di Don Sabino Matera
Una lettera scritta il 06/11/1857 [da p. Pasquale Grassi S. J., rettore del Seminario di Andria dal 2 ottobre 1856 al 18 ottobre 1857] al Preposito Generale della Compagnia p. Pietro Becks, fornisce un’ampia relazione della vita del nostro Seminario. La riteniamo un documento molto importante e perciò la pubblichiamo integralmente.
Scrive il p. Grassi:
«Molto reverendo in Ch[risto]. Padre. Dopo un anno da che faceva da Rettore in Andria
chiamato in Napoli per ricevervi altra destinazione, trovai che i nostri giudicavano
difficilmente potersi da noi tenere quel seminario. Non so per quali motivi si opinassero;
ma pensai che il demonio pur vi avesse parte, e procurasse d’impedire il bene,
spargendo falsità. Però mi son creduto obbligato di dar contezza a Vostra Paternità
dello stato di quel seminario; e ciò coll’esporre quello che si è operato
nel breve tempo di un anno. Vostra Paternità osserverà parimenti quanto vi abbia cooperato
Monsignor Vescovo, del cui animo, se non può affermarsi con certezza esserci
del tutto affezionato, neppure può dirsi che siaci avverso.
Miglioramenti materiali.
Si è fatta una cappella pe’ seminaristi con molta spesa, perché dové gettarsi
a terra un grosso muro, e la volta d’una camerata soprapposta, per poscia congiungere
due grandi stanze, e farne una chiesuola. Questa fu tutta dipinta a colori e ornata a disegno,
e vi furono fatti altare indorato e sedili tutti nuovi; donandosi alla Chiesa
[è la chiesa del Carmine] quegli de’ quali facevan prima uso i seminaristi.
Si è fabbricata un’infermeria con camerini, stanza d’infermiere, ed altri comodi all’uopo. Si è fatto nel medesimo piano della cucina un nuovo ampio refettorio, con a’ lati due stanze, l’una per riposto, l’altra per dividervi il cibo: dove si è ristorata un’antica ampia cisterna, che vi si è trovata.
Si è fatta una magnifica camerata ove era l’antico refettorio, sul piano stesso dell’altra camerata. Si sono costruiti 23 camerini in un’altra camerata; e poiché a due ordini, la spesa è stata rilevante. Si sono fabbricati camerini pe’ bagni. Si è ridotto un luogo abbandonato, a refettorio, cucina e dispensa pe’ nostri.
Si è vuotata dal molto terreno, e rinnovata l’antica sepultura de’ Carmelitani a’ quali apparteneva quella Chiesa del Seminario, e addetta ad uso de’ nostri: ne die’ occasione la morte del P. Quarella, che vi riposa in gran concetto di virtù.
Si è cominciata la fabbrica d’un altro appartamento di stanze per uso de’ nostri, messo a sud-ovest, con ampio corridoio simile a quello del piano sottoposto. Tutto questo s’è fatto a spese dell’amministrazione del seminario. Poiché un campanile già terminato alto 130 palmi [palmi 130 x m 0,265 = m 34,45] con bellissimo disegno ed ornato di colonna, con campane del costo di 1.200 ducati [1]; la Chiesa tutta ripulita e dipinta; ed un nuovo prospetto che sta lavorandosi alla facciata della Chiesa, è stata opera delle limosine de’ cittadini: con che han dimostrato insieme la stima e l’affetto a’ nostri.
Dall’amministrazione poi si sarebbe fatto di più, se in questi ultimi tempi un palazzo, ch’è proprietà del seminario, lesionatosi in modo da minacciare una totale rovina, non l’avesse obbligata ad altra gravissima spesa impensata. Ma si ha promessa di fare nelle altre camerate i camerini e la sala d’udienza quanto prima.
Miglioramenti negli studi.
Vi mancava un maestro d’infima seconda: e si è messo anche con pensione.
Non v’era ordine nelle scuole, quanto gli autori, e all’orario: sono stati obbligati
i maestri ad insegnare i soliti nostri autori, e ad osservare l’orario loro dato,
simile in tutto a quello di Napoli. Non si studiava Greco: in tutte le scuole s’è insegnato,
e ne han dato saggio, costretti primamente i maestri ad apprenderlo.
Poco conto si faceva, specialmente da alcuni maestri, delle lezioni a memoria, massime pe’ chierici esterni: si è corretto questo disordine. Si è introdotta, come negli altri collegi, la sabatina tra rettorici ed umanisti [2]. Si è messa una scuola di Sagra Eloquenza. Si è rimesso il professore di Sagra Scrittura; e sol per mancanza di un soggetto idoneo s’è dovuto differire per l’anno appresso la scuola di Storia Ecclesiastica.
La premiazione per la prima volta s’è stampata; e s’è aggiunta una medaglia di più alla scuola di Morale, ed una medaglia alla Rettorica, ed un premio nelle altre scuole inferiori pel Greco. Gli esami alla fine dell’anno si sono fatti in tutte le scuole secondo la nostra Ratio Studiorum, ed a voti segreti. Tutta la spesa per la premiazione fu fatta da Monsignor Vescovo.
Miglioramenti nel Morale.
Alle scuole, che sono situate intorno all’atrio, mancava ch’invigilasse i seminaristi,
o impedisse che venendo parenti ne fossero senza permesso distratti. Però s’è obbligato il Prefetto
d’ordine (carica aggiunta quest’anno con pensione mensile, per aiuto del P. Ministro)
a farla da Prefetto dell’atrio; e gli è stata data una stanza nell’atrio a tal fine.
La porteria stava sempre aperta: vi si è messo un portinaro stabile, ed un altro che lui
mancando ne faccia le veci. V’era disordine ne’ giorni di visita; e perché si faceva
(ogni settimana) da tutte le famiglie, e perché queste si trovavano tutte insieme:
si è protratta la visita per ciascuno ogni quindici giorni; e si sono distribuite
le famiglie, parte in una e parte nell’altra Domenica de’ detti 15 giorni;
ed il Prefetto d’ordine, oltre al Ministro, vi assiste sempre.
Da tutti si tenevano danari presso di sé; come anche ciascuno conservavasi le cose da mangiare ricevute dalla famiglia: sotto ogni letto v’era una dispensuola. Tutti sono stati costretti a depositare il denaro presso il P. Ministro, e gli oggetti che si ricevono dalla famiglia si dispensano in comune, come ne’ nostri convitti. La colazione si faceva in camerata, da ciascuno, del proprio che aveva serbato; e chi mangiava molto, chi poco, chi niente: fu messa la colazione in comune, come negli altri nostri convitti, a suono di campana, e preparata in refettorio per tutti uniformemente.
Molti quest’anno perché v’erano i bagni in seminario, non sono andati altrove a prenderli; quindi si sono tenuti lontani da molti disordini colà molto ben conosciuti.
L’andare in Chiesa a farvi tutte le quotidiane devozioni in mezzo al popolo, era occasione a molti difetti, oltre alle distrazioni: non si va più in Chiesa; ma nella propria cappella si praticano tutti gli esercizi di pietà con molta edificazione. Si andava alla Cattedrale, che dista dal Seminario, assai spesso e da molti; e si usava della libertà di parlare con canonici e preti; fu proibito con rigore di parlare colà con chicchessia ed accetto le pochissime feste di prima solennità che cadono nell’anno, ad ognuna delle camerate tocca una sol volta ogni mese e mezzo l’assistere a Monsignore in Cattedrale.
Ogni settimana due volte gli studenti di Teologia erano obbligati ad assistere alla Congregazione de’ Preti, per gli esercizi pratici di missione, e di caso morale; quindi facilmente trattavasi co’ Preti con qualche danno. Si è impedito che v’andassero più; e si sono stabiliti in seminario consimili esercizi colla direzione de’ nostri. La regola era per essi un nome, ma non ne conoscevano il contenuto: ogni mese si sono lette in refettorio, ed in qualche camerata spiegate dal Prefetto.
V’era poca competenza e modestia nello stare, a camminare in casa e fuori, e poco silenzio nelle camerate e ne’ corridoi: e la riforma n’è stata evidente. Si è faticato assai a formare i prefetti, ed istruirli nelle loro obbligazioni, e nella fedeltà a cui son tenuti.
Non si facevano mai conferenze col P. Spirituale: se n’è introdotta con impegno la giovevolissima e necessaria pratica, ed il frutto ne fu manifesto e copioso. Il P. Quarella n’era contentissimo: diceva d’aver de’ novizi nostri, per l’esattezza onde manifestavano la propria coscienza e lo studio di profittare. Quindi richieste di disciplina e catenelle; e di queste date in gran numero, ed avute sempre nuove richieste.
A cena s’è introdotta la lettura degli esercizi di perfezione del P. Rodriguez. Il Sabbato sera all’ultimo quarto della ricreazione si dà il segno con la campana comune e non si parla che della Madonna da un solo a ciò preparato in ciascuna camerata; e dopo di lui i compagni l’un dopo l’altro aggiungono riflessioni sull’argomento trattato. Nel mese di maggiore tal pratica si usò anche il mercoledì sera. Tutti digiunano il Sabbato per propria elezione, e molti anche il Mercoledì.
Le comunioni per propria devozione in più giorni d’ogni settimana è stato altresì un effetto del miglioramento de’ propri costumi. Ultimamente poiché molti inconvenienti seguivano dal riceversi da’ seminaristi ogni settimana la biancheria e poscia rimandata alla famiglia, s’è dimandato a Monsignore di mettere la guardarobba comune con a capo un nostro fratello e vi ha consentito; e il P. Provinciale vi ha destinato un fratello, il quale sarà mantenuto a spese del Seminario.
Non è poi a dire quanto quei giovani si mostrino docili, obbedienti, studiosi: sicché quel Seminario per compostezza, silenzio, osservanza di piccoli regolamenti, frequenza di Sagramenti, sottomissione, docilità, e studio, salvo qualche rara eccezione tra cento giovani, dà materia a molta gloria a Dio e maggiore ne promette per l’avvenire.
V’erano in esso taluni Preti novelli obbligati a rimanere in Seminario altri due anni, compìto già l’ordinario corso degli studi. Per 6 anni, da che v’eran Preti in seminario, non ebbero mai un regolamento; ora per lunga condiscendenza, ora per timore de’ nostri: vivevano in Seminario come in una locanda a loro arbitrio, però eran di scandalo agli altri. Ne parlai a Monsignore; volle che scrivessi le regole; le quali prima approvate del P. Provinciale e poscia dal Vescovo, furono a quegli intimate, Ma poiché coi fatti mostrarono di non volercisi soggettare, informatone Monsignore, aggiunse a’ mezzi di soave ammonizione già adoperati il rigore d’una pena latæ sententiæ; rimettendo al Rettore l’interpretazione e la dispensa di tali regole, e l’assoluzione della pena incorsa. I Preti rientrati in se stessi, furono dal Rettore, gli chiesero perdono, e si soggettarono a’ regolamenti. Anche i chierici esterni avevano bisogno di riforma, e per loro bene, e per vantaggio del Seminario alla cui scuola intervengono. E Monsignore volle che il Rettore ne scrivesse i regolamenti.
Ciò mostra quanto quel Seminario possa avvantaggiarsi sempre più nella ecclesiastica educazione. Ché se nel corto spazio di un anno tanto si è conseguito, in più anni da buoni educatori quanto si potrà indubitatamente ottenere? Quanta ben fondata speranza vi è di un felicissimo avvenire? È vero che Monsignore per quanto riguarda interessi non si mostra generoso quanto noi vorremmo, e converrebbe che egli fosse con noi: anzi posta la sua indole ferma nel mantenere il Sì o il No già pronunciato, oltremodo difficile riesce ad un Rettore guadagnarselo in un giorno. Ma a poco a poco e agendo con prudenza, si può alla fine ottener tutto da lui. La narrazione delle cose operate in Seminario, nella quale tanta parte egli ha avuto, dà argomento della verità di quest’ultima asserzione.
Prego umilmente Vostra Paternità a benedirmi, e Le bacio la mano.
Di Vostra Paternità m° Reverenda, infimo Servo e Figlio in X[ris]to
Pasquale Grassi.
Napoli 6 Novembre 1857.»
[documento pubblicato da Don Sabino Matera negli anni del suo rettorato in un numero della rivista "Conoscere il Seminario", col titolo "Storia del nostro Seminario" negli anni "90 del Novecento]
NOTE
[NDR]
Questo documento-relazione, insieme ad altri riportati in altre pagine di questo archivio,
provengono da una accurata e proficua ricerca svolta da Don Sabino Matera
(a cui si deve un doveroso grazie) dall'anno in cui il Seminario fu spostato
nel convento carmelitano, il 1838-39, fino alla fine del suo rettorato nel medesimo, il 1997.
[1]
MONS. EMANUELE MERRA, nel vol. II delle Monografie Andriesi (Bologna, Mareggiani, 1906)
così scrive alla p. 506: «Il P. Federico Tornielli, con il focosissimo ed operosissimo
suo zelo, fece a divozione dei fedeli rialzare il campanile, che ornò di armoniose campane,
delle quali una gli venne donata dalla munificenza di re Ferdinando II, l’altra dalla pietà
del Sig. Nicola Jannuzzi, la terza dalla divozione del popolo andriese verso la sua cara
Madonna del Carmine, e la quarta era la campanetta, che stava sin dal 1839. Nella Chiesa
i Padri innalzarono un altare ad una statua a S. Giuseppe; fecero costruire sulla porta
un’orchestra per la musica. Trasportarono dietro il maggior altare la Sagrestia;
fecero due grandi armadi, mutando l’antica Sagrestia in Oratorio per i seminaristi».
Il P. Federico Tornielli (Torino, 6-10-1799 - Castelgandolfo, 25-11-1876) figura nel
Catalogus Provinciae Neapolitanea tra i Padri residenti nel seminario di Andria;
ma non dovette avervi nessuna mansione attinente il seminario, giacché il Catalogus
lo qualifica soltanto «confessore nel carcere di Trani».
[2] Erano «umanisti» gli alunni della quarta classe inferiore, detta di Umanità, ed erano «rettorici» gli alunni della quinta classe inferiore, detta di Rettorica. Li possiamo immaginare come alunni del Ginnasio Superiore, rispettivamente della 4a e 5a ginnasiale.