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testo estratto e trascritto da

Pagine sparse nella Storia Civile e Religiosa
di Andria

del Can. Menico Morgigni (1853-1932)


TESI

Il giuspatronato del Comune di Andria
su la Cappella di S. Riccardo e su la Chiesa di Porta Santa
non è per concessione, ma è un diritto storico.

I.

Nell’anno 1517 il Corpo municipale di Andria entrava in forma solenne nel Duomo di città, ed ivi si presentava davanti a Mons. Lupicino luogotenente del Cardinale Fieschi, ch’era amministratore della Diocesi di Andria.

Si componeva quasi tutto di eletti dal ceto nobile ed aristocratico della città, Sergio dei Tesorieri Sindaco, Bartolomeo de Leopardis, Bartolomeo Marulli, Paolo de Melle, Geronimo Quarti, Lorenzo de Mione, Nicola de Robertis, Dionisio Campanile, Marino de Cognitore, Riccardo de Superbo, ecc.

Qual era l’oggetto di loro venuta?

Nel vallo di Porta Santa, su terreno municipale, presso le antiche mura. S’era scoperto un affresco di Madonna, la quale si rese subito celebre per miracoli dentro e fuori la città.

Si pensò allora di erigerle sul luogo di scovrimento un’apposita basilica – pur essendo vicino la Chiesa di Porta Santa – che avrebbe fatta a sue spese l’Università – ob maximam devotionem, quam circa gloriosissimam imaginem Virginis nuperrime inventam in moenibus ipsius Civitatis habet non solum populus Andrien sed etiam alii totius provinciae; ob frequentiam miraculorum, quae meritis ipsius Virginis ibi corruscant – Bolla Lupicino.

Gelosa essendo l’Università del suo diritto più volte secolare su quel suolo di Porta Santa, impediva così ogni inframmettenza e contese possibili.

L’Università adunque prometteva di costruire su terreno suo la Basilica, più di dotare il Priore che sarebbe stato nominato nella erigenda Chiesa; dimandava perciò a Mons. Lupicino d’esser investita canonicamente del jus patronato nella elezione e presentazione dei futuri successivi Priori. Il che benignamente si concedeva dal Lupicino – sedente pro tribunali in ipsa Cathedrali Ecclesia – per un decreto o Bolla, che si legge nell’archivio della Curia episcopale della città.

Questa Bolla fu dal Agresti tacciata di falso per alcuni anacronismi, ch’ei si pensò di trovare ivi dentro. Ora ciò non sembrami, dietro un esame oggettivo della cosa.

Non esiste l’anacronismo riguardo al Vescovo, perciocché sebbene nel tempo della creazione della Bolla, 8 Marzo 1517, fosse Vescovo di Andria Simone De Nor, pure l’amministrazione della Chiesa andriese era nelle mani del Cardinale Nicola Fieschi, per decrepitezza di quel Vescovo ed impotenza al regime.

Nel Novembre dell’anno stesso cessava di vivere il De Nor, ed allora finiva di consegnenza l’amministrazione del Cardinale Fieschi. Dunque sta ben detto nella Bolla citata – Antonius Lupicinus vicedominus in hac andriensi Dioecesi pro Rev.mo Eminentissimo Cardinali De Flisco episcopo ejusdem Civitatis.

Non esiste l’anacronismo rispetto al Papa allora Leone X (1513-1521), poiché il documento in parola porta la data del dì 8 Marzo 1517: quindi sta ancora ben detto – sub pontificatu SS. D. N. Leonis decimi. – Idem.

L’Agresti nella sua fervida discussione contro il dritto patronato del Municipio di Andria sulla Cappella di S. Riccardo, volendo mettere a tacere questa Bolla – che del resto non ha nulla da vedere con quel dritto – le dà, di suo arbitrio non la data del 1517, ma quella del 1512. – Il preteso Giuspatr. Del Com. di Andria, pag. 32 e seg.

Non sappiamo, se ciò fece l’Agresti per semplice distrazione, ovvero per proposito fatto di sorprendere in flagranza di anacronismo la innocente Bo1la.

L’errore però c'è, ed è solo nel computo degli anni del pontificato di Leone X, leggendosi in esso – anno ejusdem nono – ove dovea leggersi anno quarto. Ma la specificazione dell’anno del pontificato, di cui sopra, pare sia stata determinata ed aggiunta dopo, forse per mano altrui. L’errore del resto cronologico non sempre depone sulla falsità di un documento, potendo essere effetto della imperizia, o ignoranza, o disattenzione del redattore.

Inesattezze cronologiche vi sono un po’ da per tutto su libri di storia, anche di gravi autori.

Questa del Lupicino è la celebre Bolla, che si trae in mezzo nella contesa, se il Municipio di Andria abbia il giuspatronato di presentare, in vacanza, il Priore della Cappella di S. Riccardo. Mi si permetta una parola sul riguardo in base alla storia.

Anzi tutto riaffermo, che la Bolla Lupicino non si appartiene alla contesa di cui sopra, non ragionandosi in essa se non di un priorato, il cui titolare sarebbe stato nominato dall’Università, se questa avesse eretta la Basilica della Vergine, che poi non si fece.

Conviene perciò che la si metta in disparte dalle due parti, contendenti sul priorato di S. Riccardo, e non più si ragioni di essa in riguardo.

La nomina del Priore della Cappella di S. Riccardo fu distinta in origine dalla nomina del Priore della Chiesa di Porta Santa. Le quali due nomine da parte dell’Università di Andria, più che su di un diritto canonico, acquisito per concessione graziosa dell’autorità competente, poggiavano su di un fatto che dirò.

L’Agresti invece nel suo libro svolge la tesi esclusivamente sull’ipotesi della concessione, mal comprendendo la genesi del diritto in quistione, il quale non è se non un diritto storico, nato nel Medio-Evo.

II.

Il fatto riflette il grande avvenimento della venuta e dimora in Andria del beato Riccardo, Presule apostolico, tra lo scorcio del quinto secolo ed il principio del sesto.

L’opera di costui si svolse spiritualmente e civilmente ancora, raccogliendo intorno alla sua Cattedra con vincolo morale e civile tutte le genti andriesi sparse nei Casali intorno, che formarono così la plebs christiana. – Populus andriensis, quem (b. Richardus) ordinaverat, tamquam fluctuans navicula in hujus vitae salo, ejus gubernaculo adherebat – Cioè il popolo andriese, siccome nave in gran tempesta per le gravi condizioni di quei tempi barbari, aderiva al governo di lui. Nelle quali parole consacrate negl’Atti scritti del Santo, trova appoggio la mia affermazione.

Segue logicamente, che non soltanto la sede episcopale è di Lui, ma Andria deve anche dirsi il comune di S. Riccardo. Nell’animo degl’Andriesi restò indelebilmente scolpita la causa prima del principio della loro civiltà; e tutti all’unisono sentivano affetto, gratitudine verso il loro santo fondatore.

Francesco Del Balzo duca interpretò fedelmente il sentire di tutta la cittadinanza, allorquando nel suo Sermone apologetico disse – civitatem andriensem gubernari intercessione tanti patrissicut bene profuit nel tempo della sua vita, sic bene praeest – ora dopo la sua morte.

Al qual padre, siccome a vero Signore della città fecero atto di vasallaggio quel Daca ed il Municipio di Andria: il primo nel 1438, cedendo al clero maggiore il governo della città in otto giorni per ciascun anno; il secondo nel 1503, cedendo in favore del culto di Lui una delle gabelle cittadine.

Come si vede, l’Università avrebbe preso sin da principio in sua tutela non solo il culto di S. Riccardo, ma ancora il clero maggiore, che custodiva il deposito di Lui. Al qual clero essa offrì le decime, le franchigie sul vino, orzo, grano, cereali ed altre vettovaglie. Convien leggere nel libro di Agresti. – Il preteso Giuspatronato del C. di A. – i due documenti segnati coi N. 1 c 17 per comprendere lo spirito da cui erano animati i poteri civili di Andria nel Medio-Evo. Del quale spirito l’Agresti non tenne conto, e perciò la vanità del suo lavoro.

Le due autorità dunque ecclesiastica e civile – per la natura stessa dei loro rapporti in quell’età – procedevano di concerto nel culto del beato Riccardo, nel solennizzare le sue feste, nel conservare le gloriose memorie. Nissun esclusivismo avrebbe funestato in principio l’opera comune di riconoscenza a colui, che consumò tutto sé stesso per il bene di tutti.

Anzi il potere ecclesiastico si mostrava deferente verso quello civile, sino ad accettare condizioni contra jus, onde averlo sempre seco consenziente, come luminosamente si rileva dalle due Bolle, quella di Lupicino e quella di Paolo III, di cui presto io dirò.

Il che pur si conferma dal fatto stesso del culto speciale a S. Riccardo nelle due Chiese di Porta Santa e della Cattedrale, per concorso convenuto delle due podestà.

Sin d’allora, che il beato Riccardo con il suo ingresso santificò la porta di Casalinus – uno dei borghi di cui si compose la città di Andria – quasi patrimonio sacro cadde quella porta sotto la tutela delle autorità ecclesiastica e laica; le quali non permisero mai nelle successive trasformazioni del paese, che sparisse nel mezzo di altre costruzioni.

Nel secolo decimo terzo l’Università, in attestato della sua devozione al Santo, ordinò e condusse a termine su quel sacro suolo la costruzione d’una bella Chiesa in stile romanico-gotico. Sono famose le feste che ivi si celebravano ad onore di S. Riccardo, quasi a gara con quelle che si celebravano nella Chiesa Cattedrale.

Nell’anno 1521 la stessa Università, avendo come appare, restaurato questo sacro Tempio detto di Porta Santa, consacrò su d’uno stemma ivi affisso il suo patronato così:

Eius Patronato Universitatis – Civitate Andrie 1521. Sono parecchi gli stemmi cittadini collocati dentro e fuori Chiesa, dimostrandosi chiaramente l’opera di tutela spiegata ivi dal Municipio di Andria in ogni tempo.

Pende in alto dalle sacre pareti uno stemma ancora più antico medioevale. Ivi sotto lo scudo – nel mezzo del quale è il segno araldico del leone, senza corona, che abbranca un ramo di quercia – si vede scolpita una testa alata di Angelo.

Ora quelle due figure, il leone e l’Angelo – simboleggianti le autorità civile ed ecclesiastica o vescovile in età rimota – sono ivi a dimostrare, che le due podestà; sin dall’origine avrebbero custodito quel luogo, sacro alla memoria del santo Patrono di Andria.

Queste potestà sopraintendenti sono parimenti figurate sul portale di detta Chiesa di Porta Santa, sostituito durante gli Aragonesi a quello più antico. Difatti insieme ai profili in rilievo dei monarchi svevi, nel tempo dei quali fu edificata la Chiesa, si vedono qua e là scolpite le due figure simboliche, l’Angelo cioè ed il leone. È un portale storico.

III.

Come nella Chiesa di Porta Santa, così del pari nella Cappella di S. Riccardo in Cattedrale – locum dormitionis suae – l’Università avrebbe in ogni tempo consacrato le sue cure amorose, di concerto con l’autorità ecclesiastica, siccome un dovere da compiere fedelmente.

Si conferma ciò anche per un antichissimo stemma, che si trova nella Cappella del Santo, dietro l’Altare di mezzo, sotto le lastre di marmo che ricingono le mura d’essa Cappella.

Ce lo assicura il Borsella nel suo zibaldone – Andria Sacra – in questi termini: «si vede su pietra viva un Angioletto in cima con leoni rampanti sui fianchi, stemma. della città ecc.» Il quale stemma si appartiene senza dubbio ad epoca molto rimota, presentando nella sua faccia le due podestà strette in connubio, che ab immemorabili custodiscono la sacra tomba del glorioso S. Riccardo.

Altre armi del Comune di Andria hanno figurato posteriormente ·nella medesima Cappella, aderenti alla tribuna che s’ergeva sul deposito del Santo.

Ciò appare negl’atti di santa visita di Mons. Franceschini nell’anno 1636 – adest ara de genere lapideo confecta in medio colomnarum; in ipsis appensa sunt insignia seu Arma civitatis lapidea.

Nel 1547, opponendosi, come pare, un po’ il Vescovo, un po’ il capitolo all’intervento dell’Università nelle cose spettanti al culto di S. Riccardo, questa ricorse all’autorità di Papa Paolo III, il quale rispose a mezzo del suo penitenziere Cardinale Rainanzio con Bolla·– Dilectis in Christo Universitatis ac hominibus civitatis Andriae.

Il Papa in essa dà piena ragione al l’Università e le conferma i suoi diritti più volte secolari. Anzi è una specie di dominio laicale, che sarebbe valso nella Chiesa Cattedrale. Se ciò fosse bene o male in materia di diritto, non spetta a noi d’indagare.

Nella Bolla infatti si concede all’Università il diritto di governare la Cappella di S. Riccardo, come sin allora l’avea governata. – «libere et licite possitis et valeatis regere et gubernare prout actenus consuevistis.»

– vendere ed alienare i cerei, convertendo il prezzo in paramenti sacri, ovvero nell’acquisto di censi e beni stabili a benefizio della Cappella «vendere et alienare cereos … convertere pretium in paramenta, ornamenta, aut annuos census seu alia bona stabilia dictae Cappellae utiliora.»

– Si concede al priore di potere celebrare i Vespri solenni e la Messa di S. Riccardo all’Altare maggiore nei due giorni dell’anno dedicati al Santo, il 9 Giugno ed il 23 d’Aprile «dictas duas festivitates singulis annis solemnizzare, et Missas et Vesperas in dicto Altari majori decantare.»

– al Comune di poter presentare in tutte le vacanze con diritto patronale una persona idonea al detto Priorato nella Cappella di S.Riccardo – valeat vobis jus patronatus praesentandi personam idoneam ad dictum Prioratum quoties illum vacari contingerit, prout actenus consuevistis.»

– Per la medesima Bolla si concede, che la Cappella di S. Riccardo nella Chiesa Cattedrale di Andria giammai potrà ad alcuno concedersi né per libera collazione dell’Ordinario del luogo, né impetrarsi dalla Sede apostolica, dovendo rispettarsi le consuetudini antiche «quod Cappella hujusmodi nullo unquam tempore nec a loci Ordinario, seu Sede apostolica impetrari, nec conferri possit, nec valeat.»

La qual Bolla di Paolo III si trova riportata per intero nel libro di M. Agresti. Il preteso Giuspatronato del Comune di Andria ecc. Tìpogr. Agostiniana, Roma, 1905.

È chiaro dunque chiarissimo il riconoscimento del patronato dell’Università in questa Bolla paolina: chiaro chiarissimo allora il diritto dell’Università di governare la Cappella del Santo – (sicut per longum tempus reggeritis et gubernaveritis.) Il che scaturiva dalla storia civile e religiosa di Andria.

IV.

Da principio, come innanzi s’è detto, il Priorato della Cappella di S. Riccardo fu distinto dal Priorato della Chiesa di Porta Santa; quindi per il tramite dell’Università distinte le nomine all’uno e all’altro beneficio.

Poi nel corso dei secoli il Priore della Cappella addivenne quinta dignità del capitolo Cattedrale; più tardi nella persona del Priore De Anellis furono cumulati ambidue i Priorati, rimanendo fusi perpetuo et canonice.

Queste parole in latino sono consacrate nella Bolla o breve di Clemente XII, emanato da Roma nel 1738 per dirimere le controversie sulla nomina a Priore di S. Riccardo del presbitero Domenico Antonio Giorgio. La qual nomina fu fatta de jure Patronatu laicorum Communitatis et hominum Civitatis Andrien, ed approvata dalla Santa Sede, con imposizione ai contradditori di tacere.

L’originale del qual breve si contiene nel fascicolo: Acta Prioratus S. Richardi.

La quistione che fa l’Agresti nei suoi libri, se i Priori di S. Riccardo debbano esser nominati dal ceto dei canonici, ovvero anche da quello dei mansionarii della Chiesa Cattedrale, a me pare una quistione oziosa ed infondata.

La canonia infatti nel capitolo Cattedrale andriese non è che dal 1746; il mansiorato dal 1794: modalità queste odierne di fronte al diritto patronato del Comune di Andria, ch'è antichissimo.

Si comprende bene, che succedendosi le modalità nel corso lungo dei tempi, resta anche modificato il diritto del Municipio nella presentazione del Priore della Cappella di S. Riccardo. Quanto all’annullamento, prima che dalla legalità, ciò dovrebbe decidersi dal buon senso dei cittadini andriesi.

È giusto che la Università di Andria sia spogliata del suo diritto storico più volte secolare? È secondo prudenza che la Università, legata con la storia del beato Riccardo, si disinteressi del culto del maggiore dei suoi Santi?

Non si peccherebbe contro la storia, se si violasse un’antichissima tradizione, trasmessaci per lungo corso di secoli? Secondo la quale il culto di S. Riccardo fu sempre riguardato siccome un culto patrio; con il concorso delle due autorità religiosa e civile.

A dire il vero, è patrono tutto il popolo andriese nella persona del Municipio, auspice l’autorità religiosa, non per concessione ripeto, o per favore gratuito, sibbene per intimo sentimento di dovere custodire la memoria ed il culto del Santo Protettore della città.

La conferma di ciò è nei rescritti dei due su indicati Pontefici Paolo III e Clemente XII, i quali nella pienezza della autorità rivolsero la loro parola affermativa – «Universitati hominibus civitatis Andriae.»

[tratto da “Pagine sparse nella Storia Civile e Religiosa di Andria”, del Can. Menico Morgigni, Andria, Tip. B. Terlizzi, 1919, pp. 165-180.]]