Contenuto
da "Il Capitolo Cattedrale di Andria ed i suoi tempi"
di Michele Agresti (1852-1916)
Capitolo VI
"Altre Chiese figliali dipendenti dal Capitolo Cattedrale,
destinate poi alle varie case religiose della città"
2. Santa Maria Vetere
2. Santa Maria Vetere. Di questa Chiesa abbiamo già fatto menzione nel I. volume di quest’opera.
Aggiungeremo qui poche cose, riflettenti le opere d’arti, che in detta Chiesa si trovano.
Accanto alla porta d’ingresso vedesi una lapide di marmo, su cui è sculta
la porticina di un tempietto, con questa iscrizione: Aloysius Floridus tulit e Roma 1626.
Questa iscrizione si riferisce ad un pezzetto della porta di S. Giovanni in Laterano,
che il Florido aveva portato da Roma, e collocato in quel sito, cui era annessa
la indulgenza a quanti si recavano a baciare quel pezzetto di legno.
Ora quel pezzetto della porta di S. Giovanni in Laterano non esiste più.
La porta di questa Chiesa non presenta alcun che di rilevante.
La Chiesa, ad una sola nave, è abbastanza spaziosa e ridente. Sul Presbiterio, ammirabile
è l’altare maggiore, pel ciborio di marmo a forma d’obelisco, decorato di statuette
di santi dell’ordine francescano, allocate in tante nicchiette, con quattro colonne,
aventi basi e capitelli, terminanti a cupola. Il ciborio vien sostenuto da quattro
leoncini di marmo bianco artisticamente scolpiti. La cupola, che sovrasta
l’altare maggiore ha dei mediocri affreschi, rappresentanti il Salvatore, la Vergine,
S. Francesco, ed il Profeta Elia sul carro di fuoco. Nei quattro lati inferiori
di detta cupola veggonsi le figure dei quattro Dottori della Chiesa.
Dietro il detto altare trovasi una prospettiva di legno, ornata di rabeschi dorati,
nel di cui mezzo ammirasi un gran Crocefisso, con a lato S. Michele Arcangelo
e l’Angelo Custode, luccicanti di fine doratura. In cima si vede un mezzo busto
di S. Giacomo della Marca; a destra ed a sinistra due colonne spirali, con rilievi
di foglie, ornate di basi e capitelli, che sostengono l’architrave sporgente
con mensole e con dentellate cornici. All’architrave soggiacciono i pilastri,
fiancheggiati da spalliere, di svariati lavori, che terminano con teste fiammanti.
Un grandioso arco abbraccia tutto il sottoposto ornato, con fascie rilevante.
Prima di entrare nel Coro, sui muri laterali, vedonsi due grandi tele, l’una
raffigurante
Santa Maria Vetere
[1],
l’altro S. Pietro d’Alcantara. In fondo vi è il Coro, i di cui stalli,
di buon legno, sono rabescati all’antica nella fascia del cornicione soprastante.
Esso ha ventidue stalli nell’ordine superiore, e dodici nell’inferiore. A destra ed a sinistra
vi sono sculte due statue, quella di S. Francesco e l’altra di S. Benedetto
[2].
Nell’interno del Coro due altre pregevoli tele si ammirano, l’una rappresentante
S. Francesco Saverio, in atto di battezzare una Eroina, avendo a lato il suo consorte
vestito alla turca, ed assistito da una damigella; l’altra rappresentante, fra un gruppo
di nubi, la Vergine che affida il divin Pargoletto tra le braccia di S. Francesco d’Assisi.
Dietro l’altare maggiore si vede, abbandonato in un angolo, un grosso e pregevole capitello
di marmo, ben lavorato intorno intorno a chiocciole levigate e colorite di rosso, bianco
e verde. Sul pavimento si vedono varii sepolcri, con figure di frati a rilievo in pietra.
Un grande arco divide il Presbiterio dal resto della Chiesa, che conta sei altari minori,
oltre al maggiore, messo sul Presbiterio. Il primo dedicato alla Madonna delle Grazie,
della quale si vede un dipinto della Vergine col Bambino sul seno, e genuflessi S. Antonino
e S. Giovanni Capistrano, con bandiera spiegata, nel cui mezzo rifulge lo stemma purpureo
della Croce. Il secondo altare è dedicato alla Concezione di Maria, della quale si vede
la venerata immagine contornata di Serafini, tra i quali uno tiene il giglio in mano,
l’altro la Bibbia. Il terzo altare è dedicato al taumaturgo S. Francesco di Paola,
del quale si vede la immagine genuflessa, mentre la Santissima Trinità lo incorona
di un triplice serto. Su questo altare venerasi pure l’Arcangelo Raffaele, del quale vedesi
una statuetta in legno, chiusa in un’urna, con ai piedi il piccolo Tobia ed il misterioso pesce
[3].
Il quarto altare è dedicato alla
Madonna del Pozzo, della quale si ammira l’immagine su tela,
con ai piedi prostrati S. Pasquale e S. Pietro Alcantarino, che abbraccia il Salvatore.
Segue un Cappellone, in fondo al quale vedesi l’altare, dedicato a S. Francesco d’Assisi,
del quale ammirasi una tela, raffigurante il S. Patriarca in piedi, nei suoi trasporti
d’amore verso Gesù Crocefisso. Un ovato su questo altare chiude la effigie della Madonna
degli Angeli. A destra e a sinistra di questo altare vi sono due nicchie, chiuse da cristalli,
nelle quali conservansi due pregevoli statue, sculte su legno, l’una rappresentante
la Vergine degli Angioli, l’altra l’Addolorata. Il sesto altare è dedicato a S. Anna,
della quale si ammira l’immagine su tela, nell’atto di imparare a leggere alla fanciulla Maria
[4].
Ammirabile più di tutte è la tela, che scorgesi sulla porta di questa Chiesa, nel mezzo
della Cantoria dell’Organo. Essa rappresenta la Vergine col Divin Pargoletto, S. Gioacchino
e S. Giuseppe col suo bastone fiorito. Pregevolissima è la Cantoria, per quanto di nessun
valore è l’Organo che contiene. Questa Cantoria ricca di lavori d’intaglio e di finissime
dorature, è fiancheggiata da quattro colonne, due a destra e due a sinistra, sui di cui
capitelli siedono due Cherubini fra cornici ricurve, rabescate in cima a modo di ghirlande.
La bellissima volta di questa Chiesa è formata a cassettoni, con rosoni e cornici dorate nel mezzo
[5].
In questa Chiesa, come abbiamo già narrato nel I. volume di quest’opera, trovasi tumulata la salma
della Eroina Anna Salzedo, figlia del Gran Capitano Consalvo Ferdinando da Cordova, e propriamente
a man destra di chi entra in Chiesa, dove vedesi la Salzedo, scolpita alla greca, in abito religioso,
con la data del 1571. Sull’architrave della porta, che mette al Chiostro, leggesi anche una epigrafe,
che ricorda la Contessa Antonia Brunforte di Bisceglie, moglie di Guglielmo Del Balzo, primogenito
di Francesco I, tumulato nel 1419
[6].
Nel mezzo della Chiesa due altri tumuli si scorgono, con le relative iscrizioni. Il primo ricorda
i due Baldassare Accetto, il più anziano dei quali fu Cavaliere di Malta, di cui si vede lo stemma,
consistente in un elmo, sostenuto da due Genii, un Leone, e la croce dell’ordine di Malta. La lapide,
che copre questo sepolcro, porta scolpito un orologio con un teschio di morte e varie rose, con la seguente iscrizione:
Baldassar Senior De Accetto
Ac Junior
Condit sibi, hic posuitque suis
Anno 1702
Il secondo tumulo ricorda Giuseppe Siciliano, Patrizio di Giovinazzo, del quale è scolpita
una lunga iscrizione, che per brevità omettiamo, e lo stemma, consistente in un albero
di pino con due leoni arrampicantisi. Un’altro monumento, sito in cornu epistolae
dell’altare maggiore, ricorda il frate Giovanni Grimaldi di Andria, uomo di grande dottrina,
Provinciale dell’ordine, professore di filosofia, morto improvvisamente per apoplesia,
mentre insegnava dalla Cattedra. Quel monumento fu eretto nel 1763 per cura del fratello
superstite Padre Matteo, definitore dell’ordine medesimo.
La sacrestia di questa Chiesa presenta anche meravigliosi dipinti. Una gran tela rappresenta
la Maddalena, coperta d’un bruno manto, in atto di preghiera. A piè della pentita donna
sorge l’albero d’alabastro, contenente il balsamo, con cui la Maddalena unse i santi piedi
del Redentore. Molti altri quadri, in tavolette bislunghe, sono degni d’ammirazione,
come quelli di S. Antonio di Padova e S. Ludovico Vescovo; di S. Berardino, S. Francesco
e S. Giovanni; di S. Michele e S. Antonio; dell’Ecce Homo; di S. Pietro e S. Berardino
da Siena; del Vecchio Simeone e S. Giovanni Battista; di S. Francesco con le sante stimmate;
di Gesù deposto dalla Croce nel seno della Madre, con ai piedi la Maddalena; di S. Berardino
con la pisside in mano, cui soggiace un’umile donna penitente; di S. Caterina, vergine e martire;
di S. Antonio Abbate e S. Agostino ecc. Molti di questi quadri (quelli di maggior valore)
però, dopo la 2.a soppressione di quel Convento, avvenuta nel 1866, furono, da questa Chiesa,
trasportati nella pinacoteca dell’Ateneo di Bari.
Nella medesima sacrestia si ammirano due statuette di finissima scultura in legno, S. Francesco
e S. Antonio. Nel Chiostro del Convento, annesso a questa Chiesa, si ammirano anche
dei preziosi affreschi, rappresentanti la nascita, i miracoli e la morte di S. Francesco.
La Chiesa di S. Maria Vetere, nel 1809, sotto il Governo di Gioacchino Murat, restò abbandonata,
essendo stati discacciati quei frati dal loro Convento. Tornata però la pace nel regno,
con la venuta di Re Ferdinando di Borbone, quei frati ripresero la vita comune, vivendo modestamente
di elemosine, giacchè i loro beni andarono dispersi. Ma questa vita comune non durò che fino al 1866,
epoca infausta della soppressione delle case religiose. Discacciati da quel Convento i poveri frati,
alcuni ritornarono alle proprie città, altri si procurarono un asilo nelle adiacenze del loro Convento,
e della Chiesa, che continuarono a mantenere con ogni lustro e decoro. Il Convento passò nelle mani
del Comune di Andria, e fu poscia, come tuttora lo è, adibito ad asilo di mendicità per i poveri vecchi
dell’uno e l’altro sesso, dove le Piccole Suore dei poveri di S. Giuseppe ne tengono
la direzione ed amministrazione con ammirabile zelo.
NOTE (Nell'originale la numerazione è di pagina e non progressiva)
[1]
Il nome di
S. Maria Vetere venne da una vecchia immagine, che conservavasi
in quei pressi, dove fu poi costruita la Chiesa ed il Convento dei francescani,
che presero il nome da quell’antica immagine.
[2]
Questo Coro si apparteneva ai Benedettini Cassinesi, Fu donato ai Francescani,
quando i Benedettini costruirono il nuovo Coro nella Chiesa di S. Maria dei Miracoli.
[3]
Opera del valoroso scultore Andriese Nicolantonio Brudaglio.
[4]
Questa tela è di gran pregio, e fa supporre essere uscita dalle mani di valoroso pennello,
di cui non si conosce il nome.
[5]
Gli ornati della volta e quelli della Chiesa furono eseguiti nel 1755, per cura
dei due religiosi andriesi Giovanni e Matteo Grimaldi, come si rileva da una lapide,
sita a man destra della porta d’ingresso nella Chiesa.
[6]
Si vedono su quella tomba gli stemmi del Del Balzo (una stella raggiante) e quello
dei Brunforte (un campo, partito in quattro piani), intorno ai quali otto draghi alati.