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Chiesetta di San Vito ai Mulini
La pianta a sinistra riporta l'attuale (2007) situazione edile, ad
eccezione del nome delle strade, che hanno quello posseduto quando la
chiesetta, probabilmente sino a fine settecento, era ancora funzionante. La
foto di destra mostra la sua attuale (2009) facciata in abbandono.
In una visita pastorale del 17 Settembre 1697, vescovo Mons. Andrea Ariano, si
legge che nella chiesetta vi si celebrava la messa soltanto in alcuni giorni festivi
a beneficio dei fedeli, nonostante la povertā dell'arredo (tovaglie e paliotto):
“Die decima septima m. Septembris 1697
Visitavit Ecclesiam S. Viti in loco molendinorum, in qua celebrat[ur]. qualibet die
festiva ad Populi commoditatem. Altare tolerat[ur].; verum lapis sacratus extrabat[ur]. erga pallium;
de quo pallio etiam providet[ur].; ac de tobaleis.”
Nella visita pastorale del 22 ottobre 1711, il vescovo Mons. Nicola Adinolfi
ordina la riparazione di diverse cose (la finestra sulla porta,
un posto dove il celebrante potesse indossare i paramenti e lavarsi, parti del pavimento):
“Die 22 8bris 1711 ... ...
Visitatio Ecclesiae Sancti Viti intra Molendinum
Ingressus p portam Molinorũ R.mus Dnus cũ omnibus alijs ejus comitantibus
ad Ecclesiolam sub tit.° S. Viti se contulit, ubi postquam eamdem diligenter
quoad omnia inspexit telam stragulam cerae obducta = vulgō incerata ad fenestrã
suprā Ianua existentem adhibetur iussit, ne venti impetu aliquod inconveniens
sacerdoti celebranti accidat, pariter scamnũ sacrum propč murũ accomodari
in quo sacerdos celelebraturus sacris se vestibus induere possit ad... idem
Altare p rubricas indui proluebatur et demum pavimenti aliquibus partibus refici
demandavit et quoad reliqua benč disposita et sifficienter pmissa dictã
Ecclesiolam invenit.”
In una visita pastorale del 23 Maggio 1719, vescovo Mons. Gian Paolo Torti, si
ribadiscono le precarie condizioni in cui versava la Chiesetta, condizioni
che appaiono peggiorate. Vi si legge:
“Resta dissagrata, e sospesa la Pietra sagra; e l’Altare si proveda di candelieri, e fiori =
Che la pradella si dilati sino al coprim.to del grado di pietra, =
e che si faccia l’aggiunta sotto il Paliotto; Rifassi tutt’il Pavime.to della Chiesa.
Nella Sagristia ci stā il banco della Gabella e nel giorno si contano i denari.
Bianchissi la Chiesa = Levassi la lampada dall’angolo dove stava
e mettessi pendente nel mezzo della Chiesa = e che si faccia una tovaglia nuova =
e s’accomodi la telata nella fenestra = Riparare la porta della Chiesa
x [per] levarsi dalla vista di quelli che passano,
e x [per] riparare il celebrante dal vento =
Che li Rev: Religiosi verraņo a celebrare portino l’utensili atti alla Celebraz.ne.
E nella d.ta Chiesa non vi č la porta alla strada pubblica.”
Mons Cherubino Tommaso Nobilione nella visita pastorale del 27 Luglio 1732 per
le inalterate precarie condizioni in cui versava la Chiesetta pensa
ad una sua interdizione dai divini uffici. Vi si legge:
“Die 27 Iulij 1732. ... ... ...
De Visit.ne Eccl.ae S. Viti intra Molendinorum circuitũ.
Eccl.am hanc interdicenda praesumptus Convisitator dixit,
donec lapis sacrum tela cerata desuper aequet.e mensem de Crucifixo sculp tili Altare
praed.um provideatur, et fenestra nuc aperta, et denudata saltem telata cooperiatur.”
[testi trascritti dai manoscritti originali, inseriti
nella “Raccolta delle Visite Pastorali”,
Biblioteca Diocesana "S. Tommaso d'Aquino" di Andria]
A proposito del quartiere il D'Urso scrive:
"... Quel Castello qui fabbricato da Pietro Normanno (ora di
proprietā de' Signori Canonici Porro, vicino alla
porta del Castello),
venne da lui maggiormente munito, e fortificato; ed al fianco che guarda
il mezzogiorno vi aggiunse i quartieri, dove i suoi soldati erano
alloggiati (Di questi Quartieri ora rimane intatto il solo Portone, che
sporge nel piccolo parco del Signor Canonico D. Michele Marchio. Tutto
il rimanente delle fabbriche venne dalla casa Carafa ridotto ad uso di
Mulini, oggi di nostra pertinenza.). ..."