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Storia della Città di Andria ...

di Riccardo D'Urso (1800 - 1845), Tipografia Varana, Napoli, 1842, pagg. 155-157

Libro SETTIMO

Capitolo XI.

Napoli governata da Carlo II. Duca di Andria Fabrizio.
Suo Vescovo Andrea Ariano educato tra i Gesuiti di Napoli.
Fondazione del Seminario, e ristauro della casa Vescovile, e della Cattedrale.

Anno 1697.

Fu sollecito l’istesso Pontefice a provvedere questa Chiesa del suo pastore; e nell’anno indicato nel dì 14. Marzo venne a prenderne possesso D. Andrea Ariano Vescovo di sempre venerata ricordanza agli Andriesi. Costui, nativo di Napoli sua Patria, faceva da Parroco in Ischia; e fu tanto il grido del suo merito, che ad onta de’ suoi replicati rifiuti pel Vescovado, fu costretto in virtù di santa ubbidienza venire ad occupare questa Sede. Egli nel primo anno della sua residenza si vide sorpreso ed assordato dai tanti chiassi e strepitose allegrie; dacché il Duca Fabrizio già maturo di anni erasi congiunto in matrimonio con D. Aurelia Imperiale, figlia del Principe di Francavilla. Monsignore dalle prime finse di adattarsi al costume del luogo; poiché univa all’alta sua dottrina, e purgata santità una raffinata politica. Incominciò poi lentamente a rettificare l’ecclesiastica disciplina, avendovi trovato un miscuglio di sacro e di profano. E com’era avvezzo a far da Parroco allora vi aggiunse le funzioni di Prelato. In tutt’i giorni festivi scendeva in Chiesa ed alle ore solite dispensava ai fedeli la parola di Dio; ne’ Mercoledì di ogni settimana teneva al Clero una locuzione scritturale.
Ma se impegnossi chiamare gli adulti e vecchi Ecclesiastici alla osservanza de’ Canoni; spiegò poi un interesse straordinario per la coltura di quelle piante novelle, le quali dovevano col tempo nella vigna di Cristo consolare il Padrone Evangelico colla soavità dei loro frutti. Comprò quel grande locale dirimpetto alla Cappella di S. Michele in Città, o sia il palazzo della nobile famiglia Volpone, e lo ridusse a comodo Seminario. Vi chiamò savii ed eruditi Maestri com’anco ottimi direttori; e cosi trovò la gioventù quella istituzione di cui abbisognava.
Qual lustro altresì non riportò da lui questa Cattedrale intorno al suo materiale? Egli togliendo per sè dall’erario episcopale quanto bastasse per un parco vitto, e semplice vestito tutto il resto veniva diviso ai poveri, ed alla casa di Dio. In questo Duomo tutto dì parla della sua munificenza quell’altare maggiore formato di basalte, e di altri fini marmi. In essi si ammirano per la loro naturalezza le tre teste de’ Serafini maestosamente tirate in marmo statuario capolavoro del celebre Colombo Scultore Napolitano. Il Comignolo, e le soffitte minacciando rovescio perché corrose dal tempo furono rinnovate all’intatto coll’aggiugnimento delle pitture.
Ma se volessi qui fare la sua apologia tutte richiamando le opere della sua Cristiana pietà; dovrei scrivere volumi. Il lettore ne troverà un cenno qui sotto nel suo Epitafio. Dico solo che tutti i buoni trovarono in lui la guida, ed il conforto; e gl’iniqui il rimprovero, e la punizione. Motivo fu questo onde avesse attirata sopra di sé la malevolenza ed odio di molti; a segno che più volte gli venne insidiata la vita. Difatto nel 1705. giorno 2. Agosto, essendo egli stato invitato dall’Illustrissimo Monsignore l’Arcivescovo di Trani a con-ferirsi in Corato, per monacare cinque nobili donzelle; in quel giorno dopo la sacra funzione per una mano segreta, e fedele gli pervenne un viglietto, nel quale era avvertito, che avesse fatto a meno in quella mattina gustare il pranzo preparato; mentre in quello conteneasi la sua morte, e questo fu il monito:
Illustriss. et Reverendiss. Domine
Iniquitas te persequitur: Deus autem, ne dispergantur Oves, stat a dextris tuis. Cave ergo Zelantissime Pater, cave a prandio, in quo mors tua est, ne fiat unum ovile et unus Pastor. Die 2. Augusti 1705.
Dietro questo cristiano avviso, essendo già terminata la funzione, subito fece sentire doverne partire per motivo urgente. Ai replicati, ed obbliganti inviti pel pranzo, seppe con bel garbo negarsi, e ritornò sollecitamente in Andria [1]( ), non comunicando a chicchessia l’accaduto. Ma non per questo egli cessò di perseguitare il delitto, e di alto gridare in faccia a chiunque per sostenere il decoro della Chiesa, ed il carattere del suo Pastorale Ministero. Previde di qual morte avrebbe terminati i suoi giorni; e perciò diceva, che non egli sarebbe stato il primo dei Martiri. Fu da Dio coronato il merito di questo cristiano atleta nel dì 16. Agosto del 1706. lasciando di sè comune opinione di Santità. Il Capitolo Cattedrale grato alle ceneri di questo invitto Prelato s’interessò pel suo tumulo nell’antica Cappella del SS. e vi adattò questa iscrizione:
Hoc monumentum positum est mihi,
Immo tibi, qui legis. Ego Andrea Arianus
Neapolitanus nolens volui Andriæ Præsul
Consecrari die 20. Januarii 1697.
Seminarium erexi: Episcopale Palatium
Pene ædifieavi [2]: Ecclesiam decoravi [3]:
Divinum cultum auxi, feci omnia;
Nihil omisi pro Dei honore; et ideo
Coronam cepi gloriæ die 16. Angusti 1706.
Ætatis meæ Ann. 55. Hic expecto tubam,
Et vocem; Archangeli, et resurgarn.
L’anno seguente 1707. fu molto funesto per la Casa Ducale. Essendo stato costretto il Duca Fabrizio ne’ primi giorni di Agosto partire per Napoli, contrasse per istrada una febbre di mutazione. Giunto nella Capitale avvertì un rilasciamento generale nel suo fisico, ed una oppressione nella testa. Ivi ad onta de’ molti consulti de’ ministri dell’arte salutare, in pochi giorni si perdè negli anni gaii di sua vita, avente circa 30. anni. La Duchessa Imperiale rimase incinta di pochi mesi, la quale a suo tempo sgravossi, e rianimò il nome dell’estinto Consorte Fabrizio. Fu intanto salutato Duca il primogenito Ettore di anni 7.
NOTE    (Nell'originale la numerazione è di pagina e non progressiva dell'intero argomento)
[1] Questo viglietto fu da lui conservato in un libro di memorie, che si trovò dopo la sua morte.
[2] L’intero piano superiore e la scalinata.
[3] L’intera soffitta, e pittura: molti arredi ed argenterie.