Il mandato di Federico II del 1240, di D. Leistikov

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Il mandato del 1240 dell'Imperatore Federico II per Castel del Monte

di Dankwart Leistikov
(stralcio)

Per numerosi monumenti storici non ci sono state tramandate testimonianze documentarie di alcun genere che attestino la data d'inizio della loro costruzione, la causa e le circostanze della loro edificazione. Per Castel del Monte, invece, esiste pur sempre una notizia dell'epoca, il sempre più citato mandato del 29 gennaio 1240 dell'imperatore Federico II, inviato da Gubbio al giustiziere della Capitanata, Riccardo di Montefuscolo[1].
Questo mandato si rivela, in verità, laconico per chi si aspetta qualcosa di più che le necessarie disposizioni dell'imperatore al suo subalterno. Ma, soprattutto continui problemi d'interpretazione hanno fatto sì che questo documento, da oltre 130 anni, sia spesso interpretato in modo errato e dia luogo fino ai nostri giorni a traduzioni e interpretazioni poco veritiere. In primo luogo il concetto medievale  -di solito raramente usato-  di "actractus" é stato spiegato erroneamente e sulla sua inesatta interpretazione sono state fondate dubbie teorie e tratte affrettate conclusioni sulle disposizioni edilizie in oggetto e sulla loro collocazione temporale. In considerazione di questa confusa situazione si vuole offrire qui per la prima volta una spiegazione definitiva di questo importante documento[2] .
Innanzi tutto si riporta sommariamente il contenuto del mandato imperiale nel testo in latino medievale di E. Sthamer, il cui passo fondamentale è tradotto in tedesco (e quindi anche in italiano n.d.t.). «Cum pro castro, quod aput s. Mariam de Monte fieri volumus per te, licet de tua iurisdictione non sit, instanter fieri velimus actractum, fidelitati tue precipiendo mandamus, quatinus actractum ipsum in calce lapidibus et omnibus aliis oportunis fieri facias sine mora; significaturus nobis frequenter, quid inde duxeris faciendum...[3]».
«Poiché per il castello, che abbiamo intenzione di costruire vicino a Santa Maria de Monte, vogliamo che venga subito eseguito Tuo tramite -benché esso non stia nel distretto della Tua giurisdizione l'actractus, Ti incarichiamo, quale nostro fedele, di predisporre senza indugio questo actractus con calce, pietre e tutto il necessario, in attesa che Tu ci tenga continuamente informati di ciò che intendi fare in questa faccenda...[4] ».
II concetto di "actractus" (attractus), qui non tradotto e finora non spiegato in modo convincente, ha dato luogo a controverse interpretazioni, da quando J. L. A. Huillard-Bréholles lo ha tradotto in modo errato nella sua apprezzata edizione documentaria del 1859, causando così continue confusioni, di cui è permeata tutta la letteratura su Castel del Monte[5] .
Siano premesse innanzi tutto alcune osservazioni sul mandato in generale. Contrariamente all'opinione che il documento non contenga altre notizie, c'è da notare che l'imperatore, quale committente, desidera costruire espressamente un "castrum", un castello, dunque, comunque si voglia intendere questo termine. Infatti, non v'è indicazione di un "palatium", né di una "domus", ma solo di un "castrum"! Per la discussa chiarificazione dello scopo specifico del monumento, ciò costituisce una indicazione importantissima, anche perché Federico II, in un altro mandato, inviato nello stesso giorno e dallo stesso luogo anche a R. de Montefuscolo, si preoccupa delle sue "domus" in Capitanata, vale a dire, dei castelli di caccia e delle residenze estive lì esistenti, che egli di conseguenza distingue dai "castra". Fin qui la terminologia, che assume già un ruolo importante nella questione[6] .
D'altra parte sorprende che l'imperatore, nello stesso mandato, arrivi al punto di preoccuparsi dell'avicoltura. Sembra quasi che così relativizzi, stranamente, le disposizioni per Castel del Monte, anche perché si serve di formulazioni del tipo "sine mora", che fanno pensare che queste siano formule codificate per simili testi di documenti[7] . Ci sarebbe, inoltre, da chiedersi perché l'imperatore, per un fatto relativo a Castel del Monte, si rivolga al giustiziere della Capitanata, nella fattispecie non propriamente competente. Voleva forse con questo collegare più saldamente le disposizioni edilizie all'ambito della Residenza di Foggia, o furono la fretta o altri motivi che gli impedirono la consueta "via di servizio"? Un altro punto attesta inequivocabilmente, come era già noto da tempo, che questo castello doveva essere eretto "presso Santa Maria de Monte" e che in quel luogo c'erano dunque costruzioni precedenti (chiostro, chiesa o cappella?), senza sapere in maniera più precisa come siano da valutare le notizie al riguardo. Se si considera che nei documenti del periodo angioino Castel del Monte viene ancora indicato non solo come "castrum nostrum S. Mariae de Monte", ma che nel 1269 si citano espressamente anche "castellanus et capellanus castri et capelle S. Mariae de Monte", si pongono allora alcune questioni, di cui si auspica quanto prima una trattazione sistematica[8] . Continuarono ad esserci edifici religiosi anche dopo il sorgere del "castrum", che d'altronde non custodiva fra le sue mura alcuna cappella, o questi furono eretti o restaurati solo sotto Carlo I?
L'affermazione centrale del mandato porta, però, al controverso concetto di "actractus". Huillard-Bréholles, evidentemente, non l'ha saputo risolvere e ha quindi supposto che stesse al posto del termine tecnico-edile "astracus" (astracum), che significa "pavimento". Così, riassumendo, egli riporta il contenuto dei mandati nella seguente maniera:
"Mandata varia de domibus principis cum diligentia praeparandis, de astraco faciendo pro castro Sanctae Mariae de Monte, de novo custode ad custodiam defensae Tarenti statuendo...". Anche Böhmer-Ficker hanno riportato questa versione nei "Regesta Imperii"[9] .
Con la spiegazione di "actractus" come pavimento -l'errore si imputa allo scrivano G. de Cusentia[10] - le affermazioni del mandato acquisirono nella letteratura relativa al monumento una nuova dimensione, in quanto venne presa in considerazione, al di là dell'indicazione dei materiali calce e pietre, il riferimento ad una precisa prestazione edilizia: la costruzione di un pavimento. Così è stato inevitabile che da questa traduzione si traessero sempre più conclusioni in merito alla data di costruzione del castello e ci si domandasse in modo particolare se la disposizione imperiale del 1240 alludesse ai preparativi per l'inizio della costruzione, all'esecuzione di lavori già in corso, oppure all'imminente completamento di questi ultimi. A seconda della risposta a queste domande alternative si potrebbe collocare la costruzione in un arco di tempo variabile, prima, intorno o dopo il 1240; questo ha acuito il problema e di tali interpretazioni ci sono fino ad oggi strenui difensori[11] . Sempre più spesso si parla di un completamento della costruzione intorno al 1240, da quando si é formata la convinzione che Federico II, dopo il ritorno dalla crociata (1229) e la pace di San Germano, conclusa subito dopo con il papa (1230), abbia messo in moto un altro programma di costruzione di castelli e di lì a poco abbia dato inizio, negli anni 30, al gruppo di castelli siciliani, nonché -sotto le impressioni del suo viaggio a Gerusalemme e della sua visita al cosiddetto "duomo di roccia"- alla sua opera più importante, Castel del Monte, e li abbia portati a termine intorno al 1240[12] .
Con il termine di ‘pavimento’, cosí interpretato, si potrebbe intendere tanto un solaio per i pavimenti (a mosaico) dei due piani, quanto particolarmente un pavimento per il terrazzo terminale mediante un rivestimento chiamato ancor oggi in Puglia "lastrico", che consiste in un pavimento di cemento e piastrelle d'argilla e di pietra[13] . Questo presunto pavimento viene inteso da H. Götze come superficie di base, una specie di piattaforma (planum), per riportare la cosiddetta figura della "stella ad otto lati", "quale base per la pianta e per la costruzione dell'opera muraria", e G. Goebel riesce ad affermare che un cerchio esterno alla pianta "potrebbe essere stato coperto in modo più o meno esatto dal pavimento circolare ancora oggi visibile (!), che Federico II ordinò personalmente di costruire[14] . A questo riguardo è sufficiente ricordare le conseguenze tecnico-edili che comporterebbe una tale misura. La costruzione di un siffatto pavimento con uno spessore al centro di 0,30 - 0,50 m e di circa 60 m di diametro significava un dispendio di materiale, lavoro e spese così grande (oltre che inutile), da far escludere di per sé questa idea[15] .
Condurrebbe troppo lontano esporre in questa sede le diverse interpretazioni delle affermazioni del mandato e, particolarmente, del termine "actractus" nella letteratura. Tuttavia si ritiene opportuno riportare qui alcuni autori con le loro tesi.
H.W. Schulz, pioniere della ricerca tedesca nell'Italia meridionale, occupandosi per primo di Castel del Monte (dal 1833), analizza il testo del mandato nell'edizione di C. Carcani (1786) e definisce il termine "actractus", correttamente riportato e senza ulteriore spiegazione, con: "in Du Cange = contratto, ritenendolo di conseguenza un accordo o un contratto edilizio[16] .
Anche E. Bertaux ne ha tentato un'interpretazione (1903) e, pur respingendo l'errore di Huillard-Bréholles, con la sua idea di un “conglomérat”, che traduceva con "ciment" o "blocage", non ha saputo indicare alcuna strada percorribile[17] . In questo altri hanno avuto maggior successo di lui.
Incomprensibilmente non é stato fino ad oggi osservato che A. Haseloff era giá giunto molto vicino (1920) ad una valida intuizione per l’actractus". Nella sua descrizione della storia edilizia del castello di Lucera egli ci parla delle disposizioni di Carlo I d'Angiò per la costruzione della fortezza da erigere: “Esse riguardano l’ “actractus” o "apparatus", come i documenti sono soliti chiamare l'acquisto del materiale edilizio”. A tal riguardo l'autore adduce parecchie prove documentarie dell'epoca angioina per Lucera e Manfredonia, nonché una per Brindisi, che hanno per oggetto espressamente un "attractus" a cui dare tale significato[18] . La relativa mole di documenti provenienti dal Regno, anche se successiva di una generazione a Federico II, sarebbe dovuta bastare a creare sufficiente chiarezza sul significato del concetto tanto discusso. Fino ai giorni nostri, però, la scienza non ha voluto prendere atto di queste asserzioni ed ha continuato a parlare con forza dell'interpretazione ormai palesemente errata di "pavimento"[19] .
Fra i primi studiosi italiani è da citare soprattutto R. Napolitano, che si è occupato esaurientemente delle posizioni di Gregorovius e Del Giudice, nonché di Mena, Avena e Sgarra, richiamandosi al glossario Du Cange (1840), dopo che già A. Vinaccia (1912) aveva affrontato questa problematica[20] . A tal fine egli ha dapprima tradotto la locuzione “fieri volumus” -ricollegandosi all'epigrafe del 1223, formulata in modo simile sul Palazzo di Federico II a Foggia- con "esser fatto" e riportando il testo di un simile mandato per il castello di Catania, cosicché può ritenersi sicura la sua osservazione che “fieri volumus” significa "vogliamo che sia fatto, che sia costruito"[21].
Ma Napolitano ha dedicato profonda attenzione anche all’ “actractus”. Comparazioni dimostrano soprattutto che là dove è inteso veramente un pavimento, nei documenti compare pure il termine appropriato di "astracus" (astracum) e che quindi deve essere considerato molto improbabile il presunto scambio dei termini[22] . A tal proposito egli cita in modo completamente esatto Du Cange con la sua spiegazione: “Actractum (o) Attractum (est) Acquisitio (acquisto)” e, per il termine affine di "attraytum": "Attrahi possunt ad aedificandum utilia"[23] .
Napolitano traduce sommariamente il mandato in italiano nel modo seguente: "Volendo instantemente che si faccia l'acquisto del materiale per il castello che presso Santa Maria de Monte vogliamo sia costruito, benché esso non appartenga alla Tua giurisdizione, pure affidiamo alla Tua fedeltà l'incarico di fare senza indugio detto acquisto di calce, di pietre e di tutte le altre cose opportune, tenendoci frequentemente informato di quanto farai ecc.". Egli conclude con l'affermazione che Castel del Monte era senza ombra di dubbio opera di Federico II (cosa che all'epoca non era affatto incontestata!), di cui, però, non sapeva indicare (come credono Gregorovius e Del Giudice) l'anno d'inizio della costruzione e neppure (come fanno Mena e Avena) l'anno di ultimazione, cioè il 1240, né desumerlo dal contenuto del mandato imperiale[24] . In verità, resta fondata la domanda, per quale parte della costruzione e per quale sua fase sia stato deciso l'acquisto e il trasporto dei materiali. Poiché questo non viene indicato espressamente, come nel caso del castello di Catania, -ove si dice che questi ultimi servivano per le fondamenta e la sorgente opera muraria- non è possibile fare a tal riguardo affermazioni sicure[25] . I fatti parlano, a dire il vero, più per il progettato inizio della costruzione che per un'opera pienamente completata.
Nella recente letteratura su Castel del Monte, infine, è stato del tutto ignorato anche il fatto che tanto "actractus" (attractus), quanto "apparatus" compaiono già in alcuni mandati di Federico II, e ciò vale ugualmente per l`astracus" (astracum) quale pavimento. Uno studio più approfondito delle fonti avrebbe qui potuto aiutare ad evitare alcune vie traverse imboccate dalla scienza ed errate interpretazioni[26] . Attualmente, però, si possono ancora indicare altre fonti del XII e XIII secolo provenienti dall'Inghilterra medievale, che rendono inequivocabilmente sicura la spiegazione di "actractus" come preparazione di materiale. In collaborazione con H.E. Stiene (Colonia) é stato possibile riscontrare alcuni passi di documenti, che non solo confermano le formulazioni contenute nel mandato di Federico II, ma che le fanno apparire addirittura come "formule standardizzate" per testi di documenti di questo contenuto. Tali esempi, provenienti da un periodo di tempo fra il 1171 e il 1259, si possono ricavare dal "Dictionary of Medieval Latin from British Sources" del 1975[27].
I seguenti passi devono essere riportati unitamente agli esempi originali, osservando ancora che si tratta per lo più di esempi tratti da costruzioni difensive e che solo una di queste prove si trova nel Lehmann-Brockhaus. Questi passi sono integrati ancora da altri due di V. Mortet, che Haseloff aveva già citato[28].
l.1171: "pro attractu calcis et lapidum ad operationes de Hasting" (Pipe 128);
2.1190: "ad faciendum attractum de petra et calce et sabulo ad opus castelli de Cantebr' in ipso castello" (Pipe 7);
3.1201: "attractum fecit magnum de lapidibus et sabulo ad magnam turrim ecclesie faciendam" (Brakelond 123);
4.1204: "quod omnem attractum quem facere poteritis de lapide et calce facias ad firmandum castellum nostrum de Eboraco et attractum illum venire facias super aquam usque Usskel" (Cl 4b);
5.1241: "im... faciat habere custodibus operationem de Windlesor' ad actractum faciendum de petra et calce ad castrum claudendum" (C 1268);
6.1259: "in attractu calcis et petre contra estatem" (Liberate 35 m. 6). Da V. Mortet, 1171-72 Magnus rotulus Pipae de anno XVIII°- regis Henrici II;
7. "Sudsexa. Et in attractu petre et calcis ad faciendam turrim de Hastings" (VI lib., per breve regis);
8. idem. (XIII lib. et XII den., per breve regis).
 
Non resta, dunque, alcun dubbio sul fatto che questi esempi apportano una chiarificazione delle circostanze finora non risolte sull’ “actractus": tutte le interpretazioni tentate come pavimento e le conseguenze da esse derivate sono state ormai superate; comunque dall'acquisizione di questi elementi non si può dedurre più di quanto finora si sappia sulla data della costruzione e sulla fine dei lavori di Castel del Monte.
Nella fonte inglese riportata la traduzione di "attractus" vien fatta con "haulage or accumulation (of building materiale)"[29] . La traduzione tedesca (e quindi questa italiana n.d.t.) potrebbe suonare al massimo "materiale da approntare". Altre definizioni, come per esempio, "trasporto di materiali" o "provvista di materiali" oppure "allestimento di cantieri" coglierebbero forse solo aspetti parziali del significato, in quanto l’ “actractus” ha evidentemente per contenuto tanto l'acquisto, quanto le prime fasi di lavorazione (il taglio della legna, delle pietre ecc.), il trasporto e la provvista di materiali sul cantiere. Se, infine, si dovesse fare ancora una distinzione fra "actractus" ed "apparatus", questa potrebbe essere chiarita solo con ulteriori studi dei documenti[30].
In ogni caso l'imperatore Federico II, e ciò lo dimostra questo studio, con il suo mandato del 1240 ha consegnato ai posteri meno enigmi e misteri, di quanti finora supposti, e uno di questi può essere considerato ormai risolto.
NOTE

[1] E. Sthamer, Dokumente zur Geschichte der Kastellbauten Kaiser Friedrichs II. und Karls I. von Annjou, II: Apulien und Basilicata. Die Bauten der Hohenstaufen in Unteritalien, Ergbd. III (Leipzig 1926), 62 Dok. 734; J. -L. -A. Huillard-Bréholles, Historia Diplomatica Friderici Secundi sive Constitutiones... V2 (Paris 1859), 696f.

[2] L'autore ringrazia il dr. Heinz Erich Stiene, Reparto di latino medievale dell'Istituto per la Scienza dell'Antichità dell'Università di Colonia, per i consigli e le preziose indicazioni fornite sui testi in latino medievale, nonché il sig. Clemens Kosch e il prof. Hans Martin Schaller per il gentile sostegno.

[3] Sthamer (v. nota 1), 62.

[4] Traduzione dell'autore unitamente a H. E. Stiene (v. nota 2).

[5] Huillard-Bréholles (v. nota 1), 696. - A. Cadei in Federico II e l'arte del Duecento italiano. Atti della IIIa settimana di studi di storia dell'arte medievale dell'Universitá di Roma, 1978 (Galatina 1980),I,204, parla della "sibillina parola attractum". La scrittura "actractum" per "attractum" non é insolita, cfr. a tal fine U. Westerbergh in A. Onnerfors (ed.), Filologia latina medievale (Darmstadt 1975), 109f (per gentile indicazione di H.E. Stiene).

[6] Huillard-Bréholles (v. nota 1), 697.

[7] Cfr. G. Musca in G. Saponaro (ed.), Castel del Monte (Bari 1981), 27.

[8] Sthamer (v. nota 1), 62f. Dok. 735-741. - Per preziosi suggerimenti a questi problemi l'autore ringrazia H.M. Schaller (v. nota 2) e si riserva di fare ricerche.

[9] Huillard-Bréholles (v. nota 1), 696; J.F. Böhmer-J. Ficker, Regesta Imperli V 1 (Innsbruck 1881-82), 519 Nr. 2742.

[10] Lo scrivano era Gualterius de Cusentia: H.M. Schaller in Archiv f. Diplomatik 3, 1957, 261 f. nr. 12.

[11] Solo come esempi siano riportati: G. Musca (v. nota 7), 27; G. de Tommasi, idem 105f; A. Cadei (v. nota 5),204 -P. Petrarolo, Castel del Monte (Andria 1979), cita R. Napolitano (v. nota 20) senza presa di posizione propria.

[12] H. Hahn, Hohenstaufenburgen in Suditalien (Ingelh: 1961), 25.31 ed altri autori.

[13] Per i tetti vedi per il periodo angioino D. Borri in Colloquio Internazionale "Castelli e città fortificate", Palmanova 1987 (Udine 1989), 288.

[14] H. Götze, Castel del Monte (Munchen 1984), 93 connota 110, e (con la stessa valutazione errata) 3. ediz. (Munchen 1991), 151 f. con nota 122; G. Goebel in architectura 17, 1987, 130.

[15] Una tale piattaforma con 60 m. di diametro e 0,40 m. di altezza media significava un impiego di materiale superiore a 1100 m3 di cemento, (cioé pietre, sabbia e calce) - idea non accettabile.

[16] H.W. Schulz in F. von Quast (ed.), Denkmaeler der Kunst des Mittelalters in Unteritalien (Dresden 1860), I, 164; IV, 8 Nr. XVII.

[17] E. Bertaux, L'art dans l'Italie méridionale (Paris 1903, Repr. Paris/Rom 1968), 719f

[18] A. Haseloff, Die Bauten der Hohenstaufen in Unteritalien (Leipzig 1920),1, 234 con nota 1 e con riferimento a E. Sthamer, Dokumente zur Geschichte der Kastellbauten Kaiser Friedrichs II. und Karls 1. von Anjou, 1: Capitanata. Die Bauten der Hohenstaufen in Unteritalien, Ergbd. II (Leipzig 1912), Dok. 148,4; 186.1, l; 210; 399,2 (Lucera); 458,1 (Manfredonia); Sthamer (v. nota 1), Dok. 922,8 (Brindisi).

[19] Cfr. i riferimenti a Gótze e a Goebel (v. nota 14). - K. Bering, Kunst und Staatsmetaphysik des Hochmittelalters in Italien (Essen 1986), 135 f., traduce “attrahere” con “tendere” e, richiamandosi a L.B. Alberti, suppone una cupola costruita sul cortile interno mediante tendicinghie (!).

[20] R. Napolitano, Castel del Monte (Andria 1921), 58ff. (II Decreto di Federico II); A. Vinaccia in Rassegna tecnica pugliese 11, 1912,143.

[21] Napolitano (v. nota 20), 64.

[22] Napolitano (v. nota 20), 63; Huillard-Bréholles (v. nota l), 513 (mandati per la Porta a ponte di Capua); 588 f. (mandati per i castelli di Roseto e Nicastro).

[23] Napolitano (v. nota 20), 66, cfr. anche 65; Ch. Du Cange, Glossarium mediae et infimae latinitatis..., I, Nuova ediz. (Paris 1840), 471.457.

[24] Napolitano (v. nota 20), 71 f.

[25] Huillard-Bréholles (v. nota 1), 527 ff. (mandato per Catania e altri castelli): "... fundamenta, et murari de lapidibus ipsis super terram..." e "fundamentis ipsius castri et elevato muro in circuito...".

[26] "attractus": Huillard-Bréholles (v. nota 1), 509 ff. (mandato per diversi castelli siciliani, 17.11.1239), "apparatus": idem 450 f. (mandato per edifici in Cartolaria, 15.10.1239); 509 ff. (mandato per diversi castelli siciliani, 17.11.1239); 527 ff. (mandato perla costruzione del castello di Catania, 24.11.1239), "astracum": idem. 513 (mandato per la costruzione della Porta a ponte di Capua, 17.11.1239); 588 ff. (mandati per i castelli di Roseto e Nicastro, 13.12.1239).

[27] R. E. Lathan (rielabor.), Dictionary of Medieval Latin from British Sources, I (London, 1973), 156 (con relativi esempi nella bibliografia).

[28] O. Lehmann-Brockhaus, Lateinische Schriftquellen zur Kunst in England, Wales und Schottland vom Jahre 901 bis zum Jahre 1307, I (Munchen 1955), 136 (Doc. per Bury St. Edmunds, con diversa data); V. Mortet, Recueil de textes relatifs à l'historie de l'architecture et à la condition des architectes en France au Moyen Age, XI-XII sicles (Paris 1911), 194 Nr. 2; Haseloff (v. nota 18), 234.

[29] Latham (v. nota 27), 156.

[30] E ciò tanto più per il fatto che l' "apparatus" per Brindisi, per esempio, (v. nota 18) viene espressamente indicato in modo più preciso.

(da un opuscolo di pari nome, curato da R. Ruotolo - P. Petrarolo, Sveva Editrice, Andria, 1993, pagg. 33-42)