Procurati e netta cinque astragali
o ciottoli conformati di una fiumara,
qual dadi con ampio gesto
nel campo di gara scagliali sparsi,
cogli un ribelle e lancialo in alto
quel tanto acché un altro ne acciuffi
e al volo il primo riprenda:
se tempismo e perizia t'han premiato
tratta i superstiti in egual maniera
e rilancia e ritenta con più ardire
cogliendone due, poi tre e quattro alfine
d'un sol balzo rapido ed accorto
mentre in volo un cogolo sale, s'attarda e poi torna
in attesa che tu compia l'impresa;
cedi la mano, altrimenti
all'avversario di turno, e la tua posta
al destino inclemente
e spera in una propizia svolta
o saggiamente desisti se il rischio sovrasta
e t'opprime.
Non affidar la tua
sorte
agli aliossi che discoli
pel campo rotolano sprezzanti
dei tuoi sogni incuranti
d'ogni tua speme in essi riposta.
aberrante luminescenza di vacua felicità;
crudeli essi spengon le braci delle tue emozioni sincere,
alternative trascendenti ed uniche
al fatuo incendio dell'ipnotico gioco.
Sabino Di Tommaso
da "I pensieri del Folletto" sdt
[Le Pentalizie o Giocatrici di astragali,
da Ercolano,oggi nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli (inv. 9562)]
Nel pregevole marmo inciso e dipinto, qui sopra riprodotto, rinvenuto negli scavi di Ercolano e attualmente esposto nel
Museo Archeologico Nazionale di Napoli,
sono raffigurate due Niobidi, ἈΓΛAΙH – Aglea e ΙΛEAΙPA – Ileera, le quali, inginocchiate, sono intente a giocare con gli astragali
(questi dalla forma appaiono chiaramente essere dei veri astragali o aliossi e non delle pietruzze).
In piedi, nella scena da sinistra a destra, ΛHΤΩ – Latona, offesa, si discosta da ΝΙΟΒH – Niobe,
mentre ΦΟΙΒH – Febe cerca inutilmente di rappacificarle.
I personaggi sono identificati dai nomi greci incisi presso le figure; in alto a sinistra, poi,
è anche inciso l'autore dell'opera: AΛEΞANAPOS AƟHNAΙOƩ EΓPAΦEN, cioè, Alessandro ateniese dipinse.
[1] Il simbolo fonetico di una “e” ruotata di 180°, lo schwa “ә”, in questo testo rappresenta nella pronunzia della parola dialettale in cui è inserita una “e chiusa ed incerta, evanescente, inconsistente, senza precisa specificità” e la si emette tenendo la bocca in posizione rilassata e semiaperta; ne risulta un suono situabile al centro dell'insieme vocalico.
… … …
… θεὰ γλαυκῶπις Ἀθήνη· 80
… … …
βῆ δὲ κατ' Οὐλύμποιο καρήνων ἀΐξασα,
στῆ δ' Ἰθάκης ἐνὶ δήμῳ ἐπὶ προθύροισ' Ὀδυσῆος,
οὐδοῦ ἐπ' αὐλείου· παλάμῃ δ' ἔχε χάλκεον ἔγχος,
xεἰδομένη ξείνῳ, Ταφίων ἡγήτορι, Μέντῃ. 105
εὗρε δ' ἄρα μνηστῆρας ἀγήνορας· οἱ μὲν ἔπειτα
πεσσοῖσι προπάροιθε θυράων θυμὸν ἔτερπον,
ἥμενοι ἐν ῥινοῖσι βοῶν, οὓς ἔκτανον αὐτοί.
… … …
… … …
… Atena, la dea dal ceruleo sguardo,
… … …
dal monte Olimpo velocemente pervenne
nell’abitato d’Itaca, al pròtiro della casa d’Ulisse,
sull’accesso all’atrio; con la bronzea lancia in mano
di Mèntore signor dei Tafí le sembianze assunse.
Eran quivi i superbi pretendenti; essi dunque stavan
presso la porta, con le pietruzze giocando,
seduti sopra le pelli dei giovenchi, da loro uccisi.
… … …
Su un'anfora attica del VI sec a. C., a figure nere, firmata da Exekias e proveniente da una tomba di Vulci,
è dipinta, con ricercata e abbinata opera di incisione, una scena di gioco con dadi (aliossi o pietruzze non identificabili) tra due eroi greci: Achille e Aiace.
Il sito dei Musei Vaticani
(dal quale è tratto il sotto riprodotto particolare dell'anfora) la descrive minuziosamente e tra l'atro commenta:
“La rappresentazione, estranea alla tradizione omerica, si carica, nella calma apparente dell’aneddoto,
della tragicità degli eventi futuri. Achille e Aiace, contraddistinti dalle iscrizioni come gli altri personaggi,
sono seduti e intenti a giocare esclamando i punti realizzati, rispettivamente quattro e tre,
come indicano le iscrizioni che sembrano fuoriuscire a mo’ di fumetto dalle loro bocche.”
Se il loro gioco era quello degli aliossi-pietruzze (πεσσοῖσι)
l'aliosso di Achille presentava il lato largo e convesso del valore di 4, “Τέσ[σ]αρα” (inciso sul vaso),
quello di Aiace pure il lato largo ma concavo valente 3,
“Τρεις” (pure inciso sul vaso).