Keppel Craven a tour ... Castel del Monte

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KEPPEL CRAVEN A TOUR THROUGH THE SOUTHERN
PROVINCES OF THE KINGDOM OF NAPLES

IL VIAGGIATORE E I MONUMENTI PUGLIESI


Castel del Monte

di Addolorata Santoro
nella sua tesi di laurea del 1990
(stralcio)

La prima località che K. Craven incontra nel suo Tour è Castel del Monte. Egli presenta Castel del Monte come la residenza preferita da Federico II e riporta che prima è stata una torre di guardia e che si chiamava Castro Monte, a causa del vicino convento benedettino dedicato alla Nostra Signora della Montagna, Santa Maria del Monte.
Craven viene colpito dalla ricchezza di materiali usati per il rivestimento degli interni tanto da sottolineare che “a quarry of fine marble, found in the mountain itself, furnished him materials in such abundance, that according to Swinburne’s description, the profusion of them alone must have rendered the ruins worth of inspection”[1].
In seguito precisa che suddetto castello è divenuto luogo di soggiorno per Manfredi, figlio dell’Imperatore, e che, all’indomani della morte del giovane, è stato trasformato in prigione da Carlo d’Angiò; quest’ultimo lo ha reso poi una potente ed utile fortezza.
Purtroppo, sottolinea Craven, nonostante la sua ricchezza ed efficienza, il tempo e la negligenza la hanno trasformata in un temporaneo rifugio di banditi.
Anche oggi, come all’epoca del Tour di K. Craven, la visita di Castel del Monte costituisce una delle mete principali della Puglia per la sua straordinaria bellezza oltre che per la posizione; questo capolavoro di architettura sveva, uno dei più perfetti ed originali edifici civili del Medioevo, sorge in tutta la sua solitudine dominando gran parte della Puglia e della Basilicata [2]. (fig.2)
Dalle parole del Craven apprendiamo che un tempo questo monumento si chiamava “Castro Monte” poichè nelle sue immediate vicinanze sorgeva un’abbazia benedettina, Santa Maria del Monte. La notizia, allora appresa dal nostro viaggiatore, trova oggi una conferma negli studi di Vito Sgarra [3], il quale aggiunge anche che il nome di “Castrum Sanctae Mariae” con, o senza, l’aggiunta di “Montis” si era affacciato nell’epoca sveva e continuò fino al tempo di Ferdinando d’Aragona. Dunque nel XIX secolo, il monumento era già conosciuto con l’odierna denominazione di “Castel del Monte”, comparsa per la prima volta nel 1463, in un decreto del re Ferdinando d’Aragona emesso ad Altamura, e da allora sempre mantenuta [4].
Lo Sgarra, inoltre, ci informa che la Badia dei Benedettini summenzionata era già nota a partire dal XII secolo ed era ubicata ai piedi della collina di Castel del Monte, verso sud, come si legge in alcuni documenti d’epoca [5]; oggi, però, del monastero non esiste più nessuna traccia [6] e devo supporre che esso fosse già scomparso all’epoca del Tour di K. Craven, se lo stesso viaggiatore si limita semplicemente a nominarlo per spiegare l’etimologia del nome del luogo da lui visitato, senza darne altre notizie.
Sappiamo solo che Castel del Monte era allora conosciuta come la residenza preferita da Federico II, una delle figure più appassionanti e magiche del Medioevo. Su Castel del Monte si è già scritto tanto e si continua a parlarne definendolo ancora uno strano e misterioso castello; i recenti studi e le ultime pubblicazioni faranno da guida a coloro i quali vorranno avere un’idea precisa sulla storia di questo esemplare monumento.
Qui sottolineo però che, benché K. Craven non riporti nulla del modo in cui il castello fu tecnicamente costruito dai grandi architetti della corte federiciana nè della data di costruzione del maniero, è più che giustificabile dal momento che ancora oggi le notizie storiche sulla sua costruzione sono quasi del tutto inesistenti. L’unico documento a cui si può far riferimento è un decreto imperiale del 28 gennaio 1240, una lettera che Federico fece scrivere da Gubbio a Riccardo di Montefuscolo, giustiziere di Capìtanata, con la quale l’imperatore ordinava di far costruire immediatamente il terrazzo di copertura del castello presso Santa Maria del Monte, “con calce, pietre e tutto ciò che è necessario” [7]. Il Gregorovius a questo proposito scrive: “Il tempo, in che venne edificato sembra essere l’anno 1240: così almeno appare da un decreto di Federico, datato da Gubbio il 29 gennaio dell’anno medesimo” [8], documento notissimo che ha fatto finanche discutere sul dilemma: il 1240 è la data di inizio dei lavori o quella di completamento? Secondo il parere di Giosuè Musca [9], sembra proprio che si trattasse dei lavori di completamento, e se di tetto si parlava, ciò che lo sosteneva doveva essere già stato costruito. Egli afferma, inoltre, che la costruzione del maniero doveva essere stata iniziata un quinquennio prima, quando Federico aveva lasciato al protomagister incaricato -  non sappiamo chi – il disegno dell’edificio con tutte le istruzioni perchè esso avesse forma, struttura, funzioni desiderate.
Di diversa opinione è Maria Letizia Troccoli Verardi [10], la quale afferma che la mancanza di altri documenti che attestino le fasi dell’edificazione di quest’opera così imponente ha fatto avanzare addirittura l’ipotesi, per altro un po’ fantastica, che il castello sia stata un’antica villa romana dell’età imperiale, ristrutturata più tardi da Federico. Di tutte le ipotesi fatte su Castel del Monte certo questa è la più fantasiosa.
Ritornando alla questione relativa all’anno di costruzione del castello, il 1240, esso viene contestato da Huillard - Bréholles, [11] laborioso e dotto editore degli atti e documenti federiciani oltrechè archeologo e famoso studioso di storia dell’arte, il quale afferma che in un decreto datato da Milano il 5 ottobre 1240 (in cui si fa l’elenco dei castelli compresi nel giustizierato di Terra di Bari), Castel del Monte non è nominato. Dello stesso parere è il Collenuccio, il quale, enumerando le opere edilizie fatte costruire da Federico Il, ribadisce che il maniero non è compreso nella lista [12].
Ma al di là della data di costruzione, il castello è notoriamente considerato ritrovo di caccia o opera militare, inserita nel lungo e complesso sistema difensivo creato dall’imperatore. Secondo il giudizio di Aldo Tavolaro, ci si accorge (ad osservare attentamente) che non può assolutamente essere considerato tale [13], poichè non ha fossato nè ha scantinati per depositare le derrate necessarie a consentire anche una minima autonomia in caso di assedio, non ha cucine. Il castello fu costruito non in un centro abitato, non in pianura ma su un alto colle. La scelta del luogo fu determinata dalla natura del territorio circostante e dalle possibilità che esso offriva al riposo, alla caccia, oltre che alla celebrazione del potere imperiale [14].
Dalla lettura delle pagine dedicate da tutta la critica nei secoli alla esaltazione architettonica di questo monumento, noto invece come K. Craven in realtà non sia rimasto particolarmente attratto nè dalla sua struttura architettonica esterna nè dalla sua storia passata, ma lo ha incuriosito invece la ricchezza dei materiali usati per arredare gli interni, materiali questi provenienti da una “cava di marmo”, la stessa di cui fa esplicita menzione H. Swinburne (che nel castello ha cenato sotto il portico) nel suo libro Travels in the Two Sicilies (“Su ciascun piano si aprono quindici immense sale rivestite di marmi pregiati; i soffitti sono sostenuti da triplici colonne ricavate da un unico blocco di marmo bianco, con capitelli semplicissimi”) [15]. E a proposito di cava, l’ingegnere esperto di restauri Giambattista De Tommasi [16] ha affermato che a sua volta “il Castello, abbandonato per secoli, costituì per le città vicine una cava di materiale pregiato a cui si attinse a piene mani” e che “quello che oggi è visibile del monumentale complesso, specie all’interno delle sale, rappresenta solo la sua struttura muraria”.
Infatti, come si può direttamente osservare, Castel del Monte è “un monumento ormai sterilizzato dal tempo” [17]. Dopo più di sette secoli è scomparso quel lusso e quello splendore che hanno da sempre attratto studiosi e viaggiatori di ogni epoca che si sono avventurati fino a queste alture, compreso il nostro viaggiatore.
Il fasto della decorazione interna era in parte ancora chiaramente visibile fino a due secoli fa e forse anche quando K. Craven giunse su queste alture; tuttavia oggi sono rimasti scarsissimi ma eloquenti resti (marmi colorati per le colonne interne, pavimenti e sculture) [18], richiamanti tutti il gusto del mondo classico e per questo apprezzati dal nostro viaggiatore. Questi, infine, non manca di indignarsi dì fronte allo stato di abbandono in cui è lasciata questa residenza reale già da tempo all’epoca sua; il castello era infatti diventato rifugio di banditi, e non solo quello. Da quando è rimasto incustodito, cioè fin dal secolo XVIII, e spogliato di marmi, il maniero è diventato anche dimora di pastori, punto d’incontro di briganti e nascondiglio per profughi politici [19].
La storia degli ultimi cento anni di Castel del Monte coincide con quella dei suoi restauri. Nel 1879 furono iniziati i primi lavori di restauro sotto la direzione dell’ing. Francesco Sarlo, miranti sia al consolidamento statico di questo monumentale complesso sia alla sua protezione dagli agenti atmosferici con opere di impermeabilizzazione delle coperture [20]. Di particolare interesse furono gli studi condotti nel 1897 dal Bernich; con il rilievo del castello ed una serie di saggi relativi alla cinta muraria [21].
A parte alcune opere di impermeabilizzazione svolte nel 1910 dal Cremona, che studiò per primo il Castello sotto il profilo tecnologico approfondendo soprattutto il problema delle cisterne pensili, i lavori ripresero nel 1928 sotto la direzione dell’architetto Quagliati: egli si preoccupò di restituire il Castello ai suoi originari rapporti nei confronti anche dell’ambiente circostante. Progettò inoltre un programma di lavori consistenti nella demolizione delle murature che nascondevano inutilmente la base del Castello, nella ricostruzione della scala esterna e del basamento delle torri e per questo utilizzò “una piccola cava ormai abbandonata, ubicata nelle immediate vicinanze del castello da cui - a suo dire - erano stati ricavati i blocchi delle cortine del monumentale edificio” [22].
Di diversa opinione è l’ing. De Tommasi che, ritiene questa ipotesi peraltro infondata in quanto la pietra si presentava bianca e quindi in netto contrasto con quella originaria caratterizzata da una tipica colorazione rosa [23].
Dopo la morte del Quagliati i lavori di restauro furono interrotti per breve tempo e ripresi nel 1933 sotto la guida del prof. Gino Chierici: questi dovendo proseguire l’opera di consolidamento delle cortine murarie si preoccupò di individuare una cava di pietra che offrisse effetti cromatici simili a quelli dei blocchi originari [24].
Nel 1972 con i recenti restauri ricomparvero problemi evidentemente non risolti dai precedenti restauri, che anziché procedere con il risanamento avevano preferito semplicemente la sostituzione dei pezzi fortemente degradati [25]. Attraverso indagini di tipo chimico, petrografico ed ambientale si cercò di risolvere il problema della permeabilità; dopo più di 700 anni, oggi il castello conserva integra “la sua struttura cristallina, stupefacente per regolarità ed armonia di forme e di dimensioni e per maestria di esecuzione” [26].
NOTE
[1] R.K. Craven, A Tour through the Southern provinces of the Kingdom of Naples, london, Rodwell and Martin, 1821, p. 85 (“una cava di marmo trovata nello stesso monte, forniva materiale in una tale abbondanza da rendere le rovine degne di visita, secondo la descrizione di Swinburne”).
[2] Puglia, G.T.C.I., 1978,  p. 184.
[3] V. Sgarra, La città di Netium sulla via romana Brindisi - Benevento e Castel del Monte, Roma, 1917, p. 55.
[4] Puglia, G.T.C.I., 1978, p. 184.
[5] Gregorovius, Nelle Puglie, Firenze, 1882, p. 309. E. Merra, Castel del Monte, Trani, 1895.
[6] G. Musca, Castel del Monte, il reale e l’immaginario, in AA.VV. Castel del Monte, a cura di G. Saponaro, Bari, 1981, p. 54.
S. Maria del Monte è stata una fondazione Pugliese derivata sia pure indirettamente da S. Bernardo di Chiaravalle, che favorì l‘opera di espansione dei Cistercensi. Essi penetrarono prestissimo in Italia e vi si acclimatarono in tutte le regioni, sia mediante l’acquisto di vecchi monasteri, sia fondandone dei nuovi. Nient’altro viene specificato della storia di questa Badia (AA.VV. Insediamenti benedettini in Puglia, a cura di M.S. Calò Mariani, Galatina, 1980, vol. I, p. 11).
[7] AA.VV., op. cit., p. 27.
[8] Gregorovius, op. cit., p. 309.
[9] G. Musca, op. cit., p. 27.
[10] M.L. Troccoli Verardi, Un libro di pietra, in AA.VV. Castel del Monte, a cura di G. Saponaro, Bari, 1981, p. 66.
[11] Huillard - Bréholles, Historia Diplomatica Friderici Secundi, Paris, 1859, vol. V, p. I, pag. 411.
(“Castro exempta in eisdem iustitiariatibus sunt hec: Melfia, Bocca Sanctae Agathe, Canusium, Barolum, Mons Sancti Angeli, Tranum, Barium, Brundusium, Tarentum, Ostunum, Oyra, Sanctus Felix, Gravina...“).
[12] V. Sgarra, op. cit., p. 60.
[13] A. Tavolaro, Una stella sulla Murgia, in AA.W. Castel del Monte, a cura di G. Saponaro, Bari, 1981, p. 73.
[14] O. Musca, op. cit., p. 54.
[15] H. Swinburne, Travels in the Two Sicilies, London, 1783, p. 399. Per la traduzione in italiano cfr. A. Cecere, Viaggiatori inglesi in Puglia nel Settecento, Fasano, 1990, p. 252
[16] G. De Tommasi, I restauri tra leggenda e realtà, in AA.VV. Castel del Monte, a cura di G. Saponaro, Bari, 1981, p. 103.
[17] G. Musca, op. cit., p. 59.
[18] Ibidem, p. 44.
[19] Puglia G.T.C.I., 1978, p. 185.
[20] G. De Tommasi, op. cit., pp. 106 - 107.
[21] Ibidem, p. 108.
[22] Ibidem, p. 109, p. 112.
[23] Ibidem, p. 142.
[24] Ibidem, p. 115.
[25] Ibidem, p. 116.
[26] Puglia G.T.C.I., 1978, p. 185.