[con l'enfasi della canzone lirica]
Sul limitare della carrareccia
polverosa ed erta
di pecore un recinto d’assi invita
ad una grotta dell’acclivio, breccia
nella dorsale d’erba ricoperta
presso Betlemme, ambita,
che per l’indetto censo oggi è gremita.
“Prendiam rifugio quivi,
Giuseppe caro”, Maria l’implora,
“Perché imminente del mio parto è l’ora.”
“Vedo arredi furtivi,”
a Lei Giuseppe “scarni giacigli a fieno,
dove porrai il frutto del tuo seno!”
Da Nazaret son giunti affaticati
per l’insidioso viaggio,
da un asino scortati e l’essenziale;
nessun ospizio prima l’ha accettati
né locanda a verun compenso od aggio.
Nell’antro dozzinale
che offre a riposo un rigido bancale
or son entrati accolti
dal caldo dello sterco e di un bovino,
non della fratellanza di un vicino.
Stremati, i nodi sciolti,
traggono i panni dal gramo bagaglio
onde approntare un misero giaciglio.
Nel volger Selene avanti a Perseo
[1],
ché profonda è la notte,
terso da tetri nembi il firmamento,
si alluma la grotta nel suol giudeo
d’etereo bagliore d’angeli a frotte
“L’atteso vostro avvento
ecco s’avvera in supremo portento”,
nunziano ad ogni pastore,
“Sia gloria a Dio negli eccelsi cieli
e a voi pace ché v’ama senza veli”.
Maria ha stretto al suo cuore
il Figlio adorato che ha già fasciato,
e nel fien di una greppia l’ha poi posato.
Or porta al suo seno Gesù frignoso,
già sveglio e sgambettante:
di coccole e di latte Egli è affamato.
Con portamento più che armonioso
Maria accudisce e mira umilmente
il Figlio suo adorato,
l’attira a sé con occhio trasognato,
cerulea la pupilla
qual fronde d’ulivo, biondo il crine
come regal corona d’oro, fine
il naso, pur tranquilla
la fronte e le gote color del grano
distese al par della sua lunga mano
[2].
[Madonna Galaktotrophousa - S.Maria delle grazie, Andria]
Oggi in vetusto affresco io ti miro
dolcissima, allattante
il mio Redentor sul tuo grembo assiso.
Rimembro quel Natale, ma qual ghiro
dormo sull’Amor donato e, sì stante
ignavo, non m’avviso,
che un vicino attende pane e un sorriso,
e di agir come il tuo Figlio
in vita e predicò alla sua gente;
delle altrui pene sono indifferente,
sdraiato sul giaciglio
del certo benessere ed ogni bega
dell’indigente il mio amor non lega.
Va’ canzone e Lei prega
ch’io pieghi il mio cuore all’accoglienza,
appronti l’agire a concreta aderenza
alle impellenze altrui
e fughi o attenui i lor momenti bui,
come i pastori alla Sua indigenza.
Ricorrendo la Natività di Gesù, nel dicembre del 2021
Sabino Di Tommaso
da "I pensieri del Folletto" sdt
Note chiarificatrici
[1]
In dicembre la costellazione di Perseo è allo zenit, onde la luna (Selene) nel suo culmine
si appressa tanto da "adombrarla" col suo chiarore come se le si ponesse avanti.
Probabilmente l’ispirazione, anzi direi, l’imposizione di tali tratti fisionomici sia stata "dettata" ai pittori da una antichissima descrizione della Vergine risalente ai primi secoli del Cristianesimo, redatta per iscritto da S. Epifanio, vescovo di Salamina nel IV secolo, il quale a sua volta afferma di averlo ricavato da altri antichi scritti e da immagini attribuite all’evangelista Luca. Si riporta qui di seguito il suo testo, tradotto in latino da Niceforo, patriarca di Costantinopoli all’inizio del IX secolo, e trascritto da P. Antonino M. di Jorio nella sua sotto citata operetta sulla nostra Madonna dei Miracoli.
trascrizione dell'originale | traduzione |
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Maria erat sine risu, sine perturbatione, et sine iracundia maxime:
Erat denique fastus omnis expers, simplex, minimeque vultum fingens, nihil mollitiei secum traens, sed humilitatem præcellentem colens: |
Maria non derideva, non si perturbava, e sopra tutto non era irascibile.
Maria era infine priva di arroganza, semplice, senza la minima affettazione, né licenziosità nel suo portamento, ma praticante una distinta umiltà. |
[il testo in latino è tratto da “Relazione storica sull'immagine, invenzione, santuario e prodigi di Maria SS. de' Miracoli di Andria” - di P. Antonino M. di Jorio, Stab. Tip. del Dante, Napoli, 1853, pag. 177-185]
Niceforo (758c - 828), patriarca di Costantinopoli, oltre ad aver riportato dal testo di Epifanio la suddetta trascrizione delle caratteristiche somatiche di Maria Vergine, nella sua "Cronografia sintetica o breve" indica qual era considerato, ai suoi tempi, l'arco temporale in cui visse Gesù, quando cioè Egli nacque, predicò, fu crocifisso e risorse. Quello che segue è il suo testo originale (da me riprodotto e tradotto a lato ai soli fini letterari).
trascrizione dell'originale | traduzione |
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ΤΟΥ ΕΝ ΑΓΙΟΙΣ ΠΑΤΡΟΣ ΗΜΩΝ ΝΙΚΗΦΟΡΟΥ ΧΡΟΝΟΓΡΑΦΙΑ ΣΥΝΤΟΜΟΣ... ... ... Γίνονται οὖν ὁμοῦ τὰ πάντα ἀπὸ Ἀδὰμ ἓὠς ἀρχῆς βασιλείας Αὐγούστου κατὰ τοὺς ἀκριβεῖς χρονογράφους ἔτη ,ευνζ’. Αὐγούστος οὖν, ὡς εἴρηται, ἐβασίλευσεν ἔτη νς’ καὶ μῆνας ς’. τῷ δὲ μβ’ ἔτει τῆς αὐτοῦ βασιλείας ἐγεννήθη κατὰ σαρκα ἐκ τῆς ἁγίας παρθένου καὶ θεοτόκου Μαρίας ὁ κύριος Ἰησοῦς Χριστὸς ὁ πρὸ αἰώνων θεὸς ἐν Βηθλεὲμ τῆς Ἰουδαίας πρὸ ὀκτὼ Καλανδῶν Ἰανουαρίων, ὅ ἐστι Χοιὰκ κθ’, τοῦτ’ ἔστι Δεκεμβρίῳ κε’. Κυρήνιος δὲ ὑπὸ τῆς συγκλήτου βουλῆς ἀποσταλεὶς εἰς τὴν Ἰουδαίαν ἀπογραφὰς ἐποιήσατο τῶν οὐσιῶν καὶ τῶν οἰκητόρων. Γίνονται ὁμοῦ τὰ πάντα ἀπὸ Ἀδὰμ ἓὠς τῆς ἐνσάρκου ἐκιδημίας τοῦ κυρίου ἡμῶν καὶ σωτῆρος Ἰησοῦ Χριστοῦ κατὰ πᾶσεν ἀκρίβειαν ἔτη ,εφ’. Μετὰ Αὔγούστον ‘Ρωμαίων τρίτος ἐβασίλευσε Τιβέριος ἔτη κγ’. Τῷ δὲ ιε’ ἔτει τῆς αὐτοῦ βασιλείας τῆς σωτῆρίου καὶ εὐαγγεαικῆς διδασκαλίας ἄρχεται κύριος ἡμῶν Ἰησοῦς Χριστὸς. Τῷ δὲ ιη’ ἔτει ἔπαθεν ἐν Ἱερουσαλὴμ ὑπὲρ ἡμῶν τὸ σωτῆριον πάθος πρὸ η’ καλανδῶν Ἀπριλλίον, Φαμενὼθ κθ’, ὅ ἐστι Μαρτίου κε’. Γίνονται ὁμοῦ τὰ πάντα ἀπὸ Ἀδὰμ ἓὠς τοῦ σωτῆρίου πάθους καὶ τῆς ἀναστάσεως τοῦ κυρίου καὶ θεοῦ καὶ σωτῆρος ἡμῶν Ἰησοῦ Χριστοῦ ἔτη ,εφλγ’. ... ... ... |
Del nostro Santo Padre NICEFORO CRONOGRAFIA SINTETICA... ... ... Pertanto secondo eccellenti scrittori di cronache da Adamo fino all’inizio dell’impero di Augusto si contano in tutto 5457 anni. Ora detto Augusto fu imperatore per 56 anni e 6 mesi. Certamente nell’anno 42 del suo impero nacque come uomo nostro Signore Gesù Cristo, Dio prima dei secoli, dalla Santa Vergine deipara Maria in Betlemme di Giudea 8 giorni prima delle Calende di Gennaio, che corrisponde al 29 di Choiak (mese del calendario egiziano e copto), cioè il 25 Dicembre. A quel tempo dal senato fu inviato in Giudea Cyrenio (Publio Sulpicio Quirinio) il quale registrò tutti gli abitanti e i loro patrimoni. Quindi da Adamo fino alla nascita umana del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo da calcoli molto accurati si contano 5500 anni. Dopo Augusto fu 3° imperatore dei Romani Tiberio per 23 anni. Nel quindicesimo anno del suo impero, il Signor Nostro Gesù Cristo iniziò l’insegnamento dell’evangelo e della salvezza. Indi nel 18° anno (dell’impero di Tiberio) in Gerusalemme e per noi (Gesù Cristo) subì la salvifica passione 8 giorni prima delle Calende di Aprile, il 29 di Phamenoth (mese del calendario copto), cioè il 25 Marzo. Pertanto da Adamo fino alla salvifica passione e resurrezione del Signore Dio e nostro Salvatore Gesù Cristo si contano 5533 anni. ... ... ... |
[il testo in greco è tratto da “Corpus scriptorum historiæ bizantinæ”, editio emendatior et copiosior, consilio B. G. Niebuhrii C. F. instituta, opera ..., Vol. I., Bonnæ impensis Ed. Weberi, 1829, pp. 745-746]