c’è una rappresentazione agreste, in basso, invece, uno scorcio urbano.
Nella parte alta, al centro, è scolpito un pastore con il bastone e con accanto cinque pecore, mentre, sul lato sinistro si distinguono un bambino ed alcuni alberi; in basso sono raffigurati due edifici in muratura, uno dietro l’altro, con i tetti triangolari a falde molto inclinate e rivestite con coppi e, davanti ai due edifici, c’è un recinto murario merlato.

L’insieme della raffigurazione è poco comprensibile, nel senso che è difficile trovare un significato compatibile con il luogo: forse è stata posizionata per sostituire una precedente struttura, poi trafugata, oppure, come sostiene Padre Antonino Giannetti, per sostituire la vasca che doveva esistere sotto la fontana dell’esedra, vasca che fu collocata nel giardino dell’ex Monastero, come prima si è documentato
Una descrizione più dettagliata di quanto rappresentato sulla lastra è riportata nella “Scheda n.1” della dottoressa Annalisa Lomuscio nel suo saggio “Aspetti Archeologici e Storico-Artistici” inserito nella già citata pubblicazione a cura di N. Montepulciano e V. Zito del 1999.

Entrando nella Grotta delle rose ho avuto subito la sensazione di trovarmi in un ambiente destinato alla meditazione e alla preghiera. Non avevo mai visto un luogo, pur se di piccole dimensioni, scavato nella calcarenite fossilifera, che potesse sprigionare in me meraviglia e stupore.

Foto -56- Grotta delle rose prima del restauro: interno.    Foto -57- Grotta delle rose prima del restauro: parete di fondo.
Foto -56- Grotta delle rose prima del restauro: interno;    Foto -57- Grotta delle rose prima del restauro: parete di fondo.

All’interno, su due lati, è realizzata una panca e su di esse le pareti, come la parete di fondo, sembrano decorate con carte da parati colorate e disegnate a fasce; in alto, il soffitto è dipinto con rose singole sparse: l’ambiente suscita anche gioia di starci dentro.

Foto -58- Grotta delle rose prima del restauro: particolare dei decori delle pareti.    Foto -59- Grotta delle rose prima del restauro: parte del soffitto.
Foto -58- Grotta delle rose prima del restauro: particolare dei decori delle pareti;    Foto -59- Grotta delle rose prima del restauro: parte del soffitto.

I primi interrogativi che mi sono posto sono stati: chi ha realizzato questo scrigno? Quando è stato realizzato? Qual è stata la sua destinazione d’uso? A questi interrogativi, ragionando nel tempo, ho dato delle risposte, ma senza una documentazione che le possa avvalorare.

Grotta delle rose prima del restauro: rose del soffitto.    Grotta delle rose prima del restauro: rose del soffitto.
Foto -60-61- Grotta delle rose prima del restauro: due rose del soffitto.

Naturalmente la macchina fotografica è come impazzita nelle mie mani e non sapevo più quali particolari fotografare: l’ambiente nel suo insieme (Foto 56), le pareti (Foto 57-58), il soffitto (Foto 59), le singole rose (Foto 60-61-62). Restando nella Grotta a guardare a lungo soffitto e pareti, mi sono convinto ancor di più che valeva la pena contribuire a realizzare un progetto di restauro e recupero di un ambiente unico nel suo genere: ogni singola rosa, pur presente un diffuso degrado [24], in quell’ambiente rupestre mi è sembrata un frammento di bellezza.

 Grotta delle rose prima del restauro: rosa con altri fiori.     Grotta delle rose prima del restauro: rosa con altri fiori.
Foto -62- Grotta delle rose prima del restauro: rosa con altri fiori.

L’equipe di lavoro si è subito attivata per la realizzazione della documentazione progettuale da offrire al Comune al fine di poter ottenere un finanziamento.

Gli elaborati iniziali approntati sono stati: relazione tecnica illustrativa e cenni storici, documentazione fotografica, studio di prefattibilità ambientale, prime indicazioni e disposizioni per la stesura dei piani di sicurezza, calcolo sommario della spesa e quadro economico di progetto, inquadramento territoriale con stralci di P.R.G., del catasto e del P.U.T.T., rilievo architettonico con piante – prospetti – sezioni, grafici di progetto. Questo progetto, denominato “Progetto di recupero, valorizzazione e fruizione delle “Grotte e Ninfeo Lama Santa Margherita – Madonna dei Miracoli” è stato donato al Comune e, una volta recepito, è diventato il Progetto Preliminare dell’intervento a firma del Dirigente del Settore LL.PP. e Gestione Patrimonio ing. Tommaso Apicella in qualità di Progettista e R.U.P., ed è stato approvato con deliberazione di Giunta Comunale n. 46 del 23 febbraio 2013.

Nella suddetta deliberazione n. 46/2013 si legge tra l’altro che:
La Giunta Comunale, ..premesso che è stato pubblicato sul BURP n. 05 del 10/01/2013 il bando pubblico, in attuazione della Misura 323 «Tutela e riqualificazione del patrimonio rurale del PSR Puglia 2007-2013; ..Che il bando agevola gli «Interventi di restauro e valorizzazione del patrimonio culturale regionale, rappresentato dai beni immobili privati e pubblici a gestione privata, di particolare e comprovato interesse artistico, storico e archeologico, o che rivestono un interesse sotto il profilo paesaggistico, e che sono espressione della storia, dell’arte e della cultura del territorio GAL e che si caratterizzano per l’interesse sotto la fruizione culturale pubblica»;…Che l’art. 8 del bando «Intensità dell’aiuto» prevede un «contributo in conto capitale pari al 50% della spesa ammessa ai benefici. L’importo massimo di spesa ammissibile ai beneficiari è pari a € 200.000,00»;…Che il Comune di Andria ha tra i suoi obiettivi, quello della valorizzazione del proprio patrimonio storico artistico; Che, il Comune di Andria possiede nel suo patrimonio le Grotte dipinte ed il Ninfeo, anch’esso parzialmente dipinto, ricadenti nell’area prospiciente la Chiesa Inferiore della Basilica Santa Maria dei Miracoli, il tutto all’interno della Lama Santa Margherita;…Che tali grotte versano attualmente in uno stato di degrado e abbandono, malgrado la loro rilevanza storico-artistica-testimoniale; Data la comprovata rilevanza storico artistica del sito, espressione dell’arte e della cultura del territorio del GAL, il Comune intende riqualificare e valorizzare il sito stesso e affidarlo in gestione, al fine di incrementare l’attrattività turistica e migliorare la qualità della vita della popolazione;….Ritenuto, pertanto, necessario dover approvare il progetto preliminare relativo al Progetto di recupero, valorizzazione e fruizione delle «Grotte e Ninfeo Lama Santa Margherita – Madonna dei Miracoli»;.. Visti il quadro economico per un totale di € 200.000,00…. Ad unanimità di voti espressi per alzata di mano DELIBERA di approvare tutti gli elaborati del progetto preliminare, dell’importo complessivo di € 200.000,00…di impegnarsi ad affidare la gestione della grotta a soggetto privato da individuarsi attraverso evidenza pubblica;…

Il 28 febbraio 2013 la Gazzetta del Mezzogiorno ha pubblicato un articolo a firma del compianto prof. Michele Palumbo (Doc. -63-) che così si conclude “..rendendo fruibile questa parte limitata della lama che consente l’accesso alla Grotta “delle rose” e al Ninfeo, si recupererebbe la stretta interazione tra il paesaggio e la struttura architettonica della basilica e del complesso monastico”.

Doc. -63- Articolo della Gazzetta del Mezzogiorno del 28-02-2013.
Doc. -63- Articolo della Gazzetta del Mezzogiorno del 28-02-2013.

Approvato il Progetto Preliminare, con Determinazione dirigenziale n. 715 del primo marzo 2013, il Dirigente del Settore Lavori Pubblici del Comune di Andria visto “Che, all’interno del Settore Lavori Pubblici non è presente la figura professionale necessaria per la progettazione (del progetto esecutivo) e la Direzione dei Lavori di un bene di rilevanza architettonica-storica-artistica;…Individuato l’arch. Rosangela Laera il quale possiede un’adeguata professionalità e possiede i requisiti necessari come si evince dal curriculum presentato…DETERMINA di conferire all’arch. Rosangela Laera l’incarico di progettazione esecutiva, coordinamento della sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione, Direzione dei Lavori, Misura e Contabilità relativamente al Progetto di recupero, valorizzazione e fruizione delle «Grotte e Ninfeo Lama Santa Margherita – Madonna dei Miracoli»”.

Da parte mia e dell’arch. Maria Grazia Roberto fu fatta pervenire all’Amministrazione una nota in cui dichiaravamo di non avere nulla a pretendere dal Comune di Andria per il lavoro svolto e che per il prosieguo eravamo semplicemente dei consulenti del progettista arch. Laera.

Si riporta qui di seguito la Relazione tecnica generale allegata al progetto che descrive: il bene culturale in generale, il sistema delle Lame nel territorio della BAT, la natura geologica dei versanti della Lama, le testimonianze della civiltà rupestre, gli aspetti salienti della Lama (e, principalmente, quelli vegetazionali), l’Ente proprietario, il sistema dei vincoli e gli obiettivi del progetto; intervallate alle pagine di questa Relazione, si riportano alcune tavole del progetto esecutivo redatto dall’arch. Rosangela Laera (Doc. 64 - 65 - 66 - 67 - 68 - 69) sottoscritte anche dal R.U.P. ing. Tommaso Apicella, dal consulente arch. Roberto, da me come consulente di storia e urbanistica, ed anche dalla Restauratrice di beni culturali dottoressa Daniela Di Stefano.

RELAZIONE TECNICA GENERALE

Il progetto ha come scopo il recupero, la valorizzazione e la fruizione di beni appartenenti al patrimonio storico-culturale andriese, di particolare interesse artistico, archeologico, di civiltà rupestre e naturalistico, espressione della storia dell’arte, della cultura e del paesaggio.

Doc. -64- Tavola del progetto esecutivo.

I beni oggetto del presente progetto di recupero assommano tutti gli aspetti innanzi elencati e fanno parte di un complesso unico in cui le caratteristiche si integrano, sono strettamente correlate perché una generatrice dell’altra, e sono: la Grotta delle rose dipinta, il Ninfeo anch’esso con dipinto, la Lama Santa Margherita, il Santuario della Madonna dei Miracoli con la sua celebre Grotta e il Monastero dei Monaci Benedettini.

Un gruppo di andriesi, studiosi e desiderosi di recuperare alla fruizione pubblica i beni che ancora il territorio andriese conserva, guidato dal Diacono Michele Melillo ha sollecitato l’Amministrazione comunale di Andria a prendere in considerazione il recupero, con un primo intervento, delle grotte dipinte e del Ninfeo esistenti nella Lama Santa Margherita, a soli due chilometri da Andria, subito a ridosso della Basilica Santuario Madonna dei Miracoli e del settecentesco Convento dei Monaci benedettini ora sede del Consiglio della Provincia di Barletta – Andria – Trani.

Il messaggio è stato recepito favorevolmente dall’Amministrazione comunale che ha colto l’occasione favorevole del bando pubblico del “GAL LE CITTA’ DI CASTEL DEL MONTE”, legato al Fondo F.E.A.R.S. : Programma di sviluppo rurale della Regione Puglia” 2007-2013, Asse III - Misura 323 “Tutela e riqualificazione del patrimonio rurale”, approvando un progetto preliminare e dando mandato per la redazione del presente progetto esecutivo.

DESCRIZIONE DEL BENE CULTURALE NEL SUO COMPLESSO.
EMERGENZE SIGNIFICATIVE OGGETTO DEL PRESENTE PROGETTO.

Tre sono i beni che, fortemente connessi tra di loro, formano un unico grande complesso di straordinaria valenza culturale per la Città di Andria e per tutto il territorio della nuova provincia di Barletta-Andria-Trani: la Basilica “SANTUARIO DELLA MADONNA DEI MIRACOLI” con la Grotta in cui è dipinta la Madonna, l’attiguo antico “CONVENTO BENEDETTINO” del Settecento ora sede del Consiglio della nuova provincia e la “LAMA SANTA MARGHERITA” con le sue emergenze di GROTTE DIPINTE. L’elemento LAMA coinvolge ed avvolge il complesso nel suo insieme perché lo stesso è nato sulle testimonianze dell’antica civiltà rupestre di cui le grotte dipinte che si trovano sulle ripe della Lama sono le più significative testimonianze.

Il presente primo progetto interessa una Grotta dipinta ed il Ninfeo, anch’esso dipinto, esistenti nell’area annessa alla grotta Madonna dei Miracoli, il tutto all’interno della Lama Santa Margherita.

SISTEMA DELLE LAME NEL TERRITORIO DELLA B.A.T.

Con riferimento alla Tavola n. 1 ed al sistema idrologico superficiale del territorio della Provincia di Barletta - Andria –Trani, numerose sono le Lame (solchi erosivi poco profondi, tipici del paesaggio pugliese, in cui antichi corsi d’acqua ora effimeri convogliano le acque meteoriche dalle colline delle Murge del Nord barese verso il mare) che interessano il territorio, tutte con andamento parallelo al fiume Ofanto e con andamento perpendicolare alla costa adriatica.

Nel nostro territorio la Lama più importante è senza dubbio quella attualmente denominata “Ciappetta – Camaggio” che, a guisa di Gran Canale, attraversa la Città di Andria e sfocia nell’Adriatico tra Barletta e Trani. Questa Lama in epoca romana, come attestato dalla Tabula Peutingeriana, e fino agli anni Settanta dell’Ottocento, era un fiume denominato “Aveldium”, poi trasformatosi in torrente e, quindi oggi, Lama quasi asciutta da quando la Murgia fu disboscata.

Un affluente di questo fiume storico era il torrentello poi chiamato Lama Santa Margherita il cui letto attualmente è largo fino a circa 50 metri e raggiunge la massima profondità di circa 25 metri nei pressi della Grotta Madonna dei Miracoli.

Doc. -65- Tavola del progetto esecutivo.

NATURA GEOLOGICA DEI VERSANTI DELLA LAMA SANTA MARGHERITA

Lungo i due versanti della Lama affiorano rocce per la maggior parte costituite sia da sabbioni compattati denominati “Calcareniti di Gravina”, utilizzati come materiale da costruzione che prende il nome di “tufo”, formatisi a seguito del verificarsi di sedimenti marini a partire dal periodo Pleistocenico, sia da rocce di formazione cretacea dette ”Calcari di Bari”, nelle cui fessure cresce rigoglioso il cappero. Sono rocce bioclastiche di colore tendente al giallo, ricche di fossili marini del tipo bivalvi e di grotte che si sono formate per l’azione erosiva delle acque e per mano dell’uomo che le ha abitate, considerato che presentano testimonianze dipinte sulle pareti. In generale, il fondo delle Lame è costituito da terreno fertile trasportato dall’acqua dalle colline murgiane e depositatosi nell’arco dei millenni rendendolo adatto alla coltivazione.

Le grotte, l’acqua ed il terreno fertile hanno favorito l’insediamento umano a partire dall’epoca neolitica perché questi elementi fornivano il riparo, il cibo e la sopravvivenza.

TESTIMONIANZE DELLA CIVILTA’ RUPESTRE NEL TERRITORIO DI ANDRIA

Numerose sono le testimonianze di stanziamenti umani nelle grotte presenti lungo le ripe di erosione delle Lame: il territorio andriese ne è ricco. I più importanti sono i Lagnoni di Santa Croce con le Chiese rupestri di Cristo Misericordia e Santa Croce, le Grotte di S. Vito con la Laura della Madonna della Misericordia e Santa Croce, le Grotte di S. Vito con la Laura della Madonna dell’Altomare, l’antico quartiere Grotte nella città di Andria, le grotte del quartiere Fornaci e, di grande rilevanza, le grotte nella Lama del sito della Madonna dei dei Miracoli con i reperti archeologici dell’antico limitrofo antico villaggio di Cicaglia.

In linea di massima i villaggi rupestri erano formati da grotte piuttosto spoglie ed essenziali, utilizzate per soddisfare le esigenze materiali e di sopravvivenza del vivere, soprattutto il riparo e il riposo, e grotte dedicate allo lato spirituale: sono queste ultime che ci hanno tramandato la cultura del tempo perché si sono conservate in esse le opere fatte per soddisfare il bisogno di spiritualità dell’uomo.

La “civiltà delle grotte” nel nostro territorio, secondo i più recenti studi, è formata da insediamenti che hanno espresso una cultura certamente occidentale, con pochi influssi provenienti dall’oriente, e la conferma di ciò è data da tutto il ciclo pittorico della Chiesa rupestre di Santa Croce che, con le grotte della Lama Santa Margherita rappresentano gli esempi più significativi della accidentalità della nostra civiltà rupestre.

ASPETTI STORICI SALIENTI – IPOTESI DI DATAZIONE DEI DIPINTI

Il 10 marzo 1576, come tradizione vuole, a circa 2 chilometri dalla Città di Andria, in una grotta che si affacciava sulla LAMA DI SANTA MARGHERITA fu scoperta, dipinta sulla parete di fondo di una grotta, l’immagine della Madonna seduta su di un trono con il Bambinello sulle ginocchia.

Come racconta padre Giovanni Lunardi, frate benedettino dell’Abbazia della Madonna della Scala di Noci (Bari), la notizia si diffuse celermente in tutta la terra di Bari, avvennero fatti strepitosi e miracolosi e, subito, prese corpo l’idea di costruire un tempio da affidare ai monaci benedettini; il Duca di Andria Fabrizio Carafa insistette per far venire in Andria i monaci cassinesi del monastero napoletano dei SS. Severino e Sossia. Il 13 gennaio 1580, il Papa Gregorio XIII esaudì il desiderio del Duca e ratificò la concessione della venuta in Andria dei Monaci benedettini cassinesi.

Fu subito realizzata una prima chiesa che inglobò la grotta, vera e propria chiesa rupestre, con l’effigie della Madonna che, per i numerosi prodigi fu subito chiamata “Madonna dei Miracoli”. Accanto a questo primitivo nucleo del Tempio che si voleva erigere, fu realizzata una prima Badia benedettina ed ai monaci, venuti in Andria per concessione del Papa Gregorio XIII, fu affidata la custodia della nuova piccola Chiesa.

Nel 1617 fu incaricato l’architetto e scultore Cavaliere Cosmo Fanzago, famoso progettista in quel tempo, per la realizzazione di un grande Tempio con accanto un grande Convento benedettino. Il Tempio progettato dal Fanzago si componeva di tre Chiese, una sull’altra, sfruttando la ripa della Lama di Santa Margherita a cui era stato dato questo nome dal popolo andriese perché, prima della scoperta dell’immagine della Madonna, in un altro anfratto della stessa grotta della Ma donna, era stata rinvenuta l’immagine di Santa Margherita. Il grande Tempio formato dalle tre chiese fu terminato nell’anno 1633.

La chiesa inferiore che contiene la grotta della Madonna, chiamata “LAURA”, è il primo nucleo del Tempio e aveva l’ingresso direttamente dalla LAMA su cui prospetta e su cui conserva ancora un’uscita, quasi direttamente sul fondo della LAMA, subito sopra la volta di una grande cisterna di cui ancora è da comprendere il significato della sua presenza in fondo alla LAMA. Di fronte a quest’uscita e sull’altro versante della LAMA, dopo aver attraversato un piccolo giardino, ci si trova davanti ad una parete con esedra sul cui intonaco è dipinta una Madonna con Bambino (forse sovrapposta ad un altro dipinto più antico) e, subito a destra, si apre l’ingresso di una grotta di grande suggestione e fascino, da pochi conosciuta, chiamata dal naturalista Nicola Montepulciano nell’opera “La Lama di Santa Margherita e il Santuario della Madonna dei Miracoli” (di cui è coautore): “LA GROTTA DELLE ROSE”, per la decorazione presente sul soffitto. È questo il bene archeologico – storico – architettonico oggetto del recupero, insieme alla parete esedra - ninfeo, effettuando un restauro integrale perché possa essere messo a disposizione della fruizione della comunità ed allo studio per risalire alla sua funzione.

La decorazione presente sulle pareti della Grotta è a fasce con delicati motivi floreali, prevalentemente melograni, mentre quella presente sulla volta è costituita da rose singole, sparse in modo casuale su tutto il soffitto: a prima vista si direbbe opera eseguita nel Settecento. L’esecuzione del progetto, comunque, prevede anche un’analisi ed uno studio petrografico dell’intonaco su cui ci sono i dipinti, in modo da poter ricavare utili elementi per determinare con esattezza il periodo in cui furono realizzate le decorazioni e capire anche lo scopo e l’utilizzo dell’ambiente. Certamente la grotta fu scavata e dipinta nell’epoca in cui il Tempio della Madonna dei Miracoli era gestito dai monaci benedettini (1582 – 1807) e si può pensare, presumibilmente, ad un luogo per la preghiera e la contemplazione all’aperto, visto che oggi due delle tre pareti della grotta sono provviste di sedili ricavati nella roccia e che il suo ingresso si trova ai margini di un giardino.

Il progetto individua anche un percorso che, attraverso il Santuario e la Lama, raggiunga in sicurezza facilmente il sito della “GROTTA DELLE ROSE”, attraversando la copertura di una grande cisterna con arcatoni e volte a botte, presumibilmente realizzata contestualmente alla Chiesa inferiore alla fine del Cinquecento, considerato che il piano della sua copertura trovasi allo stesso livello del pavimento della Chiesa e che doveva servire sia per il primo nucleo dei Monaci cassinesi sia per i numerosissimi pellegrini.

Doc. -66- Tavola del progetto esecutivo.

La chiesa mediana o intermedia, intitolata alla Crocifissione, è tutta affrescata, anche sui pilastri che reggono la volta, con episodi della Passione e Crocifissione di Cristo, e recentemente restaurata e fatta tornare all’antico splendore.

La chiesa superiore a tre grandi navate è di grande interesse artistico, per il pregevolissimo soffitto a cassettoni del 1633, per gli innumerevoli dipinti presenti sugli altari laterali, per i due grandi quadri presenti sul presbiterio, per il grande affresco ottocentesco del pittore Affaitati presente sulla parete d’ingresso e per gli altari di marmo intarsiati. Nella sala capitolare sono custodite otto bellissime e grandi tele del pittore napoletano Francesco Robertelli del Settecento, della scuola di Salvator Rosa. Le tre chiese sono collegate internamente da due grandi scalinate.

Il Tempio della Madonna dei Miracoli, dagli andriesi chiamato della Madonna d’Andria, il 29 novembre 1907 fu elevato alla dignità di Basilica dal Papa Pio X. Oggi la denominazione corrente è quello di “Santuario della Madonna dei Miracoli”.

L’Abate G. Battista Pacichelli, nella sua opera “Memorie novelle di viaggi per l’Europa cristiana”, edita a Napoli il 1690, così si esprime quando visitò il Tempio della Madonna dei Miracoli: “Il tempio è grande, luminoso, circondato fuori da botteghe di fabbrica per la fiera…..vidi il monastero che si perfezionava in alcune camere”, pertanto, alla fine del Seicento, il grande monastero benedettino accanto al Tempio non era ancora finito.

Fu nel Settecento che il grande Monastero dei benedettini cassinesi fu completato così come oggi lo si può ammirare. Eleganti sono le finestre settecentesche che ritmano la facciata; all’interno un grande chiostro con pilastri quadrangolari e le bellissime finestre ad arco mistilineo che, come afferma lo storico andriese Emanuele Merra nella sua opera “MONOGRAFIE ANDRIESI” (Bologna 1906), ricordano l’altro grande convento con chiostro edificato dai Carmelitani anch’esso nel Settecento, ora sede del seminario diocesano di Andria.

I Benedettini abitarono il grande Convento fino all’emanazione del Decreto del 13 febbraio 1807 con il quale Giuseppe Napoleone Bonaparte soppresse tutti i Monasteri del regno di Napoli.

Come si è prima detto, è stata la LAMA DI SANTA MARGHERITA che con il suo importante bagaglio di testimonianze di una antica civiltà rupestre ha fatto nascere nel “suo stesso seno” beni, come la Basilica Santuario della Madonna dei Miracoli e il Monastero benedettino del Settecento, edifici di grande valore architettonico – storico - religioso che, con la Lama stessa costituiscono, dopo Castel del Monte, il bene culturale più grande che ha la città di Andria.

Gli autori che nel corso dei secoli si sono interessati alla storia del grande Tempio della Madonna dei Miracoli, a cominciare nel 1606 dal canonico Giovanni di Franco, il cui fratello che si chiamava padre Valeriano di Franco era decano del monastero benedettino in costruzione, hanno sempre chiamato LAURE le numerose grotte esistenti sui versanti della Lama che era già chiamata “Lama di Santa Margherita” per la scoperta in una grotta del versante Nord di un dipinto che raffigurava la martire Santa Margherita, come innanzi si è detto. Il canonico Giovanni di Franco asserisce che la grotta con l’immagine della Santa faceva parte di un insediamento rupestre abitato da eremiti e dipendente dal Monastero Cassinese di San Lorenzo di Aversa.

Il culto di Santa Margherita vergine di Antiochia, martirizzata con la decapitazione durante l’impero di Diocleziano, si diffuse rapidamente in occidente, tanto che fu annoverata fra i quattordici “Santi ausiliari”, come riferisce il Diacono Michele Melillo nella sua opera “Il 10 marzo 1576”.

Oggi il dipinto della Santa, a seguito dei lavori di ampliamento della Grotta della Madonna dei Miracoli effettuati alla fine del Cinquecento, è visibile a poca distanza da quello della Madonna, ma trovasi molto rovinato e in condizioni di poca leggibilità.

Oltre alle numerose grotte, la Lama è interessante anche sotto l’aspetto vegetazionale, molto variegato, a volte selvaggio, quasi del tutto sconosciuto alla maggior parte degli andriesi e dei paesi vicini, con piante autoctone ormai in estinzione quali il carrubo, il noce ed il melograno, il cappero ed anche con piante importate; fitto è il sottobosco costituito prevalentemente da edera e rovi.

Doc. -67- Tavola del progetto esecutivo.

ASPETTI VEGETAZIONALI DELLA LAMA

Tenendo conto del fatto che è stata la Lama che ha avuto nel tempo la funzione generatrice dei beni archeologici e architettonici che sono stati realizzati sulle sue ripe, non si può non accennare alle peculiarità vegetative in essa presenti. Il presidente della locale sezione del WW.FF. Nicola Montepulciano se ne è occupato nel suo saggio contenuto nell’opera “LA LAMA DI SANTA MARGHERITA E IL SANTUARIO DELLA MADONNA DEI MIRACOLI” del 1999. Il Montepulciano così si esprime: “La vegetazione nel fondo della Lama oggi si presenta molto rigogliosa ma del tutto disordinata per totale mancanza di manutenzione”.

A partire dagli anni Settanta la Lama ha conosciuto “una fase di progressivo abbandono” che ha favorito lo sviluppo di una vegetazione spontanea ti tipo erbaceo sul terreno del fondo dovuta al rigoglioso crescere dell’edera e di tipo arbustivo dovuta al proliferare dell’Ailanto: entrambe sono ti tipo infestante che, se lasciate in loco, finiranno con il soffocare la vegetazione autoctona costituita principalmente da noce, pero selvatico, melograno, mela cotogna, carrubo, nespolo, cappero, ombelico di Venere ed altre specie mediterranee. La presenza del carrubo riveste un’importanza particolare: sul versante ovest si possono ammirare quattro esemplari di carrubo, albero xerofilo, due dei quali sono enormi. Come raccomanda il Montepulciano “i carrubi vanno protetti, vista la costante eliminazione cui viene sottoposta questa specie oggi, pur essendo la leguminosa sempreverde più grande d’Europa. Di lenta crescita , ma molto longeva, ha portamento maestoso e può raggiungere anche 12-14 m di altezza, dispensatrice di grande e fitta ombra che genera ristoro e godimento per il corpo oppresso dal sole rovente delle nostre estati. Molto resistente all’attacco dei parassiti, è un albero frugale, vive bene su suoli duri, rocciosi, sopporta bene la siccità anche prolungata, in altre parole vive di poca acqua”.

Lo stesso naturalista Montepulciano descrive un’altra pianta caratteristica ed esclusiva della Lama. “Un’altra specie vegetale interessante è il cappero, che è presente in gran quantità nella Lama dove trova un habitat molto favorevole.
Cresce nei luoghi più caldi e assolati, su terreni nudi, grossolani, non disturbati, molto permeabili ed asciutti, preferibilmente calcarei, oltre che nelle fessure delle rocce e dei vecchi muri come la troviamo nella Lama. E’ una bellissima pianta cespugliosa e suffruticosa sempreverde, molto ornamentale con ceppo legnoso e radici vigorose, che riescono ad insinuarsi, come già detto, nelle rocce e nelle fessure dei muri. La specie spinosa presenta due spine ricurve alla base delle foglie, che in ogni caso sono elegantemente ovali, alterne, picciolate, coriacee e di color verde lucente. I fiori, di straordinaria bellezza, delicatamente profumati, sono assai grandi, composti da quattro petali bianchi appena rosati e da numerosi e appariscenti stami violetti, quasi lilla. Molto della loro bellezza la devono al fatto che, quando giungono a maturazione, si aprono completamente mostrando in tutta la loro pienezza sia i colori dei petali sia quelli degli stami. La fioritura inizia a fine primavera, è scalare e si protrae per tutta l’estate, in pratica da giugno ad agosto
”.

Doc. -68- Tavola del progetto esecutivo.

ENTE PROPRIETARIO E DATI CATASTALI IDENTIFICATIVI DEL SITO. I

I beni oggetto del presente progetto insistono tutti sulla particella catastale n. 16 del foglio di mappa n. 35 del Catasto Terreni del Comune di Andria ed è di proprietà del Comune di Andria. Questa particella è estesa 988 metri quadrati circa, ha la forma di un rettangolo le cui misure medie dei lati sono metri 40 circa nella direzione Est – Ovest e metri 24,70 circa nella direzione Nord – Sud, confina ad Est con la Grotta Madonna dei Miracoli ed ha sul lato Ovest una parete Esedra- Ninfeo con ancora tracce di dipinti e due grotte comunicati, di cui una dipinta con motivi floreali di suggestiva bellezza, rara da trovare in ambienti rupestri.

SISTEMA DEI VINCOLI PER LA PARTICELLA N. 16.

Con riferimento alla Tavola n. 2 del progetto e all’allegato certificato di destinazione urbanistica per la particella n. 16, si riportano qui di seguito le indicazioni e prescrizioni degli strumenti di pianificazione territoriale vigenti.

Come attestato dal certificato di destinazione rilasciato dal Settore Ufficio di Piano e Pianificazione Strategica del Comune di Andria, la particella n. 16 del foglio di mappa n. 35 nel P.R.G. in vigore trovasi in zona F2 classificata tra le “Zone Pubbliche per attrezzature religiose, culturali, sociali, assistenziali, sanitarie e amministrative per pubblici servizi”. Inoltre, nello stesso certificato si attesta che la particella n. 16 del foglio di mappa n. 35 del Comune di Andria, con riferimento allo strumento urbanistico generale PUTT/p ricade in Ambiti Estesi “B” e quindi vincolata. Infine, con riferimento al Piano di Bacino della Puglia “Assetto Idrogeologico”, il certificato di destinazione urbanistica precisa che la particella n.16 del foglio di mappa n. 35 del Comune di Andria è attraversata da un reticolo idrografico del P.A.I.

Pertanto, le indicazioni e prescrizioni degli strumenti di pianificazione, per la particella n. 16 possono così riassumersi:
- Nel PRG vigente per il Comune di Andria, approvato nell’anno 1995, la particella n. 16 del foglio di mappa n. 35 è un’area zonizzata F2 e, quindi, è un’area di uso pubblico (Capo II – art. 2.1 delle Norme Tecniche di Esecuzione del PRG); la suddetta particella n. 16, come zona F2 è vincolata con destinazione “servizi di interesse comunale” (Capo II – art. 2.2 delle NTE); inoltre, nella particella n. 16 sono possibili solo interventi culturali ecc. (Capo II – art. 2.4 delle NTE); infine, sempre con riferimento al PRG vigente, nella Tavola dei Vincoli ex lege 431/85 (TAV. n. 3 del PRG) tutta la zona della Lama Santa Margherita prospiciente il Santuario della Madonna dei Miracoli (in cui ricade la particella n. 16) è vincolata perché bosco.
- Nella TAV. n. 4 del PRG: “Beni strutturanti”, è censita la grotta Madonna dei Miracoli e, come riportato nella relazione del PRG a pag, 68: “Sempre a proposito di fenomeni geo-morfologici sono state segnalate in questa sede le grotte presenti nel territorio di Andria che sono state catalogate nel Catasto Generale delle grotte di Puglia redatto dall’Assessorato all’Ambiente della Regione Puglia e dalle Associazioni Speleologiche Regionali. Sono presenti nel territorio sei grotte e precisamente quella catalogata al n. 34 detta Grotta della Madonna dei Miracoli ecc.”.
- Il PUTT/p della Regione Puglia oggi in vigore, approvato con deliberazione di Giunta Regionale n. 1748 del 15 – 12 – 2000, individua la zona della Lama Santa Margherita prospiciente il Santuario della Madonna dei Miracoli (in cui ricade la particella n. 16) come Ambito Territoriale Esteso di Valore Rilevante “B” (Provincia di Bari – Ambiti Territoriali Estesi – Serie N. 11 – Comune di Andria), precisa che questi sono Ambiti “laddove sussistono condizioni di compresenza di più beni costitutivi”; inoltre, sempre in riferimento agli Ambiti Territoriali Estesi di valore Rilevante “B”, il PUTT/p prescrive che: “I terreni compresi negli ambiti territoriali di valore rilevante sono sottoposti a tutela diretta dal PUTT/p” e che per essi “devono essere perseguiti obiettivi di salvaguardia e valorizzazione paesaggistico- ambientale quali la conservazione e la valorizzazione dell’assetto attuale, recupero delle situazioni compromesse e mitigazione degli effetti negativi”. Il presente progetto è in perfetta assonanza con gli obiettivi del PUTT/p.
- Come riportato nella legenda della tavola del PUTT/p (Serie N. 10) riguardante la Geomorfologia del territorio di Andria, nella zona della Madonna dei Miracoli è segnalata la seguente emergenza: “cigli di scarpate” proprio per la presenza della Lama Santa Margherita; la Prescrizioni di Base che il PUTT/p pone per questa emergenza, in assenza di sottopiano urbanistico esecutivo, è quella di “tutela integrale”. Anche questa prescrizione è in perfetta assonanza con gli obiettivi del presente Progetto Preliminare.
- Riguardo i beni naturalistici, come individuati dal PUTT/p nell’elaborato denominato Boschi – Macchia – Biotipi – Parchi della Provincia di Bari – Serie N. 4, tutta l’area di sedime della Lama Santa Margherita è individuata come “macchie” e, pertanto, tale area è vincolata ed è vietata “ogni trasformazione vegetazionale salvo quelle comportanti ripristino e recupero di situazioni degradate”.
- Nella Tavola relativa al Catasto Grotte della Puglia, il cui elenco è stato pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n. 8 suppl. del 17 gennaio 2002, e nella cartografia del PUTT/p “GROTTE” – Serie N. 4 bis, nell’elenco Grotte del Comune di Andria sono censite e vincolate n. 10 grotte e, tra esse, al numero 34 è riportata la “GROTTA DELLA MADONNA DEI MIRACOLI”. Nelle prescrizioni di base è prescritta la salvaguardia di questa emergenza, estesa anche all’area annessa che nella fattispecie è profonda 100 metri e, quindi, la particella n. 16 del foglio di mappa n. 35 è totalmente compresa con le sue particolare emergenze costituite dalle Grotte e dalla parete Esedra - Ninfeo le cui pareti sono dipinte.
- Nel P.A.I., Piano di Bacino della Puglia, approvato dal Comitato Istituzionale dell’Autorità di Bacino della Puglia con Delibere n. 39 del 30-11-2005 e n. 59 del 16-11-2010, la particella n.16 del foglio di mappa n. 35 del Catasto Terreni del Comune di Andria è attraversata da un reticolo idrografico come si rileva dalla carta idrogeomorfologica della Regione Puglia approvata dall’Autorità di Bacino per la Puglia con Delibera del Comitato istituzionale n. 48 del 30-11-2009. L’articolo 6 delle Norme Tecniche di Attuazione del P.A.I. riguarda gli alvei fluviali e così recita: ”All’interno delle aree (interessate dal reticolo idrografico) può essere consentito lo svolgimento di attività che non comportino alterazioni morfologiche o funzionali ed un apprezzabile pericolo per l’ambiente e per le persone”; il presente progetto non contiene nessun intervento infrastrutturale perché è solo un progetto di recupero. Infine, il comma 6 dello stesso articolo precisa che “sui manufatti e fabbricati posti all’interno delle arre (attraversate dal reticolo) sono consentiti interventi di … … restauro e risanamento conservativo.

Il presente progetto è in perfetta assonanza con quanto prescritto dal P.A.I.

Dopo l’attuazione del presente progetto, che non si occupa dell’aspetto vegetazionale dei luoghi, si procederà alla redazione di progetto configurato come un vero e proprio piano di salvaguardia e recupero dell’intero sistema botanico- vegetazionale della Lama.

Doc. -69- Tavola del progetto esecutivo.

OBIETTIVI DEL PROGETTO.

Il presente primo progetto intende recuperare, con un appropriato restauro, alcune delle testimonianze rupestri presenti nell’area annessa alla Grotta Madonna dei Miracoli. Entrare in queste grotte dipinte, capirne la funzione che nel tempo hanno avuto, scoprire per quanto tempo sono state utilizzate e da chi, recuperarle con un attento restauro scongiurando l’abbandono ed il vandalismo, promuovere la fruizione di questi beni da parte di tutti, sono questi gli obiettivi del presente primo progetto.

È fondamentale che, attraverso il restauro, venga recuperato il rapporto che c’è stato tra l’Uomo e la Lama, rendendo fruibili i beni in essa presenti, custodi di una civiltà che ci appartiene e che abbiamo il dovere di preservare e far conoscere alle future generazioni.

È riprodotta in nota la Relazione illustrativa dell’intervento di restauro allegata al progetto esecutivo [25].

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I lavori furono aggiudicati alla Ditta “Rossana Allegri” di Montefiore Conca (Rimini), giusto Delibera dirigenziale n. 2170 del 31 luglio 2015, per un importo netto di € 119.561,14.

In data 27 settembre 2015 il Sindaco avv. Nicola Giorgino ha nominato l’arch. Rosangela Laera Assessore alle “Opere Pubbliche ed Infrastrutture, valorizzazione del Patrimonio, manutenzioni, diritto alla casa e Mobilità Urbana Sostenibile”, per cui l’architetto ha dovuto rinunciare (con decorrenza immediata) all’incarico di Direzione Lavori delle opere appaltate alla Ditta “Rossana Allegri” e in sua sostituzione la Direzione Lavori fu affidata all’arch. Angelo Merra di Andria; contemporaneamente, con determinazione dirigenziale n. 2576 dell’otto settembre 2015, fu incaricata la dott.ssa Felicia La Viola di Bari, restauratrice di beni Culturali, di far parte dell’Ufficio della Direzione dei Lavori.

I lavori sono stati consegnati alla Ditta “Rossana Allegri” con verbale del 9 settembre 2015 e già nell’ottobre 2015 la Ditta assuntrice dei lavori fece pervenire all’Amministrazione una Relazione Scientifica di restauro redatta dalla Dott. ssa Geol. Caterina Stea di Bitetto (BA) suo tecnico di fiducia, in cui sono riportate le analisi effettuate sui campioni prelevati dalle pareti interne della “Grotta delle rose” per accertare la loro “composizione mineralogico – petrografica, le eventuali stratigrafie e lo stato di degrado”.

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L’iter del progetto per giungere alla esecuzione dell’opera è stato abbastanza lungo e travagliato a causa di dimenticanze e lungaggini burocratiche, tanto che per giungere all’affidamento dei lavori ad una Ditta specializzata e fino all’approvazione del Certificato di regolare esecuzione, ci sono volute (in totale) ben 13 Delibere dirigenziali e, solo grazie alle competenze e all’impegno della Dirigente del Settore LL.PP. ing. Santola Quacquarelli, si è evitato di perdere il finanziamento.


Note

[24] Il degrado delle pitture era dovuto principalmente alla natura porosa della calcarenite del Pleistocene superiore che ha permesso alle acque meteoriche di penetrare in modo abbastanza diffuso in tutta la roccia e la sua funzione di solvente ha provocato sulle pareti efflorescenze e patine saline, fenomeni di “degrado irreversibile”, e infiltrazioni con rigonfiamenti e distacco di intonaci e materiale calcareo sul soffitto.

[25]

RELAZIONE ILLUSTRATIVA DELL’INTERVENTO DI RESTAURO

Il progetto interessa le grotte ed il ninfeo prospicienti la lama Margherita su cui si affaccia il Santuario della Madonna dei Miracoli.
Nello specifico la Lama è stata storicamente caratterizzata dai fenomeni di antropizzazione il cui risultato è l’insediamento che nel corso dei secoli ha subito notevoli evoluzioni fino a giungere alla situazione attuale del Santuario, strutturato su tre livelli; questa peculiarità costituisce la sua caratteristica specifica che permette di raccordare il piano di calpestio della lama con quello della quota stradale.
Il primo livello, infatti, si affaccia sulla Lama, ed è costituito dalla grotta in cui la tradizione narra che il 10 marzo 1576 ( la data è il 1577 con riferimento all’iscrizione presente in sito come evidenziato dagli studi condotti dall’arch. V. Zito) venne rinvenuto l’affresco della Vergine con il bambino in grembo. La Chiesa ‘inferiore’ costituiva, evidentemente, l’originaria Chiesa ed era accessibile proprio dalla Lama Margherita che, non a caso, costituisce l’oggetto dell’intervento proposto. Il secondo livello è costituito dalla Chiesa Mediana, detta della Crocifissione per il tema dei suoi affreschi. La Chiesa mediana fu fatta realizzare dai Benedettini, che il 20 aprile 1581 avevano preso possesso del luogo sacro.
Il terzo livello è costituito dalla Chiesa più grande, posta al livello stradale: si tratta dell’attuale Basilica.
La concezione dell’edificio sacro strutturato su tre livelli è dovuta ai Benedettini, come risulta dalle numerose ricerche storiche condotte sul Santuario.

OBIETTIVI

Tornando alla proposta progettuale è risultato evidente che nel corso degli anni, con l’accesso al Santuario dal livello stradale si è andato perdendo il rapporto di stretta interrelazione tra la lama e l’insediamento religioso originario. Infatti, per raggiungere la Lama e visitare le grotte prospicienti è indispensabile passare dalla Chiesa inferiore e, materialmente, farsi autorizzare l’accesso all’esterno della Lama. Solo al visitatore esperto è concessa la possibilità di godere di quello splendido luogo, caratterizzato dalla vegetazione della lama e da un ordinato orto tenuto dai Padri Agostiniani. Frontalmente rispetto alla Chiesa, sul fronte della Lama, è posto un ninfeo con le due grotte oggetto dell’intervento proposto.
L’obiettivo del progetto è quello di recuperare il rapporto tra l‘insediamento religioso e la Lama attraverso il restauro delle due grotte e del ninfeo. Infatti, l’intervento - rendendo fruibile una parte della lama e le grotte - renderebbe chiaramente leggibile l’evoluzione che ha portato alla realizzazione dell’intero complesso monastico della Madonna dei Miracoli. Inoltre, rendendo fruibile questa parte limitata della lama che consente l’accesso alla grotta delle rose e al ninfeo, si recupererebbe la stretta interazione tra il paesaggio e la struttura architettonica della basilica e del complesso monastico.
Il progetto, in definitiva, intende perseguire i seguenti obiettivi:
1. recupero di un bene di notevole rilevanza storico – testimoniale che versa in un grave stato di abbandono;
2. contribuire alla riqualificazione complessiva del contesto costituito dall’intero complesso monastico benedettino, dalla Basilica e dall’intera lama;
3. creazione di una qualificata offerta turistica/culturale .
Il progetto interessa le grotte ed il ninfeo prospicienti la lama Margherita su cui si affaccia il Santuario della Madonna dei Miracoli. Infatti, l’intervento ha l’obiettivo di rendere fruibile una parte della lama attraverso il restauro di una parte di contenimento della lama stessa che è caratterizzata dalla presenza di un ninfeo decorato e dall’accesso a due grotte, di cui una caratterizzata dalla presenza di dipinti murali, renderebbe chiaramente leggibile l’evoluzione che ha portato alla realizzazione dell’intero complesso monastico della Madonna dei Miracoli.

DESCRIZIONE INTERVENTO

L’intervento è localizzato sul ‘bordo’ della lama posto frontalmente rispetto all’ingresso della Chiesa Inferiore ed è costituito, come accennato, dal ninfeo e da due grotte contigue.
L’area è caratterizzata da una rigogliosa vegetazione che ricopre le pareti della lama risalendo fino al piano di calpestio su cui s’impostano il ninfeo e le grotte.
Si prevede una pulizia preliminare dell’area con la sola eliminazione delle piante infestanti che provocano il degrado della parte esterna con il ninfeo e le due grotte oggetto specifico dell’intervento di recupero. In particolare, l’opera è piuttosto articolata, poiché è in parte costruita e in parte scavata nella roccia creando un continuum con il paesaggio circostante, fino alla lama che la lambisce.
Nello specifico, nell’apparato decorativo che adorna la superficie esterna della parte costruita, pur essendo estremamente lacunoso, sono riconoscibili gli stilemi ornamentali del XVI secolo. La decorazione rimanda ai ninfei, realizzati in epoca greco-romana (e poi largamente proposti in epoca rinascimentale quali pseudogrotte ed esedre con peristilio), per contraddistinguere i luoghi in cui erano presenti sorgenti o vasche per la raccolta dell’acqua. Le decorazioni erano realizzate con incrostazioni e conchiglie che, in seguito, originarono le rocaille, abbellimenti che imitavano elementi della natura (stalattiti, rocce..).
In questo sito le decorazioni a rilievo e i frammenti d’intonaco superstiti caratterizzano la superficie esterna. Le pareti della grotta scavata sono decorate da uno strato d’intonaco sul quale sono dipinte, a cadenza regolare, numerose fasce verticali che contengono filari di margherite. La decorazione termina con una cornice che percorre il perimetro delle tre pareti definendo uno schienale. Poco più in basso, sempre nella roccia scavata, è ricavato un sedile. Il piano di calpestio, pur essendo livellato nella roccia, presenta un piano irregolare e, su una parete, s’individua un’apertura che penetra in profondità. Sul soffitto della grotta sono dipinte rose che non seguono alcuno schema.
Dalle lacune dell’intonaco dipinto emerge la superficie rocciosa nella quale, in alcune parti, furono inserite delle pietre (una sorta di opus incertum) per regolarizzare le pareti. Dalle lacune del soffitto, invece, emerge la roccia con numerose conchiglie fossili.
Sul lato destro, all’ingresso del vano scavato, vi è uno strato d’intonaco sul quale è presente una decorazione che raffigura una cornice, di gusto settecentesco di colore ocra-dorato, all’interno del quale è riconoscibile, un disegno a volo d’uccello, della lama antistante; nella decorazione è riconoscibile un ponticello che collega le due sponde.
Il resto delle pareti interne delle grotte è privo di finitura e numerosi sono i conci e i pezzi di roccia che, nel corso degli anni d’abbandono, si sono distaccati dalla sede originale. Quest’ambiente scavato è separato dall’esterno da una parete rocciosa frammista a conci di tufo di media grandezza; a sinistra dell’apertura della grotta, la parete di conci si raddoppia nello spessore, ma si tratta di un’aggiunta successiva come si evince dalla profonda fenditura che si è creata tra i due strati di muratura elevati. Gli estremi laterali della muratura hanno la parte superiore che termina a spiovente. La parte sommitale del sito è costituita da una muratura (alta tra i 30 e i 60 cm circa) realizzata con pietrame di dimensioni più ridotte e molto irregolari.
Della parete posta a nord-ovest s’intravede solo un lembo d’intonaco, per il resto è letteralmente ricoperto dalla vegetazione e contiene, a stento, un albero le cui radici sono penetrate in profondità attraversando la parete rocciosa d’accesso alla grotta. La superficie restante, già descritta all’inizio di questo testo, presenta frammenti d’intonaco e decorazioni che incorniciano una piccola esedra nella quale vi è un frammento di mascherone- fontana; in alto, su uno strato d’intonaco, s’individuano le tracce e alcune campiture di colore che raffigurano la Vergine con il Bambino. L’immagine ha un carattere oleografico. Alla base dell’esedra vi è una bella lastra di pietra nella cui parte centrale è inciso un paesaggio ameno protetto da una fortificazione di cui sono già occupati numerosi storici.. Gli altri frammenti d’intonaco, diffusi sulle pareti, presentano tracce indefinite di colore.

STATO DI CONSERVAZIONE

Dalla descrizione si evince, grosso modo, lo stato di degrado in cui versa il sito.
Il problema più significativo è costituito dalla vegetazione che “preme” sulla struttura e che è molto complicato arginare. Risulta possibile, invece, controllare e neutralizzare la vegetazione che si è inserita tra i conci della struttura muraria e che, con la sua azione meccanica, fa leva tra i conci dissestando ulteriormente la muratura e la formazione di colonie di microrganismi autotrofi ed eterotrofi largamente presenti in particolare sulle superfici delle rocce. Altro fenomeno significativo è dato dalla polverizzazione della roccia (calcare tenero) che, priva di finitura (intonaco) si sta disgregando rapidamente al punto d’aver fatto emergere numerose conchiglie fossili ed inclusi di natura marina.
Ovviamente parte della bellezza del sito è costituita da ciò che rimane della decorazione plastica di finitura. La decorazione, tuttavia, risulta molto lacunosa, in fase di distacco e fortemente disgregata. Non ultime le decorazioni parietali che, invece, sono soggette alla formazione di veli di sali carbonatati, che ne offuscano la brillantezza dei colori, e da “esplosioni” dell’intonaco dovute alle subefflorescenze saline.

INTERVENTO DI RESTAURO

L’intervento di recupero è abbastanza problematico a causa dell’interazione delle singole situazioni che costituiscono il sito (costruito, scavato, pietra, tufo, intonaco, stucchi, vegetazione, interno ed esterno) che sono strettamente interrelati tra loro.
Si formula pertanto, un progetto di recupero che individua le caratteristiche e le cure per le fenomenologie di degrado di ogni elemento che dovranno poi tradursi in un progetto globale che in fase esecutiva andrà, necessariamente, ulteriormente ampliato.

IL COSTRUITO

Per intervenire sulle superfici esterne, costruite, sarà necessario mettere dapprima in sicurezza i frammenti d’intonaco e le decorazioni in stucco.
Per fare ciò sarà indispensabile effettuare un preconsolidamento con resina acrilica in soluzione acquosa e poi proteggere gli elementi con velatino di garza e resina acrilica in solvente organico che rivesta completamente la superficie della decorazione e sbordi, ancorandosi al muro.

LA MURATURA

Come già accennato nella descrizione, la struttura muraria presenta degli “scollamenti” ed un principio di dissesto del pietrame presente nella fascia superiore.
Molto è dovuto alla presenza di piante infestanti che si sono insinuate tra gli interstizi e con le radici fanno leva tra le pietre; ma ciò è anche causato dalla mancanza/perdita delle stilature di malta tra i giunti. L’assenza di queste permette all’acqua piovana di penetrare all’interno della muratura provocando, nel corso del tempo, lo slittamento delle pietre. Quindi, per mettere in sicurezza la muratura sarà necessario eseguire, contemporaneamente, opere di contenimento (puntelli, travi, ecc.) e di neutralizzazione con biocidi specifici e successiva eradicazione delle piante infestanti. Durante queste operazioni non si esclude la necessità di fare rinzaffi temporanei per evitare il distacco di altri massi.
La struttura ha la parte superiore realizzata con pietrame più piccolo e disposto in maniera irregolare e, a prima vista si direbbe, priva di malta di allettamento. Questo aspetto andrebbe conservato perché non mostra alcuna traccia di strati di finitura tipo intonaco. Quindi, per poter consolidare quest’area, negli interstizi sarà iniettata una malta a base di calce idraulica e inerti che bloccherà le pietre tra loro, in profondità, e tra le superfici a contatto nascoste. Durante questa operazione si avrà cura che la malta non fuoriesca.
Un’operazione simile sarà eseguita per ricucire la profonda fenditura creatasi tra i due muri accostati. Questa parte della muratura è costruita da blocchi di pietra più regolari e giustapposti; in questa area sarà ripristinata la malta delle stilature tra i giunti. La superficie sommitale della parete è ricoperta da una cortina di cemento; in quest’occasione sarà eliminata meccanicamente e sostituita da un nuovo strato di malta realizzata con calce idraulica e cocciopesto. Dopo queste operazioni, le superfici saranno trattate con biocida a scopo cautelativo.

L’INTONACO E LE DECORAZIONI

Questi elementi, precedentemente protetti per poter eseguire le opere di recupero della muratura, saranno liberati dalle garze di velatino e sottoposte alle operazioni di pulitura. Quest’intervento consiste nell’applicazione di sali inorganici in sospensione in compresse di polpa di cellulosa e seguiti da un accurato lavaggio con acqua demineralizzata. Successivamente si procederà alla microstuccatura ed al fissaggio dei bordi con malta idraulica. Le aree che risultano distaccate dal supporto (stucchi e/o intonaco), saranno consolidate in profondità iniettando tra la muratura e gli elementi una malta premiscelata adeguata. Dopo, in accordo con la D.L., si stabilirà la metodologia da seguire per la reintegrazione cromatica.

IL NINFEO

Questo elemento architettonico è in parte rivestito da uno strato d’intonaco; nella parte alta della calotta è dipinta una Madonna con Bambino. Osservando con attenzione il manufatto e, in particolare, la superficie lapidea che emerge dalle lacune, risulta ben evidente il modellato della pietra. Questa presenta numerose cavità, a forma quadrata, delle quali non è comprensibile la funzione. È possibile che l’esedra sia stata realizzata con materiale di recupero di epoche precedenti.
L’intervento su questa parte del sito risulta più complesso poiché non vi sembra che ci siano relazioni tra l’intonaco di base, la parte dipinta e il rilievo del mascherone. In questo caso, sarà di fondamentale importanza programmare una campagna di indagini diagnostiche i cui risultati, potranno indicare le linee guida per eseguire il restauro. Pertanto, si rimanda ad una fase esecutiva la valutazione ancor più dettagliata degli interventi rispetto a quanto già previsto nel computo.

LA GROTTA

La grotta dovrà essere, preliminarmente, liberata dalla polvere e dai blocchi di roccia e tufo che si sono distaccati dalla sede originaria. Quest’ultimi saranno temporaneamente accantonati ed eventualmente riposizionati dopo aver avuto un quadro più preciso dello schema architettonico del vano. Dalle superfici della roccia, prive d’intonaco, che presentano un grave fenomeno di disgregazione, saranno estratti dei campioni da sottoporre ad un’ indagine petrografica (prevista in computo) che ne individuerà le caratteristiche e le concentrazioni saline. Quest’esame è di fondamentale importanza ai fini dell’individuazione di un prodotto consolidante adeguato che arresti, o per lo meno limiti, il processo in atto. Senza uno studio diagnostico adeguato e adoperando un prodotto non idoneo si può attivare un’accelerazione della disgregazione del materiale litoide. Solo a indagini concluse si concorderà con la D.L. il prodotto più idoneo da applicare, e, solo dopo aver messo in sicurezza le superfici rocciose a vista, si potrà procedere alle operazioni di restauro dell’ambiente a partire dal trattamento biocida da applicare sulle superfici verticali del sedile e in prossimità dell’ingresso. Il biocida neutralizzerà e arresterà per molto tempo le formazioni biodeteriogene che contribuiscono al degrado non solo dal punto di vista estetico; un trattamento analogo sarà praticato alle radici della vegetazione che spinge dall’esterno.
Successivamente si procederà alla risistemazione delle aree che presentano “rinzaffi”; sarà verificata l’adesione del pietrame al supporto roccioso e, diversamente, sarà riposizionato assicurandolo con strati di malta a base di calce idraulica povera di sali. La malta sarà individuata attraverso l’esecuzione di vari campioni al fine di riproporre una malta simile all’originale per colore e granulometria. Dopo queste operazioni preliminari si potrà procedere al restauro dell’intonaco dipinto.

IL DIPINTO

L’intonaco dipinto della grotta attualmente ha la superficie offuscata da veli di sali di vario spessore, durezza e aderenza; inoltre presenta alcune concrezioni ed esplosioni. Tutto ciò è dovuto alla presenza dei sali nello strato roccioso e le differenti formazioni sono dovute ai cambiamenti di temperatura.
Ovviamente è impossibile, ma sarebbe anche dannoso, eliminare le concentrazioni saline dal substrato. Inoltre l’ambiente è parzialmente aperto e di certo non è da prendere in considerazione il monitoraggio del microclima per tentare di controllare tale fenomeno. La rimozione dei veli di sali sarà eseguita applicando più cicli di sali inorganici in soluzione acquosa in sospensione in polpa di carta con successivo lavaggio con acqua demineralizzata. Le formazioni più dure e aderenti saranno assottigliate mediante ablatore a ultrasuoni. Le piccole e grandi lacune, presenti sulla superficie pittorica, saranno colmate con uno strato di malta sottolivello. La stessa malta sarà utilizzata per fissare i bordi dell’intonaco. Mediante percussione manuale sarà possibile individuare le aree di distacco dell’intonaco dal supporto. In queste sarà iniettata una malta premiscelata (PLM-A) specifica per intonaci di pregio. L’integrazione pittorica, qualora fosse necessaria, sarà eseguita con colori ad acquerello. Infine, sulla superficie, si applicherà un film di protezione. Anche questa operazione così come il prodotto da utilizzare sarà concordato con la D.L.