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1046. Le ultime su Andria, le sue nuove mura, il castello, la Chiesa
(... simulando .. una missiva medievale raccontare la storia)
Desidio caro, mi chiedi cosa c’è di nuovo.
Ebbene, sono giullare di corte in quel di Melfi,
immerso nei clangori delle aspre contese tra Bisanzio e i Normanni
allorché Guglielmo Braccio di ferro, per omaggio o scommessa,
mi cedé l’aprile scorso, a Pietro il Normanno, figlio di Amico.
Or giunto al suo seguito in Andria, sullo zoccolo premurgiano villa
che Trani, Barletta e l’adriatico litorale domina per gran fetta,
curioso mi affianco ai carri che da ponente solleciti
all’abitato salgono guadando dell’Aveldio un torrentello
ormai in secca nell’avanzata e calda primavera.
Arrancano i muli al peso delle planche e dei lastroni di roccia,
in conci squadrati ridotti e in rabberciati rocchi,
grondano sudore nel condurre il carico i villani,
a schioccare per l’aria gli scudisci, lanciare comandi,
e strattonare le redini ad ogni profonda buca della sterrata via.
Entra la concitata carovana per la porta nelle mura
in costruzione a ridosso di Sant’Andrea, minuscola chiesa
vetusta tra le prime abitate grotte a dritta salendo;
qui vi sosta e alleggerisce i traini dei blocchi ciclopici pei muraglioni.
S’inerpicano poi risollevati, i carri, per la via Longa
guadagnando a fatica metro a metro la china
verso la residenza del nuovo signore e padrone,
dimora che va sorgendo in bianco calcare tozza e altera
a stretto fianco dell’accogliente San Pietro silenziosa;
e la chiesetta, ahimè, ora è affossata da terra di riporto
nello spianare la vetta in ampia corte
e nell’escavare le possenti basi alla fortezza.
Risalendo il pendio, le donne porgono ai loro esausti mariti
la cuccuma dell’acqua appena attinta fresca dal pozzo della corticella,
li seguono per un tratto breve il tempo per scambiare
il vuoto recipiente con un tozzo di pane insaporito
con una lacrima d’olio e aromatiche erbe dei campi.
Sospende il gioco degli astragali la spensierata ciurma di bimbi
sdraiati sulle scale che ripide degradano nelle umili case
(vedessi!,
ambienti unici in grotte allargate nel tenero calcarenile della collina);
volgono il capo ai carri e incoraggiano allegri il padre
o il fratello maggiore con breve festante urlo di saluto.
Le giovani da marito nella corte all’uscio sedute su una scranna
intente a lisciviare il bucato, rinvigorire il crine ai materassi,
lanciano fugace una pudica occhiata ai giovani impegnati coi muli del trasporto,
ridacchiano tra loro, rosse le gote le mani al volto,
per uno sguardo ricambiato o per un timido cenno di saluto.
E le attenzioni del popolo sulla strada alleviano ai
carrettieri gli sforzi,
i muscoli tonificano ed il morale, par abbrevino il tempo
che li divide dalla vetta, la meta della grave impresa:
la grande corte con i lavori in corso del castello e della Chiesa.
A San Pietro, nel cantiere, i mosaici del pavimento già vedono il cielo
dalla volta scoperchiata per le urgenti opere di rinforzo;
il capo normanno accanto al suo castello un’ampia chiesa pretende,
più bella, alta, simbolo degno della sua potenza.
In piedi restano attualmente gli spogli muri perimetrali
e massiccio il pilastro centrale, ornato del Redentore in affresco,
che invano attendon luce dalle due finestre a oriente
e dalla terna di mezzogiorno, occluse ad ogni natural chiarore;
nel centro dell’unica navata le maestranze cementano colonne
rilevate da sparse rovine di vecchi edifici o templi.
Le nuove volte, da realizzare in vele e crociere con gli scardoni ammucchiati sul calpestio,
vedranno confluire nel semicircolare abside e coro
due navatine più strette e più basse, robuste a sufficienza
a reggere l’erigenda cattedrale per il primo auspicato e atteso vescovo di Andria,
villa ch'or finalmente si fregia, orgogliosa, del titolo di città fortificata.
Ma ecco Pietro, il mio Signore mi chiama a divertirlo; stammi bene, in allegria, sempre.
Per te data a Geppo in Andria l’ultimo giorno di Maggio del 1046
Scazzamәridd
del valoroso Pietro di Amico gran giullare di corte,
tuo vecchio compagno di lazzi e scherzi. ”
Sabino Di Tommaso
da "I pensieri del Folletto" sdt