Si pubblicano alcuni articoli de "IL CITTADINO" del 25 luglio 1886 al fine di dare una immagine della situazione in cui si trovava nell'Ottocento il canale Ciappetta-Camaggio, probabilmente ex Aveldio, considerando che ancora oggi (gennaio 2016) molte sono le opere che ivi sarebbero necessarie.
Si riporta anche la fotografia della lapide affissa nello slargo all'inizio di via Annunziata, sulla parete del n. civico 8,
la cui epigrafe ricorda la consacrazione della prima pietra del "Gran Canale", cerimonia avvenuta il 23 marzo 1902.
Eccone il testo:
AUSPICI
IL REGIO COMMISSARIO STRAORDINARIO
AVV. CAV. CARLO CALVI
IL CONCITTADINO DEPUTATO
AVV. ORAZIO SPAGNOLETTI
OGGI XX.III. DI MARZO M.CM.II.
IL POPOLO
SACRA LA PRIMA PIETRA DEL GRAN CANALE
DALLA PUBBLICA SALUTE LUNGAMENTE RECLAMATO
AI BENEMERITI DELLA SUA CIVILE PROSPERITÀ
PLAUDENDO
Le acque torrenziali, cadendo dalle Murge, venivano tempo addietro ad inondare la città e tutti si ricordano le alluvioni, quando botti piene di vino e le masserizie si son viste galleggiare per le vie.
Il Municipio col concorso della Provincia inalveò quelle acque, dando loro un letto capace per farle scorrere quietamente.
E così nacque quel canale, che da Porta la Barra attraversando il Carmine si prolunga negli orti delle Croci: un canale largo, come il letto di un fiume, che taglia un quartiere centrale della città e corre scoverto al sole. E fin qui nulla di male. Trattandosi di acque torrenziali, cadenti a lunghe scadenze, il canale era mantenuto pulito e tutto andava bene nel migliore dei mondi possibili.
Ma venne poi al Municipio il ticchio con una nuova rete di fogne fare affluire tutte le acque luride della città, dai quartieri alti, in detto canale.
E fu visto ridotto immantinenti ad una vera cloaca, tanto che le acque non più limpide, s’impantanavano all’aperto gravide di tutto quel ben di Dio che può rifiutare una grande popolazione. Ci vorrebbe la penna di Zola per descrivere tutto quel processo di scomposizione e di evaporazione, che avveniva in quel canale, sotto la luce del Sole!
L’aria naturalmente era avvelenata dalle continue esalazioni pestilenziali, dai mefitici odori di quella gran fucina, che bolliva nel bel mezzo della città.
Gli abitanti delle adiacenze continuamente affetti da febbri periodiche e tifoide, si sono preoccupati sempre, temendo una seconda edizione del colera del 1867, quando la popolazione di via Baffi e via Carmine, l’una che costeggia e l’altra che interseca la cloaca, fu quasi interamente distrutta dal cholera.
Noi non facciamo paragoni, non diciamo che il più piccolo paese di Basilicata avrebbe compresa subito la gravezza di un fatto, noi non ripetiamo la solita cifra di 40 mila abitanti, solo diciamo che un paese, sia grande, che piccolo, deve avere molta cura dell’igiene, anzi questa deve essere l’incubo di tutte le amministrazioni. Dall’igiene viene la salute, da questa la maggiore intelligenza e la ricchezza sociale: trascurata quella, tutto illanguidisce. L’ambiente corrotto diviene corruttore e l’uomo, che non vive di solo pane, risente molto di quella influenza.
Napoli, ammaestrata dall’ultima epidemia, pensa ora di fare andare le acque luride a metter capo nientemeno che a Posillipo. Per noi niente di tutto questo.
Ci vuole una grande sventura per spingere noi altri a fare qualche cosa: imitiamo sempre quelle monache, di nota conoscenza, che fortificarono il convento dopo essere state derubate.
Ma la parte della cittadinanza, dippiù danneggiata, con petizioni, sottoscrizioni pubbliche ha pregato, ha scongiurato, ha protestato: ma invano. S’è ricorso al Prefetto della Provincia, peggio ancora.
Le tante relazioni dei medici condotti sono sotto la polvere degli archivi per attestare la verità.
Ora che il Municipio ha provveduto per le acque luride, ora che il canale non riceve le acque di una volta, l’inconveniente non è del tutto tolto e nel canale ci sarà sempre quel ben di Dio, che le acque piovane trasporteranno dalle fogne e il sole continuerà all’aperto tutto quel processo di fermentazione, che avvelena l’aria.
Anzi, dagli sbocchi di Via Carmine e di Via delle Croci, tutta la gente sprovvista di pozzi neri continua a buttare, come una volta all’aperto.
Noi diciamo solo: è giusto tutto questo; è giusto che una gran massa di cittadini non deve essere tutelata nella salute da chi ne ha il dovere?
E pensare che in questo paese le isole delle case sono dei veri rioni, di un perimetro sconfinato, immenso. Non sarebbe buono per misura igienica covrire questo canale, e per misura edilizia dare ad una isola una traversa di grandissima importanza?
Questo noi speriamo che faccia la presente amministrazione, speriamo lo faccia ora che mostra di preoccuparsi maggiormente dell’igiene e della salute pubblica, e il paese vedrà dopo tanto tempo soddisfatto un bisogno.
Gli abitanti di via Barletta sono indignati per il lavoro di vuotatura dei canali luridi. Si comincia la sera, ad ora non inoltrata, a rimestare tutta quella materia odorosa, tutti que’ neri fondigliuoli, da cui si distilla la più acuta profumeria ammoniacale e si termina – è la verità – la mattina alle 9.
L’aria è irrespirabile: coi caldi estenuanti, afosi di queste giornate, che rendono accese anche le brezze notturne, si forma un ambiente pestifero, una zona miasmatica che culla la febbre e … il cholera.
Non si potrebbe rimandare questo lavoro ad epoca in cui fosse meno pericoloso per l’igiene atmosferica e per la salute di tutti noi? Oh chi non sa che lo zingaro è venuto ad attendarsi tra noi!
Netteté, messieurs; mais surtout pas trop de zèle.
Provvedano le Autorità a che sia vigilato il divieto di gettare acque sporche. Di sera, un po’ per volta, si ritorna di nuovo agli innaffiamenti con liquidi disinfettanti!
Piovono reclami alla nostra redazione.
… … …
Un reclamo seriissimo è quello che riflette il getto delle acque di rifiuto al canale di Camaggio. Il reclamante si impensierisce della condizione difficilissima fatta alla sezione Croci dove quegli abitanti si lagnano del puzzo insopportabile che arriva in città specialmente nelle ore in cui domina il vento di ponente.
Noi proponiamo, giacchè non si è potuto ancora trovare una grave, di dare al detto canale tale una pendenza in modo che le acque si allontanassero con un corso rapido dai punti ove ristagnano.
Nicola Terlizzi, Amministratore
Gianmaria Marchio di Carlo, Gerente responsabile
[testo tratto dalle pp. 3 e 4 del giornale settimanale “IL CITTADINO” del 25 luglio 1886, Anno I. Num. 4, tip. Bonaventura e Francesco Terlizzi, Andria]
Le fotografie non fanno parte dell'articolo del giornale, ma sono state aggiunte dal redattore di questa pagina