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RELAZIONE STORICA
SULL’IMMAGINE
INVENZIONE SANTUARIO E PRODIGII
DI
MARIA SS. DE’ MIRACOLI D’ANDRIA
operetta del P. Antonino M.a di Jorio, agostiniano
Stabilimento Tipografico del Dante, Napoli, 1853
Capo VII.
Invenzione e primi miracoli della S. Immagine della Vergine di Andria.
I due devoti uomini col giovanetto Giulio pervennero di buon ora nel punto ove erano diretti.
Senza indugio ne timore penetrarono nella Grotta già resa più praticabile per le vie,
che ne aprirono gli avidi ricercatori di tesori. In fondo videro su d’un rustico altare
l’Immagine di S. Margherita V. e M. che come abbiam cennato portava scritto
nel margine inferiore: Ricordati del tuo servo Giovanni, e di Gemma Moglie di lui.
Videro parimente per le pareti intorno alcune tracce di altre pitture a fresco sul muro,
già vittime dell’umido e del tempo. Ma a null’altro fermandosi col pensiero
che al loro scopo precipuo, passarono nella seconda Grotta o Cappella della Santa Vergine,
ed eccoli già innanzi alla medesima. Fermiamoci ancor noi col pensiero,
e contempliamo il grato spettacolo che agli sguardi loro si offre.
L’angustia del Santuario aumentata da grossa copia di pietre e di terreno che l’occupavano:
il silenzio profondo di ogni cosa all’esterno della Valle in cui il zefiretto mattutino
lentamenté passando, campeggiava quasi inosservato per la ben’ estesa regione
trovando gli alberi ancora spogli di tutto ciò che poteva agitarsi e piacevolmente rumoreggiare:
la luce scarsamente penetrando, che dava al venerabile recinto un aria di squallore
e di malanconia capace di produrre tetre impressioni: l’apparato finalmente
di tante pitture in quelle mura, di cui non rimanevano che macchie informi,
e la sola Immagine di Maria trionfatrice delle ingiurie della natura e degli anni,
che brillava de’ suoi viri colori su la rustica mensa, come l’immagine della Grazia
sorridente col celeste Bambino nel seno; formavano tante cagioni cospiranti
a penetrare d’un puro religioso terrore, anche un cuore che stato fosse insensibile e rozzo.
Quegli però che più degli altri risentisse la celeste forza di tanti agenti morali
fu il Signor Palombino, il quale, prescindendo dalla sua cultura e raffinatezza di senso,
fu tocco sopra ogni altro dal riconoscere nella sacra Effigie, le forme, i colori,
gli atteggiamenti e ogni altro da Lui veduto nell’Immagine che gli apparve
in sogno nella notte trascorsa. Con quali tenerezze di affetti, e con quale profusione
di lagrime questi devoti Cristiani si prostrassero ed adorassero la divina Madre,
agevol cosa è idearlo. Diedero sfogo in ogni guisa alla loro pietà, si partirono tutto
dalla medesima penetrati, e lasciarono su l’altare la lampada accesa,
nella determinazione di proseguire ogni Sabbato l’opera pia secondo il precetto della Santa Vergine.
Ma non erano ancora compiti i Misteri che la Madre di Dio voleva far precedere
alla pubblicazione di questo dono singolare che faceva agli Andriesi ed al Mondo.
De Tucchio, Palombino e da Torrito, per una disposizione suprema al certo,
poichè contro gli ordinarii effetti di simili avvenimenti religiosi,
o forse per timore che la loro umiltà non venisse compromessa, non fecero
alcun motto di quanto era loro occorso. Giannantonio, carico di anni
e poco agiato di beni di fortuna, espose al suo Compare, che per
la doppia impotenza di forze e di mezzi difficilmente egli avrebbe
potuto proseguire un atto di tanta importanza con la Santa Immagine di Maria,
e che perciò, Lui che era stato egualmente da Maria onorato ad avere
una sì gran parte in questa invenzione, si avesse assunto tal cura.
Accettò di buon grado il Signor Palombino, anzi con trasporto un incomodo
che non gli sarebbe restato irremunerato dalla Signora generosissima,
e con iscrupolosa diligenza seguitò ad accendere la detta lampada in ogni Sabbato,
fino ai 19 del seguente Maggio.
Nel Sabbato 26 dello stesso mese avvenne, che oppresso dalle cure che davasi
per un suo Cavallo baio che amava molto e gli pericolava pel così detto
male del Verme in una gamba, dimenticò il suo debito di pietà,
e dimenticò ancora la generosa esibizione che Maria in questa Immagine
gli aveva fatta delle sue grazie; poiché disponevasi a condurre il suo Cavallo
alla Vergine Incoronata di Foggia per ottenerne la salute.
Non si avvide egli della mancanza al contratto dovere se non alcuni giorni dopo,
in cui incontrandosi col suo Vecchio Compare ne venne da questi interrogato.
Arrossì a tale domanda il Signor Palombino, se ne dolse col buon Uomo,
se ne scusò ad un tempo con la tribolazione che lo aveva distolto,
e determinò con lui di accompagnarsi insieme nel Sabbato che seguiva,
e di menarvi anche il Cavallo infermo. E così fecero. Il giorno due di Giugno
si trasferirono secondo la data parola nella Santa Grotta,
e per prima maraviglia la trovarono vagamente illuminata dalla lampada accesa
già da quindici giorni, la quale tramandava uno splendore celeste,
ed era d’olio ripiena fino all’orlo.
E chi non sa che l’olio, dalla qualità che ha di trasfondersi é simbolo della misericordia
e della grazia? Chi non sa, che Maria è Regina e Madre della grazia e della misericordia?
Chi potrà dubitare, che la medesima Signora amabilissima, con questo prodigio dell’olio
non avesse voluto mostrare agli Uomini, ed agli Andriesi in particolare,
quale uso avrebbe fatto Ella di quel tesoro che aveva loro promesso tant’anni prima,
cioè di quel tesoro delle grazie e delle misericordie divine di cui è la depositaria,
l’arbitra, e la dispensatrice?
L’olio, dice il S. Abate di Chiaravalle Bernardo, illumina, nutrisce ed unge.
Illumina alimentando la fiamma, e dirada le tenebre della notte; nutrisce
nel condimento de’ cibi, ed aumenta la naturale energia; unge ed ammollisce
le parti morbose, e vi toglie le infermità ed i dolori.
Or ecco l’uso che la tenerissima Madre Maria parve volesse mostrar di fare delle sue grazie
con questo prodigio dell’olio. Voleva cioè illuminare i peccatori e sgombrare da essi
le tenebre delle passioni (prefigurando la moltitudine delle conversioni,
che sarebbero avvenute nella sua Grotta). Voleva pascervi i suoi devoti e tenerli
forti contro le insidie infernali con la protezione che avrebbe accordata a chi
l’avesse onorata in questa sua Immagine. Voleva finalmente ungere tutti gli sciagurati
che ivi sarebbero ad Essa ricorsi, val quanto dire, voleva rendersi la medica pietosa,
e la medicina efficace nei loro mali, nonché l’amorosa Consolatrice in tutte
le loro tribolazioni. Proponeva in somma con questo suo primo miracolo,
che Essa nella Grotta di Andria sarebbe stata il sodo conforto dei suoi Diletti
in tutte le loro necessità spirituali e temporali, ed altro non si aspettava
dalle profezie e dalle figure, se non di passare ai fatti, dei quali eccone il primo,
primo anello di una catena interminabile.
Siccome Annibale e Giovannantonio si riebbero dalla loro sorpresa cagionata dal prodigio,
ed ebbero sazii di gioia e di pietà, con dolce tributo di lagrime adorata la SS. Vergine;
il primo, cioè Annibale, mosso da interna inspirazione, si accostò riverente
alla lampada prodigiosa, intinse alcune dita nel l’olio celeste e ne unse
la parte inferma del suo Cavallo. Altro non vi volle per isperimentare la fedeltà
di Maria alla promessa fattagli di conferirgli qualunque grazia volesse,
e per cogliersi il frutto di sua fede verso la medesima. All’istante caddero
varii vermini dalla gamba affetta dell’animale, l’infermità disparve interamente,
ed in un subito riacquistando la sua primiera energia, diedesi festosamente
a correre per tutta la Valle.
Da questo nuovo prodigio, che come bene può immaginarsi doveva compiere la gioia
de’ fortunati spettatori, si dimostra chiaramente in pratica il mistero che ci è sembrato
dover rilevare nel miracolo precedente dell’Olio. All’uopo si tenga presente,
da un lato il Cavallo in cui si è operata la guarigione, e dall’altro la persona
a cui il Cavallo si apparteneva. Rapporto al Cavallo, in sè stesso è animale irragionevole,
figura del peccatore, il quale abbandonando nelle sue operazioni la scorta della ragione,
simile ad un bruto siegue ciecamente la legge del senso e l’istinto della natura corrotta.
Il pensiero è del Reale Profeta, il quale volendo esortare gli uomini a tenersi
lontani dalle colpe, non trovò migliore argomento , che quello di rammentare
ad essi la nobiltà della propria loro natura, e far loro sapere che nella via
dei vizii si sarebbero abbassati alla condizione del Cavallo e del Giumento
ne’ quali manca ragione per guidarli al bene.
Nolite fieri sicut equus et mulus, quibus non est intellectus. (Ps. 31. 9.).
Altrove poi parlando dell’uomo già caduto ed immerso nel peccato,
dice che egli non è più uomo ma giumento stupido ed insensato:
Comparatus est jumentis insipientibus, et similis factus est illis (Ps. 48. 13.).
Quindi, coll’operare Maria SS. il primo miracolo a favor d’un bruto, pare che
non intese altro, se non mostrare il suo impegno che in quella Immagine
l’avrebbe occupata intorno la salute de’ peccatori, mercè l’olio abbondante
delle sue grazie profuse ne’ loro cuori.
Riguardo poi al Padrone a cui il Cavallo si apparteneva, conosce ognuno
che desso fu un benefizio temporale riguardante la conservazione d’un bene di tal genere.
Or chi non vede che la Vergine Immacolata in un sol miracolo, ad incoraggiamento
de’ suoi devoti ha riunita la duplice lezione, che come la loro anima sarebbe stata
l’oggetto delle sue più tenere cure; così i beni, la salute, e gl’ interessi temporali
avrebbero goduti sotto la sua protezione materna, aumento, difesa, e prosperità?
Tanto ha mostrata coi fatti col volgere del tempo, e gli avvenimenti che andremo
a suo luogo esponendo ci saranno garanti della descritta applicazione.
Tornando ora alla sostanza dell’argomento diciamo in conchiusione,
che il primo Sabbato di Giugno è un giorno di grande ricordanza per la Città di Andria,
e per tutti coloro che nutrono devozione verso cotesta Sacratissima Immagine.
In questo giorno spuntò per essi questo sole che l’illustra di Gloria inenarrabile,
i di cui raggi fulgenti li fecondò di mille beni, e li arricchì di grazie e di beneficenze.
Col fatto poi ne ebbero sempre la debita stima solennizzandolo con decente pompa religiosa,
e più con singolare edificante pietà finchè fu in lor potere di farlo;
ed ai dì nostri ne rinasce l’uso fervente già per alquanti anni interrotto
dalla sospensione totale del culto nel Santuario, di cui faremo a suo luogo parola.
Oltre poi all’anniversario solenne, in generale il giorno di Sabbato in tutto
il corso dell’anno da essi si onora l’Augusta Regina con un affetto singolare,
ad ogni costo visitandone il Sacro Altare, ed in gran parte accostandosi
alla ricezione de’ Santi Sacramenti.
E merita invero la divina Madre speciale onore in questo giorno, tanto perchè fu ad onor
di Lei consacrato fin dai primordii della Chiesa; quanto perché Ella, a guisa di quel
fonte misterioso del Libano di cui, Giuseppe Flavio nel libro settimo al capo XXIV.
dice, che per miracolo ne’ giorni di Sabbato scorreva copioso e negli altri diminuiva
le acque ed il moto; nel giorno di Sabbato ha sparso sempre e diffonde tuttavia
con maggiore abbondanza e profusione la piena benefica delle sue grazie, e de’ suoi favori.