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Storia della Città di Andria ...
di Riccardo D'Urso (1800 - 1845),
Tipografia Varana, Napoli, 1842, pagg. 165-167
Libro SETTIMO
Capitolo XV.
Napoli sotto Carlo III. al quale successe Ferdinando di anni 8.
Ettore Duca di Andria rimpiazzato da Riccardo.
Vescovo Francesco Ferrante, indi Saverio Palica, e poi Salvatore Maria Lombardi.
Anni 1757.
L’angusto Monarca, di sempre felice ricordanza ai popoli, Carlo III. riguardò di continuo con pupilla
di predilezione il nostro Duca Ettore, per aver’egli influito assai a favore della sua Corona;
principalmente nella famosa battaglia di Bitonto nel 1734. Difatto fu allora decorato del titolo
di Grande di Spagna dell’alto grado del Capitanato degli Alabardieri, costituito Regio Vicario
della Provincia di Lecce, e di Bari e designato per Vicerè nella Sicilia
[1].
Ma l’ordine delle cose portando, che fosse stato un altro investito di sì alto posto;
questo fu per lui un colpo tanto amaro che lo menò lentamente alla tomba.
Il nuovo Vescovo però D. Francesco Ferrante riportò da lui gl’istessi riguardi del suo Antecessore.
Questo Prelato apparteneva ad una delle nobili famiglie di Reggio di Calabria il quale dalle prime
si era incamminato pel foro. Dopo aver terminati gli studii dell’amena letteratura,
ed il corso legale, erasi laureato da Avvocato esercitandone la professione con molto grido in Napoli.
Ma come il Cielo amava in quei tristi tempi arricchire la Chiesa di forti atleti; così negli anni 42.
di sua età lo chiamò allo stato Ecclesiastico. Fatto Sacerdote, e poi Canonico di Reggio,
esercitò per qualche tempo l’ufficio di Vicario Generale sotto del suo Arcivescovo.
Ma dopo essendo passato in Napoli per Avvocato Fiscale della Nunziatura e per Giudice
di quell’Arcivescovado; l’alto suo merito pervenne all’orecchio del sempre grande Benedetto XIV.
il quale lo destinò Vescovo di questa sede; mettendoselo in petto per Cardinale; ed egli
ne venne da Pastore nel dì 8. Marzo del 1757. Questo sacro Candelabro, munito di tante fulgide gemme,
quant’erano le sue rare virtù, di quale lustro sia stato alla Chiesa Andriese, può rilevarsi
dalla recente tradizione, che tuttavia per lui risuona di applausi. Mai non abbandonò
l’alta dignità del suo carattere, e la fermezza dell’Apostolato.
Correndo l’anno 1768. ritornò da Napoli il nostro Duca Riccardo, dopo avere celebrate le sue nozze
con D. Margherita Pignatelli, figlia del Duca di Monteleone, e della Duchessa D. Caterina de Medici.
Solo rimase nella Capitale, perchè onorata con Reale dispaccio dalla maestà di Ferdinando IV.
per prima Dama di Corte, la Vedova Duchessa Madre D. Francesca Guevara.
Monsignore cercò sempre con studiati modi mantenersi nell’armonia con questa Illustre Coppia,
senza compromettere affatto il suo sacro Ministero. Sofferse solo qualche disgusto dai suoi Cattedrali
pel contrasto della parrocchiale giurisdizione, da lui pretesa esclusivamente. Alla fine nell’Ottobre
del 1772. giorno vigesimo primo, stant’egli a causa di salute a villeggiare nella casina della Tavernola,
improvvisamente colpito dalla morte, a lei soggiacque; e la sua spoglia fu tumulata
nella Cappella di S. Riccardo, dove ora esiste
[2].
[impresa di mons. Palica,
un tempo ai lati del coro in cattedrale]
Nell’anno 1773. venne a sostituirlo Monsignor Vescovo D. Saverio Palica Patrizio della città di Barletta,
creato dalla santità di Clemente XIV. Ne prese il possesso nel dì 1. di Maggio, per mezzo del Dottore
in ambe le leggi D. Carlantonio Scesa, Arciprete di questo Duomo. Egli vi giunse alla fine dell’istesso mese.
In tutto il suo governo meritò, come ne fanno fede molti Cittadini ancora in vita, l’elogio
di uomo dabbene; essendo stato specialmente di un cuore sempre aperto e generoso. Egli non ebbe eredi,
mentre nel di lui nipote, che fu Vescovo di Besceglia, si estinse quella nobile famiglia.
Concepì l’alto disegno di voler tutto rifare il Tempio Cattedrale, e lo avrebbe eseguito,
se non fosse caduto in un imbarazzo.
Essendo egli un Abate Celestino, volle, quando qui venne da Vescovo, portar seco per compagnia
un laico della sua Religione, chiamato fra Germano. A capo di pochi anni essendo successo
un omicidio nel Seminario, ingiustamente se ne attribuì la colpa a costui. Monsignore entrato
nell’impegno di voler sostenere la di lui innocenza perseguitata, si dispendiò tanto,
che questa Chiesa, la quale avrebbe raccolta la sua munificenza, riportò solo alcuni sacri arredi,
e due imprese in marmo ai lati d’ingresso nel Coro. Queste servivano di base ai brachettoni
di marmo, che dovevano distendersi sino sotto la unione dell’arco nell’alto dell’Altare maggiore.
Ciò avrebbe dato maggior risalto al pavimento del Presbiterio, ch’era stato decorato di fini marmi
dal Vescovo Ariani. Spese altresì qualche somma nel ridurre alcune stanze del Palazzo Vescovile
a volte naturali, altre a stuoje, togliendone le antiche soffitte. Finalmente dopo circa anni 17,
di governo, passati in una vita per lo più accidentata, si divise dai viventi nel 1790.
Egli per essere vissuto caro, oltre ogni credere, alla Casa Ducale, riportò da lei
un sepolcro marmoreo, che può tuttodì osservarsi nella Cappella di S. Francesco di Paola.
A rimpiazzare l’estinto venne nel Maggio del 1792. Monsignore D. Salvatore Maria Lombardi,
Patrizio di Maddaloni, consagrato nel dì 4. Marzo dell’istesso anno dal Pontefice Pio VI.
Avendo egli esercitato l’uffizio di Vicario Generale per lo spazio di anni 21. nella Diocesi
di Cajazzo, di Taranto, e di Matera, era addivenuto, per la lunga pratica in affari di Curia,
l’uomo singolare nel disimpegno del suo Pastorale Ministero. Dopo anni 7. qui di tranquilla residenza,
nella politica tempesta del 1799. rifuggì nella Capitale, donde ritornò quando apparve la calma.
NOTE (Nell'originale la numerazione è di pagina e non progressiva dell'intero argomento)
[1]
Non si trova Viceregnante nella Sicilia, dacchè essendo venuto in Napoli un Cardinale
delegato dal Pontefice, per trattare col Monarca; questo Re destinò Ettore Duca di Andria
a complimentarlo anticipatamente a suo nome. Il nostro Duca superbamente disse al Re,
che a questo Porporato non vi andavano tante attenzioni; mentre non era un Cardinale Principe di sangue.
Chi potè sentire queste sue parole, le rapportò subito al Cardinale.
Questi dopo avere disbrigata la sua missione, fece sollecito ritorno in Roma.
Non appena pervenutovi impegnò sua Santità, che avesse commendato al Re di Napoli
per Vicerè nella Sicilia un Barone suo amico, ed anche accetto al Sovrano.
Il Pontefice ignorandovi i motivi se ne interessa, ed il nostro Monarca per compiacere
Benedetto XIV. che amava, e perchè non ancora aveva data disposizione alcuna aderì alle premure Pontificie.
[2]
Dietro la sua morte si trovò qualche somma da lui cumulata per occorrere alle spese della Porpora,
di cui era in aspettativa, e che avrebbe ottenuta, come si rilevò dal carteggio rinvenuto.
Ma per la legge d’allora, siccome le Chiese Cattedrali ereditavano lo spoglio de’ Vescovi;
cosl quel denaro venne occupato a beneficio del Duomo. In effetti si abbellirono di stucco,
e di pitture le pareti colla volta del Coro; giacchè l’ornato del Vescovo Cassiano erasi
quasi perduto per l’umidità. Si ridusse tutto il pavimento, ad eccezione del Presbiterio,
ad un livello, togliendosene tante lapide smussate con emblemi mortuarii. Si costruì quella
nobile Bigoncia come anco tutt’i Confessionarii di Legnonoce, di manifattura Andriese, ad altro.