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Acervo rosa e blu - Nozze d’oro in Sant’Angelo
(nel 48° e nel 50° anniversario di nozze)
Acervo rosa e blu
(nel 48° anniversario di nozze)
[Al caotico ritmo dell’antica
frottola
[1]]
Mia sempre bramata sposa,
oggi il mio sguardo si è posato
sulle prime passite foglie del viale
sui riflessi ramati dell’esausto sole
che più non s’attarda sulle capriole
dell’onde in sì tepida serata al mare,
poi che l’estate le sue valigie appresta,
ed il ricordo un’altra simil data desta.
Quarantotto autunni fa,
a ventott’anni e straboccanti speranze,
il sedici settembre del settantadue,
esuberanti ci librammo a nozze,
mia sempre bramata sposa,
che le fulgenti Pleiadi
al primo tuo mattino rosa
d’albe virtù t’aveano ornata,
e le Naiadi, fluide, feconda e beata.
Allora sposi gli ardenti approcci
al sereno blu migraron placidi
per gl’intenti ormai conquisi
ed insolubili indivisi
qual gusci di novelli mitili,
quella fusione bandimmo al mondo
per un abbraccio che non vedrà fondo.
Desiati nacquero qual arcoteri eletti
del nostro idilliaco tempio i figli,
fari, rinfianchi e conforto d’affetti
nell’avanzata ed ormai tarda età.
In questo mite autunno
che oggi benigno il Ciel ci dona
a Baia Calenella in sulla riva
già settantaseienni si ravviva
in noi il ricordo e intona
in ogni fibra la rosea madre Diva
dell’Eros un intimo carme e piva.
[ … … … … … ]
Quest’irruente frottola oggi m’esplode
s’esterna trabocca dalle mie labbra in ode
poiché mai scema l’urgenza di te,
delle tue carezze non solo o baci:
restano ognora tanto agognati
i tuoi sorrisi appena abbozzati
con i corrucci improvvisi e fugaci,
la stretta della tua mano incerta,
le titubanze nelle usuali scelte
poi ferme e svelte,
il silenzioso e incessante sostegno
ad ogni mio passo in mite contegno,
e gli abbracci veraci;
tu ben l’avverti,
mi rimiri dolce e riservata taci.
Mia sempre bramata sposa,
l’affiatamento che avverto diuturno
non appassisce nel nostro autunno:
qual verdezza di viticci grintosa
l’intesa ci avvinghia l’un l’altro
in tenace e sereno incastro
sotto un tramonto rosa alabastro
che pur questa età spierà coccolosa.
Finché pulseranno i nostri cuori
giammai porremo fine ai nostri amori.
Dalla garganica riva, 16 settembre 2020
Sabino Di Tommaso
da "I pensieri del Folletto" sdt
[Tramonto autunnale ramato a Baia Calenella (foto di Fabio
Bezzi, 2020)]
[La naiade Melite circuisce Eracle (dipinto di J.W.Waterhouse, 1893;
part.)
Venere e Adone, del Padovanino (A. Varotari), sec XVII (foto
Fototeca Zeri n. 57661)]
[Il 16/09/1972 Fortunata e Sabino si scambiano la fede davanti a Mons.
Lanave]
[Tramonto autunnale rosa-alabastro a Baia Calenella (foto di
Fabio Bezzi, 2020)]
Nota
[1]
A questo “insieme affastellato” (acervo) di pensieri e parole penso si
addica il termine “
frottola”, denominazione data un tempo
ad un componimento, la cui caratteristica è l’affastellamento (latino
medievale
frocta) di pensieri ed eventi, (spesso bizzarri e strani
senza nesso e quasi talvolta senza senso) in un metro irregolare per il
succedersi a caso di versi di varia misura, e senza un prestabilito ordine
di rime, anche al mezzo del verso, e qua e là risonanti nella composizione.
Nozze d’oro in Sant’Angelo
(nel 50° anniversario di nozze)
Qual bollicine d’indorata malvasia
spumeggiante in fine perlage
affiorano
care remote rimembranze:
le imbastite schermaglie
della giovanil stagione
preludi alle ardite strette d’innamorati
allor che l’imprevedibil Eros
entrambi ci sorprese e punse,
nell’ormai lontano Sessantasette,
e fu,
του Ἵμερου Καιρός και του Πειθοῦς,
[2]
del Desio il Tempo e della Seduzione
in simultaneo e idillico accordo,
l’epifania del nostro amore.
[Le nostre nozze del 16/09/1972 davanti a Mons. Lanave]
Trascorsero
da quel romantico gennaio
di effusioni e sogni sei rosee primavere
e nel terzo anelato sabato settembrino del Settantadue
reciproca ed integra fede giurammo
nella neogotica Immacolata, eminente chiesa,
finalmente a nozze:
accolse i nostri intenti e la promessa suggellò
monsignor Lanave della diocesi Pastore
premuroso colto affabile,
e fu
della famiglia nostra
l’incipit gaudioso di fecondo amore.
[In Sant'Angelo per il 50° anniversario di nozze]
Cinquant’anni son di già fluiti
ed in Sant’Angelo
dall’emozione scossi riconfermiamo
quest’oggi pel ricorrente evento,
canuti settantottenni da spemi giovanili retti ognora,
sacro e indiscusso il nostro coniugale amore;
diguazzati ma indenni emersi
dalle alterne prove del quotidiano
qual caparbi Odissei
dai marosi sciaguattati ripetutamente a riva
ma temprati e d’esperienza savi,
gioiamo insieme in festa,
e siamo
riconoscenti al Prossimo
ed al Signore della vita e dell’Amore.
16 settembre 2022, nostro 50° anniversario di nozze.
Sabino Di Tommaso
da "I pensieri del Folletto" sdt
Nota letteraria
[2]
Le divinità, o più precisamente, i Demoni o Geni intermediari col divino, personificano nel mondo classico antico le passioni umane.
Qui si richiamano due tra le più influenti che insieme ad Eros, o Amore, nel Momento più opportuno (Kairos),
attivamente determinano l’approccio amoroso: Peito, o la Seduzione, e Himeros, il Desiderio.
Esiodo nel VII secolo a. C. immagina Peito, come una delle Oceanine,
figlia cioè di Oceano e di Teti; considera poi il leggiadro Imero ed Eros,
figli di Afrodite, ambedue al seguito della madre. Il poeta qualche verso prima racconta che detta Dea dell’amore
era nata dalla Spuma (ἀφρός) del mare
fecondata dal membro virile di Urano (a questi reciso dal figlio Crono e nelle onde gettato).
Si trascrivono i due passi dalla “Teogonia” (Θεογονία)
del grande poeta greco per meglio illustrare il mio riferimento letterario e, soprattutto, per conservar memoria delle interessanti credenze
che governavano la vita spirituale e relazionale dei nostri avi, i quali ad ogni virtù e impulso psico-fisico
assegnavano un essere superiore, divinità o Demone che vi soprassedeva.
La traduzione della prima parte è tratta dal testo citato di Ettore Romagnoli.
Si riproduce inoltre l’affresco pompeiano ch’era presente nella casa detta “dell’Amore punito”
(attualmente esposto nella sala LXXI del
Museo Archeologico Nazionale di Napoli),
a complemento della citazione letteraria e rafforzamento del suo aspetto culturale.
L'immagine, diffusa comunque sul web, è una foto di Luigi Spina
consultabile in
“Google Arts & Culture”, sito che si consiglia consultare per
conoscere ulteriori dettagli.
[trascrizione del testo greco di Esiodo] |
[traduzione, di E. Romagnoli per i versi 188-206] |
Θεογονία
… … …
μήδεα δ᾽ ὡς τὸ πρῶτον ἀποτμήξας ἀδάμαντι
κάββαλ᾽ ἀπ᾽ ἠπείροιο πολυκλύστῳ ἐνὶ πόντῳ,
ὣς φέρετ᾽ ἂμ πέλαγος πουλὺν χρόνον, ἀμφὶ δὲ λευκὸς 190
ἀφρὸς ἀπ᾽ ἀθανάτου χροὸς ὤρνυτο: τῷ δ᾽ ἔνι κούρη
ἐθρέφθη: πρῶτον δὲ Κυθήροισιν ζαθέοισιν
ἔπλητ᾽, ἔνθεν ἔπειτα περίρρυτον ἵκετο Κύπρον.
ἐκ δ᾽ ἔβη αἰδοίη καλὴ θεός, ἀμφὶ δὲ ποίη
ποσσὶν ὕπο ῥαδινοῖσιν ἀέξετο: τὴν δ᾽ Ἀφροδίτην 195
ἀφρογενέα τε θεὰν καὶ ἐυστέφανον Κυθέρειαν
κικλῄσκουσι θεοί τε καὶ ἀνέρες, οὕνεκ᾽ ἐν ἀφρῷ
θρέφθη: ἀτὰρ Κυθέρειαν, ὅτι προσέκυρσε Κυθήροις:
Κυπρογενέα δ᾽, ὅτι γέντο πολυκλύστῳ ἐνὶ Κύπρῳ:
ἠδὲ φιλομμηδέα, ὅτι μηδέων ἐξεφαάνθη. 200
τῇ δ᾽ Ἔρος ὡμάρτησε καὶ Ἵμερος ἕσπετο καλὸς
γεινομένῃ τὰ πρῶτα θεῶν τ᾽ ἐς φῦλον ἰούσῃ.
ταύτην δ᾽ ἐξ ἀρχῆς τιμὴν ἔχει ἠδὲ λέλογχε
μοῖραν ἐν ἀνθρώποισι καὶ ἀθανάτοισι θεοῖσι,
παρθενίους τ᾽ ὀάρους μειδήματά τ᾽ ἐξαπάτας τε 205
τέρψιν τε γλυκερὴν φιλότητά τε μειλιχίην τε.
… … …
τίκτε δὲ θυγατέρων ἱερὸν γένος, αἳ κατὰ γαῖαν
ἄνδρας κουρίζουσι σὺν Ἀπόλλωνι ἄνακτι
καὶ Ποταμοῖς, ταύτην δὲ Διὸς πάρα μοῖραν ἔχουσι,
Πειθώ τ᾽ Ἀδμήτη τε Ἰάνθη τ᾽ Ἠλέκτρη τε
Δωρίς τε Πρυμνώ τε καὶ Οὐρανίη θεοειδὴς 350
… … …
[da "
Teogonia", di Esiodo, vv. 188-206, 346-350; brano tratto
dal sito "Perseus Digital Library",
consultato il 09/03/2023, copia digitalizzata di un volume presente
a Cambridge, MA.,Harvard University Press; London, William Heinemann
Ltd. 1914]
|
TEOGONIA
… … …
E le vergogne [i genitali di Urano],
così come pria [Crono] le [aveva] recise col ferro,
dal continente via le scagliò nell’ondísono mare.
Così per lungo tempo nel pelago errarono; e intorno
all’immortale carne sorgea bianca schiuma; e nutrita
una fanciulla ne fu, che prima ai santissimi giunse
uomini di Citèra. Di Cipro indi all’isola giunse.
E qui dal mare uscì la Dea veneranda, la bella;
ed erba sotto i piedi suoi morbidi crebbe; e Afrodite
la chiamano gli Dei, la chiamano gli uomini: ch’ella
fu dalla spuma nutrita: Ciprigna anche è detta, da Cipro
ov’ella anche approdò: Citerèa perché giacque a Citera;
e genïale perché dalle membra balzò genitali.
Compagno Amor le fu, la seguì Desiderio leggiadro,
quando ella prima nacque, dei Numi avanzò fra l’accolta.
Tal da principio onore possiede, tal sorte prescelta
a lei fu tra le genti mortali e fra i Numi immortali:
i virginali colloquî d’amore, ed il riso e gl’inganni,
ed il soave sollazzo, coi baci piú dolci del miele.
… … …
La sacra progenie (Teti e Oceano) generarono (molte) figlie,
le quali sulla terra custodiscono gli uomini,
insieme ad Apollo e ai fiumi; questo fu il compito dal Dio (Zeus) assegnato:
Peitó [Seduzione], Adméte, Iànthe, Elèttra, Doride, Prymnò e la divina Urania,
… … …
[da "
Esiodo, I POEMI, Le opere e i giorni, La Teogonia, Lo scudo di Ercole, Frammenti",
trad. di Ettore Romagnoli, con incisioni di A. De Carolis e A. Moroni, Nicola
Zanichelli Editore, Bologna 1929 - brano tratto dal sito "Wikisource",
consultato il 09/03/2023]
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