Contenuto
da "Il Capitolo Cattedrale di Andria ed i suoi tempi"
di Michele Agresti (1852-1916)
Capitolo VI
"Altre Chiese figliali dipendenti dal Capitolo Cattedrale,
destinate poi alle varie case religiose della città"
3. La Chiesa dei Cappuccini
3. La Chiesa dei Cappuccini. Di questa Chiesa abbiamo fatto
pur menzione nel I. volume (Capo X) di quest’opera, in nota, la dove parlammo
del valoroso Vincenzo Carafa, che la fece costruire nel 1573.
Essa va sotto il titolo della Visitazione di Maria.
L’Architettura di questa Chiesa è di stile barocco. Nulla di rilevante
ha il suo prospetto, che indica la povertà, di cui fan voto i Frati Cappuccini.
L’interno di questa Chiesa è costruito a due navi, con piccolo
presbiterio, su cui s’erge l’altare maggiore di marmo, in cima al quale
si ammira una tela, chiusa in cornice dorata, rappresentante la visitazione
di Maria a S. Elisabetta, presente S. Gioacchino e S. Giuseppe,
compresi di tenerezza a quello spettacolo. In cima si vede lo Spirito Santo,
molte teste alate di Serafini, due angioletti, l’uno con giglio in mano
e l’altro con un cappello; indi l’effigie di S. Francesco d’Assisi,
che riceve le sante stimmate, di cui divinamente l’Alighieri scrisse:
Nel crudo sasso intra Tevere ed Arno
Da Cristo prese l’ultimo sigillo
Che le sue membra due anni portarno
[1]
Sette altari minori ha questa Chiesa. Dal lato destro, cominciare dall’altare maggiore,
il primo, di marmo, è intitolato alla Immacolata, della quale si ammira una tela,
rappresentante la Vergine inghirlandata di stelle, e circondata da celesti spiriti,
nell’atto di schiacciare, col verginal piede, il capo al serpe maligno.
Due vezzosi Angioletti, tenendo l’uno il giglio fra le mani, e l’altro un serto
di rose, le stanno sotto-posti.
Il secondo altare, anche di marmo, è dedicato a S. Giuseppe la Lionessa
[2],
Martire Capuccino, del quale porta una tela
del santo col petto squarciato, dal quale sgorga vivo sangue. Due Angioli
gli stanno al lato, uno con un libro aperto, nel quale leggonsi queste parole:
Unus Deus, una fides, unum baptisma; l’altro stringendo una lancia
in pugno. Due altri angioletti si vedono scendere dal Cielo, uno con
la palma in mano, l’altro con la corona.
Il terzo altare, di stucco, è dedicato a S. Felice da Cantalicio ed alla Madonna dell’Arco,
protettrice contro il male dell’arco (detto il male giallo).
Dal lato sinistro il primo altare, di marmo, è dedicato alla Vergine
Consolatrix afflictorum, della quale si vede una pregievole tela,
di cui non si sa se ammirare la vivacità delle tinte, o la devozione che ispira quella immagine.
Il secondo altare (di marmo) privilegiato è dedicato a S. Francesco d’Assisi.
Il terzo altare [anche di marmo] privilegiato è dedicato al Cuore di Gesù
ed a S. Antonio di Padova. Questo altare ha la custodia, dove si conserva il Santissimo.
Il quarto altare (anche di marmo e
privilegiato) é intitolato alla Vergine Addolorata
[3].
Dietro l’altare maggiore di questa Chiesa è sito un modesto Coro di noce, a due ordini di stalli.
Affisso al muro del Coro ammirasi una gran tela, rappresentante la Vergine,
che affida il Divin Pargoletto a S. Felice da Cantalice.
Una lapide, che ricorda la Consecrazione di questa Chiesa, è affissa a sinistra
della porta d’ingresso con incisa la seguente epigrafe:
Templum hoc
Consecratum fuit ab Ill.mo et Rev.mo Domino
Dominico Anelli Patritio et E.po Andriae
In onorem SS. visitationis B. M. V.
Solemni ritu die VII Iunii 1744 anni salutis
Anniversari vero festum quotannis translatum die X Iuli
Il pavimento è tutto coperto di pregevole majolica, che rimonta al 1852.
Anticamente esisteva un modesto Campanile, che sosteneva una piccola campana,
costruita nell’anno 1582. Questa campana serviva anche ad annunziare
l’avvenuta decapitazione dei condannati a morte, e la forca
veniva eretta dirimpetto a questa Chiesa, presso la Cappella dell’Immacolata
[4].
Nel 1903 il Rettore di questa Chiesa, D. Vincenzo Chicco, a proprie spese,
fece innalzare un nuovo e più ampio Campanile
[5],
sul quale venne, collocata l’antica campana [dedicata
alla Visitazione],
aggiungendovi un’altra Campana, di maggiore dimenzione (dedicata
all’Addolorata),
fatta costruire a spesa dei Coniugi Sig.ri Nicola Porro e Donna Caterina Spagnoletti - Zeuli.
Nel 1899 il Rettore D. Vincenzo Chicco, coadiuvato dai Sacerdoti D. Lorenzo Chieppa
e D. Vincenzo Memeo di Giuseppe, col consenso del Vescovo del tempo Mons. Galdi,
istituiva in questa Chiesa una nuova Confraternita, intitolata
a Maria dei sette dolori, con diploma da Roma, e col canonico
riconoscimento del Generale dei frati Serviti.
Animato da zelo sacerdotale, il medesimo Rettore Chicco, nel 1902,
dopo aver riscattato, a proprie spese, un pezzo di suolo, che già si appartenne
a questa Chiesa, prima della soppressione dei frati Capuccini, iniziò
le fabbriche di un nuovo Cappellone, adiacente alla Chiesa, che non ha visto
ancora il suo compimento. Questo Cappellone, prossimo a completarsi,
sarà intitolato alla Vergine dei sette dolori, di cui è devotissimo
il Rettore D. Vincenzo Chicco, Mansionario del nostro Capitolo Cattedrale.
Per opera del medesimo Chicco, e dei Signori Marchio, Riccardo Porro
di Francesco e dalla ditta Decosimo, nel 1908 furono fatte costruire
due statue in legno, rappresentanti, in un sol gruppo, la Vergine, che visita S. Elisabetta.
Accanto alla su descritta Chiesa si vede il Convento, abitato sino al 1866
dai Padri Cappuccini. A capo della scala, che mena a questo Convento,
si ammira una tela, rappresentante la Madonna della Grazia, di ottimo pennello.
Ora quel Convento, arricchito di nuove fabbriche, è adibito
alla guarnigione dei militi, risiedente in Andria.
NOTE (Nell'originale la numerazione è di pagina e non progressiva)
[2]
Alcuni ritengono che sia S. Fedele da Sigmaringa, del medesimo ordine capuccino.
[3]
Questo altare fu ultimamente restaurato a spesa del fu Antonio Tannoja, il quale,
anche a sue spese, fece costruire il nuovo altare di marmo del Santissimo,
che ha la custodia foderata nell’interno di argento.
[4]
Tale usanza durò sino ai tempi di Re Ferdinando II il Borbone.
[5]
sto nuovo Campanile fu designato dal bravo architetto andriese Antonio Tammaccaro.
[tratto da “Il
Capitolo Cattedrale di Andria e i suoi tempi” di M. Agresti, tipi
Rosignoli, Andria, 1912, Vol.II pag.104-106]