Contenuto
da "Il Capitolo Cattedrale di Andria ed i suoi tempi"
di Michele Agresti (1852-1916)
Volume II - Capitolo V
"Chiese figliali anticamente appartenenti al Capitolo della Cattedrale,
e poscia destinate alle Collegiate, ed alle Parrocchie"
CHIESA di San NICOLA
Prima che i
Preti di Trimoggia si fossero trasferiti
in Andria, nel 1104 [secondo è narrato nei Capo IV del I. volume di questa
opera], questa Chiesa dovette essere una piccola Cappella, destinata dai Vescovo
Desidio ad accogliere quei Preti, che rifuggiavano in Andria, città ben munita,
per sottrarsi alle scorrerie dei barberi. Non sappiamo se questa Cappella, era
gia intitolata a S. Nicola, o se, colla venuta dei Preti di Trimogia, fosse
stata allora intitolata al Santo Vescovo di Mira. Al dire del Durso questa
Chiesa
fu fabbricata quando vennero in Andria i Preti di Trimoggia (cioè
nel 1104)
ed ivi venne istallato il Clero di quei Sacerdoti Trimodiesi
[1]. Secondo noi è da supporre, che la Chiesa o Cappella doveva
precedentemente esistere, giacché non sarebbe serio, supporre che i
Sacerdoti
Trimodiesi
dovevano restare per strada, ad attendere che la Chiesa fossesi
fabbricata. Si dovette assegnare quella Cappella, già esistente,
od altra, per istallare
il clero di questi Sacerdoti Trimodiesi,
finchè non fosse pronta la nuova Chiesa.
Il medesimo Durso dice poi, che l’antica Chiesa di S. Nicola
era formata dell’attuale presbiterio. Venne poscia, man mano, ingrandita, e
portata all’attuale dimensione nel 1339.
Nell’invasione degli Ungari la Chiesa di S. Nicola ebbe a
soffrire non poche avarie, ed, in parte, fu incendiata. Bertrando Del Balzo,
Duca di Andria, la rifece a sue spese, e vi costruì il vecchio Coro ed il
Pergamo, come si rileva dagli stemmi del
Del Balzo e della sua prima moglie Alnata.
Nel 1748 questa Chiesa fu rifatta ed abbellita; e, nel 1796,
per cura di casa Carafa, venne restaurata.
Dopo l’invasione dei Francesi del 1799, avendo questa
Chiesa, come le altre della città, patiti varii guasti, fu, da quel Capitolo,
nuovamente restaurata. Sursero allora quelle due gigantesche colonne di finto
marmo color giallognolo macchiato, che dividono la Chiesa dal presbiterio, al
quale si accede per tre gradini di marmo ornato. La Chiesa è composta di una
sola spaziosa nave, chiusa da tre grandi porte, alle quali si accede per una
spaziosa scalinata esterna. Un grandioso altare di marmo
[2]
s’erge fra due altre colossali colonne, che chiudono il grande vano del Coro,
Gli stalli di esso, di noce massiccia, sono opera pregevolissima dall’artefice
andriese Giuseppe Gigli.
In fronte allo stallo del Prevosto, prima dignità di questo
Capitolo Collegiale
[3],
si leggono due iscrizioni, una relativa al Duca Ettore Carafa, colla data del
1749, e l’altra al Canonico Ponza, colla data del 1750, ambidue munifici
restauratori del Coro e della Chiesa di S. Nicola.
Un grandioso dipinto di non spregevole valore, chiuso in
cornice dorata, sì vede in fondo al Coro, rappresentante S. Nicola di Mira,
vestito alla greca, che opera i tre celebri miracoli, quello del giovane barese,
fatto schiavo dei Turchi, e dal Santo restituito in patria, mentre stava a
servire da coppiere ai gran Pascià; l’altro dei tre fanciulli risuscitati nella
tinozza e quello delle tre povere donzelle (dai Santo dotate), raffigurate dalle
tre palle d’oro, che vedonsi sul libro aperto, che il Santo tiene in mano. Ai
due lati del Coro vi sono due grandi affreschi, opera del pittore Calò di
Molfetta, Quello a sinistra rappresenta Ester, che presentasi ad Assuero, seduto
sul Trono; l’altro a destra rappresenta Salomone, che ordina il dividatur
puer, per conoscere quale fosse la vera madre delle due donne, che
disputavansi quel fanciullo. La volta di questa Chiesa è pure decorata di altri
tre affreschi del medesimo Calò, l’uno rappresentante la prova del mistero della
SS.ma Trinità, data da S. Nicola agli Ariani, col miracolo del mattone premuto
fra le mani, dal quale ne uscì una fiamma, che salì al cielo, uno zampillo
d’acqua, che si arse sulla terra, restando la creta fra le mani; l’altro
rappresentante S. Nicola, che celebra in presenza d’una turba di eretici,
convertiti alla fede; il terzo rappresentante il rimpatrio del garzone barese,
di cui è fatta parola innanzi. Sulla porta maggiore di questa Chiesa vi è pure
una gran tela di valore, chiusa in cornice di stucco lucido, rappresentante
Giuda Maccabeo, che porta su d’un asta la testa di Nicanore, fra gli osanna di
un popolo festante. Questo pregevolissimo dipinto, dovuto al pennello del
Cavalier Conca, si apparteneva ai Benedettini Cassinesi, ed era sito sulla porta
maggiore del tempio di Santa Maria dei Miracoli di Andria. Dopo la soppressione
di questi, passò alla Chiesa di S. Nicola.
Sei Cappelle contiene questa Chiesa. con altrettanti altari,
tutti di marmo. La prima, a destra dì chi entra in Chiesa, è dedicata a S.
Eligio; la seconda al Santissimo Sacramento; la terza alla Sacra Famiglia. La
prima, a sinistra, è dedicata al Crocefisso; la seconda a S. Nicola; la terza
alla Vergine del Carmine.
Tutte le sei Cappelle non mancano di ornati e di dipinti,
più o meno pregevoli. L’archivio di quel Capitolo Collegiale è abbastanza ricco
di antiche pergamene, le quali fortunatamente andarono salvate dall’incendio dei
francesi nel 1799, una a gli arredi sacri, argenteria ed altro, che furono
accortamente murati in una Cappella di questa Chiesa
[4].
In questa Chiesa hanno sede cinque Confraternite laicali,
cioè quella del Santissimo, della Sacra Famiglia, del Santissimo Salvatore
del Carmine e di S. Eligio.
[dal libro “Il Capitolo Cattedrale
di Andria ed i suoi tempi” di M. Agresti, edito per i tipi di Francesco
Rosignoli, 1912,Vol.II, pagg. 77-79]
[1] Durso:
Storia d’Andria, pag. 40.
[2] Quest’altare
di gran valore, fu costruito dalle prime rendite venute al capitolo di S. Nicola
dal pingue legato del Canonico Ponza di Bari, della Real Basilica di S. Nicola.
Fra i molti terreni donati a questo Capitolo dal Ponza è compresa la masseria di
Taverna vecchia, riveniente dalla eredità di sua madre, appartenente alla nobile
famiglia Vitaliano di Andria, Il Capitolo di S. Nicola, per gratitudine fece
scolpire un mezzo busto in marmo del Can. Ponza, che tuttora vedesi in quella
sacrestia capitolare.
[3] Tre Dignità
vanta questo Capitolo, il Prevosto, il Cantore ed il Primicerio.
[4] Molti
possedimenti aveva questo Capitolo Collegiale, che sventuratamente passarono al
Demanio in virtù delle leggi eversive del 1866 e del 1867, restando salvo il
solo beneficio parrocchiale, cui è annessa la quota prevostale. Varii uomini
illustri vanta il Capitolo di San Nicola, come il Canonico Primicerio Francesco
De Risis, autore di una applaudita Tragedia sulla Passione di Cristo, datasi
sulle scene; il Prevosto Giovanni Pastore, autore di una storia manoscritta
della Città di Andria, di cui si servì il Cantore Durso nel conpilare la sua
Storia: il Canonico Giacomo Brunetti, celebre matematico e letterato: il
Canonico Vincenzo Frascolla, dotto letterato, che dette alla luce, in forma
drammatica, il libro di Giobbe; il Canonico Primicerio Giov. Luigi Curtopasso;
il Prevosto Noja; il Prevosto Nicola Agresti, nostro zio, che tanto lotto Col
Governo nella soppressione di quel Capitolo, e riuscì a procurare un pingue
assegno alla Prepositura-Curata. dopo le leggi di soppressione; il Canonico
Savino Troya, dotto Canonista e diplomato in utroque iure; il Prevosto
Michele Patruno, già Canonico della Cattedrale, Protonotario apostolico, ed
autore di varii sermoni e panegirici, dati alle stampe.