[sul ritmo di una “ Pastorale” - ninna nanna [1]]
Nuvole bigie incombenti nel cielo
gravi di pioggia or tendono un velo;
primo dicembre si appressa il Natale:
triste si annunzia, perversa il gran male!
S’alzano preci a cento,
memoria del Suo avvento.
Ecco quest’anno si appresta il Presepe
prima che l’albero, braccia protese
al Bambinello, dagli animi affranti
ninne s’intonano, spesso tra pianti:
vocano con fermezza
del corpo la salvezza.
Languono in casa gli usati rumori
[2],
dolci frittelle dai forti sapori
rose in vincotto o dorate nel miele;
manca la voglia, pervasi dal fiele.
Deschi silenti; soli.
Natale senza i tuoi!
Ci mancherà dei parenti l’abbraccio,
sempre è desiato dei sensi l’allaccio;
trascorreremo vigilia e Natale
senza l’atteso convivio ancestrale.
Rossi e dorati effetti,
ma plumbei ahimè gli affetti!
Torna Signore ché tutto è anormale,
non indugiare a fugar questo male.
T’accoglieremo con fede sincera;
resta Signore con noi or ch’è sera,
convertiremo il cuore
aperto all’alto Amore.
Lesti la man porgeremo ai vicini,
non diverremo del mondo i becchini;
Tu schiarirai l’orizzonte dai nembi
ch’oggi continui ci apportano scempi.
Gloria per Te nel Cielo,
da’ pace a noi, non gelo!
Guarda tua madre e pur nostra, Signora
d’ogni buon cuore, patrona tuttora
d’Andria città che protegge benigna:
Ella t’implora per noi, la tua vigna!
Curaci qual tuoi tralci,
acché saltiam gl’intralci!
Come la quiete subentra al ciclone
e cerulo torna del mondo l’alone,
quel ch’era sizza diventa una brezza
dolce leggera godevol carezza,
sia d’ora in poi la vita:
dal sen la pena gita!
Ricorrendo l’Avvento del Signore del 2020.
Sabino Di Tommaso
da "I pensieri del Folletto" sdt
Note
ΗΡΑΚΛΙΣΚΟΣ
Ἡρακλέα δεκάμηνον ἐόντα ποχ' ἁ Μιδεᾶτις
Ἀλκμήνα καὶ νυκτὶ νεώτερον Ἰφικλῆα,
ἀμφοτέρους λούσασα καὶ ἐμπλήσασα γάλακτος,
χαλκείαν κατέθηκεν ἐς ἀσπίδα, τὰν Πτερελάου
Ἀμφιτρύων καλὸν ὅπλον ἀπεσκύλευσε πεσόντος.
ἁπτομένα δὲ γυνὰ κεφαλᾶς μυθήσατο παίδων·
«εὕδετ', ἐμὰ βρέφεα, γλυκερὸν καὶ ἐγέρσιμον ὕπνον·
εὕδετ', ἐμὰ ψυχά, δύ' ἀδελφεοί, εὔσοα τέκνα·
ὄλβιοι εὐνάζοισθε καὶ ὄλβιοι ἀῶ ἵκοισθε.»
ὣς φαμένα δίνησε σάκος μέγα· τοὺς δ' ἕλεν ὕπνος.
IL PICCOLO ERACLE
Si racconta che Alcmena di Midea
poi ch’ebbe lavato e saziato di latte Eracle
di dieci mesi, e Ificle, più giovane di una notte,
li adagiò nello scudo di bronzo, la bella arma
presa da Anfitrione allo sconfitto Pterela.
Ella indi accarezzando il capo dei bambini li ninnò:
«Oh sì, miei piccoli, dolce sonno fino al risveglio;
oh sì, anima mia, miei due gemelli, sani e salvi;
che beati riposiate e beati fino al mattino siate»
Mentre cantava e dondolava il grande scudo s’addormentarono.
[2] Nel dialetto andriese col termine "rǝmèurǝ" si è soliti indicare i dolci di natale e la loro preparazione.