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Storia della Città di Andria ...

di Riccardo D'Urso (1800 - 1845), Tipografia Varana, Napoli, 1842, pagg. 123-126

Libro Sesto

Capitolo VIII.

Re di Napoli Carlo V. d’Austria Re di Castiglia.
Aloisio Guevara de Cordova Duca di Andria. Consalvo suo figlio gli succede.
Vescovi di essa Città due Andriesi D. Andrea Pastore, e D. Simone di Nor.
A questi succede Nicola de Flisco de’ Conti di Lavagna Cardinale Vescovo Ostiense.
Saccheggio, e Peste. Testamento di Anna Salzedo.
Anni 1515.

Quest’altro Duca Aloisio inviò nel Gennaio del 1515. Consalvo Ernandez della Torres a prendere il possesso di questa Duchea; ed a costituirsi suo Governatore. Vacava allora la sede Episcopale per la morte del Vescovo Roccamoro. Ad occuparla fu promosso da Leone X. un nostro Concittadino D. Andrea Pastore Prete cappellano della Chiesa della santissima Nunziata [1]. Ma portò la sua sventura, che in meno di un anno fosse stato deposto dalla pastorale Dignità ob sua demerita, come dice il processo [2]. Dall’istesso Pontefice nell’anno seguente ne venne fatta la provvista in persona di un altro nostro Concittadino D. Simone de Nor [Narni?] Penitenziere di questa Cattedrale; e ne prese il possesso nel dì 5. Dicembre del 1516. Ma perciò molto vecchio, resse questo Vescovado per un anno, e passò agli eterni riposi [3]. Dietro quest’altra vacanza per disposizione dell’istesso Papa assunse il governo della Chiesa di Andria il Cardinale Nicola Flisco de’ Conti di Lavagna, e Vescovo di Ostia. Costui dopo la saggia amministrazione di un anno resignò il Vescovado a favore del Nipote D. Giovanni Francesco Flisco, il quale visse in questa Cattedra lungamente per lo spazio di anni 47. circa [4], essendo morto nel 1565.
Ma sotto questo secondo Duca Spagnuolo erano riserbate per Andria l’estreme miserie; dovendo tracannare la tazza dell’infortunio sino all’ultima stilla. Essendo sbucata dalla Francia ne’ principii del 1528. Quell’Idra Infernale, dico il Gran Capitano Odetto de Fois, Signore di Lautrec, costui sparse per questo Regno il terrore, e la morte. Pervenuto co’ suoi numerosi eserciti in queste Regioni, Andria a preferenza di ogni altro luogo fu presa di mira dalla sua crudeltà. Fomentando egli un odio inveterato contro il Gran Capitano Consalvo Ernandenz de Cordova, il quale aveva fiaccato l’orgoglio della sua nazione; or conoscendo esser Andria Città appartenente ai di lui Dominii, cercò interamente distruggerla. In una parola strage, fuoco, saccheggio, e morte indistintamente tentarono divorare quanto eravi di Sacro, e di profano. A questa perdita notabile si aggiunse indi a poco il flagello di una peste furibonda, che dominò per tutta l'Italia [5]; la quale colpì anche questo mostro sotto le mura di Napoli: e così potè qui risorgere il Governo Spagnuolo. Questa è quella peste, che in Andria cessò nella Vigilia di S. Sebastiano; mentre nel resto del Regno allora più inferociva. Essa incominciò colla febbre furiosa o sia col mal mazzucco, come venne dichiarata, la quale dicervellava a segno gli attaccati, che in poche ore addivenuti pazzi infrenabili, si gittavano né pozzi, o dalle finestre, o da’ tetti in sulle vie. Un sì lagrimevole avvenimento segnò l’epoca del 1528. La popolazione di Andria rifatta in qualche modo dall’altra peste di fresco successa si ridusse ad ottomila viventi, essendo stato tutto il resto distrutto e dal ferro de’ Francesi, e da questo flagello. Nel monistero delle Chiariste da trenta Monache, rimase in vita una sola, e fu la più vecchia, chiamata Suora Giacinta. Essa, come dopo confessò, fu l’unica a non usare rimedii, creduti antidoti contro la peste; nè avere in niente alterato il suo sistema. In questo punto soprattutto fu lo scoppio dell’ira di Dio. La strada fu cordonata, e di tutti gli abitanti sopravvisse una sola Contadina, ma smemorata.
Finalmente essendo morto nella Spagna il Duca Aloisio Guevara de Cordova, gli succede in questa Duchea il figlio chiamato Consalvo, come l’Avo. Troviamo, avere questi spedito dalla Spagna in Andria per suo luogotenente un gentiluomo per nome Giorgio de Salzedo. Vi giunse nel dì 5. Ottobre del 1544. presentando al general Sindaco una procura, colla quale esso Consalvo Duca di Andria, di Sessa, di S. Angelo, di Terra nova, e Marchese di Bitonto ordinava a tutti i magnifici governanti, ed uffiziali di questa Città, che avessero riconosciuto il gentiluomo Giorgio de Salzedo per suo agente generale, ad esclusione dell’altro chiamato Consalvo Ernandez de Torres. Questa Università in segno di riconoscenza fece subito rogare un atto pubblico pel magnifico notajo Felice Gentile Andriese, di cui subito spedì copia al suo Duca Consalvo nella Spagna, datata col dì 17. Ottobre del 1544.
Il vecchio governatore Consalvo de Torres essendosi appassionato per Andria, volle acquistarne la Cittadinanza; e come ricco, e senza famiglia dispose de’ suoi beni a pro degli Andriesi, come appresso vedremo. Il nuovo Governatore Giorgio, perchè amava teneramente una Sorella chiamata Anna de Salzedo, vedova di D. Giovanni de Poggios Marchese di Marcianise in questo Regno, la condusse seco in Andria. Questa Signora non si stancò mai di lodare questa Città per essere di un clima molto salubre, ed a lei assai confacente. Essendo la donna veramente di Dio, viveva oltre ogni credere devota, e specialmente per la Chiesa de’ Minori Osservanti S. Maria Vetere, alla quale arrecò dell’utile notabilissimo. In detta Chiesa fece sulle prime costruire un altare sotto il titolo della Santissima Nunziata, ed al suo piede una tomba , risoluta volere qui menare il resto de’ suoi giorni, ed in quella depositarne la sua spoglia mortale [6]. In ogni anno nel giorno di S. Gioacchino, e S. Anna soleva profondere le sue limosine, considerando largamente non solo quei frati, ma anco gl’infermi che capitavano nello spedale di quel Convento. Ed a compimento dell’articolo, soggiungo, ch’ella si trattenne qui con tale metodo di vita per un decennio; finché non fosse passata questa Città dal Duca Consalvo al Conte Carrafa. Allora sforzata dal fratello, col massimo suo rincrescimento si lasciò condurre in Napoli. Ivi visse fino al 1583. avendo assai prima di morire fatto l’ultimo suo Testamento; istituendo suo Erede universale questo Convento di S. Maria Vetere di Andria. In pari tempo lasciò ad essi Padri l’obbligo di celebrare tante Messe per l’anima sua nell’altare della santissima Vergine Nunziata, ed altre cantate in perpetuo nell’altare della Concezione dell’istessa Chiesa. Ordinò di più che nel giorno di S. Anna per ciascun anno si prendesse la quarta parte del fruttato de’ suoi beni ereditati, e si occupasse a vestire i nudi, ed a soccorrere gl’infermi di detta Città. Alla fine per dare uno sfogo alla sua passione per Andria prescrisse, ed ordinò, che il suo cadavere fosse stato in una Cassa trasportato qui, e deposto in quella tomba, ch’ella aveva fatta per se preparare, mentre vi dimorava. Ed è questo un brano del suo Testamento:
« Item vuole ( detta Signora Anna ) che quandocumque venesse a passare dalla presente vita, suo corpo sia sepolto, e posto loco depositi nella Venerabile Chiesa di Santo Joachim di Napoli; lo quale corpo, seu cadavere si debbia per detto Monastero di S. Maria Vetere d’Andria erede istituito, e per lo padre Guardiano, e Frati di quello trasportare, conducere, e seppellire in detta Cappella della Santissima Nunziata fatta da essa Testatrice, sita dentro detta Città, et Ecclesia, seu Monasterio, ut supra in detta Città d’Andria: e così si debbia osservare, e non altrimenti ec. ». L’intero Testamento si conserva nell’Archivio di questo Convento.
Tutta la eredità scese a sei mila ducati, dai quali tolti quasi tremila per lo adempimento di altri pesi, rimase netta a pro di questo Convento la metà. Essa consistette in alcuni crediti che la Signora Anna vantava sulla terra di Marcianise, e sopra alcuni poderi de’ Signori Turbali. Non mancarono costoro presentare al Convento la più viva resistenza, adducendo che non potevano i Minori Osservanti fare acquisto di cosa alcuna, opponendosi direttamente alla loro regola. Ma questi fecero ricorso al Pontefice Sisto V., il quale, motu proprio, ordinò « Che quantunque Questuanti prendessero il possesso di detta eredità, della quale già erano entrati a sostenere il peso delle messe. » Così cessarono tutte le opposizioni, e le liti; essendo stati condannati gli Avversarii a pagare tutte le spese, e le terze di attrasso a favore della Comunità.
Questa Università di Andria d’altronde non ristette ad aprire gli occhi su questi tre mila ducati. Se li prese a censo, e se ne servì per rifare il seliciato delle strade interne; pagandone al Convento l’annualità in ducati duecento e quattro, come tuttavia vi corrisponde.
Di quest’ultimo Duca Spagnuolo esiste presso di noi una conferma del privilegio della fiera a favore del Reverendissimo Capitolo Cattedrale colla data del 1550. che incomincia:
« Consalvus Fernandez a Corduba, Dux Andriae, Suessae, Terrae Novae, Botunti, S. Angeli, Comes Caprae, Domusque Vaenae Dominus etc. etc. Omnibus, et quibusque officialibus, et sudditis nostris, majoribus, et minoribus, quocumque nomine nuncupatis, ad quos, seu ad quem spectaverit, praesentesque fuerint, quomodolibet praesentatae, et signanter Viceduci, Capitaneo, Sindicis, Electis, praesentibus, et futuris Civitatis nostrae Andriae, ac Universitati, et nobilibus ipsius Civitatis, fidelibus nostris dilectis, Salutem etc. sane pro parte venerabilis Capituli, et Clericorurn Majoris Ecclesiae Civitatis nostrae Andriae fuit nobis expositum, qualiler etc. etc.
Datum in Civitate nostra Vestarum XXV. die mensis Januarii VIII. indictionis, anno Salutis Domini nostri Jesu Christi millesimo, quingentesimo, quinquagesimo. »
NOTE    (Nell'originale la numerazione è di pagina e non progressiva dell'intero argomento)
[1] Fu questo il V. de’ Cittadini Andriesi, che governarono questa Cattedra.
[2] Si vuole essere stato il delitto di Simonia.
[3] VI. Vescovo Andriese.
[4] Questo Vescovo ebbe il piacere di vedere incominciato, e finito il Concilio Tridentino, al quale intervenne: principiò questo sotto Paolo III. e terminò sotto Pio IV. nel 1562.
[5] Muratori, Ann. D’Ital., Anno 1528.
[6] La lapida del suo sepolcro è quella, dove avvi al disopra inciso un guanto, ch’era la sua impresa. Quando poi fu riabellita la Chiesa, questa fu portata dietro l’altare maggiore, come vedesi.