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“Viaggio nella memoria della Festa [Patronale]” (1905 circa)
testo e foto di - Michele De Lucia
Si commemora con cerimonie sacre il 10 di marzo; ma una festa popolare
è il trasporto di una statua argentea della Madonna seduta in trono
con il Bambino in grembo si fa nella notte dell’ultimo sabato di agosto
alla sopra detta chiesa suburbana dalla Cattedrale, e nel trasporto
da quella a questa che si esegue nel pomeriggio del venerdì della
seconda settimana di settembre perché possano unirla in processione
alla statua del patrono S. Riccardo due giorni appresso: trasporti notturni
che si costumano da non pochi paesi della provincia (Barletta, Trani,
Molfetta, Cerignola) anzi di tutto il Mezzogiorno, che tutti, più o meno,
si assomigliano negli usi del celebrare feste religiose.

Allo scoccare della mezzanotte del sabato un festoso scampanìo si spande
per l’aria tacita e scura dal campanile mezzo normanno-svevo e mezzo moderno
del Duomo, e le famiglie, che si sono indugiate in chiacchiere attorno alla tavola,
balzano su a mettersi i faccalattòuna (larghi scialli) in capo e le corone
e a radunarsi davanti, la chiesa, o lungo la via che la statua percorrerà
ingrossando a poco a poco il folto sèguito, tumultuoso e cantare
le canzoncine della Vergine:
Evviva Maria
Maria sempre Viva
Evviva Maria
E chi la creò.
Innanzi marcia la banda cittadina al suono di marcette inalterabilmente
suonate da lustri interi; né tra la folla mancano giovinastri e studenti attaccati
al volto scalmanato e agli occhi luccicanti di qualche bella popolana,
brillante all’incerta luce delle fiaccole fiammeggianti in mezzo ai divoti
o delle taìedda (tegami) riempite di pece fumigante poste qua e là
su le siepi dai villeggianti. Giunti nel largo, innanzi alla Basilica
(come si chiama dal 1857) vi trovano una gran luce e un gridìo che stordisce,
nel quale però i meridionali si trovano così bene: intorno intorno, venditori
di castagne del prete (al forno), di nocciuole di noccelline americane
entrate in questi ultimi anni di esotismo, di frutti di nocciole infilzati a corona,
di mostacciuoli e via dicendo, senza dimenticare i fischietti
(di creta e di latta), le vescichette variopinte sibilanti e le trombette
di latta a vari colori chiassosamente vivaci e gli organettini da bocca
che formano la disperazione delle mamme - le quali spesso chiedono in prestito
il soldo alla comare non trovandoselo in tasca o avendolo perduto per via -
e la cagione dell’urlante frignìo dei marmocchi:
La gente vi correva da tutte le parti
A visitar Maria de’ Miracoli.
Avevano fabbricato molte baracche
Intorno al parco dei Benedettini,
E voi, signori che mi state a sentire
Oggi le vedete che stan presente.
Quanta ne correva di quella gente
A visitare la madre infinata …
Ma nessuna di queste periodiche festività può agguagliare quella dell'incoronazione (1857):
Ci fecero una grande festivitade
Quando Madre Maria fu incoronata …
Nel mezzo, un’orchestra, - di legno, si capisce -, attorno attorno, dilettanti di musica
improvvisati, ritti e duri, coi nasi all’aria e le bocche socchiuse;
e, intorno a costoro, tavoli da caffè con sorbetti e persone che li sorbiscono
arrotondando i labbri e sgranando gli occhi: è lusso di una volta l’anno!
Da un lato della piazza, ancora, è una fila di baracche addossate ai muri delle case,
gremiti di ogni ben di Dio di oggetti e ninnoli e vezzi a buon mercato
e con le panche coperte di bianche tovaglie su cui spicca il rosso dei confetti
occhieggianti nella grigia chapèita, una speciale dolce popolare composto
di farina, miele, frutti sfogghiaeta (nettati) di nocciuole infornate
e confetti canaolòina (cioè i confetti rozzi di forma oblunga).
Le altre due o tre musiche inviate dai paesi vicini si allogano nelle piazzette
adiacenti alla principale meno illuminate di questa e meno affollate.
Per questo per le due strade principali passeggia lo spettabile pubblico degli andriesi
non divisi in due direzioni, ma alla rinfusa, e, dopo qualche giro, sempre torna
a confluire nella Catèuma e vi gira gira, per ore intere sino alla mezzanotte …
et ultra! Gli uomini — i maschi, anzi, come qui si dice —
vestono i cappelli duri un po’ fuori moda, ostentano sul petto dei barbazzali
che sono o sembrano d’oro o d’argento per catenine degli orologi, e colletti,
cravatte mandate dai centri anni dopo passata la moda. E tutti i sigari fumiganti
nelle bocche silenziose. Le donne, poi … dovrei proprio importunare qualche Musa
per descriverle? Se mai, questa dovrebb’essere Talia; ma gli andriesi
sono una cittadinanza rispettabile: vi si ruba anche in chiesa;
vi si rapisce ed ammazza; vi si prostituisce la moglie o la figlia al cospetto
del quadro della Madonna con la lampada accesavi avanti; vi si dà una lira
ad usura di un soldo il mese o la settimana; sul Comune, i partiti che vi susseguono
con lena affannata si dicono l’un l’altro di avervi prodotto disavanzi di milioni
e il popolo dice di non scorgere alcuna differenza tra gli uni e gli altri;
alcuni professionisti e molti sposati vivono di usura; questo e altro e altro
senza dimenticare l’ignoranza: ma non per questo il rispettabile pubblico
degli andriesi è meno rispettabile, e quindi Talia può riposare indisturbata.
La festa di S. Riccardo dà lavoro febbrile per più di un mese ai sarti e
specialmente alle sarte; e, a furia di fare e disfare e rifare,
la donna andriese viene oramai acquistando scioltezza, garbo, gusto.
Ma quelle serate festive hanno la iettatura! trascinate dalla tentazione
di mostrare tutto ciò che si puote, le allegre comari — sètta ballèzza -
si coprono gola e petto e mani di tutti gli ori posseduti, si sovrappongono
roba su roba e scialli e boà, si gonfiano mostruosamente le capigliature
e si pavoneggiano lanciandosi scambievolmente occhiate di sottecchi,
facendosi a vicenda la storia dell’ultimo episodio della vita intima
o degli intrighi aggrovigliati per la gonna o la mantiglia da ostentare
per la festa, col ventaglio in una mano e nell’altra un telo della gonna
di sopra che, sollevata, lascia vedere il merletto estremo di quella bianca
sottostante, come l’abate Rucellai vide nelle donne di Francia del suo tempo.
E sono le bracine quelle che fanno quasi del tutto la festa.
Le dame o quelle che la pretendono a dame scendono la domenica e il lunedì.
La domenica segna il colmo del tripudio, come il lunedì, in cui si svolgono
le corse dei cavalli o dei velocipedi o, ormai, degli aeroplani, segna il concorso
dalle vicine città, segnatamente da Barletta. I barlettani — gente ritenuta
ab antiquo per leggiera e fastosa dagli andriesi che gli dicono
pagliosi - sono i consumatori più benemeriti del vino che ha fatto
un passo verso l’aceto e delle carni equine che pagano per bovine.
Nelle ore pomeridiane avanzate della domenica si fa la processione:
tutta Andria ribolle, raccolta in appena due piazze e una strada.
Vi serpeggiano in mezzo venditori di dolci particolari: sono taralli
e tarallucci di zucchero, cioè biscottini rotondi e sottili di pasta d’uova
spalmati di giulebbe fatto di zucchero e bianco d’uovo, legati in serque
e sospesi a un triangolo di legno messo in cima a un’asta e gridati
continuamente con tono cadenzato, attutito dal murmure della folla.
Innanzi innanzi va e suona il tamburo, un flauto, i piattini d’ottone
(gli zinnanè) e una gran cassa: tutta roba paesana,
solo di tanto in tanto variata da una specie d’orchestrina tamburesca
invitata da qualche città vicina. Davanti al lato di esso una torma di fanciulli parte calzati e parte no
va saltellando e mettendo gridi smozzicati di giubilo, lieti di quel rustico suono
e ansiosi delle sparatorie(spari) che incontreranno nel percorso.
Al tamburo seguono un padio votivo, rappresentante un miracolo di S. Riccardo,
e due lunghe file, procedenti ai due lati della strada, di divoti con enormi ceri
accesi nella destra, ai quali succedono le devote, alcuna delle quali
in capelli discinti, altra senza scarpe in segno di voto per grazie ottenute;
nel mezzo va su e giù qualche maestro d’ordine, che è ordinariamente un prete.
E poi le confraternite, tutte le confraternite che sono in Andria,
ciascuna preceduta da un alto e or bianco, or rosso, or cremisino stendardo
sostenuto da un confratello, tenuto per due lembi da due altri, e sormontato
da ricche piume dei medesimi colori; ciascuna accompagnata dal proprio priore,
solenne col suo bastone a pastole nel mezzo; ciascuna quasi al completo
dei suoi fratelli muniti di ceri mezzani accesi. E poi i seminaristi,
e dietro ad essi i bianchi, cioè i preti non dignitari, seguiti prima dai canonici
del capitolo di S. Agostino, appresso da quelli della Collegiata di S. Nicola,
in ultimo dal Capitolo Cattedrale innanzi al quale, nel bel mezzo,
procede il capo sacrestano con la falannèdda, che è un’asta sormontata
da una piccola croce sotto dalla quale scende una cupola di panno bianco
con un largo merletto intorno intorno all’estremità inferiore e tutti con ceri accesi,
tutti in cappe magne, che sono più fiammanti nei canonici del duomo.
Quasi nel mezzo di costoro ma in fondo è uno di essi, priore del santuario del Patrono,
che porta una reliquia consistente in un ossicino del cubito di Lui;
e al priore tien dietro la grande statua argentea del Santo, seguito da tre vescovi,
dagli assessori comunali, dai divoti più distinti o che hanno avuto grazie
più segnalate, e da una prima banda musicale.
Viene, finalmente, dopo la statua già menzionata della Madonna dei Miracoli
accompagnata dagli Agostiniani che ne custodiscono la chiesa, da altre due musiche
e da una turba gridanti lodi e ringraziamenti, che interrompe nelle frequenti
soste fatte dalla processione per i molti spari pirotecnici,
i quali rumoreggiano in ogni piazza che se ne trovi lungo il percorso.
Per tutte e tre le sere festive si accendono fuochi artificiali con intermezzi di musichette.
La processione di S. Riccardo è la più imponente fra quelle di Andria, come la processione
di S. Michele e la prima della stagione … starei per dire professionale,
e come quella del venerdì santo n’è la più singolare e l’altra del lunedì dopo Pasqua
la più gentile. Tutta la settimana santa è forse il periodo più singolare dell’anno
sin dalla Domenica delle Palme, nella cui mattinata, una decina d’anni addietro
è ancor oggi, si vedevano per le vie numerosi contadini.
[da "La Festa Patronale di Andria nella storia",
numero speciale a cura del Servizio Turismo del Comune per la festa dei SS. Patroni, 19, 20, 21 Settembre 2009, pagg.3-4]