Gli studiosi del Nuovo Testamento discordano assai sulla natura della pianta, onde si formò la corona di spine. L’esame della nostra Reliquia e quella conservata a Pisa, di un ramo che una volta portava sei spine, di cui solo tre sono rimaste intatte, e altri sacrosanti residui in diversi luoghi venerati, ci autorizzano a supporre che i soldati si servirono di giunchi marini o di qualche pianta erbacea per legare e unire le spine con cui volevano fare la corona di Gesù. Anche la Santa Reliquia conservata a Parigi non è che un cerchio di giunchi, notevolmente più grande della periferia del capo, che perciò poteva cingere, ancorché irto di spine.
Al tempo delle Crociate dai fedeli si correva a Gerusalemme per vedere i luoghi e le cose santificate da Gesù. Gregorio di Tours vide le Spine mirabilmente ancora verdi, ed altri autori si studiano di narrarci come il Sacro tesoro fu diviso, perché le diverse Chiese del mondo avessero vicino un segno visibile della Passione.
Noi ricorderemo i fatti storici che ci aiutino a meglio illustrare la Sacra Spina di Andria.
Baldovino II, imperatore latino di Costantinopoli, era venuto provvidenzialmente in possesso della Corona di Spine. Assediato in quella città dai Saraceni e dai Greci, si trovò obbligato a darla in pegno ai Veneziani. Il Santo Re Luigi IX, nella Crociata intrapresa per liberare il Santo Sepolcro, la poté riscattare, e con grand’ pompa portare in Francia. Egli stesso col fratello Roberto d’Artois volle portare la preziosa reliquia nella cattedrale di Sens, camminando con religioso raccoglimento a piedi nudi nella numerosa e devota processione. Da Sens fu trasportata a Parigi e quivi, per volontà di questo Monarca, fu collocata nella «Santa Cappella» da lui fatta costruire in segno di immenso amore a Gesù Crocifisso. Gli autori contemporanei a S. Luigi ci ricordano come lo stesso Re, nella solenne adunata del 25 marzo 1267, davanti ai grandi del Regno, prese in mano la Corona di Spine per infiammarli ad una nuova crociata.
Dalla Santa Cappella alcune Spine partirono, dono affettuoso e bramato, a diverse chiese. Ne ebbero i Francescani di Seez, l’Abbazia di Arras, quella di S. Dionisio e altre in parecchie città d’Italia. Non mancano i fatti miracolosi che servono di graziosa corona a questi residui santi e insanguinati. II Signore nostro Iddio, che tutto dispone soavemente e con ragione, ha voluto però che il Miracolo più celebre, suscitato attorno alle sacre reliquie della Sua Passione, fosse quello della Spina d’Andria.
Reliquiario "Morselli" della Sacra Spina
(nel testo la foto non è a colori)
I molti e severi monumenti medioevali della nostra Città e delle nostre campagne ci hanno abituato a tener vivi nell’animo i ricordi storici di quella età medioevale, in cui, tra lo scomparire della potenza sveva e l’affermarsi del dominio angioino, le città delle Pugile si allenavano a lotte feconde nel fermento delle libertà comunali, nella preparazione cioè della rinascita latina voluta e fomentata dai grandi Pontefici di Roma.
Tempi sui quali lo storico indaga ancora con acuto occhio, per ritrovare gli inizi di quelle che sono ora le più belle e sante conquiste della cristiana civiltà. Al tramonto di Manfredi, dopo la sciagura di Benevento, successe la fortunosa ascesa di Carlo d’Angiò.
Abbiamo toccato di sfuggita questi avvenimenti, perché fu in quel torno di tempo che Andria ebbe la sacra Spina. Quando Carlo I d’Angiò venne in Italia per la sua conquista, egli ebbe dal fratello San Luigi IX alcune Spine della Sacrosanta Corona. Tutte le migliori tradizioni ce lo lasciano pensare. Veniva in paesi pieni di fervore cristiano e sapeva quanto potesse essere gradito un dono tanto prezioso, e quanto nelle difficoltà della guerra, dalla vicinanza della Reliquia, poteva egli per sé e per gli eserciti attingere forza.
Egli che, avendo in compagnia del grande Abate Bernardo I salito il rapido sentiero che conduceva alla grande Badia di Montecassino, alle preghiere di quei santi monaci affidava ogni speranza di vittoria.
Alla sua morte, Le Spine passarono al figlio Carlo II lo Zoppo. Questi maritò la figliola Beatrice al Signore provenzale Bertrando del Balzo, che gli portò in dote la contea d’Andria. Egli donò una delle maggiori Spine della Corona alla città dotale. (2)
Era il 1308 e si scriveva in Andria una nuova pagina di Storia cristiana. Solenne fu la donazione fatta dallo stesso Carlo al Capitolo della Cattedrale. A questi memorabili episodi alludeva l’iscrizione della ricca Teca ricordata dal Vescovo di Andria Mons. Resta [errato: non Resta, ma Franceschini] negli Atti della sua visita pastorale del 1633. Quella ricca custodia, nella quale i nostri avi venerarono la Spina, aveva incisi dei versi latini, dallo stesso Mons. Resta trascritti, che facevano appello alle tradizioni secolari, secondo le quali Andria riconosceva la Sacra Spina come dono del Re Carlo II, portata da Parigi.
Rivolgimenti umani di varia e complessa natura ci privano delle notizie che potrebbero illuminare i fasti della Sacra Spina dal secolo XIII al secolo XVII.
Il Rohaut de Fleury ha descritto la reliquia conservata a Pisa, nella graziosa cappella di S. Maria della Spina, con queste parole: «È un ramo di m. 0,80 di altezza, che portava una volta sei spine, di cui tre sono rimaste intatte. Le une sono dritte, le altre più corte e ricurve sotto le prime, ch’esse accompagnano. Il colore generale, soprattutto quello delle spine, è nero bruno brillante, e sopra un lato del gambo vi sono delle macchie verdastre più chiare». Gli stessi caratteri presenta il ramo di Spine di Treveri, stando a ciò che ne rappresentano i disegni del Calmet.
Ho voluto introdurmi alla descrizione della nostra Sacra Spina richiamando questi ricordi di altre sacrosante reliquie della Corona che trafisse il Capo adorabile di Gesù, per trovare, nella somiglianza delle caratteristiche, sapiente conforto alla nostra fede.
Il Venerando Mons. Staiti, Vescovo di Andria durante il miracolo del 1910, nella sua lettera pastorale di quella Quaresima, così eloquentemente la descriveva: «La nostra S. Spina è lunga quattro dita e della grossezza di un grosso filo di spago nel suo basso finimento; è di color cenerognolo, ad eccezione della punta semifranta, che va a finire ad ago, e che è di colore suboscuro. In essa si scorgono quattro macchie di color violaceo nella parte di dietro a la incurvatura, ed un’altra patente nel lato d’avanti, oltre ai molti altri punti a stento reperibili».
La nostra Sacra Spina fu sempre conservata con venerazione in diverse ricchissime teche, che stanno a confermare la profonda fede che i cittadini di Andria hanno sempre avuto nel prodigioso tesoro. Non starò qui a descrivere le tre prime teche che dal secolo XVII al XIX custodirono la Spina nei diversi miracoli ricordati dalla storia.
Di tutte abbiamo notizie pregevoli e di quella in particolare donata al Capitolo Cattedrale dai Carafa (così nobilmente legati alla nostra Città), dopo il miracolo del 1785. Questa fu rapita dai Francesi insieme alla Spina, nel saccheggio del 23 marzo 1799.
La Provvidenza permise che la nostra venerata reliquia scomparisse per mani sacrileghe, e pellegrinasse a Spinazzola e a Venosa, dove fortunatamente fu conservata dal Vescovo Guarino. Alla sua morte la ereditò un suo fido famigliare, la cui innocente figliola fu nelle mani di Dio rivelatrice a quei di Andria del ritrovato tesoro, in modo che S. E. il Vescovo Mons. Cosenza poté nel 1837 ricuperarla e presentarlo di nuovo all’adorazione del popolo, che, in quell’ottobre fortunato, ricantò i salmi di giubilo, dopo la desolazione di tanti anni.
Vincenzo Morselli Andriese, il cui nome rimane in venerazione, offrì il nuovo ostensorio perché la Sacra Spina, conservata velia sua elegante Cappellina del Duomo, rifiorisse nei miracoli, tutte le volte fortunate in cui il 25 marzo è il venerdì Santo.
Perché il buon Gesù ha voluto che le macchie del suo Sangue rosseggiassero nella Spina d’Andria nella fortunata coincidenza del Venerdì Santo col giorno in cui la Chiesa celebra la Sua Incarnazione? E forse in quel giorno che le sacre Spine lo trafissero?
Il miracolo del 1633 è il primo di cui i documenti storici ci danno confortanti prove. Mons. Franceschini, Vescovo d’Andria, circondato dalle autorità ecclesiastiche, i cui nomi ricordano le più nobili famiglie andriesi del tempo; alla presenza dei duchi Antonio Carafa ed Emilia di Laurenzana, coi figli Ettore e Carlo, mentre i primi cittadini della città apparivano in capo a un popolo orante e pieno di speranza buona, poté constatare e deporre che il «preziosissimo Sangue della Sacra Spina, con miracolosa evidenza si colorò» così come se gocciolasse dalla Fronte divina.
Sulla parete del Coro il pittore Scipione Infante [penso che il Ruotolo lo confonda con lo scultore che nel 1650 realizzò il coro ligneo e non gli affreschi del coro] consacrò con affresco espressivo il miracolo visto dal popolo e dal Vescovo Ascanio Cassiani nel 1644. Molte gocce di sangue apparvero alle 9 della sublime giornata e, nella mattinata del Sabato, scomparvero lasciando gioia e mestizia nei fedeli adoratori.
Nel 1701 il miracolo si rinnovò in forma solennissima. Vi assisteva il Duca Antonio Carafa, il Vescovo Monsignor Ariani e Mons. Pompeo Sarnelli Vescovo di Bisceglie. Il notaio del S. Uffizio Nicola d’ Urso e Michelangelo De Micco ne lasciarono ampia documentazione. De Anellis, Colavecchia, Politi, chimici illustri, il Sindaco della città coi suoi cooperatori, molti nobili, formavano corona rispettabile davanti all’altare di S. Riccardo. Uno scoppio di pianto e di grida gioiose disse che anche la mattina del 1701, le stille del Sangue sulla Spina d’Andria, erano rivissute nella freschezza del nuovo miracolo.
Così avvenne il 1712, mentre era Vescovo di Andria Mons. Saverio Palica: alle ore 16,5 del Venerdì le macchie di Sangue apparvero più vivide e dilatate sino alle 21.
La Spina dové sparire da Andria nelle torbide giornate dell’invasione francese. Ma dovea Andria, prima del luttuoso avvenimento, contemplare ancora il miracolo dinanzi al palazzo ducale dove la Spina fu esposta. Il magnifico spettacolo di fede sul Largo La Corte è ricordato dagli storici con parola entusiastica. Dalle 16 alle 21,30 il popolo poté vedere, piangere, cantare davanti al prodigio. Il Vescovo Salvatore M. Lombardi piangeva di consolazione coi fedeli. Era il 25 Marzo 1796, tre anni prima che sacrileghe mani rapissero la miracolosa reliquia.
Pare che il dolore della perdita dovesse essere compensato non solo da un nuovo miracolo, ma da una manifestazione più delicatamente graziosa del prodigio antico. Le vie di Dio sono ammirabili. Il 25 marzo 1842 dovea sognare una data bellissima.
Già la Spina, dopo il ritorno, nello stesso anno del ricupero 1837, in tempo straordinario e cioè nel novembre, per ben trenta giorni, mostrò le sue stille sanguigne mirabilmente rosseggianti. Ma il 1842, essendo Vescovo Monsignor Cosenza, poi Cardinale Arcivescovo di Capua, alla presenza ancora di Mons. Giovanni Costantini Vescovo di Molfetta, davanti a immenso popolo, alle ore 23 di sera, dallo stelo della Spina spuntarono fiorellini dai riflessi argentei, simili a quelli che sogliono sbocciare da quelle spine con cui fu intrecciata la Sacra Corona. Il dolore sofferto, come Cristo ci ha insegnato, non può che far fiorire di virtù l’anima desolata.
Molte preghiere e molte penitenze si fecero in attesa del miracolo nell’anno 1853. Il Vescovo Mons. Giov. M. Longobardi stabilì delle novene preparatorie nelle diverse chiese e il suono pio delle campane alle ore due di sera, come richiamo ad una meditazione grave per i dolori di Cristo sofferente sulla Croce. Alle ore 19 di quel 25 marzo, come ci informa l’atto del notaro Michele Cristiani, il Vescovo poté offrire al bacio del popolo plaudente la reliquia che nel miracolo era diventata più sacra. Sino a Pasqua le gocce di sangue si ricolorarono vivamente.
E ricordiamo con piacere l’avvenimento prodigioso del 1864. Era l’ultimo che poteva aspettarsi nel secolo XIX. Grande attesa quindi e grandi feste. Il Vescovo di Andria era lontano dalla Diocesi per motivi politici. Erano tempi agitati. Ma il miracolo avvenne davanti a S. E. Mons. G. Iannuzzi Vescovo di Lucera e nativo di Andria, circondato dai rappresentanti più colti e fervidi nel bene, del Capitolo e del Clero Andriese.
Le teorie socialiste avevano oscurato la limpida fede del popolo, e il miracolo del 1910, dopo 68 anni di attesa, doveva avvenire in un ambiente gelato dalla incredulità diffidente. Ma le anime buone pregavano e speravano.
Non si trascurò l’esame chimico della Sacra Spina, e tutte quelle norme prudenziali suggerite dalla sana scienza furono osservate. Santi oratori, fra i quali il P. Antonio Losito, vennero ad Andria per far piovere attraverso la loro missione la grazia della purificazione. Mons. Staiti scrisse parole che si leggono ancora con molta commozione. La Reliquia fu esposta presso l’altare maggiore e la folla aspettava con frenetica impazienza. Il miracolo non avvenne! Il dolore schiantò i cuori, riaccese le bramose preghiere: si pretendeva con ingenuità e con ardore di fede! Il Sabato Santo fu riesposta; mentre il Clero e il popolo, sconcertati, seguivano le sacre cerimonie visibilmente turbati. Al canto del Gloria, la folla scoppiò in grida, pianti, preghiere. Il miracolo è solennemente avvenuto, e durò per 38 giorni, sottoposto alle osservazioni e alle indagini più accurate e spregiudicate. Un documento ci ricorda il fatto memorabile e la solenne processione di ringraziamento.
È opera pregevole d’arte su progetto ed esecuzione del valente e benemerito Ing. Cav. Riccardo Ceci fu Francesco andriese.
Fu consacrata da S. E. Mons. Giuseppe Staiti dei Marchesi di Brancaleone, Vescovo di Andria, promotore e benefattore della Cappella, nel dì 11 settembre 1913 in occasione delle Feste centenarie Costantiniane e inaugurata il 19 dicembre 1915.
È di forma rettangolare, grandiosa, severa, rivestita di marmi preziosi, in stile gotico pugliese.
Nei quattro angoli sugli spigoli diedri vi sono quattro ordini di colonne sovrapposte con basi e capitelli a fiorami.
Le pareti sono impellicciate con alcune ricorrenze geo-metriche di alabastro calcareo. Nel fondo in alto si apre una bifora con colonne a rilievo e capitelli intagliati.
L’Altare è di marmo bianco con finissimi intarsii a ricami e arabeschi, col paliotto suddiviso da piccoli archetti mantenuto da colonnine di rosso veronese. Termina in un tempietto grazioso di grande effetto che è un trofeo di angeli reggenti un’urna di forma ottangolare contenente l’argentea Teca della S. Spina. I punti bellissimi sono di marmo bianco e l’urna di alabastro agatino.
La Teca o Reliquiario della Sacra Spina [foto sopra a destra] a forma di grande Ostensorio è tutta d’argento, ornata di rubini e perle. Essa misura dalla base alla’ croce, che sta in cima, ottanta centimetri di altezza.
È artisticamente adornata di foglie di acanto, di angioletti recanti gli istrumenti della Passione, dello stemma della città e di una immaginetta dell’Addolorata, coronata di rubini.
Nel centro, su di un gruppo di nuvolette sostenuto da quattro colonnine, s’erge una svelta ad elegantissima cupoletta quadrilatera formata da quattro colonnine scannellate con capitelli corinti e basi quadrate, liscia nell’interno ed intarsiata a scaglie nell’esterno. Dentro, sopra una base di argento dorato, della lunghezza di circa 3 cm., vi sono quattro teste di serafini con le ali formate da rosette di rubini, mentre ai due lati stanno, inginocchiati in atteggiamento di profonda adorazione, due angioletti. Nel centro vi è un piccolo cono dorato, fregiato di perle sul quale sta affissa la Sacratissima Spina della Corona di G. C., la quale da tanti secoli forma l’ornamento più bello e più prezioso della città di Andria, perché conserva le vestigia del Sangue Divino sparso per la salute del mondo ed è ancora un miracolo permanente, perché si è mantenuta come se ora fosse divelta dal proprio virgulto.
Una campanina di limpido cristallo, suggellata nella parte inferiore dai suggelli del Vescovo, del Podestà e del Pretore, chiude bellamente e religiosamente la preziosa Reliquia.
Quaresima. La preparazione spirituale al grande avvenimento è stata diretta dalle cure premurose di S. E. Monsignor Bernardi.
Il primo invito solenne alla preghiera e alla penitenza fu rivolto nella lettera pastorale pubblicata il 12 febbraio c. a. festa della Sacra Spina e dell’incoronazione del Papa. In quel giorno stesso incominciarono i pellegrinaggi delle parrocchie con discorsi di circostanza di alcuni Ecc.mi Vescovi, il che si ripetette tutti i venerdì di quaresima. Furono ad Andria in tali giorni l’Arcivescovo di Trani Mons. Leo, il Vescovo di Bitonto Mons. Taccone e il Vescovo di Gravina Mons. Sanna.
Il 3 marzo si iniziò un corso di Missioni predicato dai Rev.mi Padri missionari di S. Vincenzo. H frutto spirituale fu straordinario: circa 4000 uomini parteciparono alla funzione di chiusura celebrata con l’adorazione notturna e con la Comunione eucaristica.
Il martedì, mercoledì e giovedì santo tenne un triduo di predicazione S. E. Bartolomasi Arcivescovo castrense, il quale con la sua eloquente ed entusiastica parola infiammò gli animi alla fede ed all’amore nell’aspettazione del grande prodigio.
25 Marzo. Fu quello un giorno di indimenticabili emozioni per le autorità, il popolo e i convenuti da ogni parte. Fin dalle prime ore del mattino la vasta Cattedrale era gremita di popolo che pregava compostamente implorando il miracolo. Alle 13,15 S. E. Mons. Bernardi trasportò la Sacra reliquia della Sacra Spina nella Cappella di S. Riccardo. Quivi erano i periti, le autorità ecclesiastiche, civili, politiche e militari; prostrati dinanzi all’altare erano le L L. E E. Mons. Bernardi, Bartolomasi e Palica Vice-gerente di Roma. Da tutti si pregava mentre alcuni sacerdoti salivano il pergamo e pronunziavano brevi sermoni di occasione.
Il miracolo incominciò subito ad apparire e divenne più marcato ed evidente a tutti alle ore 16,10. Scoppiò allora nella Chiesa un delirio di applausi. Si cantò, ad alta voce il Te Deum, più tardi dal balcone principale del palazzo vescovile S. E. Mons. Bartolomasi parlò alla folla che gremiva la vasta piazza Vittorio Emanuele II, e tessé un inno di lode a Dio per il prodigio avvenuto, esaltò e salutò commosso la fede del popolo di Andria. Subito dopo da S. E. Mons. Vescovo fu spedito al Santo Padre un telegramma così concepito:
«Deo Gratias! Tra preghiere canti questo popolo eletto, le lagrime dei vecchi, la innocenza dei bimbi, i sermoni pieni di Fede sacerdoti nostri supplicanti divino prodigio, presenti Cappella Patrono S. Riccardo Eccellenze Monsignori Palica, Bartolomasi Bernardi e monsignori Guglielmi e Leccisi, professori Università Gregoriana, Dottor Bon di Besancon, Podestà, Autorità tutte civili militari, autorevoli medici chimici, cittadini, ringraziando Misericordia Divina, memore sempre interessamento Santità vostra esultando frenetiche acclamazioni migliaia devoti cara Reliquia, onoromi partecipare prodigio avvenuto ore 16 minuti 30, cambiamento colore macchie ematiche Sacra Spina.
Invoco copiosa benedizione Andria mia fedele. — Vescovo Bernardi».
Il giorno dopo giunse la risposta del Santo Padre:
«Augusto Pontefice vivamente grato per devoto pensiero ringrazia e benedice con paterno affetto Vostra Eccellenza, autorità, clero, intera diocesi. — Card. Pacelli».
Disegno della Cattedrale del 1932
(forse è quello di N. Vaccarella, attualmente in seminario)
26 marzo. Dal comitato per le onoranze alla Sacra Spina furono distribuite 600 razioni di viveri ai poveri della città.
Domenica di risurrezione. Il Pontificale di ringraziamento fu celebrato da S. E. Mons. Palica. La musica fu eseguita dalla Schola cantorum del seminario diocesano diretta dal Maestro D. Antonio De Fidio.
28 marzo. Solennissima processione in onore della miracolosa Reliquia. Parteciparono tutte le associazioni della Diocesi, il Seminario diocesano e quello regionale coi 400 chierici venuti quella mattina stessa da Molfetta, le autorità cittadine e le LL. EE. Mons. Bernardi, Mons. Palica, Monsignor Sanna e Mons. Gioia.
3 aprile. Pellegrinaggio di ringraziamento delle associazioni cattoliche maschili al Santuario della Madonna dei Miracoli, nostra Protettrice. Il giorno seguente vi si recarono le associazioni cattoliche femminili. Alle ore 18, nel Seminario diocesano si svolse con esito brillante un trattenimento musico-letterario.
6 aprile. Oltre i pellegrini giunti alla spicciolata dalle più lontane plaghe d’ Italia e anche dall’estero e in massa dalle città vicine, il 6 aprile giunsero in Andria i Vescovi delle Diocesi pugliesi presenti alla conferenza annuale nel Seminario regionale di Molfetta. Gli EE. Arcivescovi e Vescovi, dodici in tutto, furono ricevuti solennemente dalle autorità, dal Comitato e dal popolo di Andria. Giunti in Cattedrale, dopo aver pregato dinanzi alla Sacra Reliquia l’esaminarono con grande devozione ed ammirazione. Recatisi in palazzo vescovile, parlarono al popolo raccolto nella piazza sottostante l’Arcivescovo di Taranto S. E. Monsignor Mazzella, l’Arcivescovo di Otranto Mons. Cuccarollo e l’Arcivescovo di Manfre¬donia Mons. Cesarano. Prima di lasciare la nostra città, gli EE. Presuli visitarono la Basilica della Madonna dei Miracoli.
A chiusura delle feste. Il Comitato in segno di riconoscenza al Vescovo S. E. Mons. Bernardi, anima di ogni manifestazione nello straordinario avvenimento, gli offerse un artistico album con le firme dei componenti il comitato e un riuscito quadro del pittore nostro concittadino Ninon Vaccarella. Il quadro contiene un artistico disegno a bianco e nero riproducente la facciata della Cattedrale col Campanile.
Copia conforme: n. 42 della Raccolta; n. 290 degli atti tra i vivi.
VITTORIO EMMANUELE III
per grazia di Dio e per volontà della Nazione
RE D’ ITALIAL’anno millenovecento trentadue, a. X, il giorno ventitré marzo alle ore sedici e minuti trenta, in Andria, nel salone del palazzo Vescovile, a Piazza Vittorio Emanuele.
Sulla richiesta fattami da S. E. Monsignor Ferdinando Bernardi fu Bartolomeo, Vescovo di Andria.
Io Riccardo De Corato di Giuseppe, Notaio residente in Andria, con lo studio a Piazza Vittorio Emanuele N. 22, iscritto presso il Collegio Notarile di Trani, mi sono recato nel detto Palazzo Vescovile. Quivi giunto, in presenza del Canonico Prof. Felice Sinisi fu Alfonso, e Prof. Eligio Morgigno di Michele, nati e domiciliati in Andria, testimoni idonei ed a me cogniti
SI SONO COSTITUITI
Dinanzi a me Notaio i Signori:
- S. E. Monsignor Ferdinando Bernardi fu Bartolomeo, Vescovo di Andria.
- Comm. Cafaro Pasquale fu Riccardo, Podestà di Andria.
- Avv. Di Giovine Matteo fu Giuseppe, Giudice, con funzioni di Pretore di Andria.
- Monsignor D. Riccardo Memeo fu Sabino, Arcidiacono del Capitolo Cattedrale di Andria.
- Monsignor D. Nicola Addati fu Vincenzo, Arciprete di questa Cattedrale.
- Canonico D. Sabino Cannone fu Nunzio, deleg. vescovile.
- Canonico D. Vincenzo Addati fu Raffaele, Cappellano della S. Spina.
- Padre Antonio Martinelli di Giuseppe, Segretario del Vescovo di Andria.
- Onorevole Avv. Consalvo Ceci fu Riccardo.
- Ieva Carlo fu Nicola, Avvocato, Presidente di questa Congregazione Monte di Gesù.
- Dott. Riccardo Merra fu Vincenzo, medico Chirurgo.
- Dott. Carlo Chicco fu Domenico, medico chirurgo.
- Dott. Cicco Anselmo di Giuseppe, medico chirurgo.
- Dott. Henri Bon fu Giuseppe, Presidente del Comitato Franc-Contée.
- Comm. Nicola Porziotta fu Tommaso, farmacista chimico.
- lnchingolo Francesco fu Eligio, farmacista chimico.
- Monsignor Prof. D. Francesco Papa fu Giovanni.
- Canonico D. Riccardo Lotti di Giovanni, dottore e professore in scienze naturali.
- Gioscia Prof. Alfredo fu Luigi, pubblicista.
Tutti da me personalmente conosciuti, nati e domiciliati in Andria, ad eccezione del Vescovo Monsignor Bernardi, nato a Castiglione Torinese e qui residente; il Giudice Di Giovine nato a Lucera e qui residente; il Dott. Bon nato a Digione (Francia) domiciliato a Besancon, qui espressamente intervenuto per la circostanza.
Il prelodato Vescovo di Andria e i rappresentanti di questo capitolo Cattedrale sopra costituiti, Arcidiacono Memeo, Arciprete Addati, Canonico Cannone, Monsignor Papa e Canonico Vincenzo Addati mi dichiarano che in questa Chiesa Cattedrale si conserva tuttora una delle Spine della Corona di nostro Signore Gesù Cristo, e che tutte le volte che il venerdì Santo coincide con la festività dell’Annunciazione (25 marzo), la detta S. Spina miracolosamente si ravviva nelle macchie sanguigne, che si osservano lungo lo stelo.
E siccome la predetta coincidenza si verificherà questo prossimo venerdì santo, nella speranza che anche questa volta si rinnovi il prodigio, il costituito Monsignor Vescovo con i rappresentanti del Capitolo innanzi indicati, ha richiesto da me Notaio, che con l’assistenza ed opera di persone tecniche e perite, si proceda alla constatazione dello stato, in cui presentemente si trova la detta S. Spina.
Io notaio, aderendo alla fattami richiesta, alla presenza dei sopracostituiti e dei testimoni, ho invitato tutti gli intervenuti ad esaminare attentamente la S. Spina, e dare la relazione di tutte le osservazioni e constatazioni compiute.
Si dà atto, che la teca, in cui è riposta la S. Spina, è quella medesima, che trovasi minutamente descritta nell’atto per notar Cristiani Francesco del 12 Aprile 1864, siccome fu anche rilevato nei verbali redatti nelle ricorrenze dei miracoli verificatisi nel 1910 e 1921.
La campana di cristallo, nella quale è racchiusa la S. Spina, trovasi presentemente assicurata alla base metallica con due laccetti di seta rossa suggellati al disotto della teca con quattro suggelli in ceralacca rossa, dei quali due portano l’impronta - Pretura di Andria - e due quella dello stemma del Vescovo pro tempore, Monsignor Staiti.
Allo scopo di procedere ad un esame più immediato, si è creduto opportuno di rimuovere la campana di cristallo, eliminando i suddetti suggelli.
Dopo un’osservazione scrupolosa e minuta, portata da tutti gli intervenuti sulla stessa, con l’aiuto anche di lenti d’ingrandimento, si è rilevato quanto appresso:
Tra due angeli dorati si trova fissata la S. Spina, la quale è di forma conica, con base larga in basso e vertice in alto.Il vertice si presenta leggermente scheggiato, ed alla distanza di circa quattro millimetri dall’estremo superiore presenta un filamento epidermoidale, lungo circa due millimetri.Il colorito predominante in tutta la S. Spina è color legno secco tendente al cinereo. Il vertice si presenta, in toto colorato feccia di vino sbiadito, colore, che si perde in basso a becco di flauto. Tale colore è lungo circa quattro millimetri, o, meglio, si potrae in basso per circa quattro millimetri.La lunghezza totale della S. Spina è di circa quattro dita trasverse.Alla faccia posteriore, verso il terzo inferiore, si osserva una macchia rilevante di colorito tendente al violaceo, che si sperde gradatamente.In tutta la lunghezza della S. Spina si osservano parecchie altre piccole macchie di differente grandezza.Dopo di che si è rimessa sulla teca la campana di cristallo, assicurandone la chiusura con due laccetti di cotone tricolori, suggellati con quattro suggelli applicati al disotto della teca in ceralacca rossa, dei quali, due con l’impronta dello stemma del Vescovo di Andria, pro tempore, Mons. Ferdinando Bernardi, e gli altri con l’impronta della R. Pretura di Andria.
Da ultimo S. E. Monsignor Ferdinando Bernardi ha preso consegna della S. Spina, conservata e assicurata come innanzi.
Del che ho formato il presente verbale, che è stato scritto da me stesso in sette facciate di tre fogli, oltre parte della presente, che ho letto, prima della sottoscrizione, alla presenza dei testimoni, e tutti gl’intervenuti, da me interpellati, lo dichiarano conforme alla verità e alla loro volontà.
Copia conforme: n. 44 della Raccolta; n. 211 degli atti tra i vivi.
VITTORIO EMMANUELE III
per grazia di Dio e per volontà della Nazione
RE D’ ITALIAL’anno millenovecento trentadue a. X il giorno di venerdì Santo venticinque marzo, alle ore 17 in Andria, nel salone del palazzo Vescovile, a Piazza Vittorio Emanuele.
Sulla richiesta etc. come nel precedente verbale n. 42.
Le costituite parti dichiarano che alle ore tredici e minuti quindici di oggi, la S. Spina è stata trasportata dalla Cappella, ove è custodita, in quella di S. Riccardo nella Chiesa Cattedrale, dove è rimasta esposta all’adorazione di un’enorme folla che gremiva la chiesa.
Dopo essersi constatata dai sopracostituiti, ed anche da me Notaio, tutti intervenuti nella predetta Cappella di S. Riccardo, non solo la integrità dei suggelli apposti alla teca contenente la S. Spina, e descritti nel mio precedente verbale del ventitré marzo corrente anno 1932, ma ancora le normali condizioni della S. Spina, massime nella colorazione delle sue macchie, così come specificate nel predetto verbale, dopo diverse e commoventi orazioni pronunziate da sacerdoti, e mentre si elevavano fervide ed insistenti le preghiere di tutti i fedeli, si è rilevato quanto segue:
Alle ore quattordici e minuti trenta, la macchia al vertice della S. Spina ha incominciato a mostrarsi più ravvivata, e tale colorazione si perdeva gradatamente verso la base.Alle ore sedici le piccole macchie sparse su tutta la superficie della S. Spina si sono mostrate più appariscenti.Alle ore sedici e minuti quindici la macchia del vertice della S. Spina si è maggiormente ravvivata, presentandosi di color sanguigno, e con particolarità di non disperdersi a becco di flauto, ma di assumere nella sua base una linea circolare.In seguito a tali cambiamenti verificatisi sulla S. Spina, alle ore sedici e minuti venti si è proclamato l’avvenuto miracolo fra l’entusiasmo e l’esplosione di gioia di tutti.Del che ho formato il presente verbale, che è stato scritto da me stesso in sei facciate di tre fogli, oltre parte della presente, che ho letto prima della sottocrizione, in presenza dei testimoni, a tutti gl’intervenuti, che da me interpellati lo dichiarano conforme al vero ed alla loro volontà.Seguono le firme come avanti:N. 701 Registrato in Andria addì 21 marzo 1932 a. X Mod, 1. Vol. 125. Fol. 180. Riscosse lire 20,60. Il Ricevitore Firmato: Buonaduce.
(1) Ricavati dalla Pastorale di S. E. Mons. Ferdinando Bernardi scritta in preparazione dell’ultimo miracolo.
(2) Vedi pag. 37 [descrivendo la Chiesa dell'Annunziata].