dell’Ing. Riccardo Ruotolo
Per la ricerca degli antichi stemmi di Andria, ancora rintracciabili o di cui se ne ha memoria, fondamentale è il contenuto della Delibera, fermamente voluta dal podestà Pasquale Cafaro, del 23 agosto 1929 (4).
In data 30 luglio 1929 (VII), la Presidenza del Consiglio dei Ministri inviò la circolare n. 8600/6 al podestà di Andria avv. Pasquale Cafaro avente per oggetto: “Stemma civico e gonfalone”. Con essa, il Segretario Capo della Presidenza del Consiglio dei Ministri riferiva: “Non avendo ancora codesto Comune iniziato le dovute pratiche regolamentari per il riconoscimento o la concessione del proprio stemma e del proprio gonfalone, rivolgo formale invito a provvedere a tale adempimento in osservanza alle disposizioni legislative su citate, ed in applicazione dell’art. 1 del Decreto legge 20 marzo 1924, n. 442, con cui si fa divieto assoluto di usare stemmi, emblemi, sigilli, gonfaloni, non legalizzati dalla Consulta Araldica (5) del Regno”. La circolare, giunta il primo agosto 1929 al Comune, terminava con il seguente invito: “Confido nella solerzia della S.V. Ill.ma, per l’adempimento diligente e sollecito di quanto sopra”.
Il Podestà, con diligenza e grande solerzia, dopo soli 22 giorni, avendo effettuato una ricerca sugli stemmi storici della città di Andria ancora rintracciabili e visibili, in data 23 agosto 1929 produsse la citata Delibera con la quale, dopo aver riportato le ricerche effettate sugli stemmi storici di Andria, deliberava di voler ripristinare lo stemma ufficiale del Comune “alla figurazione primitiva”.
Nella citata Delibera si premette:
“Che lo stemma della Città
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di Andria, quale attualmente risulta anche nell’uso ufficiale,
è costituito da uno scudo ovoidale incorniciato e sormontato di corona ducale:
il campo presenta un albero d’indefinibile specie, al quale si arrampica un leone coronato.
Che lo stemma così rappresentato è un’evidente deformazione di quello originario
(il Podestà Cafaro aveva pienamente ragione perché lo stemma di Andria in uso negli anni venti
era come quelli delle foto S 48 ed
S 49, cioè di scadente fattura, basta guardare il leone
che sembra un cagnolino) che devesi ritenere quale risulta da conformi esemplari tuttora esistenti,
che risalgono sino alla metà del Secolo XV. Che in detti esemplari, scolpiti, la figurazione araldica
è costante sino alla fine del Settecento. Sullo scudo a forma di targa fiorentina il campo
è quasi interamente occupato da un leone rampante sormontato di corona ducale,
che poggia le zampe su di un virgulto di quercia sorgente a sinistra”.
[S 48 e S 49: stemmi sui documenti degli anni Venti del Novecento (1927,
1928)]
Nella Delibera seguono le descrizioni sintetiche degli antichi stemmi della Città, quelli che potè rintracciare il preposto.
Nella presente relazione, sulle ricerche da me effettuate in riferimento alla evoluzione che ha avuto nel tempo lo stemma di Andria, si parte sempre dalle indicazioni riportate nella suddetta Delibera (7), riportandole in corsivo.
L’indagine effettuata parte dai due stemmi in pietra posti sulle facciate del Convento delle Monache Benedettine che esisteva dove ora c’è il mercato generale di Piazza Duomo.
Per costruire il Convento, furono abbattute due strutture più antiche esistenti sul luogo, ormai abbandonate e decadenti: gli Ospizi di San Riccardo e delle SS. Trinità realizzati con il cospicuo contributo del Vescovo Mons. Florio (che aveva retto la Diocesi di Andria nel periodo 1477 – 1495), del Comune e delle facoltose famiglie andriesi Quarti, Marulli, Fanelli Madia, Superbo, Gammarota. La riconoscenza per il Vescovo Florio e il patronato del Comune furono materializzati con stemmi scolpiti su pietra calcarea. Quando i due edifici furono demoliti, gli stemmi furono recuperati e applicati sulle facciate del nuovo Convento, perché anche quest’ultimo era stato realizzato con il fattivo contributo delle famiglie andriesi facoltose, del Comune (che ricevette il patronato) e del residuo fondo di Mons. Florio.
Inaugurato nel 1583, il Convento delle Benedettine fu demolito negli anni 1935-1939, ed anche allora furono recuperati gli stemmi in pietra del XV secolo: uno di essi trovò degna collocazione, insieme al portale del Convento, sulla facciata della Cattedrale.
Qui di seguito si analizzano i vari passi della Deliberazione del podestà Cafaro e si riportano le descrizioni di tutti gli stemmi fotografati.
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“Considerato che fra gli esemplari suddetti è da notare lo stemma in pietra che vedesi sull’alto basamento del Convento delle Benedettine, all’angolo di Via Duomo – Via De Anellis. Tale stemma indica il patronato Municipale sul Convento, che fu fondato nel 1563 sul posto di due antichi Ospedali della “TRINITA” e di “S. RICCARDO” e dotato con gran parte dei loro patrimoni. Lo stemma, di buona modellazione quattrocentesca, proviene con gran probabilità da uno dei demoliti Ospedali, o, se fu scolpito posteriormente, seguì senza dubbio un modello più antico”.
Questo stemma in pietra era posizionato nell’angolo del Convento tra Via Duomo e Via De Anellis, subito al di sopra della cornice dell’alto basamento in pietra, come si intravede dalla foto S 1 scattata nel 1935 quando il Convento con l’annessa Chiesa era ormai abbandonato perché fortemente lesionato. Oggi non siamo ancora in grado di stabilire dove sia stato portato questo stemma dopo che il Convento fu abbattuto. A tal proposito il prof. Pasquale Massaro, nella sua pubblicazione “ANDRIA nella Storia e nell’Arte” del 1969, a pagina 9 afferma che questo stemma “attende ancora sistemazione” (8).
[foto S 1: angolo del Convento tra Via Duomo e Via De Anellis: stemma sulla cornice del basamento]
È proprio questo lo stemma, ben visibile nell’anno 1929 quando il Convento era ancora funzionante, che il podestà Cafaro prenderà a modello per ripristinare lo stemma della Città di Andria.
Lo stemma aveva lo scudo sagomato, del tipo a testa di cavallo, con nove punte, anche detto di forma di targa fiorentina, interamente occupato da un leone rampante sormontato da corona ducale e con tra gli artigli un ramo di quercia.
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“Che sullo stesso edificio à un altro stemma del Comune di fattura più rozza, avente a piedi il motto – Andria non minus fidelis quam benigna – Vedesi incastrato nella parte superiore del portale settecentesco del Convento, ed è facile assegnargli una data, perché situato a riscontro dello stemma di Monsignor Florio, che fu Vescovo di Andria, fino al 1495: appartengono quindi entrambi all’ultimo ventennio del quattrocento. Il suddetto stemma del portale, eccettuato il riferito motto sottostante è uguale al primo descritto”. (Foto S 2)
[foto S 2: stemma incastrato nella parte superiore del portale settecentesco del Convento]
L’epoca di realizzazione di questo stemma è quasi certamente la fine del XV sec. quando furono realizzati i due ospizi della SS. Trinità e di San Riccardo con la generosità dei cittadini e con le rendite del Vescovo Mons. Florio; si spiega anche, così, il motto presente al di sotto dello stemma: “ANDRIA NON MINUS FIDELIS QUAM BENIGNA” che sta a significare sia la fedeltà nel senso religioso degli andriesi (mentre il termine FIDELIS inciso sulla Porta di S. Andrea ha il significato di sudditanza, di sottomissione all’Imperatore Federico II), sia la loro generosità.
Anche questo stemma ha lo scudo sagomato a testa di cavallo o, come afferma il Podestà, “a forma di targa fiorentina”, con nove punte, interamente occupato da un leone rampante con coda biforcuta, con tra gli artigli un virgulto di quercia sul lato sinistro e con la lingua fuori dalla bocca. Molto probabilmente era sormontato da una corona ducale, ora non più esistente, essendo lo stemma scheggiato nella parte superiore.
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“Considerato che della stessa epoca, o probabilmente di poco anteriori sono i due stemmi che erano sospesi ai pilastri della Cappella, di patronato Municipale, dedicata a S. Riccardo nella Cattedrale, e furono rimossi per sostituire altri di meschino disegno che, recentemente riesumati da un abbandonato ripostiglio, sono stati incastrati in un muro del cortile del Vescovado. Detti stemmi, che sono di medesimo esemplare di quelli già descritti, debbono assegnarsi alla metà del Secolo XV, epoca della costruzione della Cappella di S. Riccardo”.
Questi stemmi erano stati applicati alle lesene di ingresso del Cappellone di S. Riccardo alla fine del Quattrocento, a conclusione dei lavori di rifacimento della Cattedrale, che durarono quasi mezzo secolo, voluti dal Vescovo della Diocesi e dal Duca Francesco II Del Balzo a seguito del ritrovamento delle ossa di San Riccardo avvenuto il 23 aprile 1438.
Quando alla fine del Seicento il Cappellone di San Riccardo fu decorato con marmi e ornamenti lignei dorati, questi stemmi furono rimossi dalle pareti e conservati in un deposito; nella prima metà del Novecento furono murati sulle pareti del cortile del palazzo vescovile dove tutt’ora si trovano.
[S 3 e S 4: coppia di stemmi esistenti sulle pareti dal Cappellone di S. Riccardo in Cattedrale, rimossi a fine Seicento]
Sono due stemmi scolpiti in pietra, foto S 3 e foto S 4, aventi lo scudo sagomato a cartoccio, con una punta in alto; il campo è occupato da un leone rampante, sormontato da una corona di tipo ducale, che tra gli artigli regge un ramo di non bene riconosciuta essenza arborea che presenta infiorescenze somiglianti a strani frutti.
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Questa ricerca sullo stemma della Città di Andria è iniziata con la Delibera del podestà Pasquale Cafaro e, quindi, con gli stemmi del Convento delle Monache Benedettine; però, probabilmente, gli stemmi più antichi sono quelli presenti nella Chiesa dell’Annunziata.
[foto S 5: stemma più antico presente nella Chiesa dell’Annunziata]
Nei lavori di restauro della Chiesa furono recuperati vari frammenti lapidei scolpiti, tra i quali uno stemma ed un capitello, entrambi utilizzati per comporre la sede del celebrante (9). Lo stemma (foto S 5) è quello della Città e raffigura il leone rampante che afferra con gli artigli un ramo di essenza indefinita, e, considerata la vetustà del reperto, considerata la sua fattura, è databile al XIV secolo. La presenza dello stemma dell’Università nella Chiesa, sta a dimostrare “l’interesse della comunità civile per le vicende della Chiesa” e questo interesse si ritrova sempre, e molto forte, fino a tutto l’Ottocento. C’è da dire che fino alla fine del Settecento la Chiesa ha conservato un potere spesso maggiore di quello delle Università, cioè dei Comuni, ed era ambito da parte della società civile avere il Patronato dall’autorità religiosa, Patronato che si concretizzava in privilegi.
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Sempre nella Chiesa dell’Annunziata è presente un pezzo lapideo scolpito, molto bello, significativo sia per la storia della Chiesa sia per l’interesse di cui si è detto prima sia per la storia della Città di Andria: è un’acquasantiera ottagonale (foto S 6), ora ubicata sul presbiterio a destra dell’altare, adattata a tabernacolo, scolpita su tre lati (gli altri cinque lati sembra siano stati livellati cancellando le immagini scolpite).
[foto S 6: acquasantiera ottagonale presente nella Chiesa dell’Annunziata]
Nelle tre facce sono scolpiti i simboli degli Angioini, degli Aragonesi, dei Del Balzo e della Università di Andria.
Sappiamo che Beatrice D’Angiò aveva ottenuto in dote la Contea di Andria e di Castel del Monte e che nel 1308 sposò in seconde nozze Bertrando Del Balzo portando anche in dote, secondo una radicata tradizione, la reliquia della Sacra Spina che donò alla Città di Andria (10). Francesco Del Balzo, figlio di Bertrando, sposò in seconde nozze Sveva Orsini. Il più importante dei Del Balzo fu senza dubbio Francesco II sotto il cui governo avvenne il ritrovamento delle ossa di San Riccardo e fu istituita la Fiera di Andria; suo figlio Pirro fu l’ultimo della famiglia Del Balzo a governare Andria perché, dopo la sua morte avvenuta nel 1487, il Ducato passò a Federico d’Aragona figlio del Re di Napoli Ferdinando I e marito di Isabella Del Balzo. In questo modo si erano venuti a creare i collegamenti dinastici tra gli Angioini, i Del Balzo, gli Orsini e gli Aragonesi.
I simboli di questi casati sono scolpiti sulle facce dell’acquasantiera della Chiesa dell’Annunziata: i tre gigli degli Angioini, la stella a sedici raggi dei Del Balzo, le bande degli Orsini e i quattro pali degli Aragonesi (11).
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Un’intera faccia dell’acquasantiera porta scolpito lo stemma dell’Università di Andria (nel Medioevo nell’Italia meridionale furono costituite le “universitates” che, praticamente significavano “comunità di cittadini” come i Comuni del Nord Italia) costituito dal leone rampante (foto S 7) con la corona ducale in testa, che afferra con gli artigli un ramo, presumibilmente di quercia.
[foto S 7: faccia dell’acquasantiera ottagonale con lo stemma dell’Università di Andria]
L’acquasantiera che, come si è detto, riporta i simboli delle casate di cui si è parlato innanzi, è databile alla fine del XV secolo.
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Proseguendo nella disamina della Delibera del Podestà, questi afferma che “… al secolo seguente risalgono altri due stemmi. Il primo, che pochi anni addietro fu murato all’esterno dell’Edificio Scolastico di Via Imbriani, proviene da un fabbricato di proprietà Comunale che anticamente era addetto a - Corpo di Guardia – per gli armigeri custodi di porta La Barra: reca la data del 1541”. Di questo stemma, con la data 1541, si sono perse le tracce, mentre esiste un altro stemma datato 1544 (foto S 8) che è stato collocato sulla porta d’ingresso della sala del Consiglio del nostro Comune ed è strutturato allo stesso modo degli stemmi del Convento delle Benedettine e degli stemmi infissi sulle pareti del cortile del palazzo vescovile. Forse è questo lo stemma proveniente “da una casa gentilizia di Via Tupputi” di cui parla il prof. Pasquale Massaro?
[foto S 8: stemma del 1544 attualmente collocato sull'ingresso del Consiglio Comunale]
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La Delibera così continua: “L’altro stemma, datato del 1573, si vede in alto della parete sinistra di S.M. di Porta Santa, attestante il patronato del Comune su questa Chiesa: altri stemmi, anche di quel Secolo, sono rilevati sulle basi dei pilastri ornanti il portale. La figurazione araldica è costante”.
Lo stemma del 1573, quello “in alto della parete sinistra di S. M. di Porta Santa”, si trova oggi all’interno della Chiesa, in alto sulla parete destra (foto S 9).
[foto S 9: stemma del 1573, sulla parete destra della Chiesa di Porta Santa]
Questo è uno stemma di pregevole fattura e unico nel suo genere, che si conserva integro perché affisso all’interno della Chiesa e collocato ad una certa altezza. Non esiste lo scudo ma soltanto il cartoccio che ne fa la funzione, con sei lembi arrotolati come una pergamena sfrangiata, con al centro un leone rampante con la coda bifida e con le quattro zampe poggiate su un ramo di non ben distinguibile essenza, simile a quello dello stemma che si trova all’esterno della Chiesa sulla base di un pilastro del portale. Il leone ha solo una bella criniera mentre il resto del corpo è rasato, contrariamente ai leoni di altri stemmi, ed ha una corona ducale sul capo, mentre, sul cartoccio non c’è alcuna corona.
Al di sotto di questo stemma è riportata la seguente iscrizione: “IUS PATRONATUS M.ce (Magnifice) UNIVERSITATIS CIVITATIS ANDRIE. A.D. 1573”, che così può essere tradotta “DIRITTO DI PATRONATO DELLA MAGNIFICA UNIVERSITA’ DI ANDRIA. ANNO DEL SIGNORE 1573”.
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Nella stessa Chiesa di Porta Santa, sulla parete opposta a quella dove si trova lo stemma di foto S 9, è infisso un altro stemma (foto S 10), della stessa composizione di quelli del Convento delle Benedettine, con uno scudo sagomato a nove punte avente al centro un leone rampante con una corona ducale sulla testa e le quattro zampe su un ramo di una essenza non ben definita, con grappoli di bacche come quelli del precedente stemma e dello stemma che è all’esterno alla base di un pilastro del portale. Al di sotto dello stemma è scolpito un angelo con le ali spiegate, mentre, al di sopra fuoriescono una testa e due nastri che formano due cappi in cui si innestano altri due nastri che scendono in modo sinusoidale e terminanti con delle nappe.
[foto S 10: stemma sulla parete sinistra della Chiesa di Porta Santa]
All’esterno della Chiesa, sulle basi dei pilastri di ambo i lati del portale rinascimentale in pietra che contorna il portone d’ingresso, sono scolpiti due stemmi della città di Andria. Quello che si trova sul lato destro (foto S 11) ha lo scudo di forma ovoidale nella parte inferiore, con punta terminale, mentre nella parte superiore ha tre spigoli raccordati da due archetti: la forma richiama gli scudi dei Cavalieri. Al centro del campo è raffigurato un leone rampante che ha sulla sinistra e fra gli artigli un ramo del quale è difficile individuare l’essenza arborea: si notano delle foglie, che formano strutture a zampa d’oca, e tre frutti o fiori costituiti ciascuno da sei bacche di cui una posta al centro ed un frutto o fiore composto da sette bacche disposte a due a due sormontate dalla settima. Sulla testa del leone è visibile una corona, forse di tipo ducale, ma sembra a quattro fiori di cui tre visibili, mentre al di sopra dello scudo non ci sono corone ma solo nastri annodati. Al di sotto dello scudo vi è un riquadro nel quale non si nota alcun segno particolare. Sotto questo riquadro sembrano scolpiti due delfini con le code intrecciate. Non sono leggibili le figure poste sotto le teste degli eventuali delfini né l’immagine fra le due code che sono raffigurate a forma di giglio fiorentino.
[S 12 e S 11: coppia di stemmi sulle basi dei pilastri del portale della Chiesa di Porta Santa]
Sulla base del pilastro di sinistra del portale è scolpito l’altro stemma (foto S 12) il cui scudo è del tutto simile al precedente, come pure il leone con la sua corona. In questo stemma, per simmetria con l’altro, il leone rampante ha sulla destra il ramo che, a differenza dell’altro, non ha fiori o frutti fatti a palline, ma sembra essere proprio un ramo di quercia. Al di sopra dello scudo è scolpito un grande anello da cui fuoriesce un nastro annodato che pare continuare nella parte posteriore e fuoriuscire al di sotto a guisa di braccia che sorreggono un riquadro che forse, nell’intenzione dello scultore, avrebbe dovuto avere un’iscrizione o una data, ma che oggi non presenta alcun segno. Tutta la raffigurazione termina con la figura di una testa d’angelo con le ali spiegate. Questi due stemmi sono della stessa epoca dei quelli che ci sono all’interno della Chiesa o di poco più antichi.
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In Via Tupputi, al numero 16, è ubicata una piccola casa, con un cortile che sporge sulla strada, a cui si accede tramite un cancello con stipiti in pietra a massello ed arco a tutto tondo. Al di sopra dell’ingresso è infisso uno stemma molto bello ed originale nella forma (foto S 13): è formato da un cartoccio sfrangiato a volute che forma un canestro il cui fondo ovale ha la funzione di scudo. Lateralmente due angeli sembrano sorreggerlo, mentre al centro dello scudo è scolpito un leone rampante, con la lingua fuori e la coda bifida, che regge con gli artigli un ramo di una non ben definita essenza. Nella parte superiore forse ci doveva essere una testa d’angelo, ora mozzata, mentre nella parte inferiore è presente un cartiglio con la scritta: “LAVS DEO”, che può tradursi “LODE A DIO” rimandando all’antico proprietario che volle questa frase forse per ringraziare il Signore per avergli dato la possibilità di potersi costruire la casa o per aver ottenuto e/o raggiunto un incarico importante; oppure, trovandosi la casa ubicata direttamente alle spalle della Chiesa di San Domenico, potrebbe essere stata nel Cinquecento la dimora di un domenicano o potrebbe essere stata una dipendenza della Chiesa stessa. Al di sotto, sulla cornice, è incisa la data 1587. È senza dubbio lo stemma della Città, però non è citato nella Delibera del podestà Cafaro.
[foto S 13: stemma sull'ingresso della casa al n. 16 di via Tuppputi]
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In Via Chio, al numero 10, alle spalle della Torre dell’Orologio, c’è l’ingresso di una grande casa padronale, quella dell’antica e nobile famiglia Chio estintasi alla fine del Settecento, il cui nucleo originario è della seconda metà del Cinquecento. Il portale d’ingresso, ad arco con conci bugnati, reca scolpito nella chiave lo stemma di famiglia inserito in un grande cartiglio floreale (foto S 14). Lo stemma, come si evince dalla foto, è molto articolato: in uno scudo sagomato e bombato è scolpito il leone rampante con in testa la corona ducale e le zampe anteriori protese verso tre stelle disposte verticalmente. Lo scudo è contenuto in un cartiglio floreale al di sotto del quale è scolpita una maschera apotropaica; tra lo scudo e la maschera c’è un festone che porta incisa la frase “COMITE VIRTUTE AD ASTRA ELEVOR”, che può tradursi “GRAZIE AL MIO VALORE (o ALLE MIE FORZE) MI SONO ELEVATO (o DISTINTO). Al di sopra del cartiglio che contiene lo scudo, è scolpito un elmo a indicare che gli antenati della famiglia erano Cavalieri.
[foto S 14: stemma sull'ingresso della casa padronale della famiglia Chio]
Questo è uno stemma privato, però sta a dimostrare come le famiglie nobili di Andria a partire dal Cinquecento hanno utilizzato il simbolo del leone nel loro stemma, forse come segno di appartenenza ad una comunità.
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La Delibera del Podestà continua nella descrizione degli stemmi storici ancora presenti a quella data in Andria e descrive quello che è posizionato alla base della Torre dell’Orologio di piazza Mater Gratiæ: “… anche nello stemma che intorno alla metà del 700 fu dipinto sui mattoni smaltati che ornano la torretta dell’orologio pubblico a Via Corrado IV di Svevia; vi appare soltanto modificato lo scudo che ha la forma ovale incorniciato in un ornato, secondo lo stile del tempo”.
Su via Corrado IV di Svevia, accanto alla Chiesa di Mater Gratiae si trova la “Torre dell’Orologio”, probabilmente realizzata al tempo del Duca Francesco II del Balzo (1410 – 1482), successivamente sopraelevata nel Settecento, sul cui lato Est nell’anno 1756 fu realizzato un orologio utilizzando piastrelle di ceramica, tipo Vietri, sormontato dallo stemma di Andria anch’esso realizzato con piastrelle di ceramica (foto S 15), per un totale di 136 piastrelle delle dimensioni ciascuna di cm 18,5 x cm18,5, pari a circa 2/3 x 2/3 di palmo napoletano. È molto probabile che queste piastrelle siano state realizzate ad Andria visto che a quell’epoca era piuttosto rinomata la produzione di ceramiche nelle botteghe fornaciaie del nostro Borgo Fornaci. Questo è l’unico stemma antico realizzato in ceramica e fu voluto da Riccardo Tupputi.
Il disegno dello stemma è fatto utilizzando i colori giallo, blu, nero, verde e forse il rosso per il leone, il tutto su fondo grigio madreperlato. Lo scudo è sagomato ed è inserito in una composizione floreale; il leone è rampante, ha tra gli artigli un ramo verde per il quale non è distinguibile l’essenza ed ha in testa una corona ducale.
La struttura floreale che circonda lo scudo è sormontata da una corona strutturata come quella del Marchese ma, certamente, rappresenta una famiglia patrizia, con quattro foglie di cui tre visibili e quattro perle poste su quattro punte di cui due visibili.
[S 15 e S 16: stemma sopra l'orologio del 1756, sull'omonima torre presso Mater Gratiae]
La famiglia Tupputi era originaria di Piacenza e la sua presenza nel territorio del Nord barese è dovuta all’imparentamento con la nobile famiglia andriese dei Tesorieri. Questa famiglia è ricordata nel territorio del Nord barese soprattutto per la partecipazione dei sui membri alle lotte liberali e risorgimentali tra il 1794 e il 1861. Il marchese Domenico Antonio Tupputi, di origine andriese, proprietario di una vasta tenuta nei territori di Andria e Bisceglie, si trasferì a Bisceglie in seguito al suo matrimonio con la gentildonna Nicoletta Fiori e partecipò attivamente ai moti che dettero vita alla nascita della Repubblica Partenopea.
A metà del secolo XVIII Riccardo Tupputi provvide ad installare un orologio sulla parete Est della Torre, che poi fu chiamata torre dell’Orologio dei Duchi del Balzo. Per ricordare ai posteri questo avvenimento fece realizzare l’orologio (foto S 16) dipinto su piastrelle di ceramica di cui si è detto prima, che comandava un meccanismo collegato ad una campana per i rintocchi delle ore. Sotto l’orologio, sempre dipinto su piastrelle di ceramica, si legge questa frase: “TEMPORE SINDACAT(ioni)S – DOM(ini) D(omini) RICHA(r)DI TUPPV – TI PAT(ricii) ANDRIAE 1756” che, tradotta con commento, come fa il Prof. Vincenzo Schiavone, così può essere espressa “Don Riccardo Tupputi, Patrizio di Andria, durante la sua attività di Sindaco, attribuisce a sé l’impianto dell’orologio meccanico”.
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In Via De Anellis c’è la casa dell’antica “Famiglia Marziani”. La facciata di prospetto è soltanto del piano terra; dal portone d’ingresso si accede ad una corte intorno a cui si sviluppa la casa padronale. Il portone d’ingresso su Via De Anellis è contornato da un arco in pietra che poggia su due pilastri; in chiave c’è una mensola con sopra lo stemma di famiglia, scolpito in pietra e agganciato alla facciata. Come in tanti altri stemmi privati delle famiglie andriesi, nello scudo è raffigurato un leone rampante. Lo stemma (foto S 17) ha lo scudo racchiuso tra volute, foglie d’acanto e guscio di conchiglia, ed è sormontato da una grande corona con motivi floreali. Lo scudo è suddiviso in due parti: in quella superiore c’è il leone, con la lingua fuori, rampante su un albero che dovrebbe essere di quercia e che ha accanto altri due alberelli; nella parte inferiore è raffigurato il mare con un grosso pesce; l’albero di quercia ha le radici che oltrepassano la banda e si immergono nel mare. Se non ci fossero i due alberelli, la parte superiore dello stemma sarebbe simile a quello di Andria.
[foto S 17: stemma sull'ingresso della casa padronale della famiglia Marziani]
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A questo punto è necessario anche parlare degli stemmi che oggi si vedono nella Chiesa Cattedrale sulle lesene d’ingresso e sulla cancellata in alto del Cappellone di San Riccardo.
I due stemmi in pietra di cui si è detto prima (foto S 3 e foto S 4), esistenti sulle pareti del Cappellone fin dalla sua realizzazione alla fine del Quattrocento, furono rimossi alla fine del Seicento quando il Cappellone fu ristrutturato; attualmente sono collocati sulle pareti del cortile del palazzo vescovile dove si possono ancora ammirare.
Lo stemma posizionato sulla lesena di sinistra (foto S 18) è in pietra, dorato in superficie e agganciato a sbalzo al di sopra della cancellata d’ingresso del Cappellone.
Rispetto agli stemmi innanzi descritti, quest’ultimo è di tipo ovale, ha lo scudo sagomato a cartoccio, senza spigoli, adagiato su un cartiglio di tipo floreale, anch’esso in pietra dorata e con la punta inferiore rivolta a destra. Il campo è dipinto color porpora e porta scolpito un leone rampante che sembra quasi arrampicarsi dolcemente su un grande ramo di quercia (sembra quasi un albero) posto alla sua sinistra e nascente dalla terra o da un grande tronco disteso su cui il leone poggia la zampa posteriore sinistra; il ramo è di quercia perché sono riconoscibili le ghiande. Il leone è sormontato da una corona a quattro punte, di cui tre visibili, di difficile collocamento nell’ambito dell’araldica, mentre lo scudo è sormontato da una corona del tipo ducale con otto fioroni su otto punte, di cui cinque visibili.
[S 18 e S 19: stemmi sulle lesene dell'ingresso al Cappellone di S. Riccardo]
Anche lo stemma esistente sulla lesena di destra del Cappellone di San Riccardo (foto S 19) è realizzato in pietra, dorato in superficie e agganciato a sbalzo al di sopra della cancellata d’ingresso del Cappellone ed è del tutto simile a quello descritto precedentemente.
La data di realizzazione di questi stemmi è incerta; sembra che nella prima metà del Novecento esistesse un altro stemma al posto di quello attuale, che aveva solo il leone rampante senza ramo o albero di quercia.
A questo punto si possono fare due ipotesi circa la datazione: o sono stati realizzati all’inizio del Settecento nello stile baroccheggiante in cui era stato ristrutturato il Cappellone oppure sono stati realizzati negli anni ’40-’50 del Novecento ed ora perduti. È molto probabile la prima datazione.
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Al centro della cancellata di ingresso al Cappellone di San Riccardo, in alto, inserito in una grande struttura a volute baroccheggianti, tutta realizzata in ottone, è collocato un terzo stemma della città di Andria, di forma ovale e sagomato a cartoccio, foto S 20. Nel campo di ottone è raffigurato un leone, realizzato anch’esso in ottone, che si arrampica su un grande ramo, con diramazioni molto nodose. Il ramo che nasce dalla terra su cui il leone poggia la zampa posteriore sinistra, non sembra più di quercia e i frutti non assomigliano a ghiande: forse il valente artigiano che l’ha realizzato ha lasciato spazio alla fantasia. Il leone ha la corona del tipo ducale, ad otto punte di cui cinque visibili, chiuse da un velluto. Lo stemma non è sormontato da una corona ma da una figura posta al culmine di un gioco di volute: si tratta della figura del Vescovo S. Riccardo benedicente che sembra volare in cielo trasportato da due angeli posizionati alla base del suo mantello. Questo stemma è dell’Ottocento, quando fu realizzata la cancellata.
[foto S 20: stemma sulla cancellata dell'ingresso al Cappellone di S. Riccardo]
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Nell’anno 1837, come racconta Mons. Emmanuele Merra nella sua opera “MONOGRAFIE ANDRIESI”, tutte le città del Nord barese furono colpite da una grave pestilenza di colera che “mieteva per tutt’ovunque a mille a mille le vittime” e “mentre le Città vicine venivano senza pietà orrendamente decimate, Andria non vide de’ suoi cittadini rapirsene che tre o quattro soltanto” (12).
A ringraziamento per lo scampato pericolo il Consiglio Municipale, accogliendo il desiderio del Capitolo della Cattedrale e con il consenso unanime dei cittadini, deliberò la costruzione della nuova statua di argento del suo Santo Patrono Riccardo in sostituzione di quella, sempre in argento, trafugata nel 1799 in occasione della presa di Andria da parte delle truppe francesi. La statua, con la raffigurazione del Santo a mezzo busto in grandezza naturale, fu realizzata dagli argentieri napoletani Gaetano Coppola e Gaetano Capozza. All’epoca reggeva la Diocesi di Andria Mons. Giuseppe Cosenza e per l’attuazione dell’opera fondamentale fu il contributo del Comune di Andria, con a capo il sindaco Consalvo Ceci, che destinò a tale scopo tutti i risparmi realizzati invitando alcuni volenterosi cittadini a sostituire gratuitamente un dipendente comunale andato in pensione (13).
La nuova statua giunse ad Andria nell’agosto del 1840 e fu grande festa.
[S 21 e S 22: stemma sulla statua di argento di S. Riccardo del 1840 e particolare della base]
A suggello dell’importante e decisivo contributo finanziario elargito dal Comune e del patronato concesso dal Capitolo Cattedrale alla cittadinanza, sul retro della base tutta d’argento su cui poggiava la statua del Santo fu scolpito a sbalzo lo stemma del Comune (foto S 21). Esso presenta uno scudo ovale, bombato in alto, inserito in un cartiglio sormontato da una corona ducale ad otto punte, tutte visibili, terminanti con una perla; lo scudo è contornato da foglie di acanto. Il leone rampante regge fra gli artigli non lo storico ramo di quercia ma un ramo d’ulivo che nasce dalla terra.
Sulla base su cui poggia la statua, oltre allo stemma del Comune, sono riportate delle iscrizioni che ricordano il furto sacrilego avvenuto nel 1799 ad opera dei francesi, come rilevasi dalla foto S 22.
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Il 6 dicembre 1983 vennero trafugate dalla Cattedrale di Andria le statue d’argento di San Riccardo, del Santissimo Salvatore e della Madonna dei Miracoli, però furono lasciati in loco la base della statua di San Riccardo e il trono della Madonna dei Miracoli. L’attuale base della statua di San Riccardo di cui si è parlato prima è quella originale dell’Ottocento.
Il trono con la statua della Madonna dei Miracoli e il bambinello era stato realizzato nel 1876 in occasione del terzo centenario della scoperta dell’immagine della Madonna in una grotta della lama di Santa Margherita.
A volere la statua della Madonna d’Andria, anche per completare le icone dei Santi Patroni della Città, fu il Vescovo della Diocesi Mons. Federico Maria Galdi, però, tutta la cittadinanza contribuì copiosamente per il raggiungimento della occorrente somma di 30.000 lire.
[foto S 23: stemma sul retro del trono (1876) della statua argentea della Madonna dei Miracoli]
Per questo, in segno di riconoscenza, sul retro del trono della Madonna, tutto d’argento lavorato a sbalzo, fu applicato un bellissimo stemma della Città (foto S 23), tutto di rame dorato. Nello scudo di forma ovale c’è il leone rampante, con tre zampe poggiate su un albero di quercia che nasce dalla terra, e con in testa la corona ducale a cinque punte visibili; lo scudo è contenuto in un cartiglio inserito tra due avvolgenti rami di quercia e di alloro ed è sormontato da una perfetta corona ducale con cinque fioroni visibili. La bellezza dello stemma sta non solo nella composizione, ma soprattutto nella perfezione della scultura, come solo i maestri argentieri di Napoli sapevano realizzare. Infatti, la statua ed il trono furono realizzati a Napoli dall’argentiere Gennaro Pane su indicazioni e suggerimenti dello scultore Tommaso Solari, come attestato dall’iscrizione riportata sul retro del trono: ARTI FEX MONUMENTI – JANUATIUS PANE – NEAPOLITANUS ARTIFICIS RECTOR – EQUES THOMAS SOLARI.
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Ferdinando I Re di Napoli, con Decreto del 1817, aveva ordinato a tutti i Comuni del Regno la realizzazione di Camposanti per la tumulazione dei defunti, evitando le sepolture nelle e/o presso le Chiese. La Città di Andria potette ottemperare soltanto una ventina di anni dopo e l’apertura del nostro Cimitero avvenne nel 1840.
Il progetto dell’opera fu dell’architetto Domenico Nicola Recchia. Il nucleo iniziale era di forma rettangolare e sul suo perimetro, nel corso degli anni, furono realizzate le Cappelle funerarie dalle Confraternite (che a quell’epoca erano preposte alla pia funzione della sepoltura delle persone, soprattutto dei poveri e dei senza famiglia) e dalle famiglie nobili e possidenti andriesi, su suoli concessi dal Comune e/o acquistati da privati. L’interno del rettangolo cimiteriale era quasi completamente vuoto, come si rileva dalla proposta di Piano Regolatore Generale redatto dall’Ing. Ceci nel 1895, però aveva al centro una costruzione, ancora oggi presente e che chiamiamo Cappellone centrale, realizzata dal Capitolo della Chiesa Cattedrale e costituita da un soccorpo con funzione di ambiente per tumulazione dei Canonici e da un piano rialzato con funzione di Cappella per le funzioni religiose a suffragio di tutti i defunti. Al Comune di Andria il Capitolo della Cattedrale concesse il patronato (per i contributi ricevuti) che, come nella Chiesa di Porta Santa, si concretizzò con l’inserimento ai lati dell’altare del Cappellone di due stemmi della Città di Andria, in posizione simmetrica (foto S 24a – foto S 24b).
[S 24a e S 24b: stemmi ai lati dell'altare del Cappellone del Camposanto]
Gli stemmi di marmo Carrara sono inseriti in lastre di pietra brecciata oniciata che si trovano da ambo i lati dell’altare. Lo scudo, il leone rampante lampassato ma senza corona sulla testa, e l’alberello di quercia con le ghiande che nasce dalla terra ondulata sono incisi nel marmo Carrara. Lo scudo ha la forma detta “a punte” in Araldica ed è sormontato da una grande corona a dieci punte con perle. Tutte le parti incise sono colorate di nero.
Questa forma di scudo difficilmente la si riscontra per lo stemma di Andria, così pure quella della corona che la sormonta.
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Nella ricerca effettuata per verificare quanto riferito nella Delibera del podestà Cafaro, ho individuato altri stemmi della nostra Città, scolpiti in pietra, che si richiamano a quelli antichi prima descritti e che il podestà Cafaro non cita.
Sulla facciata dell’edificio costruito nel 1887 in Piazza Catuma, ubicato tra il palazzo vescovile e l’abside della Chiesa Cattedrale, è collocato un grande stemma di Andria, (foto S 25) sopra il grande orologio di marca Trebino.
[foto S 25: stemma sulla facciata dell’edificio costruito nel 1887 in Piazza Catuma]
È uno stemma in pietra, sostenuto da due fasci di fiori, con lo scudo sagomato del tipo a testa di cavallo o scudo fiorentino (come diceva il podestà Cafaro), con nove punte, nel cui campo c’è un leone rampante che si appoggia con gli artigli ad un albero. Il leone ha una corona poco evidente per la corrosione della pietra dovuta al tempo. Lo scudo è applicato su un altro scudo che lo avvolge con due ampie volute in alto. Il tutto è sormontato da una corona ducale con otto fioroni, di cui cinque visibili anche se la corona è tridimensionale, che hanno al centro una perla.
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Altri due stemmi dell’Ottocento si trovano proprio sulla scalinata di accesso al Municipio: il primo è posizionato al centro della ringhiera sul ballatoio di arrivo e l’altro sulla base dei pali della luce che illuminano la scalinata.
Il primo stemma (foto S 26) costituisce la parte centrale di una grossa struttura in ghisa di stile baroccheggiante, racchiuso in alto da due cornucopie capovolte ed in basso da due grandi foglie di acanto; è del tipo a cartoccio come quello a stampa usato dal Comune di Andria per quasi tutto l’Ottocento. Lo scudo è ovale ed ha al centro il leone rampante con tre zampe poggiate sul tronco di un albero di quercia e con in testa la solita corona ducale. Lo stemma è sormontato dalla corona ducale con otto fioroni a perla centrale; in basso, sotto il cartoccio, ci sono due rami di alloro che avvolgono lo stemma.
[S 26 e S 27: stemma al centro della ringhiera sulla scalinata di accesso al Municipio e stemma sui pali della luce presso tale scalinata
(1897)]
Il secondo stemma è scolpito sulla base dei due pali della luce (foto S 27) che si trovano all’inizio e da ambo i lati della scalinata del Comune, realizzati in ghisa e datati 1897. In quell’anno infatti, per la prima volta Andria fu illuminata dalla luce elettrica: questo fu un avvenimento di importanza quasi epocale per la Città dovuto ad un intraprendente e capace giovane ingegnere andriese, Nicola Labroca, che sulle rovine del Convento di San Domenico, costruito nel 1398, realizzò in un solo anno la prima centrale elettrica al servizio della Città. La centrale fu inaugurata la sera del 18 luglio 1897, quando Andria, come riporta l’epigrafe apposta sull’officina elettrica e redatta da Mons. Emmanuele Merra: “videsi la prima volta a luce elettrica splendidamente illuminata”. In quell’occasione furono installati i primi pali con le lampade elettriche e due di questi sono proprio quelli installati ai piedi della scalinata del Comune alla cui base c’è sia lo stemma in oggetto sia la targa che riporta il nome dell’ing. Labroca. Lo stemma è del tipo sagomato a testa di cavallo, a nove punte come quelli del Convento delle Benedettine anche se con la parte centrale rialzata, essenziale nella sua struttura, con al centro il leone rampante che poggia solo le zampe anteriori sul tronco di un albero, presumibilmente una quercia, e con in testa la corona ducale ad otto punte di cui cinque visibili. Lo scudo è sormontato dalla corona ducale e in basso è contenuto tra due rami di alloro, simbolo della gloria.
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Sulla facciata del posto di polizia municipale costruito nel 1903 in angolo tra Via Eritrea (ex Via Imbriani) e Via Manthoné, a livello dell’imposta della torre del secondo piano è collocato un altro stemma di Andria (foto S 28), realizzato in pietra, che è di buona fattura e che si conserva in buone condizioni.
[foto S 28: stemma sulla facciata del posto di polizia municipale costruito nel 1903]
È uno stemma piuttosto grande, posto sotto l’orologio di marca Trebino (come quello di Piazza Catuma), che campeggia maestoso al centro della facciata della torre. Lo scudo, sagomato come quelli del Convento delle Benedettine, ha la forma simile a quella del palo della luce di cui alla foto S 27, con nove punte perfettamente conservate, e poggia su di un fascio di rami di alloro con foglie e bacche, che si divide in due per contenerlo. Nel campo è scolpito un leone rampante che ha fra gli artigli un ramo di quercia di molto stilizzato, ma riconoscibile dalla forma delle foglie; il leone è munito di corona ad otto punte di cui cinque visibili, come quelle ducali. Lo scudo è sormontato da una corona di non chiara attribuzione perché formata da un giro senza alcuna apertura, delimitato da due cordoni molto semplici, sormontati da quattro torri merlate, di cui tre visibili, unite da murature anch’esse merlate. Sono presenti, quindi, sia il simbolo delle corone delle Città, cioè le torri, sia il simbolo delle corone dei Comuni, cioè le mura merlate.
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Un altro stemma in pietra è presente sul Monumento ai Caduti di fronte alla Chiesa dei Cappuccini, (foto S 29). è uno stemma realizzato agli inizi degli anni trenta, quando fu costruito il monumento, scolpito in un tondo di pietra con cornice sporgente, con lo scudo a nove punte come quello della precedente foto S 28, con la variante di essere più arrotondato, tirato in alto e dilatato. Nello scudo è scolpita la figura di un possente leone rampante, con la coda bifida, una bella criniera, le zampe pelose e il la corona ducale in testa. Lo scudo è sormontato da una corona come quelle delle Città, con otto torri di cui cinque visibili, su una base con doppia cordonatura e una sola pusterla, il tutto racchiuso nella cornice tonda.
[foto S 29: stemma in pietra (1930) presente sul Monumento ai Caduti]
Lo stemma di cui alla foto S 29 certamente è stato scolpito tenendo conto dei suggerimenti del Podestà che fortemente voleva ripristinare “alla maniera antica” il nuovo stemma della Città. È effettivamente uno stemma bello.
Il Podestà, dopo la descrizione degli stemmi storici, afferma: “Poiché dagli esemplari sopra citati e brevemente illustrati, risulta storicamente qual fosse lo stemma originario della città di Andria, è opportuno e doveroso ripristinare quello in uso deformatosi ingiustificatamente da poco più di un secolo”.
[da “Lo Stemma di Andria - ricerche”, di R. Ruotolo, tip. Pubblicom, Andria, 2012, pp.15-37]
NOTE
(4) La Delibera è indicata come “Estratto n. 511” nel Registro delle Deliberazioni e porta il n.7335 di Protocollo.
(5) La Consulta Araldica fu istituita nel 1869 per dare il suo parere ed il suo assenso agli organi dello Stato, incaricati della tenuta dei registri della nobiltà italiana, in merito alla esistenza e/o concessione di titoli nobiliari, stemmi, altre onorificenze e, in generale, in materia di araldica. Nell’anno 1948, giusta norma transitoria della Costituzione italiana, furono aboliti i titoli nobiliari e la Consulta Araldica cessò di funzionare pur non essendo stata emanata apposita legge di soppressione.
(6) Il Cafaro parla di Città e non di Comune. Per la Città lo scudo viene sormontato dalla corona ad otto torri (di cui cinque visibili) proprio degli stemmi delle Città, mentre le corone dei Comuni non hanno torri ma una merlatura composta da sedici elementi (di cui nove visibili).
(7) Le sintetiche notizie riportate nella Delibera del 23 agosto 1929 furono successivamente, negli anni sessanta, fatte proprie dal Sig. Riccardo Loconte e riportate nel suo lavoro “Andria, la mia Città” senza citare né la fonte né l’autore.
(8)
Prof. Pasquale Massaro “ANDRIA nella Storia e nell’Arte”- Tipografia Guglielmi – Andria 1969.
A pagina 9 dell’opuscolo così si esprime: “Due pregevoli esemplari del 1500, scolpiti su pietra a blocco unico,
sono conservati nel Palazzo Municipale (uno è sistemato sul muro della porta d’ingresso alla sala Consiliare,
l’altro attende ancora sistemazione). I due esemplari (che sono poi gli unici dell’epoca conservati) provengono:
il primo dalla distrutta chiesa delle Benedettine, pregevole opera d’arte del 13º secolo, demolita,
insieme all’annesso convento verso il 1940, per far posto alla piazzetta e al mercato comunale
e il secondo da una casa gentilizia di Via Tupputi”.
Come si può osservare però, notevoli sono le inesattezze riscontrabili.
(9) La Chiesa dell’Annunziata di Andria – Grafiche Guglielmi di Andria – 1996.
(10) Beatrice D’Angiò aveva ottenuto la preziosa reliquia della spina della corona di Cristo dal padre Carlo II, che a sua volta l’aveva ottenuta dallo zio, il Re di Francia Luigi IX il Santo.
(11) Nello stemma degli Angioini ci sono sempre tre gigli. Lo stemma degli Orsini contiene, considerato i vari rami delle famiglia, bande inclinate, in campo argentato; una fascia oro con l’anguilla; una rosetta pento-lobata rossa in campo argento. Lo stemma dei Del Balzo contiene una stella a sedici raggi di argento in campo rosso. Lo stemma degli Aragonesi contiene sempre quattro pali (bande) colorate di rosso in campo oro.
(12) Padre Antonio Maria Di Jorio, agostiniano – Vita di S. Riccardo primo Vescovo di Andria – Tipografia De Lella, 1870 Napoli.
(13) Riccardo D’Urso: Storia della Città di Andria – Tipografia Varano, Napoli 1842.