Luigi Todisco in un suo studio sotto citato afferma:
"La consunzione delle superfici del volto e della capigliatura, ma soprattutto la rilavorazione della barba, non consentono, inoltre, un inquadramento cronologico puntuale della scultura. Tuttavia, in base agli elementi stilistici ancora intravedibili e già descritti, non è da escludersi una datazione anteriore alla metà del II secolo d. C., tra gli anni del principato adrianeo e la prima età degli Antonini.L'interpretazione della figura riportata dal D'Urso come immagine di Marte e ripresa da alcuni cultori di storia andriese anche recentemente è senz'altro da abbandonare. Ben diversa è infatti l'iconografia romana di questa divinità ... .La base [con l'iscrizione] è chiaramente moderna e potrebbe essere stata adattata alla scultura tra la seconda metà del Settecento ed il 1844 ... [data] di restauro dell'edificio.Partendo dai presupposti che un'Andria romana non è mai esistita, ... e che la scultura ripresentata in questa sede si identifica con ogni probabilità con Giove e non con Marte, è infatti lecito chiedersi, liberi da preconcetti, che cosa ci sia alla base della credenza del popolo andriese descritta dal D'Urso.È noto che Marte ... fu tra le popolazioni italiche la divinità forse più anticamente venerata e diffusa. Si sa anche che la sua natura fu estremamente complessa e che egli, oltre ad essere il dio della guerra, come nel mondo greco, conservò fino a età romana avanzata le sue proprietà di nume tutelare dei campi e delle abitazioni, risalenti al substrato religioso italico."
Da “Scultura antica e reimpiego in Italia meridionale, di Luigi Todisco, Edipuglia, Bari, 1994, vol.I, pagg. 89, 90, 93