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RELAZIONE STORICA
SULL’IMMAGINE
INVENZIONE SANTUARIO E PRODIGII
DI
MARIA SS. DE’ MIRACOLI D’ANDRIA

operetta del P. Antonino M.a di Jorio, agostiniano
Stabilimento Tipografico del Dante, Napoli, 1853

Capo XII.
Risorgimento del Santuario di Maria SS. de’ Miracoli di Andria — Stabilimento de’ PP. Agostiniani dell’Osservanza nel Monastero.

Tra le promesse più cospicue del Salvatore, con le quali confortava solennemente la sua Chiesa, famosa è certamente quella con la quale l’assicurava di una eterna stabilità, ad onta che tutto il furore di Satana spessissimo avesse dovuto scagliarsele contro. Contro la mia Chiesa, diceva Egli, non prevaleranno giammai le porte dell’inferno, val quanto dire tutta la infernale potenza. Ora una tale promessa uscita da una bocca infallibile, che si è sempre avverata riguardo alla Chiesa formale ed universale; tenne anche la sua efficacia in ordine alla Chiesa materiale di Maria SS. de’ Miracoli di Andria; dappoichè, essedo essa dalla sua origine stata opera singolare di Dio, e virtù di quel suo braccio onnipotente col quale fece grande la Madre sua, doveva di conseguenza proteggerla e renderla invincibile dai tempi, dagli eventi, e dalle scosse più fiere degli empii Figli di Belial.
E difatto cosi avvenne. Questo Santuario, che a guisa di Sole aveva diffuso i suoi fulgori limpidissimi per quasi tutta la Terra, ecclissato dall’atra nube che il nemico infernale aveva sollevato dalla Francia per ricolmarvi l’universo di caligini, dopo una lunga notte di pallore, null’altro ritenendo di sua primiera magnificenza che lo scheletro ed un aura di vita, tornò la Dio mercé a riapparire sul dorso di un aurora novella, ed a pompeggiare di tutte le sue bellezze. Volgendo l’anno 1833, l’amoroso Padre della Natura e degli Uomini, ricordevole delle antiche misericordie vagamente nella Santa Grotta sfoggiate a vantaggio delle sue creature, e vedendo l’afflizione del suo popolo Andriese per avere Egli da essa ritirata in certa guisa la sua mano, accorse ad asciugare le lagrime di lui suscitandogli un Ministro fedele, il quale, corrispondendo ai suoi disegni ed ai voti comuni, servisse come di un Esdra novello per riedificare il culto e la gloria di S. Maria dei Miracoli.
Ma alla Santa Vergine era stata conferita la facoltà d’innalzare un sì bello monumento alla religione, e Dio di Essa erasi servito per un opera di tanta sua gloria, come appare con chiarezza da tutta la tessitura della presente narrazione; ragion voleva che anche alla Santa Vergine si fosse riferito l’onore del suo risorgimento e del suo lustro novello. Ed invero, fu Maria appunto, che sempre vittoriosa de’ nemici suoi, a trionfar di questi, ottenne pel suo popolo Andriese un Pastore, il quale avesse compensata la pietà di Lui col ristaurare quel Santuario che ne formava il più luminoso decoro; e per darne ad esso una pruova che Dessa era la dolcissima Madre che lo visitava, colmandolo di quelle benedizioni che porta sempre con sè un santo Pastore, fece caderne la elezione nel dì 2 Luglio, sacro alla sua Visitazione fatta alla S. Cognata Elisabetta.
Il prescelto a questa bell’opera fu Monsignor Giuseppe Cosenza, già Canonico Teologo, dell’insigne Cattedrale di Napoli, ed oggi Eminentissimo Cardinale Arcivescovo di Capua, e noto al mondo per l’angelica innocenza de’ suoi costumi, per lo zelo pastorale, e per le altre virtù che lo rendono una gemma rilucente nell’Episcopato. Quasiché fossegli stato rivelato l’uno de’ principali officii di sua destinazione, appena giunse al possesso della sua sede pastorale in Andria, e visitò il Santuario alle sue cure commesso, volse il pensiero a ristabilirlo con decenza e perpetuità, affidandola allo zelo di qualche religiosa famiglia.
A realizzare però il gran progetto richiedevasi tempo, e ciò sopratutto perché, a stabilire una Comunità religiosa bisognava una mediocre dotazione, e perché nella ripristinazione degli Ordini Regolari, il Monastero di Andria era stato dal Governo assegnato per uno dei fondi di sostegno ai RR. PP. Agostiniani Scalzi, i quali l’avevano già censito al fu Dottor fisico D. Gaetano Virgilio. Ma poiché entrò ancora nell’impegno l’Eminentissimo Cardinale Gabriele Ferretti allora Nunzio presso la Corte di Napoli, d’uno zelo e d’una carità che gli meritarono una memoria non peritura, sormontossi agevolmente la prima difficoltà, e si ottenne una dotazione decente. Ma perché cotesti fondi eran tutti da rivindicarsi in mano d’ingiusti usurpatori, e conveniva immergersi in un abisso di liti e di contrasti per riacquistarne il dominio e ritrarne un vantaggio, varii Ordini invitati gentilmente si negarono, non volendosi compromettere vivere provvisoriamente di bisaccia, abbenché Signori Andriesi si compromettessero di essere larghi in preferenza con i Frati questuanti. In fine, dietro le fervide premure dei due venerabili Prelati (poscia Cardinali) Cosenza e Ferretti, il P. Gianmichele Maria Quaranta, Ristauratore, e Vicario Generale della Congregazione Agostiniana dell’Osservanza, detta di S. Giovanni Battista di Napoli, accettò la nuova fondazione, e vi spedì nel corso del 1837. opportuni deputati per ricevere a nome del Definitorio la cessione del censo del Monastero. Il lodato Dottor Virgilio, che nel Monastero soggiornava e libero era nel cederlo, preferendo al proprio vantaggio la soddisfazione del voto pubblico, e più la gloria della Santa Vergine, cedè i suoi dritti appena richiesto, ed ha serbato sempre verso di questa Comunità un amorevolezza distinta.
Gli Andriesi tutti fecero a gara per concorrere all’opera pia con un impegno eguale al desiderio col quale l’avevano sospirata. Dovendosi provvedere al necessario corredo della piccola Famiglia Religiosa, che alla guisa degli Antichi Patriarchi, nudi si inviavano al possesso del nudo Monastero, l’incomparabile Monsignor (Eminentissimo) Cosenza, si pose alla testa del fior del suo Clero, e girò per la Città raccogliendo dalla pietà altrui il danaro necessario, e quel buon popolo si mostrò generoso fino a supplire al bisogno. Coloro che non potettero concorrere con la borsa lo vollero con l’opera e con l’aiuto del proprio mestiero, e tutto si fece con quel trasporto sincero, che faceva riputare il ristabilimento della S. Casa de’ Miracoli, null’altro che l’edifizio della propria fortuna e della propria grandezza.
Finalmente nel dì 6 Ottobre del 1838, i Religiosi Agostiniani della mentovata Congregazione della vita comune, già in Andria dal principiare dell’Agosto precedente, e dimoranti nell’Episcopio, ricevettero il solenne possesso del Monastero e del Santuario.
Raccoltisi nel Monastero medesimo, ne uscirono in devota processione preceduti la Croce, ed accompagnati dai più venerandi Canonici e dal lodato Vescovo Cosensa, e si diressero in Chiesa già nel miglior modo apparata. Ivi giunti, si cantò da tre venerandi Canonici solennemente la Messa, ed al finire della medesima, il Vescovo presente pronunziò alla gran calca del popolo eloquente e dotto sermone, in lode del venerabile Ordine Eremitano e del gran Dottore Agostino che ne era Istitutore e Padre. Merita speciale memoria, che dopo la sunzione delle specie Sante fu riposta la Sacra Piside consacrata la prima volta dopo 32 anni nella Custodia. II pio celebrante Canonico Arciprete D. Giovanni Pastina ne fu tanto commosso, che quasi con una lagrima versata dal cuore disse a Gesù Sacramentato: Ah Signore! foste tolto da questa Custodia con tanta grandezza, ed ora vi rientrate circondato da tanta miseria: alluder volendo ai tesori che corredavano il Tempio Santo nell’atto della soppressione, ed allo stato di totale spogliamento nel quale era in quell’istante che il Monastero si ristabiliva. Compì la sacra cerimonia il canto dell’Inno Ambrosiano, e la clausura che chiuse tutto il Sacro recinto, tolse l’edifizio al secolo, per serbarlo solo a Dio.
Due circostanze degne da notarsi concorsero in questa funzione. La prima fu la ricorrenza della memoria del gran S. Brunone Fondatore de’ Certosini, per la quale la sacra cerimonia sembrava rinnovare la fondazione della Certosa istessa; poichè in essa avvenne, che S. Brunone con sei Compagni fu impossessato della solitudine di Grenoble da S. Ugo Vescovo di quella Diocesi: nel nostro caso, un altro illustre Prelato impossessava del derelitto Santuario Andriese un Priore con sei Religiosi. La seconda è l’ammirabile disposizione di Provvidenza nel far cadere l’indicato Santuario in potere dell’Ordine Eremitano siccome dalla più remota antichità era stato in custodia di Eremiti; acciò fosse in esso rinato il culto mediante le cure di uomini, che per professione d’Istituto e per titolo proprio avesse avuto relazione con gli antichi servi di Maria. È stato un segno sempre chiaro della protezione di Maria verso quest’Ordine, l’essere prescelto a possederne i Santuarii più venerandi e le Immagini le più prodigiose.
Ecco tutto novellamente cangiato. Quel soggiorno di desolazione è divenuto il soglio della pietà, ed a quel Tempio ove accorse l’opera de’ Cacciatori per distruggervi la Civetta, il Gufo, il Vespertilio ed altri animali che vi s’erano annidati, si eleva un aura fragrante di santità, e tutta rifulge la maestà della Religione. Ristaurato interamente da capo a fondo sorride con la gioia del Paradiso. Gli esercizii del culto santo in ogni giorno l’avviva, e specialmente nei Festivi e nei Sabbati, ove la Comunità col Popolo vi rende ogni funzione brillante. I vasi sacri e gli arredi per i santi Misteri, gli utensili e gli ornamenti per i venerandi Altari, Lampadi, Ostensorii ed altri argenti l’arricchiscono, senza che quasi oggetto alcuno resti a desiderarsi.
L’Organo del Suuccorpo e quello della Chiesa maggiore sonosi rinnovati ed ingranditi secondo le vedute moderne da valenti artisti, e nuove e sonore Campane adornano la sacra torre. Sopratutto poi di nuove bellezze rifulge l’Immagine augustissima, la quale, come di nuovi colori brillante, decorata nel capo di corona e di stelle preziose, fregiata nel collo e nei polsi con varii concerti di oro, e col divin Figlio sul seno egualmente adornato, in mezzo a mille voti preziosi pompeggia come una Sovrana Maestosa sul Trono delle proprie grandezze. Pare che lo spogliamento che Ella permise di questa sua Immagine, ed il lutto in cui volle tenerla, sieno stati diretti a farla maggiormente spiccare in gloria e bellezza, come più bello e sfolgorante apparisce l’Astro del giorno dopo gli orrori della tempesta che lo nascondevano; e così insegnare da buona Maestra ai figli suoi, che l’esaltamento siegue l’umiltà, ed al patire per la giustizia, succede la glorificazione.
Tante cose insieme concorrono a dimostrare, che anche la divozione sia ringiovanita nel cuor de’ fedeli, ed abbia acquistata un vigore novello. Non può certamente dubitarsene, e pare che vi abbia data anche una buona mano la solenne festa istituita per santificare la memoria del Patrocinio possente di Maria e delle tante grazie ognora diffuse da questa venerata Immagine. Essa si celebra nell’ultimo Sabbato di Agosto con uffizio proprio e Messa in tutta la Diocesi di Andria e con rito di seconda classe, come appare da un Breve di concessione della S. M. di Papa Gregorio XVI. in data de’ 12 Settembre 1840.
Che sia infatti questa divozione cresciuta si vegga nella sorgente di tanto bene fatto in si breve tempo. Sì, dicasi pure ad edificazione ed emulazione di tutti i popoli devoti di Maria che questa sorgente, oltre lo zelo ed operosità de’ PP. Agostiani, è stata la pietà liberale degli Andriesi. Non faccia quindi meraviglia, se la Vergine de’ Miracoli siasi in certa guisa gloriata di avere in essi la più bella pruova del titolo glorioso che le si dona; poiché essi ancora gloriandosi di avere S. Maria de Miracoli a loro Signora, seppero corrispondere ai favori con i quali venivano distinti, mercé la gratitudine affettuosa ed operante, e col rendersene sempre più meritevoli.
Stimolo novello ad accalorare vieppiù quest’affetto degli Andriesi verso Maria, fu l’esempio dell’altro Pastore, Apostolico Operario, Devoto tenerissimo della stessa Madre Purissima del Salvatore, D. Giovan Giuseppe Longobardi. Maria che premiava le virtù di Monsignor Cosenza con lo splendor della porpora, e l’innalzava ad altro seggio più elevato dell’Episcopato; rioccupava la Cattedra del Padre Spirituale de’ figli suoi Andriesi, chiamandovi un Figliuol uno de’ più affettuosi e distinti; ed in lui le virtù sacerdotali coronando con la Maestà della mitra, elesse pel suo Popolo Andriese un Vescovo, che sfoggiasse pel comun vantaggio, con lo zelo di un Padre, con la familiarità d’un Fratello, con la benevolenza d’uno Sposo, con le tenerezze d’un Amante, con l’operosità d’un Protettore, e per fregio maggiore, nell’amor verso di Lei fervido ed appassionato Immancabile in ogni Sabbato (almeno sempreché non ne venga impedito da indispensabili cure del suo ufficio pastorale) si porta a visitare la Divina Madre, celebra all’altare di Lei l’incruento Sacrificio, e sermonizza al popolo con tanta effusione del suo bel cuore, da trasfondere ne’ cuori altrui con magica energia le proprie tenerezze. Quanta influenza non hanno la voce e l’esempio nell’animo de’ fedeli per muoverlo alla virtù? Quanto poi maggiore non è questa forza per i Cristiani, allorché tale compiuto magistero si riceve dai Pastori rispettivi? Quale effetto poi un tanto bene poteva produrre ne’ devoti Andriesi così ben formati nella pietà verso Maria? La risposta potendosi agevolmente dedurre dallo stesso Lettore, noi ci ristringiamo nel porger voti al Padrone supremo della mistica Vigna della Chiesa, acciò mandi simili Operarii in ogni campo, affinché ogni campo ricevendo la stessa fecondazione potesse produrre gli stessi frutti.
Conchiudendo qui l’argomento per questa parte esaurito, rivolgiamo a voi la nostra parola o Popolo Andriese caro a Maria. Perseverate, vi diciamo, perseverate ed aumentate semprepiù nel vostro affetto verso l’amantissima vostra Signora. Vi sia nel cuore profondamente scolpita la gloria del Santuario di Lei, e cooperatevi a vantaggiarla con tutto l’interesse della più soda pietà; ed acciocché questa vostra cooperazione riesca a Lei piacente, cercate darle gusto con imitarne le preziose virtù. Non perdete di vista giammai, che il giustissimo Iddio nell’antica Legge, allorchè voleva percuotere più sensibilmente la Nazione Ebrea, le minacciava lo sterminio del famoso Tempio innalzato da Salomone in Gerusalemme, che a ragione formava l’orgoglio di Lei. Col fatto due volte ne permise la destruzione, e l’ultima fu irreparabile ad eterna rovina di quella ostinata Nazione. Il vostro Santuario ancora per ben due volte restò derelitto. Chi ne conosce il perché? Chi sa che in pena delle colpe non abbia qualche altra volta a cadere per sempre? Quali poi ne potrebbero essere le conseguenze fatali? Non voglia Dio che alcuno sciagurato sia abbandonato da Maria! Se questi è nemico del Figlio troverà questa Madre che lo ringrazierà con lui; ma se questa Madre sposerà le parti del Figlio e gli diverrà nemica, chi pregherà per lui? Ecco la sventura che dobbiamo studiarci evitare più con gli affetti del cuore, che con le larghezze della mano.
Questo è Devotissimi Andriesi, e Voi tutti o Fedeli che amate Maria in cotesto venerando Santuario, il grande dovere che deve interessarvi, tutta la gloria che dovete compiervi e custodirvi, e tutta l’eredità preziosissima che dovete con gelosia trasmettere ai vostri posteri. La fede brillante della Pietà verso la Madre di Dio, da Voi ricevuta da vostri Maggiori, avvivata di nuova luce risplenda ai vostri venturi, acciò le vostre care generazioni che sorgeranno nelle tenebre del secol nostro, tanto caliginoso pei suoi vizii e pei suoi errori, diretti dal lume de’ vostri esempli, possano con piè sicuro camminare per i sentieri della virtù, e raggiungere quella perfezione Cristiana e Civile, che rende l’uomo anche di scarse sostanze onorato e felice, e senza di essa, anche colui che abbonda di copiose ricchezze, addiviene infelice nel tempo e nella eternità.

FINE DELLA PRIMA PARTE.