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Torre VII, con accesso dalle Sale a Sud-Est dei due piani
"... se si sale per la scala a chiocciola della torre 7 e si giunge al
piano superiore, diviene quasi impossibile scorgere nella penombra,
sotto le mensole che reggono i sei costoloni della volta del piano
scala, le cariatidi grottesche che solo la fotografia ravvicinata rivela
oggi in tutta la loro evidenza. Sono figure di uomini nudi: «Piegati
sulle ginocchia sostengono il peso loro imposto. I loro volti hanno
espressioni diverse: ora sono spasmodicamente contratti, ora sereni, ora
perfino lieti. Gli attributi del sesso vengono mostrati senza veli»72".
72 Willemsen C.A. - Odenthal D., Puglia terra dei Normanni e degli Svevi, Bari 1966, p. 71. ...
[da "Castel del Monte il reale e l'immaginario" di Giosuè Musca, in "Castel del
Monte" a cura di G. Saponaro, Adda Editore, Bari, 1981, pagg.52, 62]
"Le figure di ignudi poste a reggere la volta esapartita della settima torre,
vivono sospese nello spazio che contribuiscono a costruire con la densità plastica
e il rigore geometrico delle loro forme. Le membra, architettonicamente costruite,
individuano gli assi multipli del nitido spazio geometrico che le racchiude.
La luce cava subitanei balenii dai volumi sapientemente angolati;
è stupefacente scoprire come anche il mutare imprevisto, quasi giocoso,
dei gesti e degli atteggiamenti si sviluppi sul filo di un rigoroso coerentissimo esercizio di geometria.
La figura dominante è l'esagono: esagonale è la volta costolonata
che si flette a ombrello al sommo della scala elicoidale;
esagonale la scansione dell'elegante rosone; sul triangolo e sull'esagono,
inoltre, sono costruite tutte le figure. Muovendo da una schema comune,
esse lo mutano per impercettibili varianti, sì che in nessuna si ripete il gesto dell'altra.
Ne deriva una fitta trama di corrispondenze e di segrete relazioni.
Incominciando la lettura da un punto qualunque, ad esempio dal giovane ignudo
che regge con le mani levate la cornice della mensola, si può cosi ravvisare
che le figure in posizione diametralmente opposta sono legate da intimi accordi e rispondenze:
la prima e la quarta, entrambe con le gambe a chiasmo e il gesto delle braccia simmetrico,
l'una con le mani levate, l'altra con le mani puntellate alla parete retrostante, all'altezza dei fianchi;
la seconda e la quinta sono due figure frontali, con gambe divaricate e piedi paralleli,
le braccia simmetriche, per portare le mani ai lati della bocca, in atteggiamento irridente,
o per puntarle saldamente sulle ginocchia; la terza e la sesta, infine, ancora a gambe divaricate e piedi paralleli,
rompono la simmetria dello schema di base volgendo verso destra il capo
e levando un braccio soltanto, l'una per reggere la cornice della mensola,
l'altra per recare la mano al viso.
Le figure sono ancora raggruppabili per tre: tre si presentano frontali,
tre volgono il viso a destra. Da questo gesto misurato deriva un moto circolare
che si imprime senza sosta all'aerea raggiera della volta a ombrello.
Inoltre, il trasmutare dell'espressione da un volto all'altro — sereno,
intento, spaventato, triste, sorridente, irridente o grottesco — propone su altri registri,
sempre sul filo tesissimo dell'indagine del vero di natura,
il processo di trasformazione continua della realtà, la mutevolezza stessa della vita."
[da "La scultura in Puglia durante l'età sveva e proto-angioina"
di Maria Stella Calò Mariani, in "Civiltà e culture in Puglia", vol. II, Electa Editrice,
1980, pag.268]