Ed ora veniamo a parlare degli Ecclesiastici, appartenenti al Capitolo Cattedrale ed al Clero di Andria, i quali si son resi illustri coll’esser stati elevati alla Dignità Episcopale. Di questi, alcuni furono preconizzati Vescovi della medesima città e Diocesi, altri di estranea Diocesi.
Per riguardo ai primi [1], ne diamo qui un epilogo sommario, avendone già parlato nel I. volume di questa istoria, secondo le varie epoche in cui occuparono essi la Sede Vescovile di Andria.
Per riguardo ai secondi, ne daremo una breve biografia, secondo ci è riuscito poterne avere notizia di ciascuno.
I Vescovi cittadini andriesi, che occuparono la Sede Vescovile di Andria, sono:
I. Un tal GIOVANNI III, che l’Ughelli ed il Cappelletti riportano sotto il Pontificato di Papa Innocenzo VI (1352-62). Nessun’altra notizia si ha di questo Vescovo di Andria, oltre a quella che fu cittadino andriese, e morto nel 1375 [2].
2. FRA EMILIO SABALICE (detto Mons. Melillo) dell’Ordine Eremitano di. S. Agostino, preconizzato Vescovo di Andria nel 1390 da Papa Bonifacio IX (1389-1404). Morì a 25 febbraio 1418, dopo 28 anni di Vescovado. Appartenne a nobile famiglia andriese, da lungo tempo estinta.
3. FRA ANTONIO GIANNOTTO dell’Ordine Domenicano; preconizzato Vescovo di Andria e di Montepeloso nel 1460 da Pio II (1458-64), morto nel 1463, dopo tre anni di vescovado. Appartenne a nobile famiglia andriese, anche da lungo tempo estinta.
4. ANGELO FLORIO del Capitolo Cattedrale di Andria; preconizzato Vescovo di Andria nel 1477 da Papa Sisto IV (1471-84); morto nel 1495, dopo 18 anni di vescovado. Appartenne a nobile e patrizia famiglia andriese, anche da lungo tempo estinta.
5. ANDREA PASTORE, Prete Cappellano dell’Annunziata; preconizzato Vescovo di Andria il 3 marzo 1515 da Papa Leone X (1513-21); deposto da Vescovo dal medesimo Papa (perché resosi indegno) dopo un anno di vescovado.
6. SIM0NE DE NOR, Canonico Penitenziere della Cattedrale di Andria; preconizzato Vescovo di Andria dal medesimo Papa Leone X a dì 5 dicembre 1516; morto nel 1517, pria di compiere un anno di Vescovado.
7. DOMENICO DE ANELLIS, Canonico Priore della Cattedrale di Andria; preconizzato Vescovo di Acerno nel 1741, e poscia traslocato a Vescovo di Andria a dì 20 maggio 1743 da Papa Benedetto XIV (1740-58); morto nel 1756, dopo 15 anni di vescovado, due in Acerno e 13 in Andria. Appartenne a nobile e patrizia famiglia andriese, estinta colla morte della di lui sorella, Monaca Benedettina, in quel torno di tempo.
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Ed ora veniamo a parlare degli ecclesiastici cittadini Andriesi, resisi illustri coll’esser stati promossi alla Dignità Vescovile in altre Diocesi d’Italia [3]. Essi sono:
I. Mons. Fra Pietro, del quale ignorasi il casato. Il Durso, nella sua istoria d’Andria [4], dice che appartenne alla nobile famiglia dei Conti Marulli di Andria; però non dice da qual fonte abbia attinta tale notizia; né la Cronaca Domenicana, al qual ordine appartenne questo Fra Pietro, e né gli scrittori, che han parlato di lui, riportano il nome del casato, cui appartenne. Lo dicono solamente de Andria.
Mons. Fra Pietro, cittadino Andriese, dell’ordine Domenicano, fo preconizzato Vescovo di Vico Equense da Papa Clemente V (1303.1314) con Bolla del 13 Agosto 1306. Questo nostro concittadino fu contemporaneo e discepolo del Gran Dottore S. Tommaso d’Aquino (del medesimo Ordine Domenicano); e fu tanto illustre, che le sue opere andavano confuse con quelle del medesimo S. Tommaso. Difatti l’Eschard scrive, che gli antichi critici delle opere di S. Tommaso affermano come talune cose udite dal labbro dell’Angelico Dottore, siano state raccolte e scritte da Fra Pietro da Andria.
Queste opere furono poi rassegnate da un tal Bartolomeo Logoteta del Regno di Sicilia, il quale fu udito come testimone nella causa di canonizzazione del Santo Dottore [5]. Ciò conferma il Baluzio, asserendo, che talune opere, attribuite a S. Tommaso, non le scrisse o le notò l’Angelico Dottore, ma furono raccolte e scritte da altri, mentre il Santo Dottore leggeva o predicava. Fra questi, dice il Baluzio, fu Fra Pietro da Andria, al quale vanno attribuite le Collazioni dei dieci precetti, la lettura sopra Mattia ed il Trattato della vita spirituale (opere che vanno sotto il nome di S. Tommaso). Ecco le testuali parole del Baluzio: Si autem sibi (S. Tomæ) aliæ adscribantur, non ipse scripsit et notavit, sed alii recollegerunt post eum legentem vel prædicantem, puta: Collectiones de decem præceptus F. Petrus de Andria. Lecturam super Mathiam, idem F. Petrus et quidam scholaris Parisiensis, quæ defectiva est. Tractatus de vita spirituali, ei (Fr. Petro) tribuitur a Pio P. II lib: I. pag. 83 [6]. Lo stesso asserisce il De Rubeis [7], l’Acheus [8] e l’Audin [9].
Di questo Fra Pietro da Andria leggesi nella Cronaca Domenicana, che fu Uditore di S. Tommaso d’Aquino, indi primo Vicario di Sicilia (quando questa da Papa Celestino V fu distaccata dalla dipendenza del Vicario di Roma); finalmente da Papa Clemente V fu preconizzato Vescovo di Vico Equense. Nella medesima Cronaca Domenicana leggesi pure che alcuni opuscoli, attribuiti a S. Tommaso, specialmente quello sul Vangelo di S. Matteo, sono da attribuirsi a Fra Pietro da Andria. Ecco le testuali parole: Petrus de Andria Italus, Napolitano in Regno in Apulia natus, Sancti Thomæ Aquinatis Auditor, primus Vicarius Provinciæ Siciliæ, dum a Celestino V. fuit hæc a Romana divulsa: deinde a Clemente V. ad Ecclesiam Vici Æquensis Episcopus evectus … Edidit quædam opuscula, quæ olim inter opera sancii Thomæ extabant, et eidem Sancto Dottori adiudicata, præcipue super Evangelium Mathæi, quæ etsi ex doctrina S. Thomæ elaborata, restituenda sunt tamen Petro de Andria. Floruit idem Petrus 1306 [10].
Questo illustre Prelato andriese ebbe grande autorità ed ingerenza nell’ordine domenicano, pria che fosse stato elevato al Vescovado da Papa Clemente V. Fu egli il primo Vicario Generale dell’ordine domenicano nel Regno di Sicilia, quando Papa Celestino V, ad istanza di Re Carlo d’Angiò, distaccò la provincia di Sicilia dalla Romana, con la Bolla del I. settembre 1294, confermata con l’altra di Bonifacio VIII del I. marzo 1295. Celestino V lo eleggeva Vicario Generale con Bolla del 14 settembre 1294.
In grande considerazione l’ebbe pure Carlo II d’Angiò, il quale, nel destinare in Ungheria suo nipote Carlo, figlio del già defunto Re d’Ungheria, lo affidò al nostro Fra Pietro, allora Priore dei Frati domenicani di Bari, scrivendo a tutti i Prelati, ai Baroni, ai Conti ed alle Università d’ Ungheria di accogliere con fedeltà e sincerità il detto Fra Pietro da Andria, tanto a lui diletto e devoto.
Di questo Vescovo andriese parla pure l’Ughelli, narrando di una grave questione, sorta fra lui ed il Conte di Vico Equense, il quale non voleva pagare le decime. Secondo il medesimo Ughelli, il Conte fu costretto a pagarle, perché la causa delle decime era causa spirituale. Al dire del medesimo Ughelli, il Vescovo Fra Pietro governò la Chiesa di Vico Equense da buon pastore per circa tredici anni, volando al Cielo nel 1316 [11].
Sembra incredibile che un cittadino di tanta rinomanza, restasse affatto sconosciuto nella nostra città, e nessun monumento lo ricordasse! …
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2. Mons. Fra Matteo di Andria, pure dell’ordine domenicano, fu Vescovo di Polignano a mare. Egli fiorì nella prima metà del secolo XIV.
Di lui leggesi nella Cronica domenica quanto siegue: Frater Matheus de Andria appulus, Episcopus Polymnianensis in Regno Neapolitano sub Archiepiscopo Barensi [12]. L’Ughelli, parlando di questo Vescovo, dice che, a dì 13 febbraio del 1330, questo Vescovo Fra Matteo pagò al Sacro Senato il solito sussidio come Cavalerio [13]. Non sapremmo dire qual fosse questo ufficio di Cavalerio. Ma, probabilmente, doveva essere quello di Procuratore Generale della Provincia di Bari, nel raccogliere l’obolo pel Sacro Senato della Sede Apostolica.
Il Durso, parlando dei funerali resi in Andria nel marzo del 1330, alla Contessa Beatrice d’Angiò, moglie di Bertrando del Balzo, Duca di questa città, dice che la Messa funebre, fu cantata dal Vescovo di Polignano, nostro concittadino, chiamato Fra Matteo. Egli, in questa occasione, essendo venuto in Andria, sua patria, fu obbligato dal Vescovo di qui [14] a funzionare [15]. Non dice il Durso da qual fonte abbia attinta tale circostanziale notizia.
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3. Mons. Antonio Lupicino. Fu il Lupicino Prete della Cattedrale. Egli appartenne a nobile e patrizia famiglia andriese, che avea il titolo della Contea di Canosa. Fu preconizzato Vescovo di Bisceglie a dì 18 novembre 1507 da Papa Giulio II (1503-1513).
Resse quella Chiesa per ben 38 anni, essendo morto nel 1545. Fu tumulato nella Chiesa di S. Lorenzo in Bisceglie, deve leggesi una lunga iscrizione, della quale riproduciamo qui un brano:
D.O.M.
Antonius Lupicinus Andriensis,
Vigiliensis Ecclesiae Praesul Inclytus
hic albo tegitur marmore:
cujus si quaeras genus, pertinet ad Canusii comites:
si nomen, est Pietas: si sceptrum, Virtus.
Claravit hanc Urbem suis, clarandus ipse coelo,
… … … .
Mons. Lupicino fu pure Luogotenente del Cardinale Nicolò De Flisco dei Conti di Lavagna, Vescovo di Ostia, che tenne in amministrazione la Diocesi di Andria per un anno, rassegnando poi la Sede di Andria a favore del nipote Giovanni Francesco De Flisco, secondo è detto nel I. volume di quest’opera (pag. 196). Durante l’amministrazione del Cardinal De Flisco, Mons. Lupicino ne tenne le veci, risiedendo il Cardinale in Roma.
Al tempo della luogotenenza di Mons. Lupicino fu scoperto un affresco della Vergine accanto alle mura della Chiesa di Porta Santa, della quale l’Università di Andria godeva il diritto di giuspatronato. E siccome questa Immagine operava molti miracoli, l’Università volle che la medesima fosse stata venerata nell’interno del tempio, facendovi costruire un altare alla Vergine, sotto il titolo della Madonna della Neve. Costruito questo altare, il Vescovo Luogotenente Lupicino, stando ad un documento, che conservasi nell’Archivio Capitolare, con procura del Cardinal De Flisco, solennemente, nel 1517, lo inaugurò, confermando il Diritto di giuspatronato alla Università di Andria, nella elezione del Priore, o Rettore di Porta Santa, il quale, ab immemorabili, soleva prenderne il possesso su questo altare.
Null’altro ci è riuscito sapere di questo Vescovo Lupicino, nostro concittadino.
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4. Mons. Antonio De Anellis, prima che fosse stato traslocato in Andria, occupò la Sede Vescovile di Acerno, in Principato Citra. Non confacendogli quel clima, dopo qualche anno, da Benedetto XIV fu traslocato a Vescovo di Andria, sua patria. Egli, prima che fosse stato creato Vescovo di Acerno, fu Canonico Priore della nostra Cattedrale. Di questo Vescovo abbiamo già abbastanza parlato, a suo tempo, nel I. volume di quest’opera, cui rimandiamo il lettore per altre notizie.
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5. Mons. Felice Regano. Il Regano, di agiata ed onesta famiglia, nacque in Andria nel 1786. Fu Canonico benemerito del nostro Capitolo Cattedrale, del quale ne curava con zelo gl’interessi spirituali e anche temporali e finanziarii, occupandosi molto nel migliorare il patrimonio della propria Chiesa. Non volle mai esser promosso ad alcuna dignità capitolare, contento di attendere tranquillo ai suoi studii di dritto canonico, nel quale era addottorato, e che insegnò per molti anni nel Seminario Diocesano. Con la morte del Vescovo Bolognese, a dì 17 settembre 1830, venne dal Capitolo eletto Vicario Capitolare, ufficio che disimpegnò con zelo, con dignità e con plauso di tutti. Durante il suo Vicariato, il dì 6 Maggio 1831, inaspettato, metteva piede in Andria il buon Re Ferdinando II, il quale, nel primo anno di suo governo, volle visitare il Regno. Il Vicario D. Felice Regano lo accolse nel Palazzo Vescovile; e, messosi d’accordo col Sindaco di quel tempo, il gentiluomo Sig. Sebastiano Spagnoletti, preparò al Sovrano grandi feste, che ebbero il loro svolgimento con apparati, con archi trionfali, con fuochi pirotecnici ed altro. A perpetuare la memoria di questo avvenimento, il Vicario Capitolare Regano fece innalzare una lapide di marmo sull’ingresso del palazzo vescovile (trasportata poi in altra sala al primo piano di detto palazzo).
Venuto Mons. Cosenza a succedere al Vescovo Bolognese, il Regano fu tenuto in grande estimazione dal Cosenza, tanto che lo propose a Papa Gregorio XVI, alla dignità episcopale, commendato anche dal Re Ferdinando II. Vacata, nel 1839, la sede arcivescovile di Catania, da Papa Gregorio XVI (1831-46), venne il Regano preconizzato Vescovo, e destinato ad occupare quella illustre Diocesi, che governò per ben ventidue anni, con zelo veramente pastorale, da meritare l’universale compianto dei Catanesi alla sua morte, avvenuta nel 1861.
La sua salma è tumulata in quella Chiesa Cattedrale [16]. Nel 1877 la sorella di Lui, Donna Francesca Regano, grata alla memoria di così illustre fratello, fece innalzare nella nostra Cattedrale un sontuoso monumento marmoreo, nel quale è scolpito il mezzo busto del prelodato Arcivescovo, e la iscrizione, da noi già riportata, nel descrivere i monumenti esistenti nel Duomo. In questa circostanza fu reso a Mons. Regano un solenne funerale da questo Capitolo Cattedrale, con elogio commemorativo dell’illustre Professore D. Filippo Mastropasqua, Canonico della Collegiata dell’Annunziata.
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6. Mons. Giuseppe Iannuzzi [17]. Egli nacque in Andria, a dì 11 Gennaio 1801, dal Sig. Stefano e Donna Antonia Ceci, ambedue di nobile casato. Nel 1827, di 25 anni appena, il Iannuzzi, dal Vescovo Bolognese venne promosso a Canonico della Cattedrale. Uomo di semplici costumi, lungi da ogni sorte di ambizione, rifiutò qualsiasi dignità capitolare, contento di passar la vita fra il Coro ed il confessionale. Si esercitò anche nella predicazione popolare, o fu Rettore della Confraternita della Morte, e della nobile Arciconfraternita dell’Addolorata, della quale ne fu pure l’istitutore. Fu molto ben accetto al Vescovo Cosenza, il quale lo propose poi al Vescovado. Vacata la sede lucerina, Papa Gregorio XVI lo destinava Vescovo di quella nobile Diocesi. Ebbe la consacrazione episcopale in Roma il dì 25 Giugno 1843, accolto con grande entusiasmo nell’ingresso che fece in Lucera.
Nel 1857 fu in Andria, unitamente all’altro illustre concittadino Mons. Frascolla, Vescovo di Foggia, a solennizzare, insieme al Vescovo Longobardi, la Incoronazione della prodigiosa Immagine di Santa Maria dei Miracoli. In quella solenne circostanza il Vescovo Iannuzzi, dopo l’Evangelo del suo Pontificale, disse una commoventissima Omelia.
Nel 1860, scoppiata la rivoluzione italiana, fu costretto abbandonare la Diocesi, e rifugiare in Andria, sua patria, senza venire meno però al dovere di prendere, di qui, quei provvedimenti richiesti dalla sua cura pastorale. Nel 1865, infierendo il colera nella sua Lucera, senza badare a pericoli di sorte, abbandonò Andria, e recossi a portare il suo conforto ed il suo aiuto all’amato gregge di sua Diocesi. Nel 1869, chiamato a Roma per l’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano, tosto vi accorse, e prese parte viva fra quei Padri del Concilio nel sostenere con ardore l’infallibilità pontificia. Ma, scoppiata la rivoluzione nel 1870 in Roma, e sospeso il Concilio Vaticano, Mons. Iannuzzi fece ritorno in Diocesi, dove, a breve distanza, venne colpito da grave infermità; ed il dì 21 Agosto del 1871, munito di tutti i conforti della Chiesa e da speciale benedizione di Papa Pio IX, placidamente rendeva la sua bell’anima a Dio. La salma fu tumulata nel cimitero della sua amata Lucera [18]. Ma le insistenze della sua famiglia ottennero che fosse stata poi trasportata in Andria [19], e depositata nel soccorpo di Santa Maria dei miracoli, dove, di fronte all’altare della Vergine, fu costruito, a spese della famiglia Iannuzzi, una bellissima Cappella, con altare intitolato a S. Giuseppe, di cui Mons. Iannuzzi ne portava il nome. Sul lato destro di questa Cappella fu innalzata la tomba, che racchiude la venerata salma, con la seguente iscrizione:
Questa Tomba Che Nel Silenzio Della Morte
Mestamente Racchiude Le Ceneri
Di GIUSEPPE IANNUZZI
Manda Ai Posteri Cara Ricordanza Della Vita Di Lui.
Da Stefano Ed Antonia Ceci Coniugi Pietosissimi
Nasceva Li XI Gennajo MDCCCI
Vestiva Di Anni IX L’Abito Chiesastico
Sacerdote Canonico Della Cattedrale Di Andria
Tanto Zelo Spiegava Nella Casa Del Signore
Da Essere Nel MDCCCXLIII
Dal Pontefice Sommo Il XVI Gregorio
Prescelto Alla Sede Vescovile Di Lucera
Pastore Guidò L’Ovile Cogli Evangelici Precetti
La Carità Dei Poverelli L’Ammaestramento Del Clero
La Morale Diffusa Nel Suo Gregge
Gli Ottennero Gloria Ed Onore
I Sacri E Ricchi Arredi Donati Alle Chiese
Impetrate Alla Cattedrale
Le Pontificali Onoranze Dal Capitolo Riconoscenza
E Da Dio O. M. Il Privilegio
Di Sedere Tutto Che Vecchio E Sofferente
Fra I Padri Dell’Ecumenico Concilio Vaticano
Che il Sommo Pio IX Longevo Dei Pontefici
A Tutela Della Fede
Convocava Nel Turbine Di Tempi Procellosi
Ai XXI Agosto MDCCCLXXI D’Ogni Virtù Insigne
Compiva La Mortale Carriera
Il Germano Riccardo Collagrimanrdo Tanta Perdita
L’Anno Di Salute MDCCCLXIV Qui Componeva Le Ossa
Innanzi Al Coronato Simulacro Della Regina Del Cielo
Che Nel Solenne Rito Venerava L’Estinto
Le Sante Sue Opere Ne Renderanno La Memoria Carissima
Impetrando Dall’Eterno Eterna Vita
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7. Mons. Bernardino M.ª Frascolla. Fu Canonico Teologo insigne della nostra Cattedrale. Nacque il Frascolla il dì 2 luglio 1811, festività della Visitazione della Vergine. La sua prima educazione l’ebbe dal suo zio paterno D. Domenico Frascolla, che fu pure Canonico della Cattedrale di Andria [20]. Il dì 25 marzo del 1820, giorno dell’Annunziazione di Maria, Bernardino vestì l’abito talare a nove anni appena. Educato nel Seminario di Andria, tosto fece rilevare il suo potente ingegno, da destare ammirazione in tutti. Nell’età di 23 anni, da poco ordinato Diacono, dallo scanno di discepolo, passò alla Cattedra di professore nella Teologia Dommatica, abbandonata dal suo maestro D. Mariano Cocco (uomo dottissimo e di straordinario ingegno, il quale, a quel posto, lo designava ai Superiori. L’anno seguente fu destinato ad insegnare anche la sacra Esegesi, senza abbandonare la cattedra di Teologia dommatica. Allo studio delle scienze sacre e filosofiche univa il Frascolla una coltura profonda della letteratura italiana e latina; ed il suo genio si faceva trascinare spesso da una fantasia ardentissima, che gli facea talvolta negligere la forma. Fu poeta estemporaneo ed oratore facondo. Ad onta delle occupazioni della scuola, egli trovava il tempo per esercitarsi nella predicazione, non solamente in Andria, ma anche nei paesi vicini, come a Ruvo, a Trani, a Barletta, a Foggia, ed in altre cospicue città, dove la sua parola affascinante traeva, molte volte, gli uditori all’entusiasmo ed al delirio.
In virtù dei suoi meriti eccezionali, il Vescovo Cosenza, conoscitore e apprezzatore del vero merito, dopo un anno di Sacerdozio, contro ogni antica usanza e consuetudine della Chiesa di Andria, lo nominava Canonico della Cattedrale. Vacato poscia il Canonicato teologale, per la morte di D. Antorio Regano (cugino dell’Arcivescovo di Catania D. Felice Regano), il Frascolla venne chiamato dal Vescovo Cosenza a quel posto senza concorso alcuno, conoscendo ben troppo che nessun altro potea reggere al suo confronto. Divenuto teologo della Cattedrale, il Frascolla, nei giorni festivi dell’anno apriva al popolo i riposti misteri delle sacre scritture, accorrendo alle sue lezioni teologali anche la parte più eletta della città. Animato dallo zelo della istruzione scientifica e religiosa, istituì in Andria, nella Chiesa di Mater Gratiæ, una Cappella Serotina, dove, tutte le sere, traevano in folla giovani studenti ed artigiani, per ascoltare le sue istruzioni.
Predicò la Quaresima qui in Andria nella Chiesa di S. Nicola, poi nella Cattedrale di Lucera, chiamatovi dal suo concittadino Mons. Iannuzzi, allora Vescovo di quella illustre Diocesi; indi nella Cattedrale di Salerno, e finalmente a Catania, dove occupava allora quella Sede Vescovile l’altro nostro illustre concittadino, Mons. Regano, amicissimo ed ammiratore del Frascolla.
Fu in quella dimora di Catania, che il quaresimalista Frascolla ebbe da Mons. Regano la lieta nuova d’esser stato promosso al Vescovado di Foggia. E qui, prima di parlare della consecrazione episcopale di Mons. Frascolla, crediamo indispensabile far cenno delle varie vicende, che subì la Diocesi Foggiana, per far poi meglio comprendere l’importanza che ebbe la promozione del Frascolla a Vescovo della Diocesi di Foggia.
Questa illustre città, capoluogo della provincia di Capitanata, in sul nascere del secolo XI, in virtù di Bolla Apostolica di Alessandro II, fu sommessa alla potestà episcopale del Vescovo di Troya, perdendo la Sede propria. Per ben otto secoli i foggiani fecero pratiche e rimostranze presso la S. Sede, per riavere indipendente la loro primitiva Sede episcopale; ma tutti i loro conati non ebbero mai buon esito. Se non che il Pontefice Pio IX, tenuto conto della importanza che andava sempre più acquistando la città di Foggia, e delle non mai interrotte suppliche e istanze dei buoni foggiani, con la Bolla ex hoc summi Pontificis, del 25 giugno 1855, distaccava dalla diocesi di Troya (ridottasi ad un paesello) Foggia, e la costituiva nuovamente in sede autonoma, aggregandole anche la città di S. Marco in Lamis (distaccandola da Siponto).
A reggere provvisoriamente la nuova sede foggiana fu incaricato, qual legato apostolico, il Vescovo di Lucera, l’illustre nostro concittadino, Mons. Iannuzzi, il quale a dì 2 luglio 1855, si recava a Foggia, nella qualità di Amministratore Apostolico; e, nella Cattedrale, circondato dal Clero, da tutte le autorità civili e da un popolo plaudente, leggeva la Bolla Pontificia, che dopo otto secoli, restituiva a Foggia, la Sede Vescovile.
Intanto a Roma si andava pensando a chi destinare quella nuova Sede, tanto importante. Gli occhi di Pio IX furono rivolti al Canonico Teologo della Cattedrale di Andria, Bernardino M.ª Frascolla, rinomatissimo per la gran fama ch’erasi acquistato, qual Oratore quaresimalista, qual scienziato profondo, qual geniale poeta.
Il dì 22 giugno 1856, dopo circa un anno da quella Bolla, che restituiva a Foggia la Sede Episcopale, nella Chiesa di S. Maria sopra Minerva in Roma, il nostro teologo D. Bernardino M.ª Frascolla, dalle mani dell’Eminentissimo Cardinale d’Andrea, riceveva la sua consacrazione episcopale, e, la prima domenica del successivo agosto, ne faceva il solenne ingresso in Foggia, tra le più entusiastiche acclamazioni di un intiero popolo, che lo salutava suo primo Pastore, dopo la interruzione di otto secoli! …
Qual fosse il governo del Frascolla nella sua benamata Diocesi, non è qui il caso di registrare. Egli, uomo di santa vita, ricolmo di tante virtù morali ed intellettuali, fu Pastore secondo il cuore di Dio, amato e benedetto dal suo gregge affidatogli.
Ma i tempi tristi incalzavano, e questo santo Vescovo era destinato anche alla gloria del martirio! …
La rivoluzione del 1860, che, in nome di una malintesa libertà, prese di mira Preti, Frati e Suore, non poteva risparmiare questo Pastore, che, con la sua parola franca ed affascinante stigmatizzava i nuovi pionieri di libertà. Il Governo provvisorio, che, introdottosi nelle Chiese, discacciava i Frati e le Suore dai loro Monasteri, sequestrava ai Preti il loro patrimonio, espelleva dalle proprie sedi i rispettivi Vescovi, prese specialmente di mira il Vescovo di Foggia, come Colui, che più franco ed impavido sfidava i nemici, nel sostenere, con la sua irresistibile eloquenza, i diritti della Chiesa, smascherando con scritti, pieni di vita e di forte sillogismo, i decreti ministeriali di quel tempo, compilati con tanta astuzia ed ipocrisia, da far credere che si volesse difendere, anzi che combattere le ragioni ed i diritti della Chiesa! E, difatti, molti dabbenuomini fra gli ecclesiastici, restaron presi all’amo, dando il loro nome alla Carboneria, illusi dalla ipocrisia del famoso P. Passaglia (discacciato dalla Compagnia di Gesù), il quale andava facendo proseliti nel Clero!
Fu allora che il Vescovo Frascolla, a nome dei novanta Vescovi dell’antico regno napolitano, alzò alta la voce, e con un voluminoso libro, messo a stampa, ridusse in frantumi le quattro circolari del Ministro Mancini. In esse, con la prima, si comandava ai Capitoli Cattedrali di crearsi dei Pro - Vicarii proprii, non tenendo più conto dei Vescovi e dei rispettivi loro Vicarii, già discacciati dalle diocesi od imprigionati; con la seconda, s’ingiungeva ai Vescovi di non più leggere o far leggere ai diocesani alcuna carta proveniente dalla Santa Sede, per non turbare la coscienza dei popoli (?!) nella terza si sancivano pene di multa e di prigionia ai contravventori di tali disposizioni; colla quarta, per seminare zizania e discordia nel Clero, si facevano promesse ed assegni di salario a quei preti sospesi dai Vescovi, per aver aderito alle ingiunzioni ministeriali! …
Contro queste draconiane e ridicole circolari il Vescovo Frascolla pubblicò il libro apologetico, dal titolo: Appello all’Episcopato Napoletano contro Mancini. Questo libro fece consumar di rabia il famoso Ministro, che costretto a scendere dal suo seggio ministeriale, comunicò la sua pretofobia al successore Ministro Pironti, il quale, con nuove circolari, dichiarava decaduti, ipso facto, dal loro ufficio tutti i Vicarii e Pro-Vicarii dei Vescovi, che non fossero: I.) forestieri ; 2.) addottorati; 3.) non ordinati a norma dei travolti canoni! ingiungendo ai Capitoli Cattedrali di scegliersi perciò, a loro talento, persone, che avessero i tre requisiti, voluti dalla ragione canonica! » Rise a tale strana ingiunzione il Vescovo Frascolla; e, nella sua ardente fantasia di poeta, ideò un lepido e brillante dialogo, che dette alle stampe sotto questo titolo: Il perito e imperitissimo: coprendo del ridicolo, e mettendo in rilievo le incoerenze della circolare Pirontina. Il ministro se la legò al dito! … e, data la stura ai soprusi, prese a perseguitare il povero Vescovo con illegali perquisizioni in casa, onde avere un pretesto per accusarlo qual reazionario, e farlo condannare a lunga prigionia! Non riuscito ad avere tal pretesto, arbitrariamente, la notte del 26 Aprile 1862, inviò una grossa mano di guardie, le quali, da Andria (dove trovavasi il Vescovo Frascolla rifugiato), lo tradussero prigioniero a Foggia, nel suo stesso palazzo vescovile (adibito in quel tempo a prigionia!), guardato e custodito dalle medesime guardie! Ad attenuare le amarezze al Vescovo martire, i Foggiani gli fecero dono di un prezioso calice di argento e di oro, del valore di 400 ducati, a piè del quale nella parte interna leggesi incisa la seguente dedica: Civitas Fodiana primo suo Episcopo pro tuenda Ecclesiæ liberiate captivo [21]. Intanto, compilato il processo il Vescovo Frascolla, sotto buona scorta di guardie, fu mandato a Lucera, dove risedeva il maggior Tribunale correzionale della Provincia, per sedere sullo sgabello dei ribaldi! … Di lì ne uscì condannato a due anni di carcere ed a quattromila cinque cento lire di multa! … Tale prigionia, iniziata a Lucera, fu poscia tramutata in esilio a Como, là alle radici dell’Alpi! Giunto a Como il povero Vescovo il dì 11 Maggio 1863, stracco e desolato, mentre credeva di espiare la sua pena ad aria aperta e a piè libero, si vide arbitrariamente trascinato in un pubblico carcere, privo di luce! … in quella muda, ov’erano raccolti i più audaci mariuoli e galeotti, vi stette per ben nove mesi Mons. Frascolla.
Quando, finalmente, mentre a tutti gli altri prigionieri era stata concessa piena libertà, in virtù dell’amnistia, data da Re Vittorio Emmanele II (per la sua prima venuta in Napoli, nel Novembre 1863), al solo Vescovo Frascolla, la prigionia fu tramutata in domicilio coatto nella medesima Como! … Il povero Vescovo martire prese allora alloggio nel Seminario di quella città, dove restò sino al 23 Novembre del 1866. Il dì 24 successivo, messo in libertà, di notte tempo, volò ad abbracciare il suo diletto gregge di Foggia, accolto dalla commozione e dall’entusiasmo di quella nobile e civile popolazione. Però i disaggi patiti e le penose sofferenze gli affievolirono di molto la salute, tanto che il buon Vescovo dové subire parecchie operazioni chirurgiche. A rinfrancare un po’ la sua vita, venne in Andria, e fu ospite graditissimo del Canonico di nostra Cattedrale D. Tobia Troja, il quale pose a sua disposizione la casina di campagna, messa in contrada Trimoggia, e che guarda la catena dei monti, che danno sulle Murge. Quell’aria balsamica rinfrancò alquanto il martire Vescovo.
Ma già si avvicinava l’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano, ed il Frascolla, benché accasciato e sofferente nella salute, volle recarsi a Roma, unitamente a Mons. Longobardi, allora Vescovo di Andria. Presero insieme alloggio nel Monistero delle Matrone Oblate a Torre degli Specchi. Ma non fu dato al Frascolla poter sedere fra i Padri di quel Santo Concilio.
Il dì 29 Novembre di quell’anno 1869 apparve sulla nuca del santo Vescovo un tumore, che lo costrinse a guardare il letto, fra i più atroci spasimi, riducendolo in brevi termini a fin di vita! … Fu un accorrere di personaggi illustri, di Vescovi, di Cardinali; ed il medesimo Pontefice Pio IX volle anche personalmente visitare l’infermo, e confortarlo nella cella di quel Monistero.
La visita dell’Augusto Gerarca parve che gli avesse ridonata la sanità, tanto fu il giubilo che ne riportò il povero sofferente! … Ma la sua vita, già logora dai patimenti sofferti, a grandi passi si avvicinava al termine. Munito di tutti i conforti della Religione, la mattina del 30 dicembre 1869 Mons. Frascolla, placidamente, rendeva la sua bell’anima a Dio. Ebbe in Roma solenni esequie, e la sua salma, dopo esser rimasta esposta per tre giorni in una sala di quel Monistero, fu poi portata nella Chiesa di S. Maria in Campitelli, dove fu provvisoriamente tumulata. Per speciale concessione di Sua Santità Papa Pio IX e dell’ex Re Francesco II, residente in Roma, la sera del 3 novembre 1870, la salma del Vescovo Frascolla, fu trasportata nella R. Chiesa dello Spirito Santo dei napoletani, dove fu tumulata entro artistico sarcofago, fatto costruire a cura del suo beneamato fratello D. Domenico Frascolla, allora Canonico Cantore della Cattedrale di Andria [22].
Desiderosi i buoni Foggiani, che la salma del loro Primo Vescovo, illustrazione dell’Episcopato Italiano e Martire della rivoluzione, riposasse nella sua diletta Foggia, fecero tutte le necessarie pratiche pel trasloco. Il giorno 9 gennaio 1893, in Roma, nella Chiesa dello Spirito Santo dei napoletani, alla presenza d’una Commissione del Capitolo Cattedrale di Foggia, fu eseguita una scrupolosa verifica del loculo e della cassa ov’erano deposte le venerande spoglie. Indi, dopo d’aver redatto apposito verbale, firmato da tutti i presenti della Commissione e da varii prelati romani, col timbro del Vicariato, la cassa fu consegnata, per ordine della Commissione, al Sacerdote D. Giuseppe Elmetti, Beneficiato della basilica Liberiana. Costui ebbe cura di far trasportare la salma a Foggia, la quale, giunta e ricevuta allo scalo ferroviario dal Capitolo, dal Clero e dalle Confraternite, fu trasferita in Cattedrale, in mezzo ad una calca cli popolo, ove ebbero luogo solenni esequi. E, poiché non poté ottenersi dalla Prefettura licenza di farla tumulare in detta Chiesa, dove essere trasferita al Cimitero, per deporla in una elegante Cappella (eretta dal Sac. Professor D. Orazio Rotundi), la quale fu destinata a sepoltura dei Vescovi di Foggia. (Tutte queste notizie, relative al trasloco da Roma a Foggia, ci sono state gentilmente fornite dal Parroco della Basilica Cattedrale di Foggia, il Canonico D. Gaetano De Vita, del quale riproduciamo letteralmente le altre notizie che sieguono).
«Per ordine di Mons. Vescovo Marinangeli (allora Vescovo di Foggia) fu stabilito di fare colà (al Cimitero) una esatta ricognizione del cadavere. Ed infatti il 23 gennaio dello stesso anno (1893) si recarono al Cimitero Mons. Vescovo, parecchi Canonici ed altri Sacerdoti e procedettero alla verifica. Furono aperte alla loro presenza tre casse; nella terza fu rinvenuto il cadavere perfettamente intatto vestito di sottana pavonazza con croce pettorale e con un fazzoletto di lino sul volto. Erano già trascorsi dalla morte anni 24 e giorni 24 e la cassa ed il cadavere si trovarono come fossero passati 6 mesi, giusta la testimonianza del Custode del Cimitero. Immantinenti fu redatto il Verbale, che in succinto depone essersi trovato il cadavere integro in tutte le parti del corpo. Non serbava pero la faccia la fisonomia di Mons. Frascolla, ma tutto era compaginato con pelle attaccata, certo attrappita; ma in varie parti, specie del collo e delle mani si palpava la carne flessibile e morbida [23]. Integri furono anche ritrovati il cuscino, il laccio della croce e tutta la sottana.
Tanto si rileva dagli atti redatti in un fascicolo conservato nell’Archivio nostro Capitolare. La spesa del trasferimento (da Roma), dell’esequie e della tumulazione fu fatta a carico del Capitolo, in omaggio di tanto venerato Pastore.
In Cattedrale si vede in marmo la Effigie di Lui con epigrafe latina e si fanno voti di vederne anche trasferiti gli avanzi, per conservarli tra le sacre mura della prima sua sposa, che l’accolse con entusiasmo ed udì la sua parola dotta, erudita, affascinante ed amorevolmente paterna. Sia sempre in pace l’anima di Lui»
Nel ringraziare l’illustre Parroco De Vita, commossi, mandiamo da parte del Capitolo e della cittadinanza andriese, un saluto d’ammirazione all’Insigne Capitolo di Foggia ed all’intiera cittadinanza, che hanno così splendidamente onorato, in vita cd in morte, il nostro caro ed illustre concittadino Mons. Bernardino M. Frascolla.
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8. Mons. Emmanuele Merra. Nato da modesta ed onesta famiglia andriese, seppe col suo talento e bontà della vita, elevarsi sino alla dignità episcopale. Fu prima Mansionario e poscia Canonico della Cattedrale. Operaio zelante nella vigna del Signore, passava le lunghe ore al confessionale, dove a lui accorrevano persone d’ogni condizione dell’uno e l’altro sesso. Fu anche Oratore facondo e popolare.
Nell’assenza del Vicario Mons. D. Antonio Cataldi, il Merra, nel 1890, dal Vescovo Galdi veniva chiamato e suo pro-Vicario. Alla morte del Primicerio D. Carlo Marziani, il Merra, nel 1892, veniva eletto, dal medesimo Vescovo Galdi, Primicerio, quarta Dignità di questo Capitolo Cattedrale. Nel 1896, da Papa Leone XIII, veniva insignito del titolo di Cameriere segreto quoad honorem di Sua Santità.
Alla morte dell’Arcidiacono Casieri, il Merra, nel 1897, passò ad Arcidiacono, prima Dignità Capitolare. Nell’anno seguente, dal medesimo Pontefice Leone XIII, l’Arcidiacono Merra veniva nominato Protonotario Apostolico ad instar partecipantium.
Vacata la Sede Vescovile di Crotone, in Calabria, il Merra, dal medesimo Pontefice Leone XIII, veniva promosso Vescovo di quella illustre ed antica Sede con Breve del 3 settembre 1899. Però ne prese il possesso nel 1901.
Il Vescovo Merra, dopo d’aver saggiamente governata la Diocesi di Cotrone per circa quattro anni, a dì 28 gennaio 1905, da Papa Pio X, felicemente regnante, veniva traslocato alla Sede Vescovile di S. Severo.
Nel 1907, dal medesimo regnante Pontefice Pio X, Mons. Merra veniva decorato del titolo di Vescovo assistente al Soglio Pontificio.
Per la sua indole mite e transigente Mons. Merra fu ben amato dai suoi diocesani, che amaramente lo piansero estinto. Egli, già da parecchi anni sofferente per un cistico alla gola, che lo minacciava di soffocazione, serenamente si spense il dì 20 Luglio 1911 [24]. Solenni funerali gli furono resi in S. Severo, dove riposa la sua salma venerata.
Mons. Merra è autore di svariati opuscoli ascetici e di pregiate monografie storiche della città di Andria, fra le quali apprezzatissima è quella del Castel del Monte. Scrisse anche un bel libro sulla S. Spina, che si venera nel Duomo di Andria, ed ebbe la soddisfazione di ammirare l’ultimo prodigio, avvenuto il 26 Marzo 1910. Lascia di sé cara e venerata memoria, e vogliamo augurarci che una lapide marmorea venga locata nel nostro Duomo, che ricordi ai posteri questo illustre cittadino, e già Canonico del Capitolo Cattedrale di Andria.
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9. Mons. Stefano Porro. Nato da doviziosa e distinta famiglia di Andria [25], imparentata alle principali famiglie della città, il Porro fu anche Mansionario e poscia Canonico del nostro Capitolo Cattedrale. Buono d’indole, fu sacerdote secondo il cuore di Dio. Assiduo al confessionale ed all’adempimento di tutti i suoi doveri sacerdotali e capitolari, fu zelante promotore della divozione alla Madonna dei miracoli, del cui Santuario fu Rettore per molti anni [26].
Fu anche Rettore della nobile Arciconfraternita dell’Addolorata, per cui vi spese gran parte della vita, curandone con zelo il miglioramento morale e materiale di quel nobile Sodalizio.
In vista di tali benemerenze, specialmente per la parte presa nella costruzione del sontuoso Cappellone, eretto accanto alla Chiesa di S. Francesco, a spese del suo Zio materno il Sig. Onofrio Spagnoletti-Zeuli (per cui venne insignito del titolo di Conte), Papa Leone XIII, nel 1890, lo insigniva del titolo di Cameriere Segreto quoad honorem.
Nel medesimo anno 1890, vacato il Priorato nella Chiesa Cattedrale, per l’avvenuta morte di D. Vincenzo dell’Olio, il Porro venne dal Municipio di Andria nominato a quel beneficio (pel giuspatronato, che il Comune pretende di avere); ed il Vescovo Galdi, fatte le dovute riserve su quel preteso diritto, accolse però ben volentieri la nomina del Porro, e lo insignì del Priorato, quinta dignità capitolare. L’anno successivo il medesimo Vescovo Caldi, sentendo il bisogno di avere un ausiliare (per i suoi acciacchi di salute), propose il Canonico Priore D. Stefano Porro. Ed il 9 dicembre del 1891, veniva, da Papa Leone XIII, nominato Vescovo titolare di Cesaropoli, ed ausiliare del Vescovo Galdi. Fu consecrato in Roma il dì 20 del medesimo mese ed anno.
Alla morte di Mons. Galdi, avvenuta il 9 marzo 1799, Mons. Porro venne eletto Vicario Capitolare, ufficio ch’esercitò Con molta diligenza e zelo.
Venuto il nuovo Vescovo D. Giuseppe Staiti, Mons. Porro godé tutta la fiducia di Lui, e, da Vicario Capitolare, passò a Vicario Generale della Curia Vescovile. Mons. Porro, colpito da polmonite, dopo aver ricevuto con grande rassegnazione i contorti della Chiesa, il dì 23 marzo 1904, tra il compianto dell’intera città e del Capitolo, rese la sua bell’anima a Dio. Gli furono resi solenni funerali, ed un suo ritratto venne affisso nella Sagrestia Capitolare.
Mons. Porro, modesto qual era, non lascia dietro di sé scritti letterari o scientifici, ma opere ben più importanti di virtù, che lo ricorderanno ai posteri. A Lui devesi la costruzione del nuovo Tempio, intitolato all’Immacolata. Questo Tempio, già cominciato a costruirsi per opera del benemerito P. Savarese della Compagnia di Gesù [27], come innanzi dicemmo, vien menato a termine tutto con denaro del Vescovo Porro. Egli devotissimo della Vergine, all’approssimarsi del cinquantesimo dalla definizione dommatica dell’Immacolato Concepimento di Maria, nel 1904 concepì il disegno di menare a termine, a proprie spese, quel Tempio, già da lunghi anni lasciato in oblio, per poterlo inaugurare il dì 8 dicembre 1906, cinquantesimo di quella definizione.
E già un mese prima di sua morte furono ripresi i lavori, e più che cento operai erano stati adibiti a quella costruzione, che venne poi sospesa con la sua morte. Però gli eredi suoi, fedeli alla promessa, e scrupolosi della volontà del defunto parente, si obbligarono di menare a termine la costruzione di quel tempio, che, se non poté esser collaudato il dì 8 dicembre 1906, ora è già completato nelle rudi fabbriche, e presto lo sarà in tutto il rimanente [28]. Cosi Mons. Porro lascia di sé un ricordo in Andria con questo splendido monumento, che, mentre attesta la sua pietà verso Maria, varrà a mantenere viva nella città la memoria di Lui.
Altre opere ricorderanno anche ai posteri la benemerenza di Mons. Porro, fra le quali, un ricco altare di marmo, fatto erigere nella Chiesa di S. Francesco, in onore di Maria Addolorata; due colossali colonne di marmo, fatte innalzare nella nuova Chiesa del Salvatore; una splendida croce di oro, donata alla Vergine dell’Altomare, ecc.
Alla sua iniziativa devesi pure la colossale Statua d’argento della Madonna dei Miracoli, dando lire cinque mila per sua offerta [29]. Aveva anche il pensiero di costruire, nella Cattedrale, un altare, da dedicare alla S. Spina, onde mettere in maggior venerazione quella preziosa reliquia. Ma la morte ne impedì la esecuzione — Sia pace a lui.
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10. Monsignor Lorenzo Chieppa. Egli fu, come lo è tuttora, Canonico Onorario della Chiesa Cattedrale di Andria. Mons. Chieppa, prima alunno nel nostro Seminario Diocesano, e poscia alunno nel Seminario Vaticano di Roma, molto si distinse nella pietà e negli studi. In Roma si addottrinò e fu laureato nell’uno e nell’altro dritto. Ordinatosi Sacerdote, fu professore in quel Seminario Vaticano, ed addetto alla S. Congregazione del Concilio, dove fu primo apprendista e poscia Vice Uditore. Mons. Strufolino, già suo collega nella Congregazione del Concilio, fatto Vescovo di Ascoli e Cerignola, volle averlo a suo Vicario Generale. E Mons. Chieppa seppe tanto ben meritare l’affetto e la stima del Vescovo e dei diocesani di Ascoli e Cerignola, che venne, dopo pochi anni, proposto al Vescovato. In virtù dei suoi singolari meriti, Papa Leone XIII nell’Aprile del 1903 lo nominava Vescovo di Cariati, in Calabria. Il nostro Capitolo, volendo aggiungere al neo eletto Vescovo un altro titolo di benemerenza, all’unanimità lo nominava Canonico Onorario della nostra Cattedrale, prima che fosse consacrato Vescovo. Egli fu consacrato in Roma, nella Chiesa di S. Marta presso il Seminario Vaticano, il dì 5 Luglio 1903, da Sua Eminenza il Cardinal Cassetta, che tanto lo predilige. Con la traslocazione del Vescovo Merra (come è detto innanzi) dalla sede di Crotone a quella di S. Severo, Mons. Chieppa ebbe dalla Santità di Nostro Signore Papa Pio X anche l’Amministrazione della Diocesi di Crotone. Sua principalissima cura fu la istituzione del Seminario, nella sua Diocesi, chiamandovi professori anche da lontane città. spendendo somme abbastanza vistose. Prese anche cura speciale per la educazione della gioventù, convinto che questa potrà dare grande contributo al miglioramento della società, tanto oggi squilibrata per le massime sovversive che, per opera dei nemici di Dio, si vanno insinuando nel popolo.
Mons. Chieppa fu uno dei Vescovi più benemeriti nella terribile catastrofe, che colpì la Calabria, col terremoto del 1905. A suo compagno, nella difficile missione, Mons. Chieppa chiamò un altro Canonico della nostra Cattedrale, il Signor Don Giuseppe Leo, il quale prese l’ufficio di suo Vicario Generale, con plauso della Diocesi, che seppe apprezzare nel Leo le singolari doti di mente e di cuore, di cui va largamente fornito.
Morto intanto il Vescovo di Lucera, Mons. Consenti, nel 1909, il regnante Pontefice Papa Pio X, giusto estimatore dei meriti del Vescovo Chieppa, lo promoveva alla illustre Sede Lucerina (già precedentemente occupata da un altro illustre concittadino e Canonico della nostra Cattedrale, Mons. Iannuzzi, del quale è detto sopra).
Avvenuta la morte del Vescovo di S. Severo, Mons. Merra (altro nostro illustre concittadino è già Canonico Arcidiacono del nostro Capitolo Cattedrale), Mons. Chieppa, da Papa Pio X, ebbe anche l’Amministrazione della Diocesi di S. Severo.
Essendo ancor vivente il Vescovo Chieppa, per non offendere la sua nota modestia, ci dispensiamo dal narrare le opere, che va compiendo in queste due illustri Diocesi, affidate alle sue cure pastorali, lasciando ad altri tale nobile compito. Solamente qui esterniamo un nostro voto; ed è quello, che Dio lo conservi ad multos annos, al bene della sua Diocesi, ed anche a gloria della nostra città, che gli dette i natali.
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11. Mons. Giuseppe Leo. Nato da onesti e piissimi genitori, il Leo, fin dai suoi primi anni di vita, fece sperare bene di sé. Di eletto ingegno e di costumi intemerati, il Leo molto si distinse nello studio e nella pietà, essendo convittore nel Seminario Diocesano. Divenuto Sacerdote, dal Vescovo Galdi, che molto lo prediligeva, fu chiamato ad insegnare matematica, indi filosofia, e poscia teologia dommatica nel medesimo Seminario, dove il Professor Leo dette molto affidamento di se, e pruova del suo versatile ingegno. Giovanissimo ancora, il Vescovo Galdi, motu proprio, lo nominava Canonico della Cattedrale di Andria e Rettore del Seminario, ufficio questo, che mantenne per pochi anni, non credendo bene poter conciliare l’ufficio di Rettore con quello di Canonico, mostrandosi assiduo alla Chiesa, ed esattissimo dell’adempiere i suoi doveri Sacerdotali e Canonicali.
Ritiratosi a vita privata (avendo anche rinunziato all’insegnamento nel Seminario), Mons. Chieppa pose l’occhio su di lui, e lo volle a suo Vicario Generale e Professore nel Seminario di Cariati, sua Diocesi.
Il Leo, benché riluttante, s’indusse finalmente ad accettare quel posto, anche pel desiderio manifestatogli dal Santo Padre Pio X, che lo ebbe carissimo. Difatti, giunto in Cariati, il Leo, da Pio X, veniva nominato suo Prelato Domestico, pur continuando a mantenere il Canonicato della Cattedrale di Andria, dispensandolo dalla residenza.
Non passarono che due anni, ed il Vicario Leo, dal medesimo Pontefice, veniva eletto Vescovo, destinato alla illustre sede di Nicotera e Tropea [30]. Prese la consacrazione vescovile in Roma il dì 4 Luglio 1909 dalle mani del Cardinal Francesco Paulo Cassetta, nella Chiesa della SS. Trinità al Monte Pincio.
Col Vescovo Leo, che Iddio conservi ad multos annos al bene della Diocesi affidatagli, all’onore dell’ottima sua famiglia, della città e del Capitolo, cui appartenne, chiudiamo la serie dei Vescovi cittadini andriesi, facendo voti, che non si dissecchi la fonte, da cui trassero origine i sullodati Vescovi; e che, per l’avvenire, il nostro Capitolo, di tratto in tratto, possa dare alla Chiesa novelli Vescovi, che, per virtù e dottrina, possano emulare, se non superare quelli, che finora hanno tanto illustrato il nostro Capitolo e la città.
NOTE (Nell'originale la numerazione è di pagina e non progressiva)
[testo tratto da "Il Capitolo Cattedrale di Andria ed i suoi tempi" di Michele Agresti, tipi Rossignoli, Andria, 1912, Vol II, pag. 170-190]