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Monografie Andriesi
di Emmanuele Merra, Tipografia e Libreria Pontificia Mareggiani, Bologna, 1906, Vol II, pagg.
241-281
XIII
L'Immagine della Madonna della Pietà
che si venera
nella Chiesa dell'Annunziata
sommario
Indroduzione.
... ... ...
I. - Carlo VIII Re di Francia scende in Italia.
Era da gran tempo che Lodovico il Moro, Duca di Bari, e Governatore di Milano, uomo d’astuta ambizione,
simulatore e dissimulatore a ninno secondo, bramava far suo il Ducato di Milano,
che reggeva a nome del suo nipote Gian Galeazzo Maria Sforza.
Però temeva assaissimo di Ferdinando d’Aragona, Re di Napoli, il quale gli aveva inviato
un’ambasciata affinchè con le buone rilasciasse il governo al Duca suo nipote.
Lodovico rimandò con cortese risposta l’ambasciatore, e nel frattempo per mezzo
del Conte Carlo di Belgioioso, invitò segretamente Carlo VIII Re di Francia,
a venire a conquistare il Reame, su cui quel monarca vantava dei dritti;
egli di gente e di danari il sovverrebbe. Carlo accettò di buon grado l’invito,
e con un agguerrito esercito di Bretoni, di Svizzeri, di Guasconi e di Francesi,
schiuma di ribaldi, avanzi di forche, e per infamia bollati le spalle e mozzi delle orecchie,
onde avevano capelli e barba lunghissima, passò le Alpi, ed ai 14 Ottobre del 1494.
entrò nell’Italia nostra, preda diletta di tutti i conquistatori.
II - Alfonso d’Aragona, Re di Napoli, si oppone a Carlo VIII.
All’avvicinarsi di queste feroci soldatesche, che portavano lo sterminio ovunque facevano passaggio,
Alfonso d’Aragona, che per la morte di Ferdinando suo padre era successo al trono di Napoli,
in fretta ed in furia allestì sessantaquattro legni da guerra, sotto il comando
di suo fratello Federico, Duca di Andria, e gran Maresciallo del Regno, per opporsi all’invasore;
ma venuti a battaglia con la flotta reale di Carlo VIII, furono vinti presso Genova,
e vergognosamente dovettero tornarsene a Napoli.
Miglior fortuna non incontrò l’armata di terra, capitanata da Ferrantino, figliuolo di Alfonso,
sotto la guida di Virginio Orsino, gran Contestabile; imperocchè venuta a giornata
presso Bertinoro nelle Romagne con l’esercito nemico, comandato da Monsignor Obegnì, restò vinta.
Per tale sconfitta Re Alfonso si fortificò in varie parti del Regno, e frattanto spedì
suo figlio Ferrantino a Papa Alessandro VI, il quale aveva pretensioni su Napoli,
per sentire il di lui parere intorno ad un tale affare.
Il Pontefice con una sua lettera il consigliò ad abdicare in favore del figlio, come quegli,
che essendo più universalmente amato dai nobili e dal popolo, per le sue lodevoli doti
ben diverse dalle paterne, potea sperare che tutti si unirebbero alla difesa di lui e del regno.
Vane speranze! Quando è suonata l’ora della rovina per un individuo o per una dinastia,
non v’ha cosa che possa ritardarla d’un minuto solo.
III. - Alfonso abdica in favore di Ferrantino.
Il 23 gennaio 1495 Alfonso abdicò in favore del figlio, ed il 3 febbraio uscì da Napoli,
andò in Sicilia e si fe’ frate, nel monistero di Monteoliveto in Mazzara.
Il 24 dell’istesso mese Ferrantino prese possesso del regno, e per cattivarsi
la benevolenza dei popoli die’ la libertà ai Baroni, imprigionati dal padre,
restituì gli stati a quelli che n’erano stati ingiustamente spogliati,
largheggiò di grazie massime con la città di Napoli.
Inutilmente, chè all’avvicinarsi del nemico niuno tenne forte per l’Aragonese,
ed i principali suoi ufficiali lo tradirono! Carlo infatti dalla parte degli Abruzzi
entrò acclamato nel Reame, e senza resistenza alcuna s’impadronì di molte città,
e nominatamente di San Germano, di Aquila e di Lanciano.
Saputosi ciò dal novello Re Ferdinando, lasciato al governo di Napoli suo zio Federico,
duca di Andria, alla testa dell’esercito marciò a grandi giornate verso San Germano;
ma Carlo lo prevenne in Gaeta ed in Capua, che prontamente gli si arresero.
Allora il giovane Re, disperando di poter resistere al nemico, si ritirò nel Castello Nuovo,
facendo passare in quello dell’Uovo la Regina Giovanna coll’Infante,
il Borgia con sua moglie, e Federico suo zio.
Se non che meglio volendo provvedere ai casi suoi, di là montato sulle galee,
che attendevanlo nel porto, ed accompagnato dalla vecchia regina, dal Duca di Andria,
e da Giovanna sua figliuola, si ritirò nel Castello d’Ischia.
Il Castellano, che segretamente se la intendeva con Re Carlo, impedì l’entrata
all’infelice sovrano, il quale tanto seppe dire e pregare che infine fu lasciato entrare solo.
Entrato appena, con un colpo di pugnale stese morto a terra l’infedele castellano,
sicchè la guarnigione spaventata lasciò che il resto dei cortigiani e delle guardie
di Ferdinando s’impossessassero del castello.
IV. - Re Carlo entra in Napoli.
Il dì 20 febbraio 1495 Carlo VIII giungeva in Aversa, e di là spediva a Napoli un’Araldo
ad annunziare ai cittadini la sua venuta. Un Sindaco venne subito ad offrirgli gli omaggi
dei Napoletani, ed egli il giorno 22 ad ore 21, entrava pomposamente in Napoli
per porta Capuana, seguito da trentotto mila soldati, e si sedeva sul trono degli Aragonesi,
ricantato come portatore di pace e di libertà — solite baie —.
Ritiratosi nel Castello Capuano, ivi ricevette tutti i Baroni ed i Signori Napoletani,
e die’ ordine si espugnasse il Castello Nuovo, difeso dal Marchese di Pescara,
il quale domandò a Carlo una tregua di cinque giorni.
In questo frattempo il re di Francia spedì ad Ischia un’ambasciata al Duca di Andria
con salvacondotto, dicendo di volergli conferire progetti vantaggiosi pel Nipote.
Federico venne a Napoli a malincuore, ed essendogli stato proposto dal Re
che se il Nipote volesse con le buone rinunziare al regno, gli darebbe invece
il possesso d’una provincia in Francia; il Duca francamente gli rispose giudicare
più onorevole per suo Nipote morire da re, che vivere da suddito; e riparti.
Finita la tregua, vennero presi d’assalto il Castello dell’Uovo, la Rocca di Gaeta
ed il Castello Nuovo; ed il 6 marzo Carlo se ne impadronì.
Allora re Ferdinando, perduta ogni speranza del Regno, con tutti i suoi
e col Duca d’Andria se ne passò in Sicilia a ritrovare il suo padre Alfonso,
restando a guardia della fortezza d’Ischia Don Indico d’Avalos.
V. - I Francesi si spargono con insolenza nel Regno.
Non appena Re Ferdinando partì per Sicilia, Carlo VIII si pose in possesso di tutto il Reame,
e spedì per le provincie le sue soldatesche, le quali vi si sparsero con tutta l’insolenza
della pronta vittoria, insultando i popoli, spogliandoli, ed aspreggiandoli
tanto pessimamente, che il Muratori ebbe a scrivere:
«
I Francesi d’allora, mancanti di quella disciplina e moderazione, che si osserva
in loro oggidì, altro non facevano tuttodì vedere, che eccessi di crudeltà, di lussuria,
e di avidità di roba. Poco ci volea, perchè essi maltrattassero, ed uccidessero gli amici,
non che i nemici. Di nulla più ansiosi erano che dei saccheggi, dati ai loro ladronecci;
nè pure perdonavano alle Chiese ecc.
[1]».
E la loro insolenza giunse a tal segno che alcuni cittadini di Gaeta, per ira e per dolore
dei danni e degli oltraggi, che questi Gallici invasori avevano fatto loro soffrire,
avendone trovati taluni i quali si erano ricoverati in un tempio, mentre erano cacciati
via dal Regno al grido popolare di: Aragona! Aragona! gli uccisero
e poi a furia di morsi, come narra il Giovio, ne addentarono rabbiosissimamente
persino i cuori, strappati dai petti ai morienti!
[2].
Guai agli oppressori, quando suona l’ora della riscossa per gli oppressi!
NOTE (Nell'originale la numerazione è di pagina e non progressiva dell'intero argomento)
[1]
MURATORI, Annali, Torno IX.
[2]
«Caetani quidem aliquot nacti Gallos, qui templum confugerant, crudeliter interfecerunt;
adeo ut exempta morientibus corda immani quadam rabie prae ira ac dolere acceptae
calamitatis dentibus admoverent». Tomo I. Lib. III.
VI. - La Madonna della Pietà.
Se tutte le città del Regno sperimentarono le insolenze dei soldati Francesi,
le quali sono le solite delizie che importano ai popoli tutti i vecchi e nuovi vociatori di libertà;
Andria come quella che in allora era governata dal Duca Federico d’Aragona,
dovette a preferenza delle altre sentire maggiormente i vilipendii di questi barbari invasori.
Infatti essa venne offesa nella più bella, nella più cara e più preziosa gloria,
che un popolo cristiano possa vantare, nella sua dolce, affettuosissima
e simpatica divozione verso della Benedetta madre di Dio e dogli uomini.
Era il marzo del 1495, ed alcuni soldati di Re Carlo, sbrigliati ad ogni licenza,
stavano intenti al giuoco fuori Porta della Barra. Uno di essi avendo sciaguratamente
perduto quanto danaro seco aveva, con l’ira nel cuore, con la bestemmia sulle labbra,
col pugnale nella destra, corre furibondo contro una Immagine della Pietà,
cha colà vicino era, in una cappelletta, dipinta a fresco; e:
Tu, o Maria, grida da forsennato, tu sei stata la causa della mia perdita, e tu ne pagherai il fio!
Ed avventarsi fremente di rabbia contro della sacra Effigie, e trafiggerla
sacrilegamente nell’occhio sinistro, fu un punto solo! La madre di Dio, che,
in atteggiamento di estasi sublime e d’ineffabile dolore, stava con le braccia distese
verso del Figlio, che col capestro del condannato alla gola, tutto insanguinato
e legato ad una colonna le era dinanzi, non appena ebbe ricevuto il colpo nefando che,
mirabile a dire! come fosse viva, corse con la mano destra a riparare la ferita,
rimanendo la sinistra nel primiero suo sito, come tuttavia si osserva.
Un tale avvenimento prodigioso leggesi la prima volta registrato negli Atti
di S. Visita fatta da Monsignor Egizio, Vescovo di Andria, nel 1659
[3].
All’annunzio di tale fatto meravigliò e dolorò grandemente il popolo Andriese,
ed in folla accorse sul luogo divampando di santo sdegno contro dell’empio
e sacrilego Francese, che a precipitosissima fuga s’era dato.
Ma invano; chè rinvenuto, l’infelice pagava miseramente il fio di tanta esecranda scelleratezza
su d’un patibolo, ove moriva impiccato, insegnando con la sua tragica fine
a tutti gli oltraggiatori delle cose sante, che il prepotente amore
del popolo Andriese per Maria, che è la sua regina e la sua madre
inviolabile e sacra, non si oltraggia mai impunemente!
In riparazione di tanto sacrilego attentato, ed in testimonio di venerazione
e d’amore interminabile verso Maria, dopo qualche tempo,
il muro dove era dipinta quella prodigiosa e vetusta Immagine,
fresco probabilmente della scuola di Giotto, venne segato da quel sito
ed introdotto nell’antichissima Chiesa dell’Annunziata, ove la pietà
degli avi nostri le rizzava un elegantissimo altare di pietra.
Tutto ciò leggesi negli Atti di S. Visita tenuta nel 1788 da Monsignor Palica
[4].
NOTE
[3]
Visitavit Cappellam Pietatis .... pro Ione habet Imaginem D. N. Jesu Christi
in figura Ecce Homo, et a latere dextero dictae Iconis est fenestrula panno inducta,
in qua, muro depicta suspicitur Imago B. Mariae Virginis manu oculum operientis,
et ex traditione habetur dictam Imaginem, manibus iniunctis extitisse,
et cum duo Galli milites ad invicem luderent, et alter eorum magnae pecuniae
summam amittens, ira concitus pugione Imaginis praedictae oculum vulnerasset,
dicta Imago Sanctissima, seiunctis manibus, altera oculum perforatum ostendit
(Curia Vescovile).
[4]
Haec Imago aliquando temporis post hunc casum remansit in eodem loco,
ubi fidelium multitudo adfuebat ex devotione; tunc pro maajori veneratione
Episcopus temporaneus ordinavit ut eam secarent ex pariete, et edificare fecit
in Ecclesia SS. Annuntiatae, ubi erectum fuit altare, et ex tunc usque
ad presens reperitur collocata et exposita fidelium venerationi (Curia Vescovile).
VII. – L’Altare di Maria della Pietà.
La Chiesa della SS Annunziata venne nel 1350 incendiata dall’esercito degli Ungheri,
che strinsero d’assedio Andria ed in gran parte la ridussero in un mucchio di cenere
e di rovine, per vendicarsi di Bertrando del Balzo, Gran Giustiziere del Regno
e Duca di Andria, il quale avea dichiarata innocente la Regina Giovanna I
per l’uccisione di Andrea d’Ungheria, Re di Napoli. Il medesimo Duca
nell’anno seguente ridusse questa Chiesa, che in origine era a tre grandi navate,
alla forma attuale, come lo attestano i varii stemmi quivi esistenti di Casa del Balzo.
In questo vetusto tempio pertanto, come quello che trovavasi poco lontano dal luogo
ove era avvenuto il prodigio, la sincera devozione del popolo Andriese,
rappresentata dalla sua università, rizzava alla sua cara Madonna un magnifico altare
di pietra di stile barocco, istoriato ed elegantemente ornato di svariati
e capricciosi geroglifici e rabeschi a basso rilievo. Monsignor Palica,
nella sua Visita pastorale del 1778, parla di questo Altare
[5].
Circa il tempo in cui detto altare venne costruito non si hanno dati certi;
però lo stile barocco, che fiori in tutto il cinquecento, ci fa credere che su per giù debba rimontare a quell’epoca.
È pregio dell’opera descriverlo minutamente.
Anzitutto alle spalliere di esso altare si veggono due vergini alate;
quella messa a sinistra stringe nelle mani una croce, e quella a destra tiene
in una mano un pomo e nell’altra il corno dell’abbondanza.
In fronte al primo gradino della mensa vi sono due ceste di fiori avendo entrambe
alla base due scimie, e nel mezzo un vago intreccio di foglie.
Nella fascia del secondo gradino si ammira un basso rilievo rappresentante Gesù,
che esce dalla porta di Gerusalemme, seguito da Maria sua madre, dalle pie donne,
dalla turba e da soldati a piedi ed a cavallo, con bandiere spiegate;
il divin Nazareno porta sulle spalle la croce e si avvia al Calvario, sul quale
sono rizzate due croci, mentre due Giudei stanno preparando la terza.
La base è formata da tanti scherzi rilevati a cancelli e da capricciose figure
[6].
La fascia del primo pilastro a sinistra comincia con due dragoni alati aventi
lunghe code ritorte, e sopra di essi canefore con frutti, indi un puttino con due colombe,
ed un altro tra due cavalli sfrenati. A destra ed a sinistra vi sono altri due draghi,
con code rabescate ad arco, e cinte di foglie. Nella fascia del secondo pilastro
si vedono due pegasi con sopra due draghi alati, e nel mezzo un cane col capo
in giù portante in bocca una sfera: ai fianchi due maschere tragiche, con nastri pendenti:
più in su due genii, tra i quali avvi uno scherzo di frondi, e poi altri due genii
divisi da una cesta di fiori, e da due colombe che amorosamente tra loro si baciano.
In fine sotto il capitello si veggono due scimie con in cima un serafino.
La base del secondo pilastro a destra comincia con due colonnette scannellate,
adorne di piedistalli e capitelli, e nel mezzo un satiro dalle lunghe ed aguzze orecchie.
Succedono a questo due genii, che lottano fra di loro; indi due puttini,
e poi un altro che cavalca un drago. Sotto il capitello due colombe formano
i manichi di una cesta di fiori, ed in cima avvi un serafino con ali spiegate.
Nella faccia dei due pilastri adiacenti ai primi, avendo l’altare due ordini,
e conseguentemente pilastri addoppiati, avvi una maschera tragica ed a fianco due draghi alati.
Superiormente si veggono due genii, nel mezzo un disco ed un puttino,
che cavalca un cavallo; altri due genii seduti ed una cesta di fiori con serpi attorcigliati.
Quindi un altro genio, che tiene la mano distesa sopra un leone in atto di mansuefarlo,
con un altro a fianco. Infine vedesi un altro genio sottoposto a due scimie.
In cima al quadro della B. Vergine vi è la testa d’un grande serafino con ali spiegate,
avente a destra un cavallo alato con coda rabescata, ed a sinistra una vaga sirena.
L’architrave ha un cornicione sporto a triangolo dentellato di figura isoscele.
Due grandi angeli di stucco siedono su i due lati, con in mezzo una nicchia.
Questi vaghi geroglifici nei tempi antichi erano tutti vagamente dorati; di poi furono imbiancati.
Questo impareggiabile altare sarà sempre un perenne monumento della sentita devozione
degli avi nostri verso di Maria della Pietà, ed un attestato troppo eloquente dal fatto prodigioso.
NOTE
[5]
Visitavit altare predictum structum ex lapide nostrali variis figuris
anagliptice perbelle et antiquitus sculptis (Curia Vescovile).
[6]
La fascia del secondo gradino con la sua base fu strappata per mettervi l’altare
di marmo ed attualmente si vede sull’altare della Via Crucis, nella medesima Chiesa.
VIII. - Autenticità del miracolo.
Da quel giorno memorando, in cui si compiva il sacrilego attentato ed avveniva
il prodigio della Madonna della Pietà, il popolo Andriese accorse in folla sul luogo
e fu testimone oculare di tale e tanto avvenimento. Il fatto venne diligentemente consecrato
in apposito processo canonico, compilato probabilmente da Monsignor Don Girolamo de Porcariis,
successo il 31 Marzo del 1495 a Monsignor D. Angelo Floro, Vescovo di Andria.
Questo processo fu depositato nell’Archivio dei preti Cappellani della SS. Annunziata
a perenne memoria e testimonianza del miracolo. Se non che in tempi posteriori,
una grande alluvione, a cui per lo passato andò spesso spesso soggetta la città di Andria,
avendo inondata la detta Chiesa, sventuratamente con altre preziosissime carte
portò via anche il processo! Tutto ciò leggesi registrato negli Atti della
Visita Pastorale fatta da Monsignor Triveri, Vescovo di Andria nel 1694
[7].
L’istesso Vescovo, mosso da tenera e sentita devozione verso della prodigiosa Immagine,
la coprì con un cristallo, chiuso da una cornice dorata, che a tal uopo
fece venire da Venezia, soprapponendovi un velo serico, come leggesi
negli Atti di S. Visita del 1697 di Monsignor Ariano
[8].
Del medesimo tenore parlano gli Atti della S. Visita di Monsignor D. Alessandro Egizio,
che sono i più antichi, e che abbiamo innanzi citati. Anche Monsignor
D. Nicola Adinolfi nella S. Visita del 1709 scrive lo stesso
[9].
Dell’istessa guisa sono tutti gli altri Atti delle S. Visite, riguardanti questo miracolo;
solamente si differenzia un poco, perchè più dettagliata la seguente relazione di Monsignor Palica del 1778
[10].
Gli Atti delle S. Visite posteriori tutti concordemente chiamano miracolosa la Immagine
della Madonna della Pietà; come pure miracolosa l’appellano quelli, che hanno
in varii tempi scritto di lei. Infatti il P. Serafino Montorio dell’ordine dei Predicatori
nel suo Zodiaco di Maria stampato in Napoli l’anno 1711, così scrive del miracolo
della Immagine della Madonna della Pietà: «
Stava allora la pietosa Immagine
con le mani distese verso il Figlio in atto di compassionare i suoi dolori;
ma quando ricevette il colpo scellerato, raccolse prodigiosamente,
come se fosse stata animata, la destra, posandola sopra la ricevuta ferita, quasi volesse
mitigarne il dolore: ed in tal positura, benchè fosse dipinta, restò sempre, come anche oggi si vede»
[11].
D. Giovanni Pastore, Prevosto della Collegiata di S. Nicola di Andria, nella sua
Storia manoscritta di questa città, parlando di detto miracolo, dice:
«
A tal atto la detta Immagine, come se fosse animata, alza la sua mano,
e con essa fa schermo al suo occhio, e si ripara dal colpo»
[12].
Il Canonico Cantore della Cattedrale di Andria, D. Riccardo Durso, nella Storia della medesima città,
conferma detto miracolo scrivendo: «
Non appena fu da quel sacrilego scaricato il colpo,
che tosto una delle mani della B. Vergine corse a farsi scudo all’occhio sinistro,
che era stato colpito e l’altra rimase nel pristino sito, come vedesi tuttodì»
[13].
Tutte queste testimonianze si poggiano sulla costante tradizione di meglio che quattro secoli,
e sulla devozione non spenta mai nel cuore degli Andriesi a questa venerata Immagine.
E poichè per Canone indubitato di Critica, al dire del dotto storico il Cibrario:
«
Il fondo delle tradizioni è vero, è storico, e merita fede»
[14]);
non so con quale e quanta ragione si possa mettere in dubbio, e perfin negare il prodigio
della nostra Madonna della Pietà, sol perché non se ne conservano ancora gli Atti originali
del processo canonico, o perché si veggano altre Immagini di Maria, dipinte nel medesimo atteggiamento.
Il solo pensarlo sarebbe temerario, e quattro secoli di non interrotta tradizione
ci darebbero in sulla voce, se avessimo l’ardimento di parlare.
NOTE
[7]
In parte vero inferiori adest foramen latitudinis unius palmi, ex qua apparet
Imago B. M. V. in pariete depicta tenens manum elevatam ad genuam sinixtram,
quam ex antiqua traditione dicitur miraculose elevasse occasione, quod quidam
lusor natione Gallus illam pugione percussit, et dictum fuit quod habebant
de hoc documenta autentica; sed perdita fuerunt cum aliis scripturis anno …
quando per nimiam pluviam tota Ecclesia impleta fuit aqua. (Curia Vescovile).
[8]
Est piissima Imago B. Virginis … in pariete depicta, cuius dextera ante faciem
prope oculum sinixtrum, quod evenisse dicitur antiquitus, cum quidem Gallus lusor,
furens ipsam pugione in ea faciei parte ad quam manu occurrit, percussit.
Unde felicis recordationis praedecessor Episcopus Triverius pietate ac devotione motus,
cristallo telis deauratis incluso, velo serico super imposito, venerari et custodiri curavit.
[9]
Observavit Imaginem gloriosissimae Virginis cujus manus dextera tendit ad oculum sinixtrum,
quod accidisse tradiderunt, ex eo, quod quidam miles nationis Galliae, dum magnam pecuniae
quantitatem in ludo amiserat, in rabiem versus, cultro, sive pugione B. Virginis simulacrum
in dicti oculi sinistri parte vulneravit, ad quam sua sanctissima manu dextera occurrit;
de quo prodigio antiquitus conservabatur processus in Archivio ejusdem Collegiatae;
sed nonnullis ab hinc annis pluviarum inundatio cum reliquis ipsius scripturis
dictum processum consumpsit. (Curia Vescovile).
[10]
Super dictum altare est sculpta Imago laudatae B. Virginis depictae super lapide
et munita in Icone cum cristallo a parte anteriori cooperto a panno serico,
quae Imago asseritur ex antiqua traditione et ex relatione Ill.mi et Rev.mi Episcopi Triverii,
ut colligitur ex Actis S. Visitationis ipsius, quod erat collocata in via pubblica
non longe a dicta Ecclesia sub fornice parietina tempore Caroli Regis Galliarum,
ubi quamplurimi lusores alearum congregabantur, inter quos fuit miles unus
ex militia eiusdem regis qui ludendo cum aliis jacturam fecit maximam suae pecuniae;
ex qua jactura actus in rabiem et educto gladio de vagina id invexit contra
dictam Imaginem blasphemando cum contumeliis, et multis ictibus pugionis
percussit faciem, frontem et oculum sinistrum dictae Imaginis.
Tunc proh stupor! ipsa Imago, quae manus et brachia extensa habebat, respiciendo
Imaginem Iesu Christi ad columnam alligati, de repente elevavit dexteram manum
et proprium oculum offensum contexit, prout nunc visitur. (Curia Vescovile).
[11]
MONTORIO,
Zodiaco di Maria, Stella VII del segno di scorpione.
[12]
PASTORE, Storia ms. della Città di Andria, Parte II, Cap. VII.
[13]
D’URSO, Storia della Città di Andria, Lib. VI, Cap. V.
[14]
CIBRARIO, Storia del Santuario della Consolata, Cap. II.
IX. - Culto prestato dagli Andriesi e dai forestieri alla nostra Madonna.
Dal marzo del 1495 la Madonna della Pietà è stata teneramente amata e venerata,
con amore sempre nuovo e crescente, e con prove di filiale affetto dagli Andriesi
e dai forestieri ancora. Era la prima volta che la Benedetta Madre di Dio loro si svelava
in quella Immagine miracolosa; mentre l’Immagine della Madonna della Neve, in Porta Santa,
appariva nel 1516; quella della Madonna dei Miracoli, nella Valle di Santa Margherita, nel 1576;
quella dell’Altomare, nella cripta di Santa Sofia, nel 1598; e quella di Maria Mater Gratiae,
nella Chiesa di San Giovanni, nel 1624. Inoltre questa Immagine si svelava al popolo Andriese,
sotto il titolo tanto soave e consolante di Madonna della Pietà; e le primizie,
che son sempre care, non si dimenticano mai, e la pietà è oltremodo simpatica a tutti i cuori,
che hanno bisogno di consolazione e di conforto, in questa valle del pianto.
Laonde la devozione verace dei nostri religiosissimi padri, poco dopo il sacrilego
attentato ed il pietosissimo prodigio, volle che si introducesse in Chiesa
una tale veneranda Immagine, e le si rizzasse di poi quel pregiato altare di pietra
sopra descritto. Indi perchè giammai mancasse il culto dovuto a tanta prodigiosa Effigie,
varie famiglie Andriesi gareggiando di affetto tra di loro, con annui canoni costituirono
un modesto beneficio, annesso al Priorato, unica dignità della Collegiale Chiesa della
SS. Annunziata. Ad accrescerne sempre più il culto e la divozione venne di poi istituita,
sotto il titolo di S. Maria della Pietà, una Congregazione laicale, la quale era esistente
nel 1552, e dopo il 1633 troviamo che i Confratelli vestivano il Robone, che era una veste
signorile usata dai cavalieri e dai dottori, come rilevasi da un Istrumento di Notar
Francesco Giacomo Petusi, in data 21 gennaio 1663. Nell’anno seguente i Reverendi Sacerdoti
della SS. Annunziata concedevano a questa Confraternita, che aveva il suo proprio oratorio,
l’altare di S. Maria della Pietà, coll’obbligo che i confratelli avessero fare ogn’anno celebrare
per l’anima loro da essi sacerdoti cinquantadue messe lette ed una cantata
[15].
I Vescovi Andriesi, come quelli che debbono essere modelli di devozione al proprio gregge,
non potevano alla lor volta non gareggiare col loro popolo nella devozione verso di questa
Immagine miracolosa; e Monsignor Antonio Triveri nel 1694 la fece coprire a sue spese
d’un terso cristallo, chiuso in cornice dorata e d’un serico velo, e scrisse la relazione
del miracolo negli atti di sua visita pastorale. Monsignor Nicola Adinolfi fece inserire
nel Zodiaco di Maria del P. Montorio il fatto prodigioso; e Mons. Giuseppe Cosenza nel 1834,
compilando gli Ufficii da recitarsi in Andria e nella Diocesi, otteneva dalla
S. Congregazione dei Riti d’inserirvi quello della Madonna della Pietà, con la Messa
da recitarsi nella seconda domenica dopo Pasqua. Monsignor Gian Giuseppe Longobardi,
oltre della devozione che nutriva vivissima verso questa buona Madre, vuolsi avesse
avanzata domanda al Reverendo Capitolo Vaticano per la coronazione della miracolosa Immagine.
Monsignore D. Federico Maria Galdi, amante passionato di Maria, non mancava di portarsi
ogni anno a celebrare in onore di lei, nel giorno della sua festa, e di esortare con parole calde
di affetto il suo amatissimo gregge ad amare sempre più di verace amore una sì buona Madre.
Il Reverendo Capitolo Collegiale dal canto suo sino al 1813, epoca in cui dalla Chiesa
dell'Annunziata si trasferì in quella di S. Agostino, non mancò mai di zelarne il culto
come e meglio gli fu dato. Il Priore, che era beneficiato della Madonna della Pietà,
soleva ogni anno celebrare la festa nella terza Domenica di Settembre, come rilevasi
dalla S. Visita del 1778 di Monsignor Palica
[16].
Che se poi l’abbandono del sacro tempio e la gelida ala del tempo affievolirono
in certo qual modo in petto agli Andriesi questa soavissima ed ardentissima fiamma
di amore per Maria della Pietà; essa però non si estinse del tutto, si riaccese
e cominciò a scintillare di più vivida luce in tempi a noi vicini, prima per opera
del Canonico D. Riccardo Montaruli Iuniore, che devoto di questa Immagine,
si adoperò affinchè Monsignor Cosenza avesse dalla S. Congregazione dei Riti
il permesso della recita dell’Ufficio e della Messa della pietosissima Vergine,
e ne fece fare le prime Immagini; poi per opera del Canonico D. Michele Ursi,
il quale coadiuvato da un buon numero di giovani devoti, che frequentavano
quella Chiesa per impararvi il Catechismo, ne rinfocolò la devozione, con feste
religiose e popolari, e con una statua fatta dalla pietà della Signora Nardi nei Frascolla.
Se non che nel 1857 avendo Monsignor Longobardi impiantato una delle sei Parrocchie
da lui erette, nella Chiesa della SS. Annunziata, la devozione verso di Maria della Pietà
crebbe da vantaggio mercè lo zelo santamente operoso del Canonico D. Saverio Cannone,
primo Vicario Curato di detta Chiesa Parrocchiale. — Ad accrescere maggiormente
il religioso entusiasmo per la Madonna della Pietà, il 12 Gennaio del 1859 Re Ferdinando II,
in compagnia della Regina Maria Teresa d’Austria, di Francesco II, Principe ereditario,
di Luigi Conte di Trani, di Alfonso Conte di Caserta, di Monsignor Longobardi,
e di Ministri e Generali, e Gentiluomini di Camera e Dame di corte ed esercito,
veniva da Napoli a prostrarsi devoto innanzi a questa Immagine miracolosa.
Dopo di avere fervidamente pregato Maria, mosso da sentita devozione e singolare pietà,
ordinò le si ergesse a spese della sua reale munificenza un altare di marmo,
e se ne ristaurasse la Chiesa. Ma sventuratamente e per certe fatalità cittadine,
di cui tacere è bello, e per la repentina morte del Monarca e per i tempi
che volsero tanto inclementi e tempestosi per la dinastia Borbonica,
le pie disposizioni di Re Ferdinando rimanevano prive di effetto! …
Nell’anno seguente essendo stato eletto Parroco il Mansionario D. Felice Nevola,
questi con ardore accesissimo si adoperò a dilatare il culto della cara Madonna della Pietà.
A tal uopo fece per mezzo di Monsignor Longobardi scolpire in Napoli il gruppo
della Pietà in legno, rappresentante Gesù legato alla colonna, e Maria con la destra
in atto di riparare la ferita ricevuta. Vi eresse pure una Confraternita spirituale,
che arricchì di non poche Indulgenze con ottenere, il 22 Giugno 1860,
dal Generale della Compagnia di Gesù, il P. Pietro Bechz, la facoltà di aggregarla
alla primaria Congregazione dell’Annunziata di Roma. In tutti i Venerdì dell’anno
fu solito celebrare all’altare della B. Vergine, e dopo l’evangelo tenere al popolo
un toccante discorso sulla devozione di Maria, inculcando con zelo affettuosissimo
il culto a questa Immagine venerata, sua tenera cura e delizia.
Il 10 Giugno del 1864, essendo il Nevola tra il compianto di tutti i buoni,
e massime dei suoi parocchiani, volato alla corona del cielo; questa Parrocchia
veniva affidata al Vicario Curato, il Canonico Primicerio D. Tommaso de Simone,
il quale emulatore dello zelo dei suoi predecessori, fece pubblicare nel 1869
la prima Edizione di questi Cenni storici intorno alla Vergine della Pietà;
e non cessò mai di promuoverne ampiamente il culto. In questo frattempo
le venerande Immagini di Gesù e di Maria vennero vagamente decorate
l’una d’una corona di spine, e l’altra d’uno stellario, entrambi di argento,
doni di Riccardo Merra di Emanuele. Il giorno 8 aprile 1869 una splendidissima
ed elegante cornice a raggiera di legno dorato ornava gentilmente la Sacra Effigie,
coperta da un serico velo rosso ricamato in oro dalla Signora Vincenza Nardi.
Le sorelle Nevola a loro devozione lavoravano pure un bellissimo paramento di fiori,
che nei dì solenni abbelliscono il nuovo altare di marmo, fatto dalla Confraternita
della Pietà, con le largizioni dei devoti, e solennemente consecrato
da Monsignor D. Federico Maria Galdi, Vescovo di Andria, il di 7 Settembre 1875.
Nelle principali solennità di Gesù e di Maria sette bellissime lampade di argento,
doni votivi dei devoti Riccardo Merra di Emanuele, Maria Giuseppe Losito nei Nevola,
Suor Maria Francesca Nevola, Antonio di Canosa e Vincenzo Fuzio coniugi,
e due della Confraternita della Pietà, lampeggiano di vivissima luce
intorno alla santa Immagine, quali simboli dell’amore ardente dei cuori
degli Andriesi per la loro dolcissima Madonna.
Il 25 Decembre 1878, avendo il Mansionario D. Nicola Zinni preso possesso di questa Parrocchia,
anche egli a promuovere ognora più il culto di Maria della Pietà,
ne faceva chiudere l’altare di marmo con una bella ringhiera di ferro fuso,
dono di Tommaso Selvarulo, ed impetrava che la Confraternita spirituale vestisse
il sacco bianco con mozzetta pavonazza, nelle sacre funzioni.
Con la data del di 21 Marzo 1882, sotto l’anello del Pescatore, otteneva da Papa Leone XIII
che l’altare della Vergine della Pietà fosse privilegiato in perpetuo,
sebbene nella stessa Chiesa vi fosse un altro altare privilegiato, quello cioè
dell’Immacolata Concezione. Il giorno 14 Marzo del medesimo anno impetrava pure
dal sullodato Pontefice, per un settennio, l’Indulgenza plenaria da lucrarsi
da tutti coloro che confessati e comunicati visiteranno la Chiesa della SS. Annunziata,
nei giorni precedenti alle feste della Madonna della Pietà, purché assisteranno al triduo,
o almeno per cinque giorni alla Novena, ed ivi pregheranno per la concordia
dei Principi cristiani, per l’estirpazione delle eresie, per la conversione
dei peccatori e per l’esaltazione della Santa Madre Chiesa; quelli poi che
con cuore almeno contrito devotamente prenderanno parte al detto Triduo o Novena,
ogni giorno guadagneranno cento giorni d’Indulgenza, applicabili per modo
di suffragio anche alle anime del Purgatorio. Tutti i venerdì dell’anno,
e nel mese di Maggio il detto Parroco tiene ai devoti della Pietà appositi discorsi
per sempre più infiammarli nell’amore di si buona madre e pietosissima,
e non manca in tutte le circostanze, e non mancherà mai di caldeggiarne sentitamente la devozione.
Per decreto della S. Congregazione dei Riti, in data dei 24 Settembre 1842,
la festa della Madonna della Pietà fu fissata nella seconda Domenica di Luglio.
Ogni anno essa viene solennizzata con la massima pompa religiosa e civile,
mercé le spontanee oblazioni dei Confratelli, dei fedeli e dell’annua offerta
di Lire Dugentododici, e centesimi cinquanta della pia signora Vincenza Nardi
nei Frascolla, la quale per l’amore filiale che nutre vivissimo verso di Maria della Pietà,
ogni giorno rifornisce d’olio la lampada che arde all’altare di lei;
ed è da credere che vorrà rendere perpetua una tale offerta.
L’amore quando è vero non si contenta della precarietà dell’oggi e del domani;
ma sfida i secoli sempre giovane ed immortale.
Sebbene per lagrimevole mancanza di registri, di cui non dovrebbero mai farne
senza tutti i Santuari, non si potessero narrare i miracoli operati, e le grazie
concesse ad intercessione di questa cara Madonna; pur tuttavia al vedere
la filiale devozione ed il culto ognora crescente del popolo Andriese verso
di questa Immagine benedetta; al vedere la fiducia con cui le madri vengono
a mettere sotto la valida e gentile tutela di Maria i loro bambini di fresco nati;
al vedere con quanto affetto i giovani, pria di partire per la milizia,
vengono qui a raccomandarsi caldamente alla celeste guerriera;
al vedere i doni votivi, che spesso spesso anche da lontani paesi le vengono offerti;
senza dubbio convien dire che Maria, la quale con un prodigio chiamò
il popolo Andriese alla venerazione di questa santa Effigie, continui
tuttavia ad essere larga di prodigi e di grazie a pro dei suoi devoti,
che a lei con fede ricorrono nelle pubbliche e private calamità, come a loro pietosissimo
e sicurissimo asilo, come ad eco pietosa dei loro gemiti e dei loro sospiri,
dei loro desiderii e delle loro speranze, e non la invocano indarno.
Facciamo voti caldissimi che questa dolce e pia devozione, la quale va spiegando
si vaste e consolanti dimensioni, voglia ogni giorno più progredire, ed essere
per Andria, che meritamente può appellarsi la cara città di Maria,
una fonte perenne di celesti e temporali benedizioni!
NOTE
[15]
Mons. TRIVERI, Acta S. Visitationis 1697.
[16]
In qualibet Dominica tertia mensis Septembris Virginis Mariae sub invocatione Pietatis
ex devotione ipsius Rectoris qui habet onus manutenendi altare. (Curia Vescovile).
X. - Il quarto Centenario del Miracolo.
Col marzo del 1895 ricorreva il quarto Centenario dal giorno nefasto, in cui il sacrilego
Francese feriva con un pugnale, nell’occhio sinistro, l’Immagine della Pietà,
che prodigiosamente correva colla destra a riparare la ferita!
Era l’epoca per eccellenza dei Centenarii, ed il Parroco della SS. Annunziata
ed i devoti della pietosa Madonna santamente vollero gareggiare fra loro di zelo
per celebrarne le feste Centenarie, e solennizzarle come e quanto meglio
da loro si poteva. La vasta Chiesa fu tutta pomposamente parata a festa,
stivata di vaghi fiori artefatti, ed illuminata da mille e mille fiaccole.
A rendere più splendide tali feste furono invitati gli Eccellentissimi Prelati
D. Luigi Pugliese allora Vescovo di San Marco e Bisignano ed ora di Ugento;
D. Vincenzo Lorusso, Vescovo di Sant’Angelo dei Lombardi, e Mons. D. Stefano Porro,
Vescovo titolare di Cesaropoli, ed ausiliare del Vescovo di Andria,
i quali pomposamente pontificarono coi tre Capitoli nel triduo solenne
e nel giorno della festa; mentre nei giorni della novena e nelle sere
funzionarono i parroci tutti, ed altri Canonici. I tre Discorsi col Panegirico
furono predicati dall’egregio oratore D. Nicola Fano di Bitonto.
Splendidissima quant’altra mai riuscì la processione con l’intervento
di tutte le Confraternite, dei tre Capitoli, dei Parroci, del Clero,
del Seminario e dei tre Vescovi, che incedevano vestiti pontificalmente,
seguiti da varie bande musicali, che rallegrarono tutta quanta la città,
vagamente illuminata, ed ornata a festa. Bellissimi fuochi pirotecnici,
e macchine areostatiche coronarono vagamente la festa, che fu un solennissimo
attestato di amore della città di Andria verso della sua carissima Madonna della Pietà.
A rendere imperitura la memoria di queste feste Centenarie venne nella parete
della Chiesa apposta la seguente epigrafe, da me dettata:
SIA PERENNE MEMORIA NEI POSTERI
COME IL PARROCO NICOLA ZINNI
COL CONCORSO SPONTANEO D’OGNI ORDINE DI CITTADINI
COLL’AUGUSTO INTERVENTO DEI PRELATI
NICOLA LORUSSO VESCOVO DI S. ANGELO DEI LOMBARDI
STEFANO PORRO VESCOVO TITOLARE DI CESAROPOLI
LUIGI PUGLIESE VESCOVO DI S. MARCO E BISIGNANO
[17]
CON LO ZELO OPEROSO DELLA CONFRATERNITA DELLA PIETÀ
CLERO E POPOLO PLAUDENTI
NEI GIORNI 29, 30, 31 AGOSTO E 1.° SETTEMBRE 1895
SOLENNEMENTE CELEBRÒ
IL QUARTO CENTENARIO
DEL PRODIGIO DELL’ IMMAGINE DELLA PIETÀ
PERCHÉ SEMPRE PIÙ NEGLI ANDRIESI
NE RIFIORISSE IL CULTO
NOTE
[17]
Ora Vescovo di Ugento.