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Storia della Città di Andria ...

di Riccardo D'Urso (1800 - 1845), Tipografia Varana, Napoli, 1842, pagg. 82-84

Libro Quinto

Capitolo II.

La Contea di Andria sotto Carlo II. viene data in dote a Beatrice sua figlia sposata al Principe Azzo d’Este, e poi a Bertrando del Balzo.
1305.

Carlo II. rimpiazzando il Padre sul soglio di Napoli chiamavasi felice soprattutto per la sua numerosa, e virtuosissima prole riportata da due sue legittime mogli. Contava egli dalla parte maschile nove figli, e cinque dalla femminile, le quali vennero impalmate da Principi Sovrani di Europa [1]. Difatti Clemente fu moglie di Carlo Conte di Valois fratello del Re di Francia: Bianca di Giacomo Re di Aragona: Lionora fu moglie di Federico Re di Sicilia: Maria sposò Giacomo Re di Majorica: Beatrice l’ultimogenita venne data in isposa ad Azzo d’Este Marchese di Ferrara. A costei il padre assegnò per dote la Contea di Andria [2], togliendola a Raimondo suo figlio come ho detto dinanzi, al quale in luogo di Andria concesse il Contado di Sorrento, Castello a Mare, Stabia e Sessa [3]. Gli Andriesi sotto questo nuovo Principe anco si dolsero non poco per le grand’imposizioni; ma cessò ben presto il loro lamento, poiché dopo tre anni di possesso, colpito egli dalla morte nei giorni gai di sua età, corse nel 1308. al Regno degli estinti senza prole alcuna. Beatrice intanto di anni molto fresca si vide costretta a prendere le divise di vedovanza. Carlo il genitore se ne afflisse per tale colpo immaturo, e s’interessò di molto per rimaritarla con non minore fortuna. Egli teneva in alta stima il suo fido Cavaliere Bertrando del Balzo, figlio di Ugo Conte di Avellino, e Montescaglioso; per maggiormente stringerlo a sé, lo determinò sposo della sua vedova figlia. Costui ne accettò con piacere l’invito, ed il matrimonio venne solennizzato in Napoli nel principio di Marzo dell’istesso anno 1308. [4]: rimanendo come prima la Contea di Andria per dote della Principessa. Ella siccome era vissuta con Azzo d’Este da Sovrana, così Carlo concesse al suo nuovo genero Bertrando il mero e misto impero su quei Feudi, ch’egli possedeva; e principalmente sulla Contea di Andria, che n’era la Capitale [5]. Consisteva questo mero e misto impero nell’amministrare non solo in linea civile la giustizia sui popoli soggetti, ma ancora nel gius della vita, e del sangue.
Non appena pervenne in Andria la notizia del già celebrato Imeneo tra questi Principi, che tosto gli Andriesi inviarono una deputazione in Napoli de’ più notabili concittadini, che furono Baldassarre Quarti, Lione Marulli, Pomponio Madia, e Cesare Banelli, a significare loro proteste di fedele sudditanza, ed a pregarli che si fossero compiaciuti onorare di loro presenza questa Contea. I Deputati furono affabilmente ricevuti nel Palazzo Reale, e Beatrice si compromise persuadere Bertrando a voler fissare la sua residenza in Andria: ed il tutto venne fedelmente eseguito. Essendo questa Contessa eminentemente qualificata dalle doti più segnalate, ed abborrendo soprattutto ogni fasto, e mondana pompa, sentiva molto genio per la vita privata. Difatto nel Settembre dell’istesso anno si portò in Andria questa coppia felice. Fu grande l’accoglienza, che incontrò presso di questo popolo, segnalandosene l’arrivo con molte feste, e spettacolosi apparati. Bertrando dopo qualche giorno, volendo esternare agli Andriesi la sua compiacenza; ed anche ad insinuazione della moglie, moderò in molta parte le pubbliche imposizioni, le quali sin dal principio del Governo Angioino, e specialmente sotto Azzo d’Este, erano state opprimenti [6]. Spiegò quindi la sua corte con quella decenza dovuta all’altezza del grado. Oltre ad un corpo di scelta milizia condotto seco da Napoli, assoldò altri, i quali servivano per la custodia della persona, e per la esecuzione della giustizia sui popoli da lui governati. Quel Castello qui fabbricato da Pietro Normanno [7], venne da lui maggiormente munito, e fortificato; ed al fianco che guarda il mezzogiorno vi aggiunse i quartieri, dove i suoi soldati erano alloggiati [8]. Vi creò il Castellano, il Comandante Generale della Truppa gli Alfieri, i Sergenti, Caporali, e quant’occorreva per un corpo di milizia. In somma egli qui spiegò una forma di piccola Sovranità.
NOTE    (Nell'originale la numerazione è di pagina e non progressiva dell'intero argomento)
[1] Giannone, lib. XXI. pag. 147. vol. 3.
[2] Muratori, Anno 1305.
[3] Annali Estensi, tom. 5. Rerum Italicar.
[4] Giannone, Lib. XXI. pag. 147. vol. 3.
[5] Filiberto Campanile, lib. delle Armi. Archivio Ducale.
[6] Notizie prese dall’Archivio Ducale.
[7] Ora di proprietà de’ Signori Canonici Porro, vicino alla porta del Castello.
[8] Di questi Quartieri ora rimane intatto il solo Portone, che sporge nel piccolo parco del Signor Canonico D. Michele Marchio. Tutto il rimanente delle fabbriche venne dalla casa Carafa ridotto ad uso di Mulini, oggi di nostra pertinenza.