l'inchiesta

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AMMINISTRAZIONE COMUNALE DI ANDRIA

LE GROTTE DI S. ANDREA IN ANDRIA

Inchiesta d'Igiene Sociale del Prof. Salvatore Liddo

MOLPETTA - Scuola Tipografica dell’Istituto Provinciale Apicella per Sordomuti
MCMLIII

trascrizione in ebook - stralci

Un preambolo che miri a sottolineare il significato civile, sociale e igienico dell’abitazione per l’uomo è superfluo.

L’abitazione deve rispondere alle minime necessità fisiche ed igieniche dell’uomo moderno, onde è logico che accurate indagini vengano fatte nei centri abitati, non a titolo esclusivamente di ricerca scientifica e statistica, ma di indole, pratica applicata alla attuale politica di rinnovamento edilizio, laddove sussistono ancora le abitazioni misere ed affollate, influenti sulla denigrazione della vita umana coll’alleanza della miseria e della ignoranza.

Vi è nella provincia di Bari il più grosso centro rurale d’Italia, Andria, che con una popolazione all’incirca di 70.000 abitanti ha una notevole massa di cittadini allogata, complice la miseria, in abitazioni anguste e malsane. La popolazione contadina bracciantile è accentrata in città e nulla è stato mai tentato per decentrarla nel vasto territorio circostante (circa 40.000 ha.), in modo da far vivere il contadino il più possibile sulla terra che lavora, più rispondente alle proprie necessità di vita sana e redditizia. Ci fu un lodevole provvedimento di quotizzazione effettuato più di 20 anni fa dall’Opera Nazionale Combattenti, per cui sorse la Frazione di Montegrosso, con altri piccoli nuclei abitati, su una zona vasta e fertile distante 16 Km. dalla città sulla nazionale Andria – Canosa, e che oggi ospita più di 3000 abitanti (1).

Il problema dell’abitazione s’impone in questo popoloso centro in quanto alle case che rispondono ai requisiti igienici e sono quelle delle vie principali; una buona parte invece è rappresentata dai bassi, oltre a dei tuguri. La parte che interessa di più l’igienista e il sociologo è quella vecchia, che si eguaglia a tutte le altre del meridione d’Italia, con vicoli stretti e casette vecchie, oscure, malsane e sovrappopolate. La parte relativamente nuova interessa anch’essa per il fatto che, pur avendo vie ampie e aereate, i costruttori e i proprietari hanno seguito un criterio costruttivo del tutto rurale, mediante i lamioni e le suppenne.

II lamione non è che il « basso » di altre località, costituito da un unico vano, talora abbastanza ampio, con volta in muratura, solide fondamenta (per dare la possibilità eli sopraelevare) e che ospita carro, bestie e uomini. Questo tipo di casa se fabbricato dal piccolo proprietario ha anche annesso l’androne per la scala di accesso al piano superiore. Il tipo a lamione porta tuttora alla minuta lottizzazione delle aree fabbricabili, che, se conviene ai proprietari dei suoli, non risponde alle più elementari norme di estetica, di urbanistica e di igiene, in quanto è una casa falsa a forma di budello, spesso divisa e suddivisa da incompleti mezzanini che danno l’illusione dell’esistenza di più vani. Generalmente avanti vi è il traino, dietro l’abitazione e nel piccolo cortiletto retrostante, quando esiste, la stalletta. L’animale o gli animali attraversano tutto il lamione per arrivare alla stalla: le conseguenze sono facilmente intuibili. In questo periodo di ripresa edilizia si tende ad eliminare tale tipo di costruzione.

La suppenna è l’altro tipo di abitazione diffusa specialmente alla periferia della città e rappresenta la casetta ultra economica, un vero disastro sotto tutti gli aspetti, in quanto è formata da muri rustici perimetrali, quasi senza fondamenta, con tetto in tavolato e tegole, pavimento di terra battuta o di basole più o meno sconnesse. è inutile dire che questi ambienti sono inabitabili, sia perchè risentono molto le variazioni della temperatura esterna, sia perchè sono spesso umidi, miseri e sovraffollati. Non parliamo poi delle suppenne dei caprai e dei vaccari.

Più che le case della parte nuova di Andria, mi interessa in particolar modo fermarmi sulla parte vecchia e fra gli altri, su un quartiere caratteristico denominato Grotte di Sant’Andrea (2) che, pur essendo stato bonificato nel 1903, resta una zona tipica paragonabile solo ai celebri « Sassi » di Matera. Al visitatore desta meraviglia tale denominazione, poichè nulla è visibile esternamente e le case si presentano, se pur misere, eguali a tutte le altre delle zone vicine. Bisogna però entrare in molte di quelle case, e specialmente nei tuguri, perchè si affacci alla mente l’arbitraria affermazione che le grotte di formazione naturale, realmente esistenti anche nelle zone adiacenti, fossero state abitate. Codesta vita trogloditica non è ammissibile se non in epoca neolitica, se non addirittura paleolitica, alle quali ere non si può assolutamente far risalire l’esistenza anche di un primo nucleo di abitanti il territorio di Andria. Fu solo nel 1073-82 che Pietro I Conte di Trani, da cui dipendeva il locum Andre, costituì la Città di Andria, raccogliendo nel primitivo villaggio alcune borgate rurali sparse nel territorio circostante (3). Resta intanto certo che in epoca remota fu costruito nell’attuale quartiere delle « Grotte » un complesso disordinato di abituri, con un numero di abitanti di molto superiore all’attuale, e che un certo miglioramento si ebbe allorquando la popolazione eccedente riuscì a sistemarsi nelle zone libere vicine, ormai non più trattenuta dalle mura cittadine.

*    *    *

La inchiesta che sto per esporre ha avuto lo scopo di rilevare le condizioni igienico – ambientali di questo antico nucleo abitato di Andria. Inchiesta che si imponeva speranza (ora vediamo divenuta certezza) che venisse impostato una buona volta il problema dello sventramento e della bonifica del quartiere in esame e degli altri, non meno cattivi, della città vecchia.

Inutile dire del labirinto di vicoli e vicoletti con fabbricati addossati fra loro; con abitazioni senza aria, luce, sole; con vani superaffollati, impressionanti per il disordine interno e per la sporcizia che, se è difetto di una educazione igienica degli abitanti, deriva da carenza di spazio e la miseria: fattori concomitanti.

Il rione in esame ha una superficie totale di mq. 7.880, di cui 3.280 rappresentati da spazi liberi; è di forma triangolare con l’apice tronco e si presenta come una grande conca, il cui centro trovasi ad un dislivello di circa 7 m. rispetto alle vie perimetrali (*).
Questo forte dislivello non permise di far beneficiare gli abitanti della fognatura dinamica, onde le acque meteoriche e quelle domestiche scorrono sulla superficie lastricata dei vicoli (4) e vengono raccolte in tre pozzi neri statici, che, pur avendo una certa capacità, hanno bisogno di essere svuotati più volte durante l’anno (5) e si hanno facili allagamenti delle abitazioni in seguito a piogge torrenziali stagionali.

pianta del rione Grotte Sant'Andrea

(*) Come si vede dalla pianta della zona il triangolo ha per base e a nord via Federico II di Svevia, ad est via Jolanda e via Cristoforo Colombo, ad ovest via Domenico Gentile ed infine l'apice tronco corrisponde a via Mura Porta Nuova.
Il rione è diviso in 6 vicoli disposti nel seguente modo:

Primo vicolo: s’inizia da via Federico II di Svevia. Nel primo tratto di 8 m. è largo m. 1,70 e va restringendosi sino a m. 1,10, con dislivello di m. 3.50 (9 gradini, parecchi con alzata di cm. 50); poi il vicolo si allarga.

Secondo vicolo: anch’esso s’inizia da via Federico II di Svevia. Nel primo tratto di m 8,40 è largo m. 2,10 e si restringe sino a m. 1,35, con dislivello di m. 3,50 (15 gradini, con alzata in media di cm. 20); poi il vicolo s’allarga.

Terzo vicolo: s’inizia da via Jolanda. Nel primo tratto di m. 7 è largo m. 2,10, con dislivello di m. 1,20 (5 gradini, con alzata in media di cm. 20 ognuno); nel secondo tratto di m. 4,80 si restringe ancora a m. 0,77 e con dislivello di m. 1,60 (8 gradini, alzata in media cm. 20); poi il vicolo s’allarga.

Quarto vicolo: s’inizia da via C. Colombo. Nel primo tratto di m. 14 è largo m. 4,15, con dislivello di m. 3,20 (13 gradini, alzata in media cm. 24).

Quinto vicolo: s’inizia anche da via C. Colombo. Nel primo tratto di m. 6,30 è largo m. 2 e si restringe alla fine a m. 1,80, con dislivello di metri 3,55 (11 gradini, alzata in media di cm. 30).

Sesto vicolo: s’inizia anche da via C. Colombo Nel primo tratto di metri 11,70 è largo m. 2, dislivello di m. 2,40 (10 gradini, alzata in media di cm. 28).

Non vi è accesso di vicoli da via Domenico Gentile e da via Mura Porta Nuova per il forte dislivello esistente, rappresentato rispettivamente di in. 6 e di m. 4,20.

A) Lo stato di affollamento delle abitazioni.

L’agglomerazione umana si esprime mediante due indici (Pagliani) quello della densità e quello dell’affollamento (6).

a) Densità:

Giacchè la zona in esame ha una superficie totale di mq. 7.880 e vi abitano 626 persone, la quota a testa, fra suolo coperto e scoperto, è di mq. 12,58 che supera di poco il limite minimo richiesto di mq. 10. Detraendo dalla superficie totale mq. 3.280 di terreno scoperto (vicoli, piazze e fabbricati abbattuti) si ottiene la quota a testa di suolo coperto di mq. 7,35. Si tenga conto però che non tutte le case sono abitate, come si vedrà appresso. In ogni modo sul dato di densità del rione nulla ho da obiettare, in quanto viene rispettato il rapporto che deve intercedere fra area coperta e scoperta (2/3 della prima rispetto alla seconda).

b) b) Affollamento o addensamento o agglomerazione:

Su 227 numeri civici che segnano attualmente le case dei 6 vicoli (tab. I) ne sono abitati 148 (65,20%), mentre gli altri 79 o sono adibiti ad altro uso (59 stalle e ex stalle, 4 ripostigli e scale accessorie dei proprietari, la Chiesetta di Sant’Andrea, in tutto 64), oppure sono stati abbattuti (n. 7), o non sono abitati perchè pericolanti (n. 8).

Le 148 case abitate contengono 176 vani utilizzati (tab. II) con 156 famiglie e una popolazione di 626 persone (media di 4 persone a famiglia); sicchè ogni vano risulta affollato con una media di 3,56 individui (il Censimento del 1951 fece rilevare una media nazionale di 1,33). Di queste 156 famiglie, 136 abitano un solo vano (87,13%) con 504 persone (media 3,70 individui a vano) e soltanto 20 famiglie ne occupano due (12,82%) con 122 persone (media 3 a vano). È utile precisare che l’ambiente unico abitato dalla maggior parte delle famiglie ha un uso multiplo (camera da letto, soggiorno, cucina, latrina, ripostiglio e qualche volta anche stalla) per cui si può al massimo ritenerlo non affollato quando accoglie una sola persona, in appena 12 casi (8,82%); mentre gli altri o sono affollati (contenendone 2 o 3 persone, come avviene in 61 famiglie 44,85%), oppure superaffollati (contenendone da 4 a 9 persone, come avviene in 63 famiglie 46,32%).

Delle 20 famiglie che occupano 2 vani ciascuna, e sono parzialmente più fortunate, soltanto 5 sono composte da 3 o 4 persone e quindi gli ambienti possono non considerarsi affollati (25%), mentre 6 famiglie addensano i 2 vani con 5 o 6 persone (30%) e le rimanenti 9 con 7-8-10 persone; sono quindi anche esse superaffollate (45%). Sicchè volendo riassumere ritengo utile riportare nel seguente quadro lo stato di affollamento delle 156 famiglie:

Stato di affollamento delle 156 famiglie
  non affollati affollati superaffollati
TOTALE → n. 17 (10,90%) n. 67 (42,95%) n. 72 (46,15%)
vano unico n. 12 n. 61 n. 63
vani due n. 5 n. 6 n. 69

il che significa che appena l’11% delle famiglie si trovano in discrete condizioni di vita e il restante 89% affollano e superaffollano quelle misere abitazioni.

B) Superficie individuale.

La superficie totale degli ambienti abitati è di mq. 3.119 per cui ad ogni abitante spettano in media mq. 4,98, però bisogna tener conto che la superficie individuale minima è risultata di mq. 2 e la massima di mq. 20. Senza considerare singolarmente le varie superfici individuali (compito della tab. III), divido in tre gruppi i dati ottenuti, in modo da avere:

Superficie individuale, per famiglie e persone
Superficie Famiglie Persone media persone
a famiglia
totale superficie
in mq.
media superficie
a persona in mq.
TOTALE → 156 626 4 3119 4,98
deficiente
da 2 a 5 mq.
77 (49,35%) 414 (66,13%) 5,40 1409 3,50
discreta
da 6 a 10 mq.
66 (42,30%) 191 (30,51%) 2,71 1427 8
buona
da 11 a 20 mq.
13 (8,33%) 21 (3,35%) 1,73 283 14,57

Di regola ogni ambiente destinato all’abitazione umana deve avere un minimo di superficie individuale di 8 mq., onde in questo caso circa il 50%, delle famiglie che abitano il quartiere hanno per le persone a carico una superficie individuale insufficiente (mq. 3,50) e che rappresenta il 66,13% del totale degli abitanti locali. Inoltre, come era da prevedersi, la superficie individuale è in rapporto col grado eli affollamento delle abitazioni, in quanto la superficie è deficiente per le famiglie che hanno una composizione media di 5,40 persone, raggiunge il minimo quando la media dei componenti delle famiglie scende alla metà (2,71) ed infine è buona quando i componenti delle famiglie si riducono ad un terzo (1,73).

C) Cubatura individuale.

La cubatura totale degli ambienti presi in esame è di mc. 10.473 di modo che ad ogni abitante spetta in media mc. 16,73. In linea di massima questa quota media d’aria può essere considerata sufficiente alle necessità degli abitanti, specie perchè non ho fatto distinzione di età e ciò in considerazione dell’uso misto che si fa quivi dell’abitazione, consistente, come si è visto, nella maggior parte dei casi in un unico ambiente.

Circa la cubatura ambientale da riservare ad ogni persona che vi abita per passarvi anche la notte, si cerca di calcolarla in base alle esigenze fisiologiche degli abitanti e al numero degli ambienti occupati. Nelle regolamentazioni dei vari paesi si trovano tuttavia sensibili differenze (Pagliani). In Inghilterra si richiede per le stanze ventilate con finestre e camini almeno 8 mc. a persona, se occupate la notte, e 10 mc. se occupate pure il giorno. In Germania è fissato a 10 mc. per persona oltre i 10 anni e la metà per quelli al disotto di tale età. In Francia si richiedono 18 mc. a persona. In Italia la regolamentazione basandosi sulle esigenze fisiologiche e sulle condizioni climatiche stabilisce mc. 8 per ragazzi sino a 10 anni e mc. 15 per persone oltre i 10 anni. Nel caso delle « Grotte di Sant’Andrea » di Andria, se la media generale di cubatura individuale può essere considerata confacente con mc. 16,73 a persona, non così succede quando si analizzano i singoli dati (riportati nella tab. IV). Per semplificare ho anche in questo caso riassunto nel seguente quadro i dati di cubatura individuali riscontrati, dividendoli in tre gruppi a seconda che rispondono o meno alle necessità degli abitanti:

Cubatura individuale, per famiglie e persone
Cubatura Famiglie Persone media persone
a famiglia
totale cubatura
in mc.
media cubatura
a persona in mc.
TOTALE → 156 626 4 10.473 16,73
deficiente
da 5 a 10 mc.
34 (21,79%) 193 (30,83%) 5,68 1528 7,09
discreta
da 11 a 20 mq.
63 (40,38%) 263 (42%) 4,17 4001 29
buona
da 21 mq. in poi
59 (37,82%) 170 (27,15%) 2,88 4944 29

Così si osserva che la media definita deficiente è di mc. 7,09 a persona (30,83% degli abitanti), la discreta è corrispondente al minimo della nostra regolamentazione di mc. 15,20 (42% degli abitanti) e la buona di mc. 29 (27,15% degli abitanti). Anche la cubatura è in rapporto all’affollamento degli ambienti e ciò è logico; ma interessa anche, e di più, il rapporto fra cubatura ambientale e ventilazione, come nel contempo vi è rapporto fra superficie ambientale e superficie fenestrata illuminante.

A tal proposito Pagliani afferma:
« che l’aria ad ogni abitante viene fornita da quella esistente in un ambiente (cubatura) e da una quota di ventilazione che entra ed esce dallo stesso ambiente nell’unità di tempo e per individuo, qualunque sia il modo naturale o artificiale con cui tale ricambio si ottiene. In pratica, questi due mezzi di fornire aria non si possono, però, nel più dei casi, applicare separatamente in modo assoluto. Il dare, in un locale confinato, una cubatura di ambiente per uno o più individui, che basti da sola a fornire loro l’aria necessaria per un tempo anche molto lungo, non è il più delle volte realizzabile per parecchi riguardi. D’altra parte, il solo rinnovamento dell’aria, in un locale, in cui sia molto ridotta la cubatura a disposizione per individuo, si dovrebbe fare così attivo, per sopperire alla mancanza di riserva di aria in esso, da determinare gravi inconvenienti di molestia o di danno per chi vi è esposto. A fornire la quota di aria per ogni individuo in un ambiente confinato, devono perciò, nel più dei casi, concorrere i due fattori insieme: cubatura dell’ambiente e ventilazione; con preponderanza dell’una o dell’altra a seconda delle varie contingenze ».

Nel caso in discussione se in media la cubatura individuale può ritenersi soddisfacente, manca però il fattore « quota di ventilazione » e che durante specialmente la notte (benchè anche di giorno) è affidato a quello naturale, mancando qualsiasi mezzo razionale di ventilazione artificiale, compreso anche quella proveniente da adatte finestre. Nella tabella V si rileva che soltanto 29 ambienti su 176 sono forniti di balconi o ampie finestre (16,47%), mentre tutti gli altri o hanno ventilazione insufficiente (80%) o non ricevono aria e luce direttamente dall’esterno (3,40%). A tal proposito bisogna anche aggiungere che d’inverno la ventilazione diviene esageratamente attiva a causa delle finestre sgangherate (spesso sprovviste di vetri) e le porte fessurate; l’afa e la caldura estiva viene invece attutita aprendo di notte le porte e le finestre o addirittura portando i giacigli sulla strada.

D) Luce naturale.

La distribuzione delle aperture degli ambienti (porte e finestre) ha grande importanza, come si è detto, per la loro ventilazione e illuminazione naturale. A tal proposito ricordo, con Ilvento, che l’ampiezza delle finestre si usa misurarle con criteri diversi a secondo se le consideriamo come mezzo di ventilazione o come mezzo di illuminazione. Nel primo caso la superficie fenestrata deve essere in rapporto alla cubatura dell’ambiente (mq. 1 per ogni mc. 25), nel secondo caso il rapporto si crea con la superficie del pavimento (mq. 1 per ogni mq. 8-10).
Nel caso in esame il problema delle finestre come fattore di illuminazione è più grave di quello della ventilazione, in quanto non può essere sostituito o integrato da alcun altro mezzo e poi perchè la mancanza o la sua scarsa dimensione incide non poco sul beneficio che la luce naturale porta alle persone ed agli ambienti abitati. Non ho ritenuto necessario fissare il suddetto rapporto fra finestre da un lato e fra superficie e cubatura dall’altro, in quanto la deficienza, tranne rare eccezioni, e evidente per l’uno e per l’altro, per non dire che esso spesso non esiste affatto per mancanza di finestre. Possiamo subito persuaderci se in linea di massima dividiamo gli ambienti secondo il seguente schema stralciato dalla tab. V:

Illuminazione e aereazione dei vani
a) vani sufficientemente illuminati e aerati
(con finestre o balconi)
n. 29: 16,47%
b) vani insufficientemente illuminati e aerati
(con piccole finestre)
n. 87: 49,43%
c) vani senza finestre
(luce e aria entrano dalla porta)
n. 60: 34%

Si rende così inutile qualsiasi altro commento di fronte a più di 4/5 di abitazioni che non possono usufruire dei benefici dell’aria e della luce, tanto necessari all’igiene degli ambienti abitati e alle esigenze biologiche degli abitanti. Infine torna utile fissare ancora meglio il concetto, che se da un lato il calcolo matematico della superficie e della cubatura degli ambienti censiti, danno valori buoni e talora anche alti, dall’altro lato sono pessimi per la mancanza o insufficienza della luce naturale e dell’aria. Immaginarsi quale aria si respira d’inverno negli ambienti che hanno come unica apertura la porta (34 per cento degli ambienti), compreso il 15,34% dei tuguri.

Di questi ultimi ritengo inutile fermarmi a parlare; basta dire che sono vani interrati profondi qualche metro, neri, umidi e oscuri.

E) Ambienti umidi, lesionati, pericolanti e a soffitta.

Ho rilevato la umidità ambientale basandomi soltanto sulla presenza di evidenti infiltrazioni di acqua, con ammuffimento e odore caratteristico. Ho così dichiarato umidi 83 vani (47,16%) che sono abitati da 296 persone (47,28%).

Queste infiltrazioni di acqua avvengono nella maggior parte dei casi attraverso la volta in tavolato degli ambienti, infatti tutti i 27 vani a soffitta sono così coperti e per di più mal difesi da tettoie disadatte e sgangherate che lasciano penetrare l’acqua, specialmente quando vi sono precipitazioni violente. Queste soffitte se da un lato godono del beneficio di essere più soleggiate e ventilate degli altri ambienti, subiscono però al massimo le conseguenze delle temperature estreme e delle infiltrazioni di acqua meteorica. L’altra causa di infiltrazione di acqua piovana è rappresentata dalle fessure dei muri maestri, per profonde lesioni. I vani lesionati sono in numero di 28 (15,90%) e le lesioni sono tali da mettere in serio pericolo la vita di 116 persone (18,53%). Non sono mancate le ordinanze di sgombero dell’Ufficio Tecnico Comunale che non è mai stato possibile far osservare. Altri 14 ambienti (7,95%) hanno evidenti, ma non pericolose, lesioni, che in avvenire diventeranno anch’esse gravi, per la nota mancanza di manutenzione degli stabili.

Resta infine altra causa di infiltrazione rappresentata dal sottosuolo e sono i tuguri a subirne le conseguenze, specie per le infiltrazioni delle acque che in permanenza scorrono sulla superficie stradale.

F) Cucina (tab. VII).

Delle 156 famiglie che abitano il rione soltanto 9 (5,77%) possono vantarsi di avere la cucina in ambiente separato, rispondente alle esigenze familiari e discretamente aerata e illuminata; altre 27 famiglie (17,30 %) usufruiscono della cucina in ambiente separato, ma insufficiente alle esigenze familiari per superficie, cubatura, aria e luce; tutte le altre (120 col 77%) hanno il focolare nell’unica stanza. Si capisce bene quanto sia il beneficio delle persone e delle cose, specie per 69 famiglie (44,23%), che usando focolari sgangherati e privi di tiraggio, sono costretti a vivere nell’unica stanza nera e fuligginosa. Non meraviglia osservare in tutte le stagioni il cucinare all’aperto su focolari improvvisati, così si evita di essere affumicati nell’unica camera.

G) Letto e mobilia (tab. VIII).

L’indispensabile riposo ha bisogno di un minimo di conforto al quale nessun essere vivente è capace di rinunziare, altrimenti rappresenta un sacrificio e l’uomo non ha la possibilità di reintegrare le proprie forze dopo il giornaliero estenuante lavoro. La questione del giaciglio negli ambienti visitati è legata al resto del mobilio; laddove manca questo non esiste altro, come succede in ben 39 famiglie (25 %) che si riposano su un complesso di stracci deposti sulla nuda terra. Già usualmente in questi ambienti è questo il sistema che vige quasi ovunque per far dormire i bambini, una specie di cuccia dei cani. Tutte le altre famiglie sono provviste di mobilia, per alcune già vecchia e con giaciglio su cavalletti (21%) e per altre discreta (25%) o anche buona (36,53%).


Volendo dare un giudizio finale sugli ambienti visitati posso affermare che dei 176 vani appena 4 (2,27%) sono discretamente accoglienti e le famiglie che vi abitano possono essere considerate le più fortunate; mentre tutti gli altri sono cattivi. Volendo fare ancora una selezione, dettata dall’attuale crisi degli alloggi (e si capisce non per le necessità umane di vita e di igiene che non scendono a patteggiamenti) dei 172 vani, 100 di essi pur essendo cattivi possono provvisoriamente essere abitati, gli altri 72 hanno urgente bisogno di essere sgombrati essendo pessimi.

Considerazioni e conclusioni.

Le note illustrative esposte sulle « Grotte di Sant’Andrea » di Andria, hanno messo in evidenza lo stato deplorevole in cui si trovano le abitazioni, onde vale la pena di formulare poche considerazioni di ordine sociale, igienico ed umano di quanto ho constatato.

Gli abitanti del rione trascorrono la loro vita abbrutendosi in queste casette, in un groviglio di vicoli ove si esplica quasi tutta l’attività dei diseredati abitanti. Non parliamo poi dell’infanzia allevata fra il sudiciume dell’abitazione e della strada e che non conosce altro se non la miseria, nelle sue manifestazioni più nere, con il disprezzo del benessere altrui. È quivi che cova l’odio contro tutto e contro tutti. Come si fa a non addebitare alle loro nauseabonde tane usate come abitazione che, invece di attirare piccoli e grandi nel santuario della famiglia, li allontana spingendoli a vivere sulla pubblica via, in una promiscuità che fa ribrezzo e con tutte le ovvie conseguenze morali e sociali?

Quasi tutti gli abitanti vivono nella unica stanza, frequentemente in comune con animali, specialmente da cortile, con gli attrezzi del mestiere e di cucina affastellati in un angolo o sotto il letto (deposito naturale delle masserizie), anch’esso incapace di dare riposo sufficiente alle stanche membra. Ogni sera pochi stracci o nei casi migliori poveri pagliericci, vengono distesi per terra e rappresentano il giaciglio dei genitori e dei figli di ambo i sessi. È logico che l’affollamento e la promiscuità portano ad una sofferenza morale e fisica e la intimità nella miseria esaspera gli animi rendendoli più proclivi all’odio e al vizio: talchè bisogna convenire con coloro che affermano che la moralità è questione di metri quadrati disponibili in una casa. L’unica stanza poi è nel 34% sprovvista di finestra, sicchè, chiusa la porta, resta esclusa la possibilità che penetri aria e luce ed è resa ancora più fetida dal sistema del vaso antidiluviano, che raccoglie gli escreti individuali di tutta la giornata. Come se questo non bastasse in 5 casi (7). vi è anche il pozzo nero che viene usato sia per raccogliere i liquami della famiglia, sia quello di altri inquilini (8).

Il tenore di vita di questi abitanti molto basso e la miseria domina assoluta ovunque, non disgiunta dallo stato di pulizia che generalmente fa ribrezzo e ciò perchè circa la metà dei vani (n. 84) hanno per pavimento o basole sconnesse o senz’altro terra battuta. Ecco i tuguri (15,34 per 100 vani, col 14,54 per 100 abitanti) che si presentano neri, oscuri e umidi. In alcuni si scendono 7 o 10 gradini; quasi tutti comunicanti con grotte che per lungo tratto si addentrano sotto le vie perimetrali della zona (9).
Ecco le case lesionate e pericolanti che lasciano abbondantemente infiltrare le acque piovane e non vengono abbandonate neanche dopo energiche ordinanze dell’Autorità Comunale. Sono ben 28 vani che mettono in serio pericolo la vita di 116 persone, ciò per mancanza di abitazioni e a tal proposito giova ricordare che qualche anno fa si verificò il crollo di un intero comprensorio di fabbricati adiacenti.
Ecco le soffitte in tavolato che permettono di ammirare la volta celeste e con ovvie conseguenze, non escluso il pullulare di insetti nauseabondi (15,34% dei vani, col 17,57% degli abitanti). Non parliamo poi della cucina, come ambiente a se stante, che non esiste nella maggior parte dei casi (77 % delle famiglie. è sempre l’unica stanza che accoglie il fuoco, uso masseria, privo di tiraggio e col fumo che delizia specialmente il 44,24% degli abitanti e rende l’ambiente indecente e inabitabile, tanto da indurre le massaie a cucinare nella pubblica via, per di più, anch’essa stretta e inaccogliente.
Restai meravigliato nell’osservare a ridosso della Chiesetta di Sant’Andrea un focolare improvvisato e collettivo, con una serie di pentole in terracotta (pignatte), allineate intorno al fuoco, che cucinava la minestra di legumi di più famiglie.

I riferiti inconvenienti vengono in piccola parte attenuati dal fatto che gli uomini vivono in questi ambienti soltanto la notte, mentre il giorno lo trascorrono all’aria libera di campagna (essendo quasi tutti contadini); mentre le donne e bambini vivono in permanenza sulla strada, tranne nei pochi giorni di freddo e di pioggia, esplicando la maggior parte delle funzioni riservate alla comune vita domestica, in comunanza fra loro che porta spesso ad escandescenze ed a litigi pure cruenti.

Bisogna cercare di stanare i 626 abitanti del rione, di portarli in casette adatte con un minimo di conforto umano, di elevarli moralmente e materialmente ad una vita che si avvicini il più possibile a quella decente.
Se si pensa che l’unico vano accoglie nel 46,32 % delle famiglie da 4 a 9 persone, in più il resto dell’attrezzatura necessaria per la famiglia e per il mestiere.
Se si pensa che una madre cede il proprio giaciglio al figlio che ha pensato bene di unirsi alla fidanzata e rimandare le nozze a miglior tempo, adottando l’alibi della crisi degli alloggi (10); all’incirca nelle stesse condizioni trovasi una vedova che nell’unica stanza vive con la figlia diciottenne, il figlio sedicenne ed il figlio ventunenne con la giovane moglie (11); e ancora altra vedova che dorme con due figli giovanotti su un misero giaciglio, mentre sull’altro dorme il padre e lo zio (12).
Se si pensa che un giovane deficiente e paralitico giace solo su pochi cenci tutta la giornata, mentre la mamma cerca di guadagnarsi la vita come lavandaia e per di più questo ambiente è il peggiore di tutti gli altri visitati (13).
Se si pensa che le più elementari pratiche di pulizia individuale e di spidocchiamento avvengono sulla strada.
Tutto ciò indubbiamente incide sulla salute e sul morale di questa popolazione e non dobbiamo meravigliarci dei moti di ribellione e delle stragi che si ebbero nel 1945 e che resero tristemente celebre il nome della città.

Da quanto si è detto quale provvedimento si può suggerire? Uno solo. Abbattere totalmente il rione, con una saggia opera di sventramento.

È possibile farlo tutto in una volta? Ritengo di no per tante ragioni facilmente intuibili. Abbattere subito le casette disabitate e pericolanti, almeno si dà aria e luce alle altre, poi le lesionate e abitate con una semplice ordinanza di inabitabilità, previa costruzione in luogo adatto delle cosidette case minime per contadini. Non case popolari su più piani, come si son costruite in questi ultimi anni, per le particolari esigenze che ha il contadino. Bisogna decentrare il più possibile su aree libere, dotando ogni casetta dell’orticello, sul tipo di quelle già costruite nella stessa città di Andria al « tratturo » e che hanno dato buona prova.

A chi affidare l’iniziativa dello sventramento? Non è da parlarne di iniziativa privata, poichè lo sventramento dei vecchi ed addensati abitati non può essere attuato neanche dalla Amministrazione cittadina o provinciale, per le enormi spese di esproprio e di abbattimento delle case vecchie, di esproprio dei suoli e costruzione delle nuove case. Solo lo Stato è in grado di farlo ed ha il dovere di intervenire per ragione morale, sociale ed igienico; e pare che siamo sulla buona strada.

Il problema più importante di Andria è questo delle « Grotte di Sant’Andrea » seguito a breve distanza da quello dello sfollamento del centro cittadino, per poter così rendere completo il decentramento dei contadini che l’affollano, anche perchè il contadino sente il bisogno di essere legato alla sua terra.

Dall'Istituto d'Igiene e Microbiologia dell'Università di Bari
diretto dal Prof. G[iuseppe]. Sangiorgi [1884-1974].

NOTE    (Nell'originale la numerazione è di pagina e non progressiva dell'intero argomento)
(1) Si precisa che il presente studio fu fatto nel 1950, quando non era operante l’Ente Riforma.
(2) Dall’antica chiesetta di Sant’Andrea. A quanto si dice le « Grotte » rappresentarono il nucleo originario della città e furono poi abitate dai cosidetti « frascari », miseri venditori di fastelli di frasche fresche e secche.
(3) Notizie fornite da Pasquale Cafaro. Le borgate esistenti avevano il nome di San Lizio, San Candido, San Vittore, Santa Taviella, Santa Barbara, San Muritano, ecc.
(4) Immaginarsi come si presentavano i vicoli prima che l’Amministrazione Comunale Sgarra non facesse basolare e bonificare la zona, come ricordava una lapide (1903) distrutta qualche anno fa per ragioni politiche.
(5) I pozzi neri raccolgono le acque della parte più bassa della zona priva di pendenza verso i vicoli di accesso. Uno si trova in un larghetto alla fine del 1. vicolo (fra i numeri 27 e 55); l’altro verso la fine del 4. vicolo, l’altro ancora in una piazzetta del 6. vicolo. Lo svuotamento avviene con pompa a mano; l’acqua estratta dal primo pozzetto è versata alla superficie del 1. vicolo e convogliata nel pozzetto con caditoia (vicino alla Chiesetta di San Andrea), che termina nella fogna dinamica di via Federico II di Svevia. L’acqua estratta dal secondo e terzo pozzo nero viene immessa nel pozzetto con caditoia alla fine del 6. vicolo, che con una condotta attraversa a fiore di pavimento, l’abitazione del n. 47 e sbocca nella fogna dinamica.
In un piccolo largo del 4. vic. (fra i nn. 18 e 57) vi è un pozzetto che non viene mai svuotato e si suppone sia in comunicazione con una grava che ne disperde le acque convogliate.
(6) S’intende per densità di popolazione il rapporto tra il numero di abitanti di una zona e la sua superficie; mentre affollamento o addensamento o agglomerazione è il rapporto tra il numero degli inquilini di una abitazione e il numero dei vani di questa. PAGLIANI, Trattato d’Igiene e Sanità Pubblica.
(7) Primo vicolo n. 3 (coniugi e due figli), n 6 (coniugi e un figlio), n. 10 (coniugi e 5 figli), n. 14 (coniugi e 5 figli). Secondo vicolo n. 28 (coniuge e 2 figli).
(8) Primo vicolo n. 10 e secondo vicolo n. 28.
(9) I. vicolo: n. 8-10-42; II. vicolo: n. 28-30; IV. vicolo: n. 11-15-17-29-47-79.
(10) Primo vicolo n. 18.
(11) Primo vicolo n. 21.
(12) Terzo vicolo n. 23.
(13) Primo vicolo n. 10, già menzionato altre volte.