Pellegrino, ti attendo all'ermo maniero. T'aspetta
a viver meco un'ora in un'ombra di secoli.
Ecco l'ampio portale dischiude solenne invito;
entra, del tempo immemore; cerca quel che non vedi.
Son nudi i muri grigi, e tu di bei marmi venati
vedili tutti adorni, come ai giorni del fasto.
Di pórfido rivesti con l'occhio capace i sedili,
e sopra poni ancora cuscini di Damasco.
Or distendi per terra gli spessi tappeti di Sora,
accendi le torciere di sette o nove luci.
Vieni con me in disparte. Avanza la corte regale,
e vedi Federico gią siede primo, altero.
Incede la regina, la bionda Isabella d'Albione,
the leggiadra s'inchina al suo sposo e signore.
Sorride il sire: porge la salda sua mano a la bella,
e le fa posto accanto in maestą cortese.
Madonne intorno sono, fasciate di sete prolisse,
son cavalieri baldi da le spade geminate.
Dal cortile lunare sospiri di tenui mandole
salgono e si diffondono tra i bisbigli d'amore.
Or, pellegrino, destati da l'ombra del sogno ch'io volli,
ascendi la terrazza, chč splende il sol di Puglia.
Il re di Puglia qui mirava la terra diletta,
il mare vigilava aperto a l'Oriente.
Di qui, in un'aureola di porpora e d'or, Federico
forse grido "Italia!" al secoli venturi.