Le tombe delle Imperatrici Sveve in Andria, di P. Cafaro

Contenuto

“Le Tombe delle Imperatrici Sveve
in Andria”

di Pasquale Cafaro (1/07/1876 - 18/08/1970)

Indice

(nel testo stampato è a pag. 25)

  1. Andria fidelis – pag. 3.
  2. Jolanda di Brienna – pag. 4.
  3. Isabella d’Inghilterra – pag. 6.
  4. La Cattedrale – pag. 7.
  5. La Cripta – pag. 8.
  6. Le Tombe – pag. 14.
  7. Conclusione – pag. 17.
  8. Appendice – pag. 21.

Andria Fidelis

Fra le più grandi figure storiche d’ogni tempo è Federico II di Svevia, Imperatore di Allemagna, Re di Puglia e di Sicilia. Ben degno di esser nato in Italia (a Jesi nel 1194), ebbe anima italica, mente latina, sapienza moderna, folgorando nella caligine medievale quella idea imperiale romana, che Dante vagheggiò circa un secolo dopo, che soltanto gli Italiani di oggi vedono trionfare.

Il grande Svevo molto amò la Puglia, che altissimo grado di civiltà raggiunse sotto il suo governo, fra le illuminate Costituzioni di Melfi ed i primi accenti del volgare italico. Molto amò la Puglia, dove costruì palazzi e castelli, dove tenne parlamenti e preparò Crociate, donde mosse vittorioso verso Roma, dove chiuse la vita tempestosa fra le braccia dell’Arcivescovo di Salerno (1) (a Fiorentino presso Foggia il 1250); ma predilesse di particolare amore Andria. In Andria gli nacque Corrado designato erede della corona imperiale; in Andria gli morì l’amatissima Jolanda, e vi fece poi seppellire accanto la bionda Isabella; presso Andria fece sorgere quel monumento unico nel suo genere che è il meraviglioso Castel del Monte; in Andria trovò appassionata fedeltà, costante nella prospera c nell’avversa fortuna.

Quando le altre città pugliesi (meno Barletta e Brindisi) passarono alla parte guelfa, Andria tenacemente ghibellina gli confermò più alta la sua fedeltà invocandolo con commosso slancio:

REX FELIX FEDERICE VENI, DUX NOSTER AMATUS !

E Federico rispose con aperto affetto che ancor nei secoli regalmente suona:

ANDRIA FIDELIS NOSTRIS AFFIXA MEDULLIS .


Jolanda di Brienna

Federico all’età di 26 anni, già vedovo di Costanza, sposò in seconde nozze l’avvenente e pia Jolanda, figliuola unica di Giovanni di Brienna Re di Gerusalemme. Venuta di Palestina la sposa con gran corteo di navi, s’incontrò con l’Imperatore in Brindisi, dove nel novembre del 1225 il matrimonio con pompa fastosa fu celebrato.

Assai favorevole a questa unione era il Pontefice Onorio III, che col nuovo legame vedeva Federico più impegnato alla spedizione levantina per liberare il Regno di Gerusalemme dai Saraceni. Lo Svevo intanto si assunse il titolo del suocero, a segnacolo dell’imminente impresa; d’allora tutti i Sovrani di Napoli, e oggi i Re d’Italia, si fregiarono e si fregiano del titolo fatidico di Re di Gerusalemme.

Vediamo spesso Jolanda insieme all’Imperatore, che l’aveva carissima, attraverso le vicende storiche della sua vita turbinosa.

Nel 1226 Federico venne a rilevare la consorte dalla Puglia, dove l’aveva lasciata per attendere a gravi affari di stato in Terra di Lavoro, e si recò con lei in Sicilia per trascorrervi alcuni mesi.

Nell’agosto del 1227 Jolanda accompagnò a Brindisi l’Imperatore Crociato che partiva con 40.000 armati a liberare il Sepolcro di Cristo. Senonché lo Svevo, colpito in mare dal morbo che aveva invaso l’esercito, tornò in porto; si ebbe allora la scomunica da Papa Gregorio IX che credette il male un falso pretesto per non compiere la Crociata. Più tardi, nel medesimo anno, l’Imperatore sostò ai Bagni di Pozzuoli per curarsi del male, e la fida consorte era con lui.

Nella primavera del 1228 Federico convocò in Barletta un parlamento generale in preparazione della Crociata che intendeva portare a termine, lasciando in Andria Jolanda accolta con grandi feste.

Quivi la giovane Imperatrice partorì un bambino che prese nome Corrado IV – forse nel Castello di Andria, forse in Castel del Monte (2) – ma pochi giorni dopo per cattivo puerperio vi morì, vivamente compianta dagli andriesi che le feste gioiose mutarono in lutto accorato.

Il cronista contemporaneo Riccardo di San Germano riferisce chiaramente la notizia (3): «L’Imperatrice in Andria partorì un figlio di nome Corrado, ed ella non molto dopo, come a Dio piacque, anche ivi morì.»

Gli altri storici successivi riportarono la notizia originaria, e il Muratori conferma (4): «Partorì l’Imperatrice Jolanda in quest’anno in Andria di Puglia con dare al marito un principe maschio, a cui fu posto nome Corrado, ma ella stessa morì di quel parto compianta da tutti.»

Che l’infelice Jolanda fosse sepolta in Andria, i citati scrittori non dicono, ma è ovvio ritenerlo; che anzi avrebbero detto se fosse stato diversamente. Altri storici infatti lo riferiscono esplicitamente, da Giannone (5) a Gregorovius (6), oltre gli storiografi locali.

Conferma definitiva avremo leggendo in seguito come Federico ordinò di seppellire anche in Andria la terza moglie, Isabella d’Inghilterra.


Isabella d’Inghilterra

L’Imperatore nel 1235, col beneplacito del Pontefice, sposò in terze nozze la bionda e graziosa Isabella d’Inghilterra, sorella di Re Enrico III. Le nozze furono celebrate con splendido fasto m Worms il 13 agosto. e costituirono nuovo legame· politico con la nazione inglese.

Isabella dette a Federico un figlio che ebbe nome Arrigo, una figlia che fu nominata Costanza. Ma anche questa Imperatrice fu colpita dal fato crudele: era col consorte a Foggia nel dicembre del 1241, quando, sorpresa dalle angosce del parto, in breve ora morì.

Riferisce con la consueta precisione il [Riccardo] Di San Germano (7); «Nel mese di dicembre l’Imperatrice Isabella perì in Foggia, e fu sepolta in Andria.»

Il Muratori conferma: «Nel dicembre di quest’anno (1241) l’Imperatrice Isabella, sorella del Re d’Inghilterra, dimorando in Foggia, morì di parto, e fu seppellita in Andria.»

Altri storici del Reame aggiungono che invano Foggia ed altre città avevano chiesto l’onore di dare sepoltura all’augusta salma, ma che Federico ordinò fosse trasportata e tumulata in Andria.

La preferenza dell’Imperatore si spiega chiaramente, non soltanto con la predilezione costante che aveva per la città fedele, ma con la sepoltura dell’altra amatissima consorte accanto alle cui spoglie volle deposta la salma dell’infelice Isabella.


La Cattedrale

Furono sepolte in Andria le due Imperatici. Ma dove?

Nella Cattedrale certamente, la quale si conferiva a personaggi di così alto grado e di così particolare importanza. Del resto Giannone, parlando della sepoltura di Jolanda, dice (8) «nella chiesa maggiore»; lo ripetono gli altri storici sino a Gregorovius che conferma (9): «Nel duomo di Andria il grande Imperatore fece sotterrare Jolanda di Gerusalemme … ed Isabella d’Inghilterra …»

Quale e dove fosse la Cattedrale di Andria nella prima metà del secolo XIII vediamo rapidamente.

Il normanno Pietro I conte di Trani nel 1045 aveva dato ad Andria, che apparteneva alla sua contea, consistenza e mura di città raccogliendovi gli abitanti di molti villaggi e casali sparsi nelle vicinanze (Casalino, Borghello, S. Mauro, S. Pietro, S. Candido, Muritano, Quadrone, Cicalia, Trimoggia, ecc.). Elevata poco dopo Andria a contea, il Normanno ne assegnò il titolo ed il dominio al secondogenito Riccardo I, che subito volle munificamente dare alla città la Cattedrale intorno al 1063, Questa egli fece sorgere sopra la chiesetta primitiva, che evidentemente era rimasta al di sotto del livello stradale durante il progredito sviluppo urbano. Così la chiesetta divenne «soccorpo» della nuova chiesa maggiore, ed è precisamente quella che col nome di Cripta esamineremo appresso.

La Cattedrale normanna, che Ughelli in Italia sacra elencò fra le Basiliche, fu in massima parte rifatta nel Quattrocento (tra il 1438 e il 1463). In tale periodo di tempo l’antica Cripta sarebbe stata adibita a sepoltura; certo è che in seguito, ripiena di resti umani, fu addirittura murata, come asseriscono gli storici locali Pastore, Borsella, D’Urso, Merra, come riferiscono i delusi visitatori del XVIII e XIX secolo, come molti l’hanno vista – e noi stessi la vedemmo – sino al 1904 (10).

Nell’interno della Cattedrale, fra il 1720 e il 1724, passò la· fatale mania deformatrice dello stucco che la ridusse pressocché allo stato attuale; mentre nel 1844 all’esterno fu aggiunto un prospetto con vestibolo come oggi si vede.

Così la Cattedrale dove furono sepolte le due Imperatrici sveve è precisamente il Duomo odierno.


La Cripta

La Cripta - foto Malgherini
[La Cripta - foto Malgherini.]

In quale punto preciso della Cattedrale fossero le sepolture sveve i cronisti del tempo non dissero.

Molti storici successivi le ricercarono ansiosamente nel Duomo senza trovarvi alcun cenno o rudero, mentre si erano trovati resti di mausolei appartenenti a Principesse anteriori e posteriori all’epoca federiciana, come diremo nel capitolo seguente.

Dove ricercare le tombe? Nella Cripta.

Innanzi tutto perché due tombe eminenti in quella si trovavano e si trovano tuttora, poi perché dal secolo XVIII il primo storiografo andriese Pastore sino alla fine del XIX il tedesco Gregorovius ne accertarono tale ubicazione. Il Pastore scriveva (11): «Quel tanto che dir si puote si è che li detti (tumuli) fossero stati eretti in quel luogo sotterraneo della cattedral Chiesa, che in altri tempi chiamavasi «Soccorpo», in cui si entrava per una patente porta, e che si spazia sotto il Presbiterio, ma oggi da per tutto chiuso, che serve a conservare gli ossari che si estraggono dalle tombe di detta Chiesa, e dove si entra da una buca dai becchini, li quali ivi le dette ossa trasportano.»

E il Gregorovius, che fu in Andria il 1875, nel citato libro confermava: «Indarno cercammo alcuna traccia dei mausolei delle due Imperatrici Jolanda e Isabella. Le due mogli di Federico II furono sepolte in una cappella sotterranea, la quale venne più tardi adibita come ossario, e quindi murata.»

Oggi che la Cripta, rimasta misteriosa per ·cinque secoli, ritorna alla luce della fede e della storia. diamole un attento ma rapido sguardo.

Diciamo subito che la suggestiva chiesetta, oggi denominata «Cripta» perché sotterranea rispetto alla Cattedrale costruita posteriormente, era la chiesa primitiva di Andria cristiana.

Il tempietto sorgeva al livello stradale dell’epoca, poggiato a monte verso settentrione, esposta a valle verso mezzogiorno, con l’abside secondo l’uso ad oriente e la facciata ad occidente. Pertanto le finestre che danno luce all’interno si aprono dall’abside e dal lato meridionale; naturalmente nessuna poteva aprirsi dalla parte appoggiata al terrapieno.

La Cripta – chiamiamola definitivamente così – misura la lunghezza di m. 20, la larghezza di m. 7, l’altezza di m. 2,80. Ha forma basilicale, divisa in tre parti: il pronao, la duplice navata, l’abside semicircolare. È conforme cioè al modello dei primi secoli della Chiesa, quando per effetto dell’editto milanese di Costantino del 313 la religione cristiana uscì dall’ombra mistica delle catacombe alla libera luce della civiltà. E come pel nuovo e quasi improvviso bisogno di costruire chiese la Cristianità non aveva esperienza e mancava quindi di uno stile, adottò la foggia e la disposizione della basilica romana, la quale fornì al culto cattolico i suoi elementi architettonici ed il nome stesso dal IV secolo sino all’arte moderna, salvo i caratteri distintivi di ciascuna epoca.

Così vediamo nella nostra Cripta l’originaria e rozza riproduzione basilicale; così vediamo impiegate colonne di granito provenienti da edifici pagani, capitelli raccogliticci (ve n’ha uno romano, uno bizantino) tratti da ruderi varii.

Poggiato contro l’ultimo arco antistante l’abside è l’altare sorretto da un piede cilindrico, che per le dimensioni, la positura, la semplicità ci appare creato proprio per il rito cristiano e non come ara pagana, della quale manca qualsiasi carattere.

Né il pozzetto che si apre ai piedi dell’altare può ormai più ritenersi usato per sacrifizio pagano, nemmeno per battesimo cristiano, perché, recentemente ripristinato nella originaria profondità di circa sei metri, dimostra che né sacrifizio di animali né battesimo di uomini potevano compiersi, attraverso la stretta apertura, a tanta profondità. Pertanto l’interrogativo del pozzetto con i due canali convergenti per la immissione dell’acqua piovana attende la soluzione dagli studiosi.

Non si può assegnare una data esatta a questa chiesa primitiva mancando qualsiasi indizio preciso. Ma dal complesso della costruzione e dai singoli elementi che la costituiscono possiamo ritenerla – come i competenti hanno giudicato (12) – del periodo fra il VII ed il X secolo.

Dopo il mille, sul pilastro cui è poggiato l’altare fu dipinto ad encausto un’immagine bizantina del Redentore in piedi, con la destra benedicente alla greca, con la sinistra reggente un libro aperto nel quale si legge: «LUX EGO SUM MUNDI ET REDEMPTOR» (seguono alcune iniziali non ancora interpretate). Sfortunatamente questa figura interessante, oggi rimessa in piena luce, manca della testa scomparsa evidentemente con la caduta dell’intonato in tempo lontano.

L’immagine del Salvatore ci fa credere che la nostra chiesa primitiva fosse a Lui dedicata, come del resto lo erano quasi tutte le chiese prima che vi fosse diffuso il culto dei Santi.

Questo vetusto tempio sotterraneo è un monumento che deve riuscire assai caro agli Andriesi: non soltanto perché raccolse la fede pura dei nostri padri antichi appena riscattati dal torbido paganesimo, non solo perché è un esemplare dell’architettura cristiana primitiva unico in Puglia, ma anche perché è il documento più antico della esistenza di Andria.

È da rispettare cautamente ogni nobile tradizione di popolo, ma la storia è cauta anch’essa ed afferma soltanto con documenti. Della nostra antica esistenza non abbiamo alcun’altra prova concreta che questo prezioso documento di pietre. S’intende che la chiesa in esame, abbastanza ampia e completa rispetto ai tempi della sua origine, fa pensare ad una collettività cristiana già numerosa e progredita, la quale apparteneva ad un centro abitato piuttosto importante, che tuttavia non possiamo determinare di quale entità precisa né di quale antichità accertata.

Oltre ai sacri ricordi di fede che la Cripta custodisce, speciale interesse aggiungono le due tombe che ci accingiamo ad esaminare.


Le Tombe

Il Pronao con le Tombe - foto Malgherini
[Il Pronao con le Tombe - foto Malgherini.]

Nel pronao interno della Cripta, a destra ed a sinistra del ripristinato ingresso originario, si vedono due tombe sulle quali s’incurvano gli archi della volta. Sono loculi interrati a livello del pavimento, dal quale emergono per breve altezza le pietre tombali ora rifatte al posto ed alla foggia di quelle antiche ridotte in frantumi.

Presso gli avelli furono trovati sparsi, o piuttosto dispersi, avanzi e frammenti scultorei assegnati dai competenti all’epoca sveva.

Riconosciamo che scarso ed insufficiente è questo indizio per ritenere le tombe quelle ricercate. Ma a chi possono esse appartenere? In un posto così privilegiato quale è la Cripta, non potevano essere sepolti che personaggi di altissima carica e di particolare benemerenza. Non Vescovi, perché le loro pietre tombali vediamo tuttora scolpite con immagini ed iscrizioni. Non principi che ebbero il dominio di Andria, perché li sappiamo sepolti in determinati mausolei.

Quanto a Donne insigni che meritarono la gratitudine e l’amore degli Andriesi, oltre le Imperatrici sveve, si ricordano: Emma, consorte del primo Conte di Andria Riccardo Normanno e figlia di Gottifredo conte di Conversano; Beatrice d’Angiò, consorte del primo Duca di Andria Bertrando Del Balzo e figlia di Carlo II d’Angiò.

Della prima, Andria andava memore come di colei che aveva col marito fatto erigere la magnifica Cattedrale; alla seconda era particolarmente grata perché aveva fatto dono della preziosa reliquia della S.ta Spina che tuttora si venera.

Ma il mausoleo di Emma, morta nel 1069, era nella primitiva Cattedrale; anzi nei recenti restauri della Cripta se ne son rinvenute le tracce evidenti a livello del pavimento della chiesa normanna. Intanto, proprio di questi giorni siamo riusciti personalmente a ritrovare l’epigrafe relativa che era andata dispersa dalla fine del settecento. L’abbiamo rintracciata e facilmente identificata nel cortile del palazzo ducale (attualmente proprietà dei Conti Spagnoletti-Zeuli). L’interessante frammento di marmo scolpito porta questa chiara iscrizione in esametri:

+ NON TIMET ERUMPNAM - TALEM TIBI VIRGO COLUMNAM
FABRICAT IN CELIS - GAUDE COMITISSA FIDELIS
VIR TIBI RICHARDUS - TU CONIUX NOBILIS EMMA
ILLE VELUT NARDUS - TU SICUT SPLENDIDA GEMMA

Anche Beatrice d’Angiò ebbe sepolcro marmoreo nella Cattedrale, precisamente accanto all’ingresso (come vedremo documentato in seguito), ma le trasformazioni del tempio lo demolirono, serbando fortunatamente la lapide, murata sotto la tribuna del vecchio organo, con la bella iscrizione:

REX MIHI PATER ERAT KAROLUS FRATERQUE ROBERTUS
LOYSIUSQUE SACER REGIA MATER ERAT
BELTRANDI THALAMUS NON DEDIGNATA BEATRIX
A QUO DEDUCTA EST BAUCIA MAGNA DOMUS
SI TANGANT ANIMOS HAEC NOMINA CLARA MEORUM
ESTO MEMOR CINERI DICERE PAUCA: VALE

Pertanto le tombe rinvenute nella Cripta non potrebbero appartenere che alle Imperatrici sveve, perché la loro sepoltura, che risulta storicamente fatta nella Cattedrale, non è stata mai segnalata, nemmeno come traccia, nella chiesa superiore.

Ma accanto all’argomentazione svolta abbiamo qualche dato preciso che meglio la sorregge. Possiamo affermare che sino alla metà dello scorso secolo erano visibili due figure femminili scolpite a tutto tondo o a basso rilievo, ritenute immagini delle Imperatrici. Tali le videro e tali le ritennero testimoni attendibili.

Carlo Bonucci, passato per Andria nel 1853, visitò la Cattedrale senza poter vedere le tombe sveve, perché l’ingresso della Cripta era murato. Ma aggiunge: «Lessi, all’uscire di quel Duomo, la lapide antica che sola rimane della tomba di Beatrice figlia di Re Carlo II duchessa di Andria, e salutai le statue delle due Imperatrici appartenenti forse ai loro sepolcri (13) ».

Anche il nostro storiografo locale Borsella alla fine del settecento aveva scritto: «Le ceneri di Jolanda ed Isabella erano sepolte pur elle nel soccorpo … Stanno ancora i ritratti lapidei (14) ».

Per dire su questo punto l’ultima parola serena e severa, trascriviamo il giudizio del prof. Arturo Haseloff dell’Istituto storico prussiano, il quale nel 1904 visitò le tombe e nel 1905 scrisse al Sindaco del tempo: «È probabile, anche molto probabile, che le tombe trovate nella Cripta siano quelle delle due Imperatrici: ma non sopra ogni dubbio.»

Noi, che abbiamo pure esposto qualche argomento favorevole e citato qualche documento indicativo sulla identificazione delle tombe, come modesti uomini di studio non possiamo non accettare il giudizio dell’eminente archeologo tedesco.

Non possiamo d’altra parte respingere né soffocare la voce multanime della tradizione, antica diffusa affettuosa, che ritiene sepolte nella Cripta le auguste Donne che furono tanto vicine al trono ed al cuore di Federico II. Tanto più che né argomenti né documenti di sorta possono opporsi alla cara tradizione.

Resta un’ultima osservazione che sorge in tutti spontanea alla vista delle tombe: l’assoluta nudità dei loculi. Ma troviamo pronta e chiara la spiegazione: l’odio degli Angioini, i quali usurparono la monarchia sveva e contro tutti gli Hoenstaufen, in vita ed in morte, furono crudeli ed implacabili. Quell’odio che non dette sepoltura all’eroico e gentile Manfredi: che teneri figliuoletti di lui, dai quattro anni a pochi mesi, tenne per oltre trent’anni prigionieri in Castel del Monte: che troncò con la mannaia infame il capo biondo e il sogno bello di Corradino giovinetto: che in ogni modo punì Andria della nobile fedeltà sveva, e vi distrusse ogni ricordo architettonico, e dové anche abbattere – appare evidente – i segni imperiali dei mausolei sacri alla citta degna.

Ma contro quell’odio squillarono poi i Vespri Siciliani, mentre sugli Svevi grandi e sventurati la storia si rasserena e l’illumina di luce italica.


Conclusione

Alla stregua della dimostrazione storica, che abbiamo cercata chiara e rigorosa, si deve ritenere:

1.) Che Jolanda di Brienna e Isabella d’Inghilterra, consorti imperiali di Federico II, furono sepolte in Andria.
2.) Che i sepolcri furono eretti nella Cattedrale.
3.) Che più precisamente va inteso nella Cripta sottostante.
4.) Che le tombe ivi rinvenute possono considerarsi quelle di Jolanda di Brienna e di Isabella d’Inghilterra.

Così il viaggiatore nostrano o straniero, che scende da Castel del Monte con l’occhio e con lo spirito rischiarati dalla superba visione imperiale, può visitare le Tombe, nelle quali Andria – accanto alle memorie sacre della sua fede antica – onora i ricordi superstiti del suo grande Re, al quale resta ancor nei secoli fedele.


Appendice

Come abbiamo visto, la Cripta per quasi cinque secoli rimase chiusa al culto ed allo studio, ridotta ad un comune ossario che fu anche murato impenetrabilmente.

Fu solo nel 1892 che il Ministro della P. I. del tempo Pasquale Villari richiamò l’attenzione sulle tombe sveve, incaricando il nostro D. Emanuele Merra – che fu poi Vescovo di S. Severo e Civitate – di rintracciarle nella Cripta. Il dotto Sacerdote penetrò nell’antico ossario attraverso una buca angusta, e alla luce oscillante di una fiaccola poté appena vedere il macabro ammasso di scheletri, poté a mala pena intravedere la sommità di alcune colonne. La Cripta fu richiusa nel suo mistero secolare senz’altro tentativo d’indagine.

Nel 1904 il Sindaco del tempo Avv, Vito Sgarra, in occasione dell’annunziata visita dell’Imperatore di Germania Guglielmo II a Castel del Monte, ebbe l’idea di ricercare le tombe sveve nella Cripta.

Fattala aprire e disostruire in parte delle ossa ammassate, apparvero i due avelli che appassionato interesse e viva discussione suscitarono fra studiosi e curiosi. Fu allora che vennero di Germania il barone Keer e il prof. Haseloff per incarico diretto dell’Imperatore. Mancata la sua visita in Andria, i lavori frettolosi furono del tutto abbandonati.

Trascorso un altro trentennio di oblio, nel 1934 il primo Podestà andriese dell’Era Fascista (l’autore di queste pagine) riprese organicamente il problema della Cripta e, col beneplacito fervoroso del Vescovo del tempo Mons. Ferdinando Bernardi e con quello efficace della R. Soprintendenza ai Monumenti (ricordiamo il prof. Gino Chierici prima, il prof. Renato Bartoccini dopo) i lavori furono iniziati con la direzione dell’architetto Ceschi. Sgombrata delle rimanenti ossa la chiesetta, furono con ogni prudenza abbattute le sovrastrutture che la deformavano, liberati l’altare e l’affresco, restaurate in pieno le volte quasi cadenti, ripristinate le colonne e qualcuna rifatta.

Per le succedute amministrazioni commissariali al Comune, la Cripta fu ancora abbandonata.

Nel 1937 l’altro Podestà andriese On. Consalvo Ceci, riprese con civica passione i lavori interrotti, menandoli felicemente a termine. Oltre i restauri e i ripristini vari, è stato genialmente isolato il tempio originario creandogli intorno un corridoio ricavato nel terrapieno della Cattedrale. L’ingresso restituito dalla parte del pronao è stato collegato coll’ampio corridoio di accesso che corrisponde alla navata destra della chiesa superiore.

Con sistema razionale, anzi artistico, è stata disposta la suggestiva illuminazione artificiale, mentre le tombe sono state decorosamente ed amorosamente composte dopo aver chiusi i resti ossei in casse di piombo.

È stata infine apposta una lapide indicativa con una iscrizione che abbiamo compilata secondo la storia e secondo la tradizione:

LE SPOGLIE MORTALI
DI JOLANDA DI BRIENNE + MCCXXVIII
E DI ISABELLA D’INGHILTERRA + MCCXLI
CHE L’AUGUSTO CONSORTE FEDERICO II
RE DI PUGLIA E DI SICILIA
VOLLE SEPOLTE ACCANTO NELLA CITTÀ FEDELE
L’ANTICA TRADIZIONE
QUI AMOREVOLMENTE CUSTODISCE

Il compito nobilissimo assuntosi dalla civica Amministrazione è felicemente compiuto, con pieno compiacimento del nostro pio Vescovo Mons. Paolo Rostagno.

I lavori definitivi voluti dal Podestà On. Ceci hanno avuto l’autorevole auspicio del Soprintendente alle Opere di antichità ed arte prof. Nello Tarchiani, hanno trovato nell’architetto dello stesso Ufficio Dott. Franco Schettini l’indagatore prudente, il ricostruttore coscienzioso, il realizzatore appassionato.

Così la vetusta Cripta si riapre al culto della fede, al ricordo della storia oggi

XI Settembre
MCMXXXVIII dell’Era Cristiana
XVI dell’Era Fascista.

[Pasquale Cafaro “Le Tombe delle Imperatrici Sveve in Andria”, G. Pansini c Figli - Bari - Andria 1938 anno XVI E.[ra] F.[ascista]]


NOTE

[1] «Lo scomunicato», colui che per contrasti politici aveva tre volte ricevuto la grave condanna dal Papa, morì con sensi di pietà e con rassegnazione cristiana. (Leggi in GIANNONE, Storia Civile del Regno di Napoli - Libro XVII).

[2] Gregorovius crede in Castel del Monte.

[3] Chronicon, An. MCCXXVIII.

[4] Annali d’Italia. An. 1228.

[5] Storia Civile del Regno di Napoli.

[6] Nelle Puglie.

[7] Chronicon, An. MCCXLI.

[8] Opere citate.

[9] Opere citate.

[10] Vedi Appendice

[11] Storia o Descrizione di Andria, Manoscritto presso la Biblioteca G. Ceci – Andria.

[12] Bernich, Keer, Haselloff.

[13] In Poliorama pittoresco, An. XV.

[14] Andria sacra, Mss. pubblicato da R. Sgarra, 1918.