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RELAZIONE STORICA
SULL’IMMAGINE
INVENZIONE SANTUARIO E PRODIGII
DI
MARIA SS. DE’ MIRACOLI D’ANDRIA

operetta del P. Antonino M.a di Jorio, agostiniano
Stabilimento Tipografico del Dante, Napoli, 1853

Capo IV.
Antico culto col quale veniva onorata la Santa Immagine di Maria SS. de’ Miracoli di Andria e smarrimento della medesima.

Intorno al culto col quale venne onorata in quei primi tempi l’Augusta Immagine di Maria nella santa Grotta di Andria, nulla si è potuto scuoprire sotto il denso velo de’ secoli. Si rileva non pertanto con una certezza quasi infallibile, che dové essere molto famoso, e che anche dopo che i vicini abitanti si ritirarono in Città, la SS. Vergine con lo spargervi le copiose sue grazie vi attirasse i popoli vicini e lontani; stante che il locale addivenne venerabile in guisa da raccogliervisi una schiera di santi Romiti a tenerne le cure.
Questi uomini di Dio, secondo l’uso di quella età edificante per l’eroismo delle virtù, ad imitazione della Madre del Salvatore che compiacevasi essere onorata in una grotta, si alloggiavano in alcuni antri scavati nella rupe a piccola distanza lungo la valle, e nella santa Grotta raccoglievansi alla preghiera. Con la innocenza del loro vivere Angelico facevano grata corona alla Regina degli Angeli, e dando uno splendor migliore al Santuario con le loro diligenze, e co’ loro costumi, lo tenevano in tutta quella magnificenza religiosa di cui era capace lo spirito di pietà sodo e semplice di quei beati tempi, ne’ quali i Cristiani vivevano veramente di fede, e di fede non già sterile come oggidì, ma di fede operante per la carità.
Ma l’infernale nemico, che vedremo impegnato sempre con ispeciale furore contro tutte le pie istituzioni stabilite in questo Santuario, non tardò molto a sconcertare la pace di cotesti Solitarii, e con essa la maestà venerabile della S. Grotta. Geloso che tanti eroi da un canto santificavansi nella benedetta valle, e dall’altro che tante anime mirabilmente profittavano e per gli esempii di questi, e per la protezione della divina Madre, pensò e riuscì a dissipare quelli, ed a seppellire il Santuario tra orribili profanazioni e spaventevole oblio.
In quale epoca e per quali cause si effettuassero questa emigrazione e questa desolazione, non trovasene punto notizia. Si conosce per certo soltanto, che la Valle addivenne un covile di assassini, che la resero orrida e selvaggia; ma s’ignora se furono questi facinorosi che scacciassero gli Eremiti, come opina il citato de’ Franchi; ovvero se gli assassini vi si fossero stanziati perché già la trovarono disabitata.
Potendosi ritrovare ne’ fatti gli argomenti de’ fatti medesimi, gittiamo per poco uno sguardo su la storia ed agevolmente troveremo l’epoca e le cagioni di tale catastrofe. Nella parte laterale destra dell’ingresso della S. Grotta di Andria tra altre antiche pitture vi si scorge l’effigie di S. Nicola di Bari. Questa vi dovè essere dipinta dopo del 1087 in cui le reliquie preziose di questo insigne Taumaturgo vennero in Bari traslatate dalla Città di Mira nella Licia; poiché non prima di quest’epoca il nome del Santo addivenne più famoso nelle nostre regioni. Se ciò è vero, i Romiti dovettero emigrare dopo quest’epoca, o nel periodo che abbraccia il secolo decimo secondo fino a circa la metà del seguente, ne’ quali pe’ Religiosi, nella Puglia specialmente, vi furono due pericolose persecuzioni.
La prima persecuzione si formò dalle ostilità furibonde che ebbero coi Latini i Greci d’Italia che abitavano la Puglia. Siccome gli Eremiti della Valle di S. Margherita erano dipendenti, come asserisce il P. de Franchi, dal Monastero de’ PP. Benedettini di Aversa della Congregazione Cassinese, e per conseguente erano del rito latino, facilmente o vi furono scacciati dai Greci stessi in odio del nome romano; ovvero spontaneamente si partirono per allontanarsi dalle loro vessazioni, e per godersi altrove la sicurezza e la pace.
Per la seconda persecuzione convien ricordare, che li eserciti del terribile Federico II, il quale nella invernale stagione soleva stanziare nel Castello del Monte a nove miglia lontano da Andria, e fino ad oggi famoso pel prodigio di antichità che presenta, non erano che tanti scherani per chiunque avesse mostrato qualche attaccamento per i Sommi Pontefici. Da ciò, non solo verisimile, ma chiaro apparisce, che quei buoni Romiti, i quali nulla speravano su la terra, e tutta la propria gloria riponevano nel patire per l’acquisto del Cielo, fossero stati costretti ad allontanarsi dal loro ritiro per liberarsi dalle violenze e dagli insulti di quei Ghibellini feroci, ovvero ne fossero stati scacciati pel loro attaccamento all’unità romana, che più volte si tentò di rompere, anche dal Clero, in caso di anatemi e d’interdetto su gli stati di questo Sovrano.
Ora, in qualunque de mentovati casi in cui l’Ordine Monastico in queste regioni fu il trastullo dell’empietà più furibonda, può assai bene collocarsi l’avvenimento che ci occupa. Positivamente poi il quando, e ‘l come ciò fosse avvenuto è quello appunto che non può determinarsi.
Dal certo stabilito, che la valle venne abitata da un orda di assassini, sappiamo esserne seguito nella Santa Grotta, profanazioni con ogni specie d’iniquità. La copia degli enormi misfatti che tutto dì commettevansi in questa contrada, effettuò che i popoli tremassero per lo spavento al solo udirla nominare ed obbliassero quanto v’era di sacro, e che prima era stato al loro cuore diletto. I masnadieri in progresso vennero anche essi dalla forza destrutti o fugati, e l’angusto Romitaggio restò di bel nuovo libero e sgombro. Non pertanto della S. Grotta non più fecesi menzione alcuna. Il terrore troppo profondamente scolpito rinnovandosi alla memoria degli eccessi commessi, si aumentava dall’aspetto selvaggio preso dalla valle che la rendeva impraticabile, e diede campo al tempo di seppellirla senza ostacoli sotto un mucchio di rovine. Siepi, bronchi, e piccoli arboscelli cresciuti all’intorno compiendo a ricuoprire una certa apertura che la massa delle macerie lasciava sul proprio dorso, vietarono per fino a qualche curioso che vi si fosse affacciato per vedervi cosa vi rimanesse di ciò che una fedele tradizione non aveva cessato mai di ricordare intorno un antica Chiesa intitolata a S. Margherita. Tutto vi restò occulto finché una celeste rivelazione non ne scuoprì le grandezze.